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5 - YOUR HEART IS LIKE A PILLOW

OK, HO RICOMINCIATO A POSTARE QUESTA STORIA, VI AVVISO ANDRO' MOLTO LENTA PERCHE' OVVIAMENTE NON HO ANCORA FINITO DI MODIFICARLA (TROPPE STORIE IN CORSO...)...AH, SARA' PIENISSIMA DI ERRORI, COME I CAPITOLI SCORSI, UFF, AHIME' SONO VECCHIA E ORBA E NON VEDO UNA MINCHIA! SEGNALATEMELI, COSI' APPENA HO TEMPO LI CORREGGO<3 GRAZIE, LOVE YA<3

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If you aint gonna tell nobody,

I just wanna love yo body,

Before we say goodbye,

Before we say goodbye

Lets make love love love

For the last time

And call this closure

We're just gonna call this closure.

[Closure_Jason Derulo]

LOUIS

Mi svegliai presto quella mattina e mi resi subito conto che mi facevano male tutte le ossa. Era scomodo dormire nello stesso letto singolo con un'altra persona. Le mie braccia erano abbandonate intorno al corpo tonico e meraviglioso di Harry e lui dormiva ancora beatamente. Sentivo il suo petto sollevarsi e abbassarsi ritmicamente. Era così bello. Ed era la prima volta che passavo una nottata intera con un ragazzo, senza averci fatto nulla per di più. Il suo respiro lento mi rilassava. I capelli gli si erano leggermente scompigliati, ma quelle imperfezioni lo rendevano comunque attraente e veramente non capivo come facesse a sembrare sempre così sexy. O forse ero io a vederlo sempre così. Harry ai miei occhi era come un soprammobile di porcellana, uno di quelli fragili che puoi distruggere in qualsiasi momento, dannatamente perfetto in ogni dettaglio. Oh bé, Harry non era esattamente perfetto. Il naso non mi piaceva e aveva quella barbetta incolta quasi inesistente che mi irritava, eppure...sul suo viso apparivano dettagli quasi teneri.

Gli scostai leggermente i ricci dal viso. Harry sospirò più forte e fece una smorfia, senza smettere di dormire. Lo liberai lentamente dalla mia stretta e mi rotolai sul letto, fino ad alzarmi. Harry mormorò qualcosa di incomprensibile e si voltò con un verso sommesso, avvinghiandosi goffamente nelle lenzuola. Non si era svegliato ed era particolarmente buffo. Aveva la testa abbandonata sul mio cuscino e il sedere all'insù. Era una posizione curiosa e anche difficile, ma notai effettivamente che, alto com'era, nel mio minuscolo letto singolo ci stava a malapena. Cominciò poi a russare leggermente. Volevo scoppiare a ridere, ma mi trattenni per non svegliarlo. Solo in quel momento mi resi conto di quello che mi ero perso in tutti quegli anni. Era dolce, era affascinante, era...tutto quello che un uomo omosessuale come me poteva desiderare. Presi il cellulare per guardare l'orario e, istintivamente, aprii la fotocamera. Inquadrai Harry disteso sul mio letto e gli feci una foto. Forse gliel'avrei fatta vedere, per prenderlo in giro, o forse l'avrei tenuta per guardarla ogni tanto e sorridere ancora così, come mi stava facendo sorridere in quel momento. Decisi di preparare la colazione per quando si fosse svegliato, da bravo ragazzo. Era la prima volta che mi cimentavo in un'impresa del genere. Preparai qualche fetta biscottata con la marmellata, ma non trovai nient'altro di buono da fare. Nemmeno un po' di farina per due pancakes, o qualcos'altro. Affranto, accesi la televisione e mi sedetti sul divano in attesa che Harry si svegliasse.

"Oh...porca puttana! Devo andare a lezione! Louis...cazzo! Perché non mi hai svegliato?", sentii la sua voce squillante provenire da camera mia e sorrisi.

"Raffinato anche di prima mattina!", dissi, sorridendo. Harry sbuffò e si presentò in salotto, coi capelli scompigliati e i ricci che andavano da ogni parte anarchicamente.

"Hai litigato col cuscino?", domandai, divertito.

"Eri tu il mio cuscino, vorrei gentilmente ricordarti!", si massaggiò le tempie e mi guardò perplesso, "Ieri sera..."

"Ti sei addormentato dieci minuti dopo avermi detto che accettavi la scommessa e...io non ho voluto svegliarti!", spiegai, rassicurandolo. Harry si passò una mano tra i capelli e si stirò la schiena, facendo una smorfia addolorata.

"Non succederà mai più!"

"Come tutto il resto piccolo, giusto?", domandai, ammiccando. Gli feci cenno di seguirmi in cucina e, una volta che si fu seduto al tavolo, gli misi sotto il naso il piatto con due fette biscottate sbriciolate e sporche di marmellata che facevano paura solo a guardarle.

"Sembrano...immangiabili!", protestò, ma potei vedere un piccolo accenno di sorriso.

"Scusa...volevo solo fare bella figura, ma a quanto pare..."

"Meglio di no, già!", mormorò, prendendo qualche briciola e mangiandola. Mi avvicinai a lui e, senza pensarci, mi chinai e gli diedi un bacio sulla fronte.

"Buongiorno, comunque.", mi separai e lo guardai. Harry sorrise, totalmente questa volta.

"Buongiorno!", Harry mangiò velocemente, poi bevve l'ultimo goccio di succo che mi era avanzato in casa e si alzò per andare via.

"Dove vai?"

"A casa, Lou! Devo andare a seguire un corso stamattina e sono già in ritardo e poi...", lo zittii sollevandogli il viso e schioccandogli un occhiolino.

"Ti ricordo che c'è in ballo una scommessa, perciò appena torni a casa prendi le cose che ti servono e ti trasferisci qui da me per le prossime due settimane!", dissi, sicuro. Improvvisamente mi resi conto che non avevo mai passato tanto tempo con un ragazzo come stavo per fare con lui. Harry mi fissò perplesso.

"Stai scherzando, spero..."

"No, mi hai dato la tua parola! E non posso vincere se te ne stai sempre a casa tua! Così sarebbe troppo facile!", Harry sospirò.

"Non lo so..."

"Eh dai, abbi un po' di spirito di avventura! Ieri ce l'hai fatta!", Harry scosse la testa e si allontanò.

"Ora fammi andare...deciderò mentre ho la pausa durante il corso!"

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"Ok...lo spazzolino dove lo metto?", domandò, tirando fuori le ultime cose dal borsone che si era preparato.

"Uhm...lì nel bicchierino dove c'è anche il mio...guarda che il dentifricio potevo prestartelo io, senza bisogno che te lo portassi!", dissi guardandolo mentre sistemava meticolosamente le sue cose.

"Ho dei gusti particolari, la menta e la liquirizia mi fanno venire la nausea...uso solo il dentifricio alla fragola, ma non ce l'ha mai nessuno!", sospirai divertito e lo abbracciai, facendolo sobbalzare. Appoggiai il petto contro la sua schiena e lo strinsi, poi feci lo stesso con il mento sulla sua spalla. Harry sollevò il viso e guardò il nostro riflesso nello specchio.

"Non vorrai mica dare l'impressione di essere due fidanzatini modello!", disse, freddandomi.

"Sei davvero stupido! L'idea che volevo dare è quella di un ragazzo maledettamente attratto da te, che farebbe qualsiasi cosa per farti cedere!", risposi, sorridendo nello specchio. Harry scosse la testa e accarezzò il mio braccio stretto sul suo diaframma.

"Ora, sarebbe meglio che tornassimo di là...devo-..."

"Sì lo so, devi studiare!", lo interruppi, completando la sua frase. Sbuffai sonoramente e lo accompagnai in salotto, dove Harry si sedette e aprì i suoi libri sul tavolo.

"Che studi?", chiesi curioso.

"Biologia", rispose, asciutto, quasi non avesse nessuna voglia di parlare. O forse era davvero così. Sfoderò i suoi fantastici occhiali dallo zaino e mi fece una smorfia di disappunto, indossandoli.

"Niente commenti, tranquillo!", lo rassicurai. Lui sorrise sollevato, poi incrociò una gamba sotto il sedere e fissò il libro cominciando a picchiettare una matita sul tavolo.

"Mi inquieti...", mi azzardai a dire. Harry sbuffò.

"Se ti do fastidio lasciami da solo!"

"No...è carino il tuo modo di agitarti! Ti aiuto, dai!", dissi. Ero deciso a passare con lui più tempo possibile. Volevo farlo cedere, e mi sembrava palese ormai. Ma la verità era che la mia casa sembrava un po' meno vuota da quando lui era lì con me, anche se era passato solo un giorno, o forse nemmeno quello. Mi sembrava tutto più completo, tutto più sensato.

"Non è il caso!", mi ammonì. Andai in camera e presi i miei occhiali nel cassetto del comodino. Li tenevo nascosti perché non li mettevo praticamente mai. Tornai da lui e mi sedetti al suo fianco. Harry alzò il viso e spalancò la bocca, guardandomi.

"Che c'è?", chiesi contrariato e infastidito.

"Te l'hanno mai detto che sei davvero sexy con quegli occhiali?", esclamò, sorridendo. Lo fissai perplesso e poi mi sciolsi in una risata.

"No, sei il primo e...ti ringrazio. La cosa è reciproca comunque...credimi!"

"Siamo stragnocchi con gli occhiali, è la verità!", disse, spostando lo sguardo ed agitando la matita per aria, ed io annuii. Harry poi cominciò a leggermi ad alta voce uno di quei paragrafi complicati che stava studiando. Lo guardai scettico, perché onestamente non capivo nulla di quello che diceva. Mi piaceva solo il movimento che facevano le sue labbra rosse e pompose quando leggeva e il suo picchiettare nervosamente la matita sul tavolo. Notai persino che se era particolarmente nervoso o se non capiva, manipolava la gomma pane come se fosse un antistress.

"Potrei interrogarti e...ogni risposta sbagliata, ti do un bacio!", proposi ad un tratto. Harry sospirò rassegnato e mi porse il libro.

"Sono uno che impara in fretta, Louis!", puntualizzò. Sollevai le spalle e gli chiesi cosa fosse la prima cosa che vidi sottolineata su quel libro. Harry rispose alla perfezione a quella ed anche a tutte le altre domande.

"Scommetto che vuoi diventare biologo!", dissi, sarcastico.

"Già, perspicace, caro il mio Louis! Mi piacerebbe, ma non so se-..."

"Non sai se 'cosa'? Mi hai lasciato senza baci per un pomeriggio intero...ce la farai, fidati di me!", esclamai, interrompendolo. Harry incurvò le labbra in un sorriso dolcissimo e pieno di gratitudine, poi si alzò in piedi e si chinò verso di me facendo sfiorare le mie labbra con le sue.

"Un bacio te lo sei meritato comunque!", lo guardai allontanarsi e scomparire dietro la porta di camera mia come incantato. Volevo di più, ma quel bacio così dolce mi aveva fatto sentire davvero bene.

HARRY

"È finita Jack, d'accordo?"

"Harry tu...non...non puoi lasciarmi!", mormorò, guardandomi come una vittima innocente. Potevo, potevo eccome. Lui non aveva fatto nulla per trattenermi e io non avevo fatto nulla per far funzionare quella relazione. O almeno, ci avevo provato fino ad un certo punto, poi mi ero reso conto che da parte sua non avrei mai trovato lo stesso impegno. Poi avevo lasciato perdere...e successivamente come un fulmine era arrivato Louis. Scossi la testa, perché no, non era per Louis. Non lo stavo lasciando per Louis. Louis non era affatto interessato a me. Lo stavo lasciando perché mi ero comportato terribilmente male con lui e perché non potevo continuare quella relazione fingendo di amarlo. Mi sentivo un assassino ed era un ruolo che non mi si addiceva. Era meglio finire la sceneggiata anziché continuare a mostrare a Jack una sola delle mie facce.

"Mi dispiace, Jack, ma...anche tu sai che è meglio così!", conclusi. Non avevo più nulla da dire. Se lui mi avesse amato veramente, avrebbe fatto qualcosa per trattenermi. Aveva ventitre anni, e sarebbe stata l'ora di svegliarsi, ma lui era perennemente in letargo.

"Cazzo Harry...mi stai lasciando!", Ecco, sapeva dire solo quello, sapeva solo preoccuparsi di se stesso. Non pensava nemmeno di dirmi: "Harry non lasciarmi, ti amo!", no, non lo avrebbe detto, perché evidentemente non mi amava davvero.

"Io..."

"Lascia stare...facciamo finta che non sia mai successo nulla..."

"Niente amici, vero?"

"No, niente amici!", Jack mi voltò le spalle e se ne andò mortificato senza nemmeno guardarmi un'ultima volta. Sospirai rassegnato. Involontariamente mi ritrovai a pensare a Louis. Forse mi avrebbe risollevato il morale, in fondo avevo fatto la scelta giusta, per una volta. Ormai erano cinque giorni che stavo a casa di Louis, quello era il sesto, praticamente una settimana. Era difficile resistergli, soprattutto quando faceva apposta ad uscire dalla doccia e a venire da me coperto solo da uno striminzito asciugamano, ma ci provavo in tutti i modi. Lui lavorava il pomeriggio presto, allenava una squadra di calcio di bambini. Io non li avevo mai visti, ma lui diceva sempre che erano bellissimi e tanto bravi. E io sorridevo e stavo ad ascoltarlo mentre parlava della sua vita, distraendomi dallo studio. Persino le noiose nozioni di matematica sembravano più divertenti con Louis al mio fianco.

"Louis...sono a casa!", lasciai cadere lo zaino a terra e mi sedetti sospirando sulla sedia di fianco a lui. Louis mi allungò una brioches.

"È fresca fresca appena sfornata!", disse. La seguii con lo sguardo e la addentai affamato.

"Tutto bene? Ti vedo strano! È andato tutto bene con Liam?" disse. Sollevai le spalle. Gli avevo detto che avrei dovuto vedere il mio migliore amico, ma in quel momento mi stavo rendendo conto che non potevo mentirgli su Jack.

"Louis io...", mi interruppi, ripensando alle parole della scommessa. Improvvisamente una sensazione di panico si impossessò del mio corpo. Se gli avessi detto che avevo lasciato Jack, la scommessa non sarebbe più stata valida e non avrebbe più avuto senso stare lì con lui.

"Cosa?"

"N-niente...tutto bene!", dissi, sforzandomi di sorridere. Per qualche assurdo motivo, da quando stavo a casa sua, stavo bene. Mi sentivo meno annoiato, più libero. Chiacchierammo ancora della scuola e gli parlai di Liam, che io scherzosamente avevo ribattezzato Lima Bean.

Quando fu l'ora andai al lavoro e poi quando tornai a casa Louis mi fece trovare il pasto più buono che avessi mangiato da quando ero a casa sua, il take away cinese. Finito di mangiare Louis si sedette sul divano al mio fianco, mi abbracciò e accese la tivù. Decidemmo di guardare Titanic, perché era l'unico film bello che passavano, anche se lo avevo visto almeno sette volte.

"Come hai capito di essere innamorato?", mi chiese ad un tratto. Mi sentii bollente. Non avevo mai risposto ad una domanda del genere.

"I-io...non lo so...", balbettai. In effetti, pensandoci, non lo sapevo, perché non ero mai stato innamorato. Non avevo mai capito di essere innamorato di Jack, perché non lo ero.

"E...tu?"

"Io...non mi sono mai innamorato!", rispose, a colpo sicuro.

"Beh... avrai un criterio per giudicare!", dissi. Louis sorrise e mi passò una mano tra i miei ricci accarezzandomi la nuca. Era piacevole farsi coccolare così, era una sensazione che non avevo mai provato.

"Beh...il giorno in cui giocherò a calcio uno contro uno con il ragazzo che mi piace e lui mi batterà...vorrà dire che sono troppo distratto da lui per giocare seriamente e quindi che sono innamorato!", risi.

"Vedo che anche per te sono valide le solite storie del cuore che batte all'impazzata e delle mani che tremano!", dissi, sarcastico. Louis mi voltò il viso verso di sé e mi guardò sorridendo. Incontrai i suoi occhi e decisi che avrei anche potuto passare il resto della mia esistenza a fissarli. Ero così preso che non mi accorsi nemmeno di quello che stava succedendo. Louis annullò la distanza tra di noi e posò le labbra sulle mie. "Non cedere, Harry!", mi ammonì l'angioletto sulla spalla destra. "Cedi, non sei più fidanzato!", suggerì il diavoletto sulla sinistra. La mia coscienza era spaccata a metà. Schiusi le labbra e decisi di far vincere il demonietto, almeno per un po'. Louis si sporse verso di me, finché io non mi ritrovai con la schiena sul divano, lui sopra di me. Infilò le mani sotto la mia maglietta, mentre cercava di far incontrare la mia lingua con la sua, senza sosta. "Ancora un po', poi lo fermi!", mi ripetevo, ma non riuscivo a bloccarlo e non riuscivo a controllare me e il desiderio che avevo per lui. Il cellulare di Louis squillò, spezzando l'atmosfera. Lui sbuffò, ma non rispose e tornò a baciarmi. Il cellulare squillò altre due volte, prima che lui si decidesse, o meglio, prima che io gli consigliassi di rispondere.

"Pronto?", il suo viso si fece immediatamente pallido e il suo sguardo perso mi convinse che era successo qualcosa, "Vado subito!", concluse, prima di chiudere la chiamata. Louis si voltò verso di me con un'espressione triste stampata in viso.

"Che succede?", chiesi.

"Torna a casa, Harry!", disse, in risposta.

"Ma che-...", tentai di protestare, ma lui mi interruppe.

"Tornatene a casa, ho detto! Hai vinto la scommessa, ora va!", lo guardai perplesso, senza nascondere una sorta di preoccupazione. Louis mi indicò la porta. Raccolsi alla meglio le mie cose e me ne andai il più velocemente possibile.

"Mi dispiace, è colpa mia, ma...non posso...", sussurrò, quando io ormai ero sulla porta. Mi aveva liquidato così velocemente, dopo sei giorni passati insieme, dopo una telefonata. Non potevo certo pretendere di piacergli davvero, ma ero sicuro che qualcosa non stesse quadrando.


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