1. You're back
🎶
Want You Back; 5 Seconds of Summer.
Strofinai con vigore la tazza che Vincent aveva appena lanciato nel lavandino, rischiando di rompermi un dito.
Dovevo muovermi, lo sapevo bene. Se non fossi stata davanti alla porta entro tre minuti al massimo avrei dovuto fare la strada fino a scuola a piedi, e il tempo non era affatto dei migliori: nuvole grigie coprivano il cielo e sapevo che sarei stata talmente sfortunata da inzupparmi.
Sentii i passi pesanti dei miei fratelli percorrere il corridoio e precipitarsi giù per le scale, dunque sciacquai le stoviglie rimaste e asciugai le mani sui jeans.
Non mi premurai nemmeno di controllare se i capelli fossero stati in ordine, infilai le scarpe in fretta e corsi davanti alla porta; Vincent e Victor erano già in macchina, non so con quale velocità, e guardavano verso di me. Victor, seduto dal lato del passeggero, esibì un ghigno beffardo in mia direzione prima di dare una gomitata a nostro fratello, che partì a tutta velocità.
Maledetti idioti.
Con un sospiro leggero presi lo zaino e lo caricai in spalla. Sarei arrivata in ritardo, come accadeva spesso a causa di quei due, e non sapevo davvero come giustificarmi. Alla prima ora avrei avuto spagnolo e la signora Diaz era davvero antipatica; infatti, quando cominciò a diluviare sopra la mia testa, sapevo già che avrebbe avuto da ridire sul mio aspetto.
I capelli biondi si appiccicarono alle guance, infastidendomi a dir poco, mentre la felpa grigia assumeva un colore scuro. Mi sarei presa un brutto raffreddore e tutto per colpa dei gemelli.
Non riuscivano proprio ad essere gentili con me. Sapevo che stavano cantando vittoria a causa del diluvio, consapevoli che stavo facendo il tragitto sotto quello che sembrava essere il Diluvio Universale.
Mi misi a correre, sarei arrivata fradicia ma magari non in ritardo, e questo forse avrebbe distolto l'attenzione dell'insegnante da me.
La pioggia batteva con forza sull'asfalto... potevo essere così sfortunata?
Arrivai davanti a scuola pochi minuti prima del suono della campanella, cosa che mi permise di precipitarmi fino al mio armadietto per recuperare i libri necessari. Avevo appeso uno specchio all'anta, poiché vedevo che tante ragazze lo utilizzavano per sistemare il trucco, quindi mi ero uniformata, nonostante mi fosse severamente proibito, se non in qualche occasione, truccarmi o, in generale, risultare appariscente.
Lo usai per lisciarmi i capelli e verificare che aspetto avessi: quello di un pulcino bagnato e infreddolito. Strizzai le ciocche zuppe e chiusi gli occhi prendendo un respiro profondo.
Percorsi il corridoio in completo silenzio, il chiacchiericcio sovrastava anche i miei pensieri. La gola iniziava a bruciare, segno che stavo rischiando un bel raffreddore.
Scorsi mio fratello intento a parlare con la sua ragazza, Joy, appoggiato agli armadietti.
Joy era sempre carina con me. La sua bellezza mi lasciava sempre a bocca aperta, ma mai quanto la sua gentilezza; non so davvero cosa ci facesse con Vincent, che era un coglione patentato che mi trattava sempre male, ma, tra i due fratelli, era il migliore.
Erano una bella coppia, che spesso non mi faceva dormire: Joy veniva da noi in piena notte e mi lusingavano con rumori molesti per un'ora o due, poi lei tornava a casa. Qualche volta li avevo sentiti litigare poiché lui non voleva portarla a casa quando c'era anche nostro padre, ma lei non poteva capire...
Nonostante tutto, adoravo Joy.
«Blue, che ti è successo?» Lei distolse l'attenzione da Vincent, che sollevò gli occhi al cielo ed esibì uno sbuffo contrariato. Lui, come Victor, odiava avermi tra i piedi; secondo loro rovinavo sempre tutto e, adesso, stavo rovinando il tempo passato con la sua ragazza.
«Ero in ritardo e ho detto ai ragazzi che sarei andata a piedi» mentii per non far arrabbiare ulteriormente mio fratello, poiché lo avevo infastidito già abbastanza. Se lo avessi accusato Joy si sarebbe arrabbiata con lui, e io non volevo creare casini.
Joy si avvicinò a me e mi accarezzò i capelli bagnati in un moto di dolcezza che mi scaldò il
cuore.
«Vince, hai una felpa per tua sorella?... Blue dovrei avere dei pantaloni in più nell'armadietto.» Lei rivolse uno sguardo insistente al suo ragazzo che, seppur titubante, aprì l'armadietto rosso ed estrasse una felpa verde scuro, molto grande per me. Me la tirò in faccia e salutò Joy con un cenno del capo, probabilmente arrabbiato, prima di raggiungere i suoi amici; «Scusalo, spesso fa lo stupido» disse lei.
Sapeva che io e Vincent vivevamo insieme? Che le uniche volte in cui io e lui ci rivolgevamo la parola era perché mi doveva impartire ordini? Lo conoscevo, forse meglio di lei.
Sapevo che spesso e volentieri lui era finto davanti agli altri, così come Victor. Joy prendeva le sue parti migliori, a me restavano gli avanzi, le cose più brutte, ogni volta.
Stetti in silenzio e la seguii fino al suo armadietto. Mi passò dei pantaloni della tuta neri, «Ti staranno un po' larghi.» Si morse il labbro e io abbassai il capo imbarazzata. Sibilai un «Grazie» e scappai nel bagno delle ragazze.
Joy era formosa e faceva voltare i ragazzi al suo passaggio; al contrario io ero molto magra e non avevo di certo i suoi fianchi sensuali o il suo sedere sodo. Strizzai gli occhi e indossa i pantaloni, che quasi mi caddero. Dovetti risvoltare un paio di volte la vita prima di poter uscire dal bagno e posizionarmi davanti allo specchio.
Avevo le guance arrossate dal freddo e i capelli ancora bagnati, ma ero in ritardo per la lezione e non potevo mettere la testa sotto l'asciugatore, dunque mi limitai a passare le dita tra i fili biondi e mi precipitai prima al mio armadietto, dentro al quale lasciai i vestiti zuppi, e corsi in classe.
Una volta tanto ero stata fortunata, poiché la signora Diaz non era ancora arrivata e io potei sedermi in un banco a caso, vicino alla finestra.
Quando lei entrò il posto accanto al mio era ancora libero e ne fui felice, amavo seguire le lezioni in santa pace. Vincent e Victor erano in ultima fila, intenti a ridacchiare con i loro stupidi amici.
Avevamo un anno di differenza, ma quei due si erano fatti bocciare due anni fa, costringendomi a sopportarli anche in classe.
La signora Diaz cominciò con la spiegazione, senza prestare attenzione al mio aspetto da cucciolo bagnato, ma venne interrotta dopo pochi minuti. Tutti alzammo gli occhi dai nostri libri e li indirizzammo verso la porta.
«Oh... signor Davis... Mi ero scordata che sarebbe arrivato stamattina.» Il ragazzo le rivolse un cenno educato e poi si voltò verso la classe.
Si venne a sedere accanto a me, ma io cercai di ignorarlo, irrigidendomi. Sentivo lo sguardo dei miei fratelli addosso: mi era vietato vedere i ragazzi, anche solo parlare con loro. Il fatto che lui si fosse seduto accanto a me avrebbe causato molti guai, se non fossi riuscita a ignorarlo.
L'insegnante sparì dalla mia visuale, sentivo solo il profumo di sigaretta e vaniglia che lui si portava appresso.
Mi concessi una piccola e breve occhiata e lo trovai ad osservarmi senza vergogna. Arrossii violentemente e tornai attenta sul mio libro, sopra al quale evidenziai le parole che ogni tanto udivo.
Tremavo dal freddo, o forse dalla sua presenza che mi rendeva a dir poco nervosa e questo fece cadere l'evidenziatore giallo che tenevo tra le mani a terra.
Mi chinai per raccoglierlo e, nello stesso istante, lo fece anche lui.
Le nostre dita si sfiorarono, la sua pelle era calda a contatto con la mia e mi fece rabbrividire. I nostri occhi si scontrarono per un istante, fin quando io non acciuffai l'evidenziatore e mi tirai su di scatto, imbarazzata. «Scusa» sussurrai.
In quel breve sguardo ero riuscita a vedere alcune cose di lui: portava i capelli scuri spettinati, a coprire le iridi verde smeraldo che, durante lo scontro, mi avevano trapassato da parte a parte.
Ed era familiare. Fastidiosamente familiare.
Mi voltai verso i miei fratelli. Victor dormicchiava sul libro, ma Vincent teneva gli occhi ben saldi su di me. L'espressione gelida mi fece accapponare la pelle. Dovevo smetterla e stare più attenta. Non potevo permettermi di comportarmi da stupida in questo modo.
Sei proprio una stupida oca, Blue.
Sapevo che i miei fratelli mi avrebbero detto qualcosa del genere. Spostai i capelli bagnati e stopposi dietro l'orecchio e tornai con gli occhi sul libro, provando con tutta me stessa a concentrarmi e ignorarlo.
«Come ti chiami?» chiese il mio vicino, ma evitai di rispondere: sapevo di aver già fatto un passo falso facendo scontrare i nostri occhi, Vincent non mi avrebbe perdonato anche questa. Lanciai una breve occhiata alle mie spalle, mio fratello ancora ci osservava, e la mia mossa indusse il nuovo arrivato a fare lo stesso.
Lo sentii ridacchiare piano, poi afferrò una matita e scrisse sul banco.
Come ti chiami?
Trattenni il fiato per una manciata di secondi, indecisa sul da farsi. Alla fine presi una matita e risposi.
Blue.
Non aggiunsi altro, troppo spaventata da mio fratello, che avrebbe potuto beccarmi da un momento all'altro. Prima che lui potesse fare qualsiasi cosa, schizzai in piedi grazie al suono della campanella, che per fortuna mi aveva aiutata.
Corsi fuori dalla classe, decisa a fuggire sia da lui che da mio fratello. L'ora successiva avrei avuto ginnastica e sapevo che avrei trovato una scusa per non farla, tanto valeva non presentarmi proprio.
Mi sedetti su una panchina isolata e al riparo, aveva smesso di piovere ormai, ma un freddo pungente mi solleticava la pelle.
«Vuoi?» Sobbalzai spaventata dalla voce che mi prese alla sprovvista; il ragazzo nuovo si era seduto accanto a me, silenzioso come un gatto. «Non fumo» replicai dopo aver lanciato una breve occhiata al pacchetto di sigarette quasi finito.
Non si premurò di chiedere se mi desse fastidio che fumasse, ne accese una e, quando sbuffò il fumo, io tossicchiai, nonostante in realtà non mi desse noia, ma questo non lo portò a spegnerla.
«Non ti ricordi di me, non è così?» Sospirai pesantemente... Perché non mi lasciava in pace? Se uno dei miei fratelli fosse uscito in quel momento mi avrebbe uccisa.
«Blake» disse, cercando di riportarmi qualcosa alla mente. Mi raggelai sul posto. «Venivo spesso a casa tua da bambino» insistette.
«Blake Davis» mormorai io, mentre lui annuiva in risposta, aspirando la sua sigaretta.
«Sei tornato» dissi come se non fosse una cosa ovvia, visto che mi sedeva accanto. «Mio padre è morto» mi raccontò, come se fossimo in confidenza.
Ricordo che il padre di Blake stava male. Spesso i suoi genitori venivano a casa nostra, quando la mamma era ancora viva, poiché lui e i miei fratelli erano molto amici. Suo padre era una brava persona, sempre gentile e divertente; ma ricordo anche che, un giorno, trovai la mamma intenta a piangere in cucina insieme a Sylvie, la madre di Blake, poiché avevano appena scoperto della malattia.
«Anche mia madre è morta» ammisi. Erano passati anni dall'accaduto, ma non parlavo mai di lei, forse perché era un argomento tabù in casa mia.
Perché glielo stavo dicendo?
Improvvisamente capii il motivo del fastidio provato non appena i nostri occhi si erano incrociati.
«Blue» sentii chiamarmi. Vincent stava venendo verso di noi e dalla sua espressione arrabbiata capivo che mi avrebbe punita: avrei dovuto strofinare il pavimento fino a quando non fosse diventato uno specchio, avrei dovuto sistemare tutti gli scatoloni pesanti del ripostiglio... cosa gli sarebbe venuto in mente questa volta?
«Vince.» Blake si alzò e andò in contro a mio fratello, che lo guardò con diffidenza; neanche lui si ricordava di Blake. «Sono Blake» disse il ragazzo nuovo.
Lo guardai di spalle, la sigaretta stretta tra le dita affusolate; lanciò lontano il mozzicone e si passo una mano tra i capelli corvini. Mio fratello sorrise leggermente, dandogli una pacca sulla spalla.
Si misero a parlare tra loro, permettendomi di scappare a gambe levate dentro.
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Due ore dopo, tutta la scuola sapeva del ritorno di Blake.
Ci conoscevamo tutti sin dalle elementari, dunque non era difficile ricordarsi di Blake. Quindi, quando entrai nel laboratorio di chimica, lo trovai insieme ai miei fratelli e ai loro compagni della squadra di basket, con una ragazza seduta sulle ginocchia.
Incredibile come si faccia presto ad adattarsi.
Distolsi lo sguardo da loro in fretta e furia e mi sedetti accanto a Lola, una ragazza silenziosa che non mi avrebbe distratta dalla spiegazione, che seguii con particolare attenzione; sfortunatamente, Blake continuò a tenere Cindy in braccio e i due parlarono per tutta la durata della lezione: lei ridacchiava ad ogni parola da lui pronunciata e il professore non disse nulla, facendomi innervosire tantissimo.
La campanella suonò e io uscii dall'aula contenta della tortura finita. Qualcuno mi afferrò per il polso, «Ricordo che da bambina avevi la lingua tagliente» mormorò Blake al mio orecchio, «E io ti dico di starmi lontano per favore.»
«Se i miei fratelli ti vedessero...» annaspai, al che lui mollò la presa.
«Blake!» cinguettò Cindy, «Stasera do una festa per il tuo ritorno... devi venire per forza, sei l'ospite d'onore.»
Scappai in fretta e andai al mio armadietto.
«Hai visto? È tornato Blake Davis.» Origliai la conversazione tra le due ragazze che chiacchieravano poco distanti dal mio armadietto; «Dicono che abbia ucciso i suoi genitori.» Sgranai gli occhi sconvolta, «Ma che dici Cece, sua madre si è suicidata!» confidò l'altra.
Mi si strinse il cuore: Blake mi aveva detto della morte del padre... ma anche sua madre? Chissà quanto stava male.
Mi sentii subito in colpa per come l'avevo trattato e per il risentimento che ancora provavo dopo anni.
Chiusi l'armadietto e mi voltai per andare a storia e, in quel momento, tutti si zittirono poiché il diretto interessato stava attraversando il corridoio con passo sciolto, con un braccio sulle spalle di Vivian che gli parlava di qualcosa che lui probabilmente non stava neanche ascoltando.
Non stava con Cindy fino a neanche cinque minuti prima?
Victor notò la troppa attenzione che stavo riservando a Blake, dunque mi si avvicinò. «Che fai?» Scossi la testa in fretta, restando in silenzio. «Lavami la maglia blu e i jeans...» Iniziò ad elencare tutti i vestiti che dovevo preparare per lui e Vincent in vista della festa di stasera.
«P-posso venire anch'io?» balbettai quando lui finì di parlare. Scoppiò a ridere sguaiatamente, poi fece cenno a Vincent di raggiungerci, «Blue vuole venire da Cindy stasera» annunciò al suo gemello, che lo imitò nella risata.
Con un sospiro, li superai per andare in classe. «Blue?» mi richiamò Victor, dunque mi girai speranzosa che avesse cambiato idea. «Ho cambiato idea, lava la maglia nera.» Annuii docile e andai in classe in fretta.
Per i miei fratelli ero delicata come un fiore, che di conseguenza andava trattato con cura, ma al contempo loro si divertivano a vedermi soffrire, quindi mi strappavano i petali... Gli altri evitavano di parlarmi poiché sapevano di non potere, ma loro due mi davano ordini che io dovevo per forza eseguire.
Lanciai un'ultima occhiata a Blake, intento a sistemare le cose nel suo nuovo armadietto. Si voltò in quel momento e mi rivolse un ghigno divertito.
Era un bambino pestifero e la cosa non era sicuramente cambiata.
Spazio autrice
Sono tornata con una nuova storia... che ne dite?
Qui vi lascio una foto dei gemelli Vincent e Victor, i fratelli di Blue.
Se vi è piaciuto questo primissimo capitolo lasciate una stellina, così da farmi un 'idea del vostro parere🩵
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