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7 - HE CAN KILL WITH HIS SMILE


She can kill with a smile,

She can wound with her eyes.

And she can ruin your faith

With her casual lies.

And she only reveals

What she wants you to see.

She hides like a child,

But she's always a woman to me.

She can lead you to love,

She can take you or leave you.

She can ask for the truth,

But she'll never believe.

And she'll take what you'll give her

As long as it's free.

Yeah, she steals like a thief,

But she's always a woman to me.

[She's always a woman_Billy Joel]

LOUIS

"Vieni...devo tornare di là!" dissi, prendendogli la mano. Harry mi guardò perplesso, non accennando a volersi muovere. Odiavo quella situazione, per due motivi. Primo, non potevo dirgli niente di quello che stava succedendo e secondo, volevo stare con lui. Harry era stato l'unico ragazzo a trattarmi così. Mi aveva dato corda, aveva giocato con me, mi aveva curato e sopportato. E per qualche assurdo motivo non volevo avere nessun'altro ragazzo in giro per casa. Mi bastava lui. Avevo paura, perché fidarmi era diventato difficile dopo Seth, solo che non potevo raccontargli nemmeno quello. Non volevo perché avrebbe riaperto una ferita e perché lo avrebbe messo nei guai e farlo soffrire era l'ultima delle mie intenzioni. Per quanto mi riguardava gli avevo già fatto abbastanza male, ma ora volevo rimediare. 

Con lui venivano fuori entrambi i lati di me, quello stronzo, insensibile, donnaiolo e quello romantico e premuroso. Sì, avevo anche quel lato, ma era stato soffocato dagli innumerevoli anni passati ad esercitare il primo lato, quello che tanto piaceva agli uomini che mi sceglievo. Beh, era la classica storia delle ragazze che si innamorano sempre dei cattivi ragazzi, solo che nella mia situazione funzionava al contrario, qua erano ragazzi che si innamoravano dello stronzo di turno. Sinceramente non avevo mai capito perché, ma fare lo sbruffone aiutava a rimorchiare, evidentemente. Solo che con Harry il Louis "Casanova" si assopiva. Era il suo fascino naturale, era quel suo essere inconsapevolmente attraente, era quel suo viso da angelo, era il suo falso comportamento da santo, dietro cui si nascondeva quell'aspetto che avevo conosciuto solo io, quello dell'Harry ribelle e selvaggio, provocante e sensuale. Era semplicemente lui, che con i suoi modi di fare faceva venire fuori il Louis in veste del celeberrimo "Romeo". Era una specie di conflitto interiore il mio. Ogni volta che guardavo i suoi occhi, Romeo e Casanova facevano a botte, entrambi pretendevano di avere la meglio. Ma finiva sempre in pareggio...lo trattavo come un oggetto, poi volevo rimediare e fare l'uomo della coppia. Harry scosse la testa. Voleva sapere, era comprensibile, ma non gli potevo parlare del bambino. Quel bambino era l'ultimo eco del mio passato.

"Louis...parlami, per favore!", d'istinto, lo tirai verso di me e lo strinsi fra le braccia. Harry poggiò la testa contro la mia spalla, abbassandosi leggermente. Le ultime lacrime che gli rigavano il viso penetrarono umide e calde sotto il tessuto della mia maglietta. Non potevo far vincere l'aspetto cattivo, non quella volta. Ma se restavo in silenzio era solo per non farlo soffrire.

"Harry...ci sono cose del mio passato di cui è meglio non parlare...o almeno, è meglio che tu non sappia!" dissi.

"Non dirmi che eri uno spacciatore, o sei un assassino straniero emigrato in Inghilterra per nascondersi...", gli sollevai il viso e gli scostai i ricci dal viso.

"Magari ero un supereroe mascherato!"

"Chissà quanti uomini hai conosciuto allora! Chissà quanti ne hai avuti ai tuoi piedi!", risi e premetti le labbra sulla sua fronte.

"Forse...ma mai nessuno che valesse quanto te..."

"Lo dici solo perché vuoi che smetta di piangere!"

"Veramente lo dico solo perché è tanto che non facciamo una bella e sana seduta di sesso!", Harry spalancò la bocca indignato e mi tirò un ceffone sulla spalla.

"Complimenti! Bel paladino della giustizia!", sbuffò e io risi. Ora era tutto come prima, tranne per il fatto che c'era un bambino ad aspettarmi in casa mia.

"Devo andare Harry...puoi venire con me e non fare domande oppure...", Harry sospirò e riprese la mia mano, facendo scivolare le dita tra le mie.

"Scelgo di non fare domande...", sorrisi alle sue parole, "Ma solo perché tu mi sottovaluti! Sai che lo scoprirò da solo prima o poi!", gli feci una smorfia e lo trascinai verso il mio appartamento. Sapevo che era impossibile pretendere che non facesse domande, ma ci speravo.

"Dove sei peste? Devo farti conoscere una persona!"

"Peste? Ma che cattivo!", mi rimproverò Harry. Gli diedi una leggera spintarella con la spalla.

"Stacci insieme per una giornata, poi ne riparliamo!", Harry lo salutò con la mano e sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi. Il bambino ora doveva sentirsi come me, quando lui sorrideva. O meglio, ero io a sentirmi come lui, mi sentivo un bimbo a cui era appena stata data una caramella, ogni volta che Harry sorrideva. Harry si inginocchiò davanti a lui, che ricambiò il sorriso, leggermente sdentato.

"Ciao...io sono Harry! E tu come ti chiami?", ecco, la prima domanda che non doveva fare! Ovviamente non ci sarebbe stata altra scelta, almeno il nome lo avrebbe comunque scoperto, prima o poi.

"Louis", disse, gongolando. Harry scosse la testa e sollevò il viso verso di me.

"Oh, ma non mi dire! Abbiamo un altro piccolo Louis tra noi!", alzai le spalle, come a dire che non ne sapevo nulla. Ovviamente nemmeno io avrei voluto che si chiamasse Louis. E poi, era chiaro che con quel "piccolo" voleva alludere al fatto che anche io ero un bambino immaturo.

"Sai che sei proprio un bel bambino?", disse, pizzicandogli la guancia. Louis sorrise.

"Ti prego...chiamalo peste, altrimenti mi confondo!", dissi, passandomi la mano dietro la nuca, imbarazzato. Harry rise.

"Gli troverò un altro soprannome...io non credo che tu sia una peste, vero piccolo Louis?", lui in risposta annuì, mostrando ancora una volta quel sorriso, dove c'erano più buchi che denti.

"Harry...oggi ti va di restare con noi?", proposi.

"Ma stasera devo lavorare, lo sai!"

"Sì beh, anche io lavoro...Peste viene con me, tu vai al lavoro, poi quando torni vieni qui...cucino io stasera!"

"Allora è meglio che io rifiuti l'invito!", disse, sorridendomi. Il mio Romeo si sentì al settimo cielo per quel sorriso. Se riuscivo a farlo sorridere così, ero già a metà dell'opera.

"Lou...da quando cucini così bene?", borbottò Harry con la bocca mezza piena e la salsa piccante che gli colava sul mento, "Scusa...faccio davvero schifo!"

"Sì, vero...è per questo che ti stimo!", risposi, dando un morso al taco, "Comunque, cucino così bene da quando ho trovato i tacos già fatti al supermercato...basta metterci un po' di roba dentro!", spiegai. Harry scoppiò a ridere, lasciando cadere il taco sul piatto e sporcandosi la maglietta, "Sei un disastro!"

"E tu sei esilarante!", disse. Il piccolo Louis rideva divertito, mentre mangiava con le mani quello schifo di pasta collosa che avevo fatto per lui. Come facevo io ad occuparmi di un bambino di tre anni? Harry almeno si era reso conto della realtà dei fatti, perché il vero bambino ero io. Sospirai. Però mi piaceva, quanto mi piaceva. Perché quel ragazzo che mi era capitato per caso aveva il potere di uccidere con un sorriso? Ed onestamente, Seth non mi aveva mai fatto sentire come mi stava facendo sentire Harry. Forse era troppo presto per dirlo, ma lui era sempre stato lì, al di là di quel muro. Ed io scemo, ci avevo messo una vita intera per capire che era uno spettacolo, per capire che sarebbero stati fuochi d'artificio con lui. Per capire che noi due potevamo fare scintille insieme, e ne avevamo comunque già fatte. Ma soprattutto per capire che lui era quello di cui avevo bisogno, che nascondersi dietro a relazioni fittizie era sempre stato inutile. Forse avevo davvero bisogno di lui al mio fianco.

Finimmo di mangiare, poi Louis scaricò tutti i suoi giochini sul pavimento del mio salotto e cominciò a costruire e progettare, mentre io e Harry cercavamo di vedere un film. O meglio, mentre io cercavo di guardarlo. Harry infatti, dopo poco, si era lasciato contagiare da lui e si era seduto sul pavimento a giocare con lo stupido camioncino dei pompieri che diceva i numeri e i colori. E Louis rideva, mentre io imprecavo perché non riuscivo a seguire il film. Harry mi guardava male e mi intimava di finirla di fare il deficiente e di non dire certe cose davanti ad un bambino, ma era tutto inutile, perché tanto sarebbero state le prime che avrebbe usato in un discorso articolato, come virgole o intercalari. Non poteva non dire parolacce, dato che probabilmente ne aveva già sentite in tutte le sfumature, e non solo da me, anzi. Verso le 21.30 cominciò a barcollare e capii che era ora di metterlo a dormire.

"Peste, mi sa che è ora di fare la nanna!", lui sbadigliò, ma quando mi avvicinai per prenderlo scosse la testa e corse da Harry.

"Mi dispiace Lou, ma qui c'è qualcuno che mi preferisce, a quanto pare!", disse lui, tirando fuori la lingua. Sospirai e gli feci cenno di portarlo a dormire. Harry lo prese in braccio e raggiunse la mia camera, dove avevo preparato un letto vicino al mio. Harry gli mise il pigiamino, poi lo infilò sotto le coperte e gli schioccò un bacio sulla fronte.

"Buona notte, piccolo Louis!"

"Ciao Harry", disse lui, soffocando uno sbadiglio. Guardai la scena, appoggiato alla porta di camera mia con una spalla e le gambe incrociate. Harry mi faceva impazzire. Poteva diventare una tigre, se voleva, oppure essere il ragazzo più dolce che avessi mai incontrato. Sapevo che sotto sotto gli era mancata una vita un po' più divertente, come quella che gli avevo mostrato io. Lui e quel suo ragazzo zombie! Non sapeva come trattarlo, assolutamente, e lui aveva sempre vissuto come un fragile soprammobile al fianco di quel coglione. Se ci pensavo, mi veniva voglia di cercarlo e di ucciderlo. Forse io non mi ero comportato nel migliore dei modi, ma...lui aveva mai provato a capire di che cosa aveva bisogno veramente Harry? Lui si voltò proprio nel momento in cui io realizzai che quel coso, quel Jack, stava ancora con lui. Cazzo! Harry sobbalzò non appena si rese conto che lo stavo fissando.

"Io...tu...che stavi facendo?"

"Ti stavo guardando! Sei...ehm...bellissimo!", sospirai, imbarazzato. Che idiota! Quale scommessa? Dovevo conquistarlo, non fare il deficiente.

"Oh...Louis, io-..."

"Tu mi piaci", dissi, tutto d'un fiato, senza staccare le parole. Ma che mi prendeva? Dove erano finite le mie frasi fatte da rimorchio? Harry rise, "Non prendermi in giro!", esclamai. Mi si avvicinò piano e mi accarezzò la guancia.

"Mi sa che qui la peste non è l'unico bambino!", sorrise e io sospirai.

"No, infatti...", ammisi. Decisi di smetterla di fare l'idiota e di comportarmi da Louis, come era giusto che fosse. Lo presi per i fianchi e lo tirai con me fuori dalla stanza. Mi voltai e lo appoggiai contro la parete.

"No-non sto scherzando...mi piaci sul serio!"

"Allora dimmi chi è Louis!", disse. Lo adoravo.

"Piccolo perfido ricattatore! Imparerai a stare zitto!", esclamai, prima di afferrargli i capelli e tirarglieli leggermente, perché sollevasse il viso.

"Sai che non ne sono in grado!", sibilò. Premetti le labbra sulle sue e con la mano libera presi la sua, con la quale aveva provato a colpirmi. Con un gesto veloce gli lasciai poi i ricci che aveva afferrato, gli presi anche l'altra mano e le portai entrambe sopra la sua testa, facendolo sbattere contro il muro.

"Ecco perché ti costringerò a stare zitto!", Harry incurvò le labbra in un eccitante sorriso di sfida.

"Dovrai darti parecchio da fare!", alle sue parole, cercai le sue labbra e lo baciai, chiedendogli di approfondire la questione. Lui non si tirò indietro. Gli morsi il labbro con forza e lui gemette.

"Questi sono gli unici versi che posso tollerare di sentire!", dissi, sorridendo. Portai le labbra sul suo collo e gli succhiai la pelle, mentre lui si mordeva il labbro per impedirsi di esprimere il suo consenso. Lasciai andare le sue mani e lo voltai tra le mie braccia. Harry appoggiò le mani contro il muro e io lo spinsi col mio corpo.

"D'accordo...c'è un bambino in casa, perciò ci fermeremo qui...anche se qui c'è un altro Louis che vorrebbe essere ascoltato!", dissi. Harry mosse istintivamente il bacino, arrossendo.

"Sì...lo sento, credimi...", mormorò.

"Uhm...dimmi un po'...come preferiresti essere conquistato? Fiori e cioccolatini o...sei più uno da strip dance personale?", Harry scoppiò a ridere.

"Ho la casa piena di fiori! Ma i cioccolatini mi piacciono! Però...sono più uno da macchine, se sai quello che intendo!", gli presi il viso e lo voltai verso il mio.

"Ah, no! Vacci piano, piccolino!"

"Piccolino, sto cazzo!", sbottò. Sollevò una gamba, ma io mi allontanai prima che potesse colpirmi. Harry si voltò, io lo sollevai da terra con fatica e lo buttai sul divano.

"Sei un aguzzino terribile!", si lamentò. Mi sedetti, poi lui prese l'iniziativa e si sedette sopra di me a cavalcioni. Gli accarezzai la schiena, facendolo fremere.

"Dimmi come vuoi che ti conquisti e ti strappi al tuo caro soprammobile!", alle mie parole, Harry sembrò come spaventarsi, "Che c'è?"

"Io...ho lasciato Jack...", mormorò. Il mio sorriso si allargò in modo incontrollabile. Bene, un punto a mio favore. Significa che lo aveva lasciato per me...o almeno così speravo. Però avevo ancora molto da lavorare, probabilmente.

"Non importa...tu dimmi comunque come vuoi essere conquistato!"

"E tu dimmi chi è quel bambino!"

"Non posso!"

"Vuoi che io resti qui con te?", disse sfiorandomi il collo con le labbra. Mosse il corpo sopra la mia erezione e io ansimai.

"Sì...", ammisi, quasi soffocando. Da aguzzino ero appena diventato la vittima.

"Allora dimmi chi è quel bambino!"

"Harry...", mi baciò il collo, scostandomi la t-shirt e scendendo piano verso la spalla.

"Louis...hai bisogno di me...non far finta che non sia così..."

"Beh...una mano col pargoletto mi farebbe comodo, se proprio vuoi saperlo!"

"Credi che non me ne sia accorto? Sai anche tu di essere più piccolo di lui, per molti versi!", risi e lasciai scivolare le mani sotto la sua maglietta, accarezzandogli la pelle morbida e fredda.

"Sì...", Harry sollevò il capo e inarcò la schiena verso di me, rabbrividendo. Mi prese il viso con le mani.

"Allora fidati di me. Parla con me, io posso ascoltarti, voglio...voglio ascoltarti, lo sai! Desidero solo che tu sia sincero!", sospirai.

"È difficile da spiegare..."

"Comincia dalla cosa più semplice...sai che cosa mi interessa di più sapere...so che sai qual è la domanda che mi frulla per la testa e che...e che ho paura di farti!", annuii. Qualcosa in me sapeva che dovevo completamente affidarmi a lui. Una vocina mi diceva di lasciarmi prendere da lui, di lasciarmi andare, perché Harry non mi avrebbe lasciato cadere.

"D'accordo...il piccolo Louis non è mio figlio, ma...credevo che lo fosse."

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