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Capitolo 1

— Lily, forza, alzati.
La ragazza si rigirò infastidita nel letto, affondando la testa nel cuscino.
Dopo tanti anni di scuola alle spalle, si chiedeva ancora che senso ci fosse nel separarsi dal proprio letto.
Tutti sanno quanto sia morbido, caldo, accogliente; perché quindi ostinarsi a saltare fuori nel mondo buio e tetro e affrontare ogni giorno le sue difficoltà? Quale profonda pazzia spingeva la gente a parlare con altra gente, probabilmente irritante e noiosa, ed avere a che fare così con il contatto visivo e corporeo?
E poi, c'era anche il fattore stesso della mattina. Era traumatizzante, ogni volta, il passaggio da caldo a freddo. Anzi, era traumatizzante il fatto stesso dell'aprire gli occhi, che specialmente quel giorno sembravano esserle stati cuciti e ricuciti con dello spago da cucina. Anzi, con delle corde.
Con le corde delle navi.
— Lily, svegliati. — disse la madre della rossa, carezzandole la schiena. — Sei sveglia?
— No... — replicò Lily, con la voce resa roca dal sonno. — Lasciami in pace, voglio morire qui.
— Sicura? — chiese la signora Evans, con un risolino. Emanava un buon profumo di mele, il frutto preferito di sua figlia.
— Sì...
— Va bene. Allora non ti dirò che sono le dieci e che oggi è il primo settembre.
Lily se ne infischiò altamente, per alcuni istanti, con il piano di restare rannicchiata sotto le coperte per sempre. Primo, non aveva le capacità mentali, in quel momento, per processare ciò che la madre le aveva appena detto. Secondo, anche se avesse anche colto anche una sola parola di quella frase, non si sarebbe mai fidata. La madre aveva vari stratagemmi intelligenti per far alzare le figlie dal letto, e loro ci cascavano ogni volta, obbligate così a lavorare quanto un elfo domestico per pulire la casa, ogni mattina.
Ma quella volta no, non scherzava. Almeno in parte.
Girando la testa di alcuni centimetri, Lily riuscì ad intravedere il proprio calendario rosa, con dei cagnolini sullo sfondo: anche se la sua vista da lontano non era perfetta, la rossa riuscì ad intravedere il cerchietto rosso calcato e ricalcato sulla prima cifra del primo rigo. Mercoledì primo settembre, 1976.
Sbarrando gli occhi ancora un po' offuscati, si buttò giù dal letto a pancia in giù, rischiando di rompersi qualche osso (principalmente il polso, a giudicare dalla violenza con cui aveva scostato le coperte).
Afferrò la propria divisa - preferiva sempre metterla prima: i bagni angusti del treno non erano il luogo ideale per cambiarsi d'abito -, fiondandosi nel bagno ad una tale velocità da produrre un fischio al proprio passaggio. E andando a sbattere, ovviamente, con il mignolo contro uno spigolo spuntato a caso, perché non ci si può aspettare di correre velocemente senza alcun malanno in un luogo pieno di oggetti e persone.
Imprecò contro ogni singolo mago conosciuto ed esistito sulla Terra - perché giustamente è colpa di Morgana, Merlino e Godric se il suo mignolo era dolorante -, inspirando ed espirando ad ogni parola e cercando di tranquillizzarsi.
Va bene. Calma, Lily. Non è successo nulla, ti sei solo quasi rotta un mignolo, pensò, Ora devi semplicemente raggiungere il bagno.

Era cambiata molto quell'estate, constatò mentre si lavava i denti e si guardava distrattamente allo specchio.
Non troppo, certo. Si capiva che era ancora Lily Evans, quella: le tante lentiggini erano sempre presenti, sparse qua e là su tutto il corpo della ragazza; gli occhi erano sempre a mandorla, di un verde brillante; la pelle sempre pallida (sempre più pallida, si potrebbe aggiungere), poco abbronzata come ogni estate.
Ma per il resto si sentiva diversa. Per prima cosa, era cresciuta di un paio di centimetri - ma non poteva certamente essere chiamata "alta" -, il che era un traguardo, e le si era allungato maggiormente il viso. Era ingrassata di alcuni chili per tutta la cioccolata e i dolci che aveva usato per soffocare la propria tristezza.
C'era anche il fattore dei capelli: erano sempre rosso fuoco, certo, sempre svolazzanti, ma molto più corti di quanto lo fossero all'inizio dello scorso anno. Era successo poco dopo gli esami: istintivamente, aveva afferrato le forbici e si era tagliata i capelli fino a metà collo circa. Quel giorno era stato la rovina delle sue compagne di stanza.
Erano ricresciuti troppo in fretta, però: erano arrivati poco sotto la spalla in tre mesi. Il suo collo non era poi così lungo, in effetti.
Lily tornò in stanza, con lo spazzolino in una mano e l'altro braccio incastrato nella manica della camicia. Controllò velocemente l'ora, e per poco non le venne un colpo dalla sorpresa.
Erano le otto e mezza.
Si girò di scatto, facendo svolazzare le ciocche ramate. Sua madre era appoggiata contro lo stipite della porta, e la osservava sghignazzando.
Quella era una dichiarazione di guerra. Una pura dichiarazione di guerra.
— Ops, ho sbagliato a vedere l'ora. Scusa. — disse la donna, divertita. Diede alla figlia un'ultima occhiata: — Vieni giù a fare colazione, comunque. C'è una piccola sorpresa.
Detto questo, scese al piano di sotto.
Lily, ancora rabbiosa, non fece caso all'profumo che veniva dalla cucina finché non scese anche lei.
Incrociò la sorella, che la fissava con odio mentre le passava accanto. Ci mancasse altro: era mattina, e si sa che le pubblicità della gente che sorride appena sveglia sono una menzogna.
In quel momento, un odore conosciuto arrivò alle narici di Lily: cannella, impasto appena uscito dal forno e soprattutto mele.
Era la torta di mele.
La sua preferita.
Per tutti gli unicorni saltellanti.
Si diresse con passo felpato verso il dolce, osservandolo in modo maniacale.
Lily Evans, tortofila. Molestatrice di torte di mele.
Mentre mangiava in santa pace, la rossa non poté fare a meno di osservare la propria spilla dorata e scarlatta, ornata da un leone e da una 'P' maiuscola. A volte Lily si era ritrovata a parlare con quella spilla, che influenzava fortemente la moralità delle sue azioni. Aveva anche imparato a conoscerla: magica o non magica, mandava comunque strani bagliori a intermittenza, che somigliavano vagamente al codice Morse.
E quando la spilla da Prefetto di Lily Evans mandava bagliori anomali, non era mai un buon segno.
Lily osservò l'oggettino scintillare sul suo petto, con la fronte aggrottata. Persino la torta di mele aveva perso il suo sapore.
Una frase le si stampò immediatamente nel cervello, segnando l'inizio di un anno difficile: guai in arrivo.

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