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51. Punish me

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Luka; Suzanne Vega.

Il tragitto verso casa fu breve poiché mi misi praticamente a correre. Volevo solo allontanarmi il più possibile da Blake Davis e dimenticare la figuraccia appena fatta.

Preparai la cena in totale silenzio sotto lo sguardo attento di mio padre, innervosito dal fatto che fossi arrivata in ritardo. Fingeva di leggere il giornale, ma sapevo che stava solo aspettando che commettessi un errore per punirmi.

Sentivo i suoi occhi saettare su di me di tanto in tanto e mi bruciavano come tizzoni ardenti.

E lo feci. Di proposito.

Quel giorno avevo infranto almeno un milione di regole e sentivo il bisogno di subirne le conseguenze.

Un piatto cadde e si ruppe in mille pezzi.

Puniscimi, ti prego.

Lacrime di sollievo mi inondarono gli occhi quando sentii la sedia strusciare sul pavimento e i passi di mio padre avvicinarsi.

Fu silenzioso e violento.

Mi afferrò per i capelli, tirandomi indietro fino a farmi cadere.

Le mani si graffiarono a causa dei cocci e provai un forte senso di pace nel sentire dolore. La schiena iniziò a dolere a causa del forte impatto, ma mi piacque così tanto.

Il sangue iniziò a sgorgare e fu allora che mi diede un pugno in pieno volto.

E amai quel momento.

Mugolai soddisfatta e lo prese come un lamento, cosa che lo infastidiva, così mi colpì di nuovo.

Fu rapido e rude.

Se ne andò, lasciandomi a terra senza le forze di rialzarmi.

Avevo sbagliato. La punizione era d'obbligo.

Fu Victor a raccogliermi e a portarmi in bagno, dove disinfettò le mie ferite e mi aiutò a fare una doccia e a rivestirmi.

Fu premuroso come non mai e, quando mi guardai allo specchio, capii il motivo.

Forse ero svenuta mentre mio padre mi picchiava, era impossibile che, con solo due colpi, mi avesse ridotta in quello stato.

Avevo un occhio nero e la mascella violacea, oltre che qualche taglietto qua e là, causato probabilmente dal piatto rotto. Notai un livido sul petto e un altro sul ventre. Victor distolse lo sguardo quando notò che ci stavo prestando attenzione e si sbrigò a nascondere le prove dell'accaduto.

Avevo le labbra gonfie e per quello non riuscivo a parlare.

Mio fratello mi portò in braccio a letto e mi rintanai sotto le coperte. Avrei dovuto dare buca a Wes il giorno successivo, mai sarei potuta uscire in quello stato. Sarei riuscita a coprire i vari segni, ma l'occhio destro faticava a stare aperto ed era già gonfio, quindi avrei anche saltato scuola.

Mi pentii della mia decisione e mi ritrovai a piangere, sola nella mia stanza.

La porta si aprì all'improvviso.

«Caroline, cazzo, ti ho detto di no!»

«Victor, lasciami parlare con lei!»

La mia amica ebbe la meglio ed entrò in camera.

«Blue?»

Trattenni il fiato e le lacrime.

«Caroline, ti prego, ascolta Victor.»

Si sedette accanto a me sul letto e mi posò una mano sulla schiena.

Sentii il bisogno di ritrarmi sia a causa del contatto fisico sia del dolore, ma non potevo per evitare di allarmarla.

Ma volevo ardentemente che smettesse di toccarmi.

«Mi dispiace» sentii dire da Victor, prima che Caroline venisse strappata dal letto.

«Mettimi giù!» sbraitò. «Blue non vuole vedere nessuno.»

Sbatté la porta e sentii le loro voci attutite.

Caroline sembrava davvero arrabbiata, ma io mi costrinsi a non ascoltare.

«Non me la racconti giusta, so che c'è qualcosa sotto.»

Cazzo.

Nessuno doveva sapere.

Il fiato iniziò a mancarmi e desiderai di sparire per sempre dalla faccia della terra. Il mio corpo era una prova dei peccati di mio padre e di quelli dei miei fratelli, come avrei fatto a nascondermi?

Sfiorai con la punta delle dita l'occhio pesto e mi rintanai ancor di più sotto le coperte.

«Mancavi solo tu!» esclamò Victor, prima che la porta si aprisse.

Il profumo che invase all'improvviso la stanza in penombra era forte e familiare.

Blake era lì.

E lui mi avrebbe scoperta, avrebbe tirato fuori tutti i miei segreti.

«Fatti vedere» ordinò.

«Blake, per favore. Va' via» riuscii a dire.

«Perché non mi guardi?»

Sospirai.

«Perché mentre correvo qui da casa tua sono inciampata e caduta e la mia faccia è terribile» inventai.

La verità è che sapevo che Blake era capace di leggermi dentro come nessun altro al mondo e, soprattutto, mi vergognavo moltissimo per ciò che era accaduto poche ore prima.

«Girati.»

Si sedette al mio fianco e attese.

«Senti Davis, o esci da solo o ti butto fuori a calci» sibilò Victor.

«Butti fuori a calci anche me?» chiese Caroline con tono acido. «Se ce ne sarà bisogno, sì» replicò lui. Sembrava quasi che non gli importasse più di piacere a Caroline.

Stava proteggendo nostro padre, stava facendo ciò che desideravo io. Per una volta, stava davvero rispettando la mia volontà.

Sentii Blake sospirare e mi irrigidii non appena posò una mano sulla mia schiena, proprio come aveva fatto poco prima sua cugina.

Ma il mio corpo traditore si sentii rassicurato dal suo tocco, così i miei muscoli si rilassarono nel giro di pochi secondo e lacrime calde mi bagnarono le guance.

Ero stanca, volevo solo riposare.

«Stai bene?» sussurrò, talmente piano che dubitai perfino di averlo sentito.

Non risposi.

Ero debole. Fisicamente e mentalmente.

Non opposi resistenza quando Blake mi tolse la coperta dal viso, scoprendo tutti i miei lividi.Il lampo di terrore che passò nei suoi occhi mi fece vergognare profondamente. Io avevo voluto essere punita. Ma, guardando negli occhi Blake Davis, mi resi conto che, forse, non avrei dovuto farlo.

«Sei caduta dalle scale?»

Scossi il capo.

Vidi Victor irrigidirsi. Potevo mandare al Diavolo tutta la mia famiglia e raccontare tutto.Eppure, qualcosa me lo impedì.

«Mentre tornavo a casa un uomo mi ha aggredita» mentii.

Spinse la mano fino alla mia guancia, dove sapevo che c'era un enorme livido ormai violaceo.Fece male ma fu al contempo un sollievo.

«Descrivimelo» impose con tono duro. «Non... Non l'ho visto bene» annaspai.

«Biondo?»

Annuii. «Aveva un tatuaggio in faccia?»

Scossi le spalle. Aveva un sospetto e non volevo confermarlo. Non volevo che una persona innocente pagasse le conseguenze delle mie bugie.

«Riposati. Ci penso io.»

Lo afferrai per il polso quando fece per alzarsi e lo riportai al mio fianco.

«Ti prego, non fare niente. Io sto bene» lo rassicurai.

Abbassò lo sguardo e lo vidi prendere un respiro profondo.

«Riposa Cenerentola.»

Ignorò del tutto la mia richiesta. Sapevo che sarebbe andato a cercare colui a cui stava pensando. E io non potevo farci niente.

Una persona stava per pagare al posto di mio padre.

«I ragazzi non possono entrare in camera di Blue» tuonò la voce di mio padre.

Presi a tremare. Blake se ne accorse, ma lo sguardo intimidatorio dell'uomo appoggiato allo stipite della porta lo convinse ad alzarsi e ad allontanarsi da me.

Sentii un freddo polare.

«Mi scusi signor Williams» disse Blake. «Non è preoccupato per sua figlia?»

Mio padre mi lanciò una breve occhiata. «Blue si riprenderà. Ma vorrei ricordarti la conversazione che abbiamo avuto tempo fa.»

La ricordai io al posto di Blake; d'altronde, avevo origliato: doveva starmi lontano, come chiunque.

Si fissarono per un tempo che parve infinito.

«Non sono uno che rispetta la regole, signore, mi dispiace.»

Mio padre fece un passo avanti.

Non seppi come accadde.

Mi ritrovai in mezzo a loro, con la schiena premuta contro il petto di Blake.

Volevo proteggerlo nonostante faticassi a stare in piedi per il dolore che pervadeva tutto il mio corpo.

Mi appoggiò una mano sul fianco quando si accorse che le gambe stavano cedendo. Un calore mi divampò dentro.

Feci comunque scudo, nonostante la debolezza.

Fu una gara di sguardi tra me e mio padre, fin quando lui non rinunciò e, senza dire un'altra parola, uscì dalla stanza.

Blake mi riaccompagnò a letto sotto lo sguardo attento di Caroline e Victor. Quest'ultimo era visibilmente arrabbiato.

«Ora andatevene» disse, una volta che fui sotto le coperte.

Il capitano mi lasciò un bacio sulla fronte e Caroline mi salutò da lontano, lo sguardo carico di compassione.

Poi rimasi nuovamente sola e mi addormentai in pochi istanti.

Dormivo da poco quando sentii la porta aprirsi. Le coperte mi vennero tolte di colpo e fui scaraventata sul pavimento. Battei la testa.

«Osa di nuovo sfidarmi e farai la fine di tua madre!»

Mi diede un calcio. Forte. Dritto nello stomaco.

E andò avanti, forse per troppo tempo, fin quando non vomitai.

«E ora ringrazia il tuo papà perché ti educa come una brava bambina» sibilò.

«Grazie papà.»

Buongiorno a tutti. Oggi capitolo un po' forte, lo so. Per questo, vi ricordo di leggere i TW a inizio storia (se la consigliate a qualcuno ricordate di farlo presente).
Spero che il vostro weekend stia andando bene, un abbraccio.

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