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49. Misunderstand

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Teeth; 5 Seconds of Summer.

Anche durante il viaggio in macchina in compagnia di Wes non riuscivo a togliermi Blake Davis dalla testa.

Stava diventando un pensiero ossessivo, un pensiero ossessivo che odiavo con tutta me stessa.

Wes parcheggiò davanti a un bar poco affollato e fu così premuroso da aprirmi la portiera e a tendermi la mano per aiutarmi a scendere.

Era dolce, con un bel sorriso e davvero gentile. Mi piaceva ascoltarlo mentre mi raccontava del college, della squadra di basket di cui faceva parte, della sua confraternita e dei suoi sogni. Era bello vedere un sognatore.

L'unica persona con cui avevo mai parlato di progetti futuri era Blake Davis, ma io e Blake eravamo due ragazzi spezzati che probabilmente non avrebbero combinato niente: Blake aveva il cuore infranto e preferiva la cocaina a tutto il resto, io avevo un padre che mai mi avrebbe permesso di allontanarmi.

A Wes brillavano gli occhi mentre mi parlava della voglia che aveva di diventare un telecronista sportivo. Mi offrii un caffè e mi stupii nel notare che non era affatto egocentrico: parlò lui per la maggior parte del tempo, ma cercò con tutte le sue forze di includermi nel discorso con domande e osservazioni.

Fu davvero carino e io mi sentii apprezzata.

Dopo George pensavo che non avrei più dato un'opportunità a un ragazzo, soprattutto per il timore di incorrere nell'ira dei miei fratelli o di mio padre.

Al solo pensiero fui assalita da un forte senso di nausea che mi obbligò a prendere una pausa del mio caffè. Nonostante ciò, tentai di mantenere su la mia solita maschera di imperturbabilità.

Mi decisi a raccontare qualcosa a Wes sulla scuola e lui parve, oltre che interessato, sollevato. Credo che pensasse che il nostro appuntamento fosse un fiasco, invece io stavo bene con lui, tralasciando le solite cose.

Mi faceva sentire, nel complesso, a mio agio.

Il mio telefono cominciò a squillare e mi accorsi che il tempo delle ripetizioni tra me e Blake era quasi terminato. Infatti, mi aveva appena inviato un messaggio in cui mi intimava di raggiungerlo a casa sua.

Il tempo in compagnia di Wes era decisamente volato e sperai che mi chiedesse di rivederci, anche se ne dubitavo. Non ero stata assolutamente loquace come speravo: avevo un blocco che mi impediva di essere la ragazza dei sogni, quella con cui ai ragazzi piace uscire.

Cercai di recuperare un po' di punti in quegli ultimi minuti, ma nella mia testa sentivo riecheggiare il rumore degli schiaffi che avrei ricevuto se qualcuno avesse scoperto quella bravata.

La nausea divenne quasi insopportabile non appena ci fermammo davanti al vialetto di casa di Blake.

«Senti... Io dopodomani torno a New York» cominciò. «Ma mi piacerebbe vederti di nuovo... domani è troppo presto?»

Riuscii a tirare fuori un sorriso e annuii. Speravo che me lo chiedesse.

Si allungò verso di me e subito compresi le sue intenzioni.

Con George non ero riuscita a lasciarmi andare, ancora scossa dal ritorno di Blake, ma volevo passare sopra tutte le mie paure e baciare Wes.

Era dolce, gentile, bello e intelligente. Sentivo un muro che mi impediva di convincermi appieno, ma mi avvicinai comunque di un paio di centimetri.

I nostri nasi si sfiorarono e un leggero sorriso gli coronò le labbra rosate.

E dei colpi al finestrino ci interruppero.

Blake Davis ci guardava.

Divenni viola e la nausea divenne veramente un problema.

«Grazie, ci vediamo domani.»

Scesi dall'auto in fretta e superai Blake senza degnarlo di uno sguardo.

Ricordavo dove si trovava il bagno e, una volta raggiunto, vomitai il pranzo e tutte le mie emozioni represse.

Sentii Blake sospirare, poi si avvicinò a me e mi sostenne.

Piansi lacrime salate e silenziose appoggiata alla tazza fin quando il numero sessantasette non mi spostò.

Si sedette sul pavimento con me accoccolata tra le sue braccia.

Restammo in completo silenzio e mi asciugò le lacrime, una sensazione così familiare e al contempo inusuale.

«Ti ha fatto del male?»

Non risposi.

«Blue. Ti ha fatto del male?» Il suo tono divenne più duro.

«Lo ucciderò. Gli staccherò le braccia e gliele farò ingoiare. Dimmi cosa ti ha fatto.»

Scossi il capo. «Non ha fatto niente» riuscii a dire, con voce rauca.

I muscoli di Blake si rilassarono e io con lui. Ero a casa e lo sapevo.

«Allora dimmi perché sei ridotta in questo stato.»

Ma non potevo. Non potevo dirgli che immaginavo alla perfezione il dolore delle botte che avrei preso se qualcuno avesse scoperto che non gli avevo dato ripetizioni, che io e Wes avevamo mantenuto una distanza inferiore a quella consentita.

Sarei morta, lo sapevo benissimo.

Sudavo freddo perché ero pienamente consapevole del fatto che non sarei riuscita a mantenere quel segreto che consideravo fin troppo pesante.

Le dita di Blake presero ad accarezzarmi dolcemente e la mia felpa si sollevò, lasciando scoperto un lembo di pelle su cui indugiò un po' troppo.

Sollevai lo sguardo e lui fece lo stesso. Ci ritrovammo con gli occhi incastrati, incapaci di smettere di toccarci e di guardarci.

«Verrai alla festa di Joy stasera?»

Scossi il capo, un movimento quasi impercettibile.

«Parlerò io con Victor» promise.

Non gli dissi che non mi andava di andare alla festa, che avrei preferito nascondermi sotto le coperte a piangere rannicchiata dalla paura.

«Ci tieni così tanto ad avermi lì?» dissi, la voce ancora roca.

«Magari riesco a farti ubriacare» ammiccò.

«Così potresti approfittarti di me.»

Alzai gli occhi al cielo e mi stiracchiai le gambe, pronta ad alzarmi.

«Saresti più libera, per una volta, da tutte le catene che ti imponi. Potrei mostrarti quanto è bella la libertà.»

Non replicai.

Sì, alcune catene da cui ero bloccata le avevo fabbricate da me per proteggermi e sentirmi meglio con me stessa, ma la maggior parte delle barriere erano create dagli uomini Williams.

Mi alzai per prima e sentii subito la mancanza del calore del suo corpo.

Si tirò su con un balzo e, con la sua imponente altezza, mi costrinse a muovermi fino al lavandino. Mi ritrovai schiacciata tra il suo corpo e il mobile.

«Potrei mostrarti tante cose.»

Il suo indice percorse il mio collo, che si riempì immediatamente di brividi traditori.

«Non voglio provare un bel niente con te.»

Buttò la testa indietro e il suo petto ampio fu scosso da una risata melodica.

«Il tuo corpo dice il contrario.»

Avevo caldo e sentivo il bisogno di spogliarmi. Sapevo di avere il viso arrossato. Sapevo di star facendo una figuraccia, di star cedendo alle sue cazzate.

E poi, tutto si ruppe.

Il mio sguardo cadde sul cestino poco distante dai miei piedi e lo vidi.

Socchiusi gli occhi in cerca di lucidità e provando a reprimere le lacrime.

«Il mio corpo dice che mi fai schifo. Allontanati subito da me» dissi con voce dura.

Non si spostò di un millimetro e assunse la sua tipica espressione da sfida.

Quando si accorse su cosa era focalizzata la mia attenzione, un sorriso arrogante gli adornò il viso. Lo odiai ancor di più.

«Gelosa?»

Sbuffai e riuscii finalmente ad allontanarlo spingendolo via.

Mi seguii lungo il corridoio e giù per le scale. Ero già in ritardo, sarei dovuta essere a metà strada verso casa o avrei rischiato di non preparare la cena in tempo.

«Penso che potresti almeno avere la decenza di provarci con me nascondendo il preservativo che hai usato con Cindy fino a dieci minuti fa.»

Si bloccò in mezzo all'atrio.

«Cazzo Blue, io non ci provo con te!»

Il nodo che mi si formò in gola era impossibile da mandar giù.

Anche le orecchie iniziarono a bruciare: da un lato per rabbia, perché credevo stesse mentendo, dall'altro per l'imbarazzo, perché sapevo che non lo stava affatto facendo.

«Io... Io devo andare» mormorai con la testa bassa.

Presi il mio zaino e corsi fuori.

No, non ci provava con me.

Fraintendevo tutto. Credevo di essere al centro del mondo.

Dio, mi sarei meritata la più epocale delle punizioni per tutti i comportamenti sbagliati avuti quel giorno.

Buongiorno a tutti e buon sabato, come state? Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Un abbraccio❤️

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