21. The parade
🎶
505; Arctic Monkeys.
La mattina successiva, mi svegliai e scrissi a Caroline che sarei andata a scuola con i miei fratelli.
Ancora non mi andava di parlarle.
Coprii i segni rossi che ancora mi rovinavano le guance con del trucco... erano le uniche volte in cui mi era consentito usarlo.
Dopo aver indossato una felpa nera e dei jeans, raggiunsi Victor all'ingresso, che era intento ad indossare le scarpe.
Mi guardò. I suoi occhi blu penetrarono nei miei e tutta l'aria abbandonò i miei polmoni.
«Papà?» chiesi. «Dorme, ci abbiamo pensato io e Blake.» Si alzò per avvicinarsi a me. «Mi devi un favore, ho fatto il tuo lavoro» sussurrò, il suo fiato caldo si scontrò con il mio lobo sensibile e mi fece rabbrividire.
Dei passi mi fecero spostare lo sguardo.
Blake era in casa mia.
Capii che sarei dovuta andare con Caroline, visto che Blake aveva con tutte le probabilità dormito a casa nostra.
Trattenni il fiato e uscii di casa per prima, salendo in macchina e restando in totale silenzio.
Arrivata davanti a scuola non mi premurai neanche di salutare, sapevo già che Victor non avrebbe ricambiato e non mi importava poi molto del pensiero di Blake.
Raggiunsi Caroline davanti al suo armadietto. «Sei pronta?» esclamò fin troppo euforica. La guardai confusa. «La sfilata! Ne parlano tutti!»
Sospirai.
La squadra aveva vinto la prima partita del campionato ed era consuetudine per loro sfilare nei corridoi e fare gli idioti.
Misi su un sorriso falso e mi guardai intorno, accorgendomi di essere l'unica a non essere in verde
Sembrava la Festa di San Patrizio.
Mentalmente, mi sbattei una mano sulla fronte, poi la musica rimbombò tra le pareti e mi costrinsi a guardare verso la porta d'ingresso.
Stanley, la nostra mascotte, entrò di corsa con uno stereo sulla spalla. Era un coccodrillo, al cui interno stava John Douglas, che mostrava la sua solita vivacità. Mi chiesi come facesse a fare la mascotte e a stare in quel costume puzzolente, vecchio e ammuffito.
Lo seguirono le cheerleader, che entrarono a suon di ruote e rovesciate e, ad atterrare davanti a me, fu proprio Cindy Cooper.
Caroline iniziò ad applaudire a tempo di musica imitando tutti gli altri, ero l'unica a non essere entusiasta per l'avvenimento.
Le ragazze iniziarono a muovere i fianchi a ritmo di musica, esibendosi in una coreografia degna di nota, con Joy come protagonista, in quanto capitano della squadra, che venne sollevate dalle sue compagne e fece una capriola in aria. Senza spezzarsi l'osso del collo.
La musica terminò, sostituita da una canzone regaetton che accompagnò l'entrata della vera squadra, dei protagonisti.
Il quintetto vincente stava in testa: Vincent, Victor, Jordan Phelps, Kyle Watt e Blake Davis.
Quest'ultimo stava al centro ed esibiva con fierezza la sua fascia da capitano e un sorriso a dir poco arrogante, che mi fece ribollire il sangue nelle vene.
Dio, quanto lo odiavo.
Furono i restanti giocatori a spogliarsi per primi. Le magliette volarono tra le mani di alcune ragazze, che urlavano gioiose e sognanti.
Vincent si levò la sua e la lanciò a Joy, che la afferrò prontamente senza smettere di ballare a ritmo e lanciandogli un bacio volante.
I giocatori, ormai quasi tutti a petto nudo, iniziarono a muoversi a loro volta, accompagnati da alcune cheerleader o altre ragazze che si erano unite volentieri alla festa.
Distolsi lo sguardo. Se Vincent o Victor mi avessero vista guardare troppo mi avrebbero di sicuro punita.
Qualcosa mi colpii dritta in testa. Una maglietta verde che cadde sul pavimento. Notai tutti gli occhi su di me, come se fossi un alieno.
Mi decisi a prendere la maglia. «Credo sia per te» dissi a Caroline. Probabilmente avevano solo sbagliato mira.
Lei scosse il capo, dunque guardai la maglia.
67. Davis.
Deglutii rumorosamente e mi premetti ancor di più contro l'armadietto, quando il suo odore forte mi penetrò nelle narici. Era vicino, troppo vicino.
Ballava esattamente come i suoi compagni. Il tutto davanti a me.
Caroline si spostò di lato, Victor le aveva appena portato la sua maglietta e le stava porgendo la mano. La mia amica, dopo aver alzato gli occhi al cielo, la afferrò e ballò con lui.
Il giorno dopo la prima partita la prima ora si saltava e io me n'ero dimenticata. Se mi fossi ricordata della sfilata sarei arrivata più tardi e mi sarei persa lo spettacolino di Blake Davis che ballava nudo contro di me.
Per qualche istante mi permisi di far cadere gli occhi sul suo petto e sugli addominali scolpiti. Notai che era pieno di tatuaggi, invisibili sotto i vestiti.
Identificai l'immagine di un bosco sotto un cielo stellato e quella di un leone, ma gli altri disegni che gli adornavano il corpo mi furono preclusi, poiché sapevo che qualcuno avrebbe potuto notare la mia eccessiva attenzione.
«È un regalo Cenerentola» mormorò al mio orecchio. Strinsi la maglia al petto, quasi fosse uno scudo contro la sua vicinanza.
Sapevo bene che era un regalo, era la tradizione.
«I miei fratelli ti uccideranno.» Blake ridacchiò, ancora premuto contro di me. «Ho chiesto il permesso a Victor.»
Trovai il coraggio di alzare lo sguardo e far incrociare i nostri occhi. «Ci stanno guardando tutti» dissi, «Lascia che ci guardino, lascia che provino un'invidia cocente verso di te, verso ciò che non potranno mai essere.»
Mi prese le braccia e le avvolse intorno al suo collo. La maglia cadde sul pavimento tra noi. Non eravamo così vicini da anni.
Trattenni il respiro, il suo odore era fin troppo forte, fin troppo buono. Sentivo fuori uscire dalle sue labbra il sapore di quella sigaretta che aveva sicuramente fumato prima di entrare. Le gambe mi diventarono molli e mi odiai per la mia debolezza.
«Mi stai solo prendendo in giro, non è così?»
«Forse.»
Sollevò un angolo della bocca prima di farmi l'occhiolino e allontanarsi, visto che la canzone stava finendo.
Caroline tornò al mio fianco, con sguardo impassibile.
«Vieni, andiamo a cambiarci.» Mi tirò verso il bagno quando i giocatori e le cheerleader furono fuori. «A fare cosa?» Caroline si voltò verso di me, «Blue, vieni in questa scuola da più tempo di me... A indossare le maglie, è ovvio!»
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A mensa tutti gli sguardi erano puntati su di me.
Anche chi non era presente sapeva che indossavo la maglia di Blake. La regola voleva che si vedesse il nome stampato sulla schiena. E io sapevo, sapevo benissimo cosa significava.
Le ragazze con la maglietta erano off-limits. E il nome era una sorta di timbro.
Appartenevo a Blake.
Sospirai pesantemente, non riuscendo più a reggere tutta quella pressione.
Caroline era sgomenta quanto me. Dopo aver scoperto il vero significato dell'indossare la divisa dei giocatori, non le piaceva più molto quella tradizione.
Victor aveva marcato il territorio, cosa che non faceva mai.
La sua maglietta la dava sempre a me: io ero sua e tutti lo sapevano.
Ma quell'anno le cose erano cambiate e aveva deciso di prendersi Caroline, che ora veniva schivata come se avesse la peste bubbonica dai ragazzi per non incappare nell'ira di Victor.
La mia amica emise l'ennesimo sbuffo.
«Mi stai irritando» disse Stephanie, chiudendo il
suo libro di storia. «Non pensavo che la maglietta equivalesse a farmi pisciare addosso da Victor» si lamentò.
In quel momento la squadra entrò in mensa.
Victor fu il primo a separarsi per raggiungerci e si sedette accanto a Caroline.
«Come stai?»
La mia amica sollevò gli occhi al cielo spazientita, «Male.»
Victor rise e le avvolse un braccio intorno alla spalla e lei, contro ogni previsione, non si scostò.
«Ti sta bene il mio nome sulla schiena Cenerentola» sussurrò qualcuno al mio orecchio e, grazie al nomignolo, capii subito chi si sedette al mio fianco, rubandomi un morso del mio hamburger.
Guardai male Victor. Preferivo essere marcata da lui.
Il fatto di aver scritto "Davis" sulla schiena era un chiaro messaggio per tutti e io sapevo come mi sentivo: una delle puttane di Blake.
Cindy ci passò accanto, insieme a Stacy e Bonnie, e sentii il fuoco nei loro occhi scottarmi la pelle.
«Blake!» gridò lei, avvicinandosi a noi. Blake non tolse gli occhi da me. Si chinò su di lui per parlargli all'orecchio, ma, per mia immensa sfortuna, riuscii a capire le parole "bagno", "compagnia", "perdonare".
Blake inclinò la testa, interessato alla proposta di Cindy.
Mi alzai per prima, pronta per raggiungere George in aula studio, come promesso la sera prima.
Mi vergognavo a stare con lui con la maglia di Blake addosso, ma non potevo farci nulla.
Mi sentii afferrare per il polso e venni tirata indietro, un petto muscoloso si scontrò con la mia schiena.
«No Cindy, non ho voglia di scopare.»
Deglutii rumorosamente, iniziando a sudare.
Venni trascinata fuori dalla mensa e, quando fui fuori, Blake Davis mi stava davanti con espressione seria, ad osservare come la sua maglia, decisamente troppo grande, mi cadeva addosso.
E improvvisamente una consapevolezza mi colpii forte come un pugno in pieno viso.
Blake aveva appena rifiutato Cindy. Per me.
«Devo andare in aula studio, vai pure da Cindy.» Ormai mi aveva lasciata andare, quindi iniziai a camminare.
Ma Blake non si arrese, infatti udii i suoi passi seguirmi.
In aula studio, George era chino su un libro.
«Oh... appuntamento romantico» esclamò Blake. Lo guardai male, «Ti ricordo che sei mia.»
Mi venne voglia di dargli un calcio, ma, ovviamente, non lo feci.
«Per favore, va' via.» Il mio tono supplichevole sembrò convincerlo e così io entrai e raggiunsi George, sedendomi davanti a lui.
«Ciao.»
George alzò lo sguardo, ma guardò oltre e le mie spalle e io capii, capii che Blake non aveva capito.
«Blue, voltati» mi ordinò. Ero talmente abituata a seguire gli ordini altrui e a non decidere mai per me che mi voltai.
I nostri occhi si incrociarono.
«Oh» esclamò George.
E così mi resi conto di aver messo in bella vista il nome sulla mia schiena, che non era quello di Victor come ogni anno.
Non riuscii a distogliere lo sguardo da Blake.
Sentii George raccogliere le sue cose e si allontanò.
Con uno sbuffo, lo seguii. «George!»
Si girò, ormai era già in corridoio. «Blue, non voglio rubare niente a Blake Davis.»
Sospirai pesantemente, «Io non sono sua» sentenziai.
Io ero dei miei fratelli, di mio padre, non certo
di Blake.
«Sai cosa mi fanno se mi vedono con te? Se Blake ti ha dato la maglia e continua a mostrare interesse con te gli altri devono starti lontani. Sai cos'hanno fatt l'anno scorso a Jeremy?»
Scossi il capo.
«Ha parlato con Shila e lei aveva ricevuto la maglia da Phelps. Non ha fatto niente di che. Le ha chiesto quando vedersi per una ricerca. Quel pomeriggio lo hanno picchiato, lo hanno tenuto con la testa nel cesso fin quando non ha pianto e ha implorato perdono. Che cazzo di problemi hai a volere che io faccia questa fine?»
Rabbrividii.
Qualcuno fu immediatamente alle mie spalle.
«Parla di nuovo così a mia sorella e rimpiangerai di non essere Jeremy.»
Victor mi strinse a sé.
E, dopo neanche un secondo, avevo davanti Blake. Mi sembrava tutto esagerato.
«Corri» gli intimò. «Ti do dieci secondi di vantaggio, ma se ti prendo ti faccio male.»
Sentii Caroline emettere un lamento. Mi tolsi dalla presa di mio fratello e mi avvicinai a Blake, prendendolo per il braccio.
La sua pelle era liscia e calda; George era già lontano. Le labbra di Blake si muovevano leggermente: stava contando.
Mi posi davanti a lui.
Continuò a guardare George che si allontanava di corsa. Allo scoccare dei dieci secondi mi prese le spalle e mi fece voltare, tenendomi ferma per un istante.
«Non sarò più così gentile, ora sei mia.»
Scusate... state urlando? Perché io lo sto facendo da quando ho avuto questa idea!
Allora... pareri? Blake ha mostrato di sicuro dell'interesse per Blue, ma sarà interesse serio o ironico? D'altronde abbiamo imparato a conoscere un po' Blake, non si può mai sapere con lui.
Personalmente, adoro questo capitolo e ancor di più i successivi, quindi se fossi in voi avrei ansia fino a sabato prossimo!
Vi ringrazio per aver letto questo nuovo capitolo e in generale per tutto il vostro sostegno e vi ricordi di lasciare una stellina e dei commenti sia per sostenermi ma anche per vedere le vostre opinioni e il rapporto che state sviluppando con i personaggi.
Vi mando un enorme abbraccio, ci vediamo sabato prossimo<3
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