4 - YOU'RE MY INCURABLE SICKNESS
The way that your walkin
The way that you talking
You're the one I wanna spend this night with
Tryna get in those drawers
And bang it out til the morning
I can already tell that you want it
Cause your shakin it all for me
Givin it all to me
Rubbin that body on me
Cause your shakin it all for me
Givin it all to me
Rubbin that body on me
[Body on me_Nelly ft. Ashanti & Akon]
HARRY
"Harry", era ormai la terza volta che Louis gridava il mio nome. Sbuffai, era una settimana che non lo vedevo, non capivo che senso ci fosse nel chiamarmi ancora. Stavamo bene, evitandoci. Sapevo che era così anche per lui.
"Harry!", gridò di nuovo. Stava andando tutto a meraviglia, perché Louis doveva impicciarsi ancora? Se voleva farsi una scopata poteva benissimo chiamare uno dei suoi ragazzini arrapati!
"HARRY!", e cinque...mi aveva chiamato per la quinta volta. Presi un respiro profondo e chiusi il libro. Lasciai cadere la matita sul letto e mi alzai velocemente. Passando davanti allo specchio mi fermai e mi diedi una controllata ai capelli. Sì, bé...i capelli erano l'ultimo dei miei problemi. Indossavo una tuta da ginnastica completamente lisa e malandata, una canottiera giallo fosforescente che faceva a pugni coi pantaloni e, per giunta, macchiata di caffè. Erano tre giorni che studiavo senza staccare gli occhi dal libro e la caffeina era la mia unica alleata. Avevo appena lavato i capelli, ma per mancanza di tempo non li avevo asciugati, quindi non avevano una forma precisa, erano una massa di ricci scompigliati. E, giusto per non farmi mancare nulla, portavo gli occhiali perché in quei giorni, a causa di tutto quello studio, non riuscivo a vedere ad un palmo dal mio naso. Ero l'apoteosi della sciatteria. Facevo quasi paura. Sorrisi davanti allo specchio e sollevai le spalle. Poco male, quella era la mia "tenuta antistupro". Magari Louis ci avrebbe pensato due volte prima di provarci ancora. Uscii dal mio appartamento e mi diressi verso quello di Louis. Bussai e lui mi urlò di entrare. Stavo già per dirgliene quattro, quando lo vidi seduto sul letto, con lo sguardo perso verso di me. Lo guardai confuso e mi avvicinai cauto. Stava tremando, ma qualche gocciolina di sudore gli imperlava la fronte.
"St-sto morendo di freddo", mormorò, stringendosi nelle spalle.
"Oddio Louis...ma tu sei malato!", esclamai, come se non fosse una cosa ovvia.
"N-no...non è possibile!", rispose, battendo i denti. Risi, perché sembrava così fragile in quel momento. Era...dolce. Mi avvicinai a lui, seduto sul letto, e mi chinai, per appoggiargli le labbra sulla fronte.
"Louis! Sei bollente! Scommetto che hai la febbre altissima!", dissi, togliendo lentamente le labbra. Feci per rialzarmi, ma Louis appoggiò le mani sulle mie spalle.
"Stavo sbirciando quei tuoi capezzoli succosi e stavo diventando ancora più caldo! Riabbassati...", disse. Solo in quel momento mi resi conto che la canottiera fluorescente era talmente larga e conciata, che faceva intravedere benissimo i miei pettorali. Sospirai e mi alzai, senza prestare attenzione ai suoi sbuffi.
"Vedo che la febbre non rallenta i tuoi ormoni!", dissi. Louis si strinse ancora di più nelle spalle, rabbrividendo.
"No, quelli funzionano sempre!", rispose. Scossi la testa divertito. Non sapevo perché, ma vedere Louis così tranquillo, scosso dai brividi e febbricitante, mi faceva quasi tenerezza.
"Bé, placali per oggi...credo sia il caso che tu ti infili sotto le coperte e che tieni la bocca chiusa!", lo ammonii, indicandogli il letto.
"Potresti usare la tua, di bocca!", lo fulminai con un'occhiataccia e lo spinsi sul materasso.
"Chiudi quel forno e tieni a bada l'amichetto là sotto!", dissi, innervosendomi. Sollevai le coperte del letto ancora disfatto e lo coprii, sistemandole.
"Però mi sembrava che il mio amichetto ti piacesse!"
"La febbre ti fa delirare!", risposi, pronto. Ero in uno stato pietoso e Louis non perdeva occasione per provarci ugualmente.
"No è che...sai, sei particolarmente cesso oggi, ma...con quegli occhiali sembri davvero un porco!", disse, allungando una mano verso di me. Gli presi la mano e la rimisi sulla coperta. Sentii il forte istinto di prendere un cuscino, premerglielo sulla faccia e soffocarlo finché non fosse morto.
"Particolarmente cesso e porco? Come concili le due cose?", chiesi, tentando di mantenere un tono fermo.
"Beh, sei vestito come uno straccione, ovviamente ti preferivo con l'abito elegante di ieri sera. Sembri un barbone, però...sei sempre sexy, anche con quei capelli per aria...Oddio, poi i tuoi ricci sono sempre sexy...Insomma, ma che cosa ti devo dire se solitamente sei bellissimo? Oggi non lo sei, sappilo! Ma con quegli occhiali, mi dai l'aria di essere sotto sotto un maiale e...sei sempre sexy, cazzo! E non so come fai!" Spalancai gli occhi e lo guardai come se avesse appena detto un'eresia. Era vero. Sembravo uno straccione, e lui era la prima persona al mondo che fosse riuscita a farmi un complimento insultandomi. Louis era un troglodita stupido che basava la sua intera vita sul funzionamento di un neurone solitario, che doveva impegnarsi, per garantirgli di avere un'idea saggia una volta ogni tanto. E di idee sagge ne aveva raramente. Quella non era un'idea saggia, perché mi aveva appena dato del maiale. Si aspettava che gli avrei offerto i miei "servigi" perché mi faceva pena? Non lo avrei mai fatto. Non ero un maiale come sosteneva lui.
E il problema era un altro. Mettevo gli occhiali molto di rado, e non mi piacevano nemmeno un po'. Quando li avevo indossati la prima volta tutti i miei amici avevano riso, come se fossi la persona più buffa del mondo. Odiavo gli occhiali e mi dava fastidio il modo in cui mi incorniciavano il viso e mi rimpicciolivano gli occhi. E dopo quella prima risata i commenti erano stati: "Oh, ma non ti stanno così male!" "Guarda che stai bene, dovresti metterli un po' più spesso!" "Harry non sei brutto con gli occhiali, figurati!". Tutte frasi fatte e poco convincenti. Tutti commenti di questo genere, ma mai: "Con quegli occhiali sembri davvero porco!". Avevo voglia di ucciderlo, ma quella affermazione aveva risvegliato una parte del mio cervello sopita da tempo, che gridava vendetta e che voleva dimostrargli quanto avrei potuto accontentarlo, se avessi voluto. Era la prima volta che qualcuno mi diceva la terribile e crudele verità, facendola apparire così dolce. Per lui ero "cesso" ed imperfetto, ma nonostante tutto inspiegabilmente sexy. Non aveva usato uno di quegli sdolcinati cliché che servono a far star bene i ragazzi come me con loro stessi, ovvero quelle frasi fatte che altro non erano che bugie. Louis, anziché mentirmi, aveva trovato un modo per far sì che la realtà mi piacesse comunque, per quanto amara. Mi trovava sexy, anche conciato così, e nessuno di noi due sapeva come e perché.
"Forse...ho la febbre alta!", mormorò, chiudendo gli occhi. Sospirai. Forse era solo la febbre che gli faceva dire certe cose, forse era una bugia anche quella.
"Già...dove hai il termometro?", chiesi.
"Nell'armadietto di fianco allo specchio in bagno, dove ci sono le medicine...", mi precipitai in bagno e mi misi a cercarlo. Aiutarlo era quasi come concedersi a lui in quel momento. Che stavo facendo? Louis era uno stupido porco, non si meritava tutta quella attenzione. Trovai il termometro, tornai da Louis e senza ascoltare le sue proteste glielo diedi.
"Provati la febbre", ordinai. Non se le meritava, ma volevo che stesse bene. Louis fece come gli avevo detto, "39 e mezzo...chiama il dottore e fallo venire qui!", esclamai, guardando il display del termometro. Louis scosse la testa.
"Oh no! Non ci penso proprio!"
"Louis! Sei malato e non puoi certo uscire di casa in queste condizioni...io non ti posso portare dal dottore e tu hai bisogno di cure!", Louis mi guardò terrorizzato.
"Non puoi curarmi tu?", chiese, con un filo di voce. Scoppiai a ridere.
"No, Louis! E poi...devo studiare un sacco!"
"Non ti annoi mai a studiare? Potresti farmi da infermiere...scommetto che guarirei subito!", mi sentii improvvisamente bollente. Provai a impedirmi di pensarci, ma l'idea di me vestito da infermiere che lo curavo, era una fantasia piuttosto carina. Scossi la testa.
"No! Chiama il dottore e curati...se hai bisogno sai dove trovarmi!", aggiunsi, prima di avviarmi verso la porta.
"Harry!", quanto mai avevo detto a Louis che se aveva bisogno sapeva dove trovarmi. Quella notte avevo dormito pochissimo, ero andato in università e ora appena a casa non potevo nemmeno riposarmi un po' perché lui aveva deciso di chiamarmi per i suoi comodi.
"Che vuoi Louis?", urlai, innervosendomi. Possibile che avesse così paura del dottore?
"Puoi venire qui? Ti prego!", rispose. La sua voce era più dolce del solito e il suo tono supplichevole mi convinse, per qualche strano motivo, ad alzarmi di nuovo dal letto. Decisi di evitare gli occhiali, per evitare altri commenti spiacevoli, ma il mio outfit ricordava comunque quello di un barbone. In casa mi piaceva tenere la tuta da ginnastica, per cui non mi feci troppi problemi nel cambiarmi. Spalancai la porta dell'appartamento di Louis, sicuro che fosse aperta.
"Che c'è ora?", domandai.
"Beh, ecco...è un po' imbarazzante, in effetti..."
"Muoviti Louis! Ho sonno e sono stanco...poi, tu che parli di cose imbarazzanti è una combinazione davvero interessante!", lo canzonai, sperando che facesse in fretta. Non avevo tempo da perdere.
"D'accordo...calmati piccolo, riserva il tuo vivace caratterino per altre situazioni!", disse, schioccandomi un occhiolino. Lo guardai a bocca aperta, sempre più sicuro che la febbre gli stesse dando al cervello, anche se di per sé era già da tempo compromesso.
"Allora...praticamente...ci sarebbe il frigorifero vuoto e...mia madre lavora, quindi non può aiutarmi...i miei amici non se ne parla e...io ho una fame tremenda! Ti prego!", mi supplicò.
"Louis...anche io lavoro, lo sai...alle 18 comincio il turno al bar..."
"Harry, sul serio...h-ho bisogno di te!" disse. Improvvisamente mi venne in mente mio fratello, quando era piccolino. Mi ricordavo che quando era malato non si alzava dal letto. La minima linea di febbre lo rendeva un cadavere. Louis in quel momento era sullo stesso piano di mio fratello. Un po' di febbre e non capiva più nulla. Un po' mi dispiaceva, in fondo. Il mio cervello mi impose di tenere a bada la pietà, ma lo sguardo perso di Louis mi faceva troppa tenerezza. Mi sembrava un bambino smarrito in cerca di cure. E io ero l'unica persona che poteva aiutarlo.
"D'accordo...vado a comprarti da mangiare!" risposi alla fine, sospirando rassegnato. Finalmente dopo due giorni vidi ancora uno di quei suoi splendidi sorrisi.
"Grazie! Ehm...prendimi quello che vuoi, basta che ci siano patatine fritte e schifezze varie! I soldi sono nel portafoglio, nella tasca dei miei jeans... lì", disse, indicandomi i jeans. Presi i soldi e lo salutai. Cinque minuti dopo ero già al negozietto dove facevo di solito la spesa. Comprai le patatine e altri cibi di quel genere, poi presi anche qualcosa di più sano, giusto perché nelle sue condizioni non mi sembrava il caso di abbuffarsi di quel veleno in quantità industriali. Tornai da Louis e appoggiai la borsa sul pavimento. Lui era ancora dove lo avevo lasciato, seduto sul divano a guardare la televisione.
"Grazie Harry... sei una benedizione!"
"Sì, sì...prego, ora-..."
"Ti va di restare a mangiare qualcosa con me?", domandò. Mi buttai pesantemente sul divano di fianco a lui, senza nemmeno chiedergli il permesso.
"È un modo alternativo per chiedermi di farti da mangiare?"
"Beh, di solito lo faccio da solo, ma... sto male, davvero. Non riesco nemmeno a muovere un muscolo...Harry, ti prego!", mi passai una mano tra i capelli e sospirai esasperato. Mi stavo cacciando in una situazione terribilmente pericolosa, e non perché rischiavo di ammalarmi anche io. Stare vicino a Louis mi metteva in imbarazzo. Non potevo evitarlo. Ogni volta che mi guardava, anche con gli occhi lucidi per la febbre, mi sentivo bruciare.
"Io...beh, d'accordo...poi però vado!", aggiunsi. Gli lanciai un pacchetto di patatine, poi preparai qualcosa da mangiare. Alla fine mangiò solo Louis e io gli diedi ben volentieri anche la mia porzione. Lo costrinsi a chiamare un dottore e, quando fui sicuro che il medico sarebbe venuto, tornai a casa mia. Mi preparai per andare al lavoro e uscii di casa. Avevo trovato lavoro come cameriere in un bar non distante da casa mia. Lavoravo dalle 18 alle 21, l'orario dell'aperitivo, il sabato pomeriggio e la domenica mattina. La paga non era stratosferica, ma mi bastava per pagare l'affitto e per il resto mi arrangiavo con qualche ripetizione una volta ogni tanto. Se non mi bastavano i soldi interveniva mio padre. Ma lo faceva raramente, perché la mia autonomia era una cosa a cui difficilmente potevo rinunciare e mi sarei ammazzato di lavoro piuttosto che chiedere soldi a lui o alla mamma. Quando tornai a casa, trovai un pacchetto incartato davanti alla mia porta. Alzai le spalle e lo presi, pensando fosse un regalo di Jack. Doveva ancora farsi perdonare per avermi lasciato solo la sera del nostro mesiversario. Gli avevo fatto presente che avrei preferito passare la serata con lui, che invece, dopo aver discusso di vino tutto il tempo, mi aveva portato a casa sicuro che io fossi stanco. In fondo Louis aveva ragione, quel ragazzo era un vero idiota. Entrai in casa, mi cambiai e poi decisi di aprire il pacchetto. Non appena vidi di cosa si trattava, sentii le guance prendermi fuoco. No, non era decisamente da parte di Jack.
"Louis Porcodepravato Tomlinson...giuro che ti uccido!" gridai, furioso. Con un pacchetto mi aveva fatto salire il nervoso a mille. Cominciai a pentirmi di non averlo soffocato la sera precedente. Lo sentii ridere dal suo appartamento.
"Allora vieni qui!", urlò, in risposta. Corsi da lui e gli tirai la scatola addosso, dopo aver accuratamente sbattuto la porta di casa sua, giusto per fargli capire che ero davvero su tutte le furie.
"Dai Harry... un po' di fantasia! Fai qualcosa di trasgressivo ogni tanto!", bisbigliò, guardandomi da capo a piedi, come se i suoi occhi potessero vedere sotto i miei vestiti. Un brivido mi corse lungo la spina dorsale, ricordandomi quanto fossi debole nei suoi confronti.
"Non indosserò mai un costumino da infermiere fatto solo di quelle mutande che non ti coprono le chiappe, per giunta comprato in uno squallido sexy shop, per venire a curarti una febbriciattola insignificante! Ed è inutile che provi a compiacermi con i tuoi sguardi provocanti! Non lo farò!"
"Come sei noioso! Se tu ti vestissi così...guarirei in un batter d'occhio!", sbuffai.
"In questo caso parlare di "vestito" mi sembra esagerato. Di solito un vestito copre almeno i tre quarti della pelle di una persona!" protestai, riprendendo il pacchetto e osservando l'immagine del figaccione con le mutande addosso, stampata sulla scatola. Io non ero mica porco come quello ed un intimo del genere non mi sarebbe mai stato bene.
"E poi...chi l'ha comprato visto che tu non ti sei mosso?"
"Beh...ho mandato Zayn...lui ha gusto per queste cose!", le mie guance, se già prima rosse, divennero ancora più bollenti. Mi sembrava di bruciare. Come aveva potuto mandare un suo amico a comprare un micro intimo da gigolò per me? Strinsi i pugni e presi un profondo respiro, contando mentalmente. Dovevo contenere la rabbia.
"Louis, Louis caro...sai che mi sto trattenendo a fatica dall'ucciderti?"
"E dai Harry! Non hai un minimo di senso dell'umorismo!"
"Io non ho senso dell'umorismo? Mi hai sfruttato per due giorni e mi hai mandato a fare la spesa quando effettivamente i tuoi amici sono in grado di uscire a comprare le cose per te! Il costumino da pornostar per il tuo schiavetto sì, ma la spesa no? E io che mi sono lasciato fregare dalle tue moine! Sono davvero uno stupido!"
"È una cosa diversa, Harry! Zayn non sa nemmeno dove sia il supermercato, non ha mai fatto la spesa in vita sua!"
"Al sexy shop sì, però!"
"Dai Harry, non ti arrabbiare...non muore nessuno se non ti metti quel costume...era solo per scherzare!" disse, poi starnutì e si toccò la fronte. Era evidente che avesse ancora la febbre e che probabilmente gli stava salendo. Mi avvicinai a lui e lo feci sdraiare sul divano, poi gli portai il piumone che aveva sul letto e lo coprii. Louis starnutì di nuovo.
"Cos'ha detto il dottore?"
"Che è influenza...devo prendere l'antibiotico, se non mi passa...", annuii e gli porsi il termometro. Mentre si misurava la febbre cercai qualcosa di simile ad una pezza da qualche parte in cucina. Trovai un tovagliolo e lo bagnai con l'acqua fredda. Tornai da lui, controllai quanta febbre aveva e gli appoggiai la pezza sulla fronte.
"Tieni questa...e, lasciami andare, adesso... sono stanco!", Louis annuì, con una certa rassegnazione nello sguardo.
"Però, quello è sempre un regalo...portatelo a casa!", disse, senza perdere il suo entusiasmo. Sbuffai, ripresi la scatola e me ne tornai finalmente a casa mia. Cenai e mi misi a guardare un po' di televisione. Ovviamente era inutile che sperassi di passare una serata tranquilla. Louis si era deciso a darmi fastidio e lo avrebbe sempre fatto. Cercai di non badare al volume alto della televisione di Louis e mi misi a letto verso mezzanotte. Per quel giorno gliene avevo già date troppe vinte. E lui mi aveva fatto arrabbiare veramente tanto.
"Harry...vuoi venire a mangiare da me?", sbuffai e, senza pensarci, pestai la testa contro il muro. Ecco, gliele avevo date tutte vinte e ora lui pensava che io fossi il suo schiavetto. Erano passati quattro giorni da quando gli era venuta la febbre, avrebbe potuto anche alzarsi dal letto senza morire, e invece no, pretendeva di rompere ancora le scatole a me.
"No! Alza il culo e arrangiati!"
"Harry, dai, tanto so che non è quello che vuoi!", e aveva anche il coraggio di prendermi in giro, così decisi di non rispondere e feci finta di niente. Cominciai a battere i piedi in modo nervoso. Le parole stampate sul libro di biologia non avevano più un senso, ero arrivato al punto di dover rileggere la stessa riga sei volte prima di riuscire a darle un senso. Sbuffai nuovamente all'ennesimo richiamo di Louis. Mi alzai dalla sedia e presi la stupida scatola con il suo stupido regalo. Mi voleva porco? Bene, mi avrebbe avuto porco. Almeno, stando a quello che diceva lui, così sarebbe guarito più in fretta e non mi avrebbe più infastidito.
Indossai quel paio di mutande bianche da infermiere che mettevano in mostra per bene le mie chiappe sode. Non volevo però rischiare che qualcuno mi beccasse in quelle condizioni sul pianerottolo, per cui mi coprii con l'accappatoio, per non fare fatica a spogliarmi una volta arrivato a casa di Louis. Mi guardai allo specchio, preparandomi all'impatto con la mia trasposizione di maiale. Sì, davo molto l'idea di un porno attore gay, ma ero davvero sexy. O era solo quello che diceva Louis? Stavo per uscire, quando mi resi conto che mancava ancora qualcosa per completare il mio look, così presi i miei spessi occhiali neri e li indossai, in modo che fossi perfetto fino in fondo.
Misi la testa fuori dalla porta e controllai che non arrivasse nessuno, quindi corsi verso l'appartamento di Louis. Presi un profondo respiro e entrai. Louis, seduto sul divano, si alzò per venirmi incontro e nel frattempo io chiusi la porta e mi tolsi l'accappatoio, rimanendo solo con quel capo poco consono alla mia persona. Si bloccò, spalancando la bocca e gli occhi. Mi avvicinai a lui, e vidi che stava boccheggiando, senza riuscire a parlare. Appoggiai le mani contro il suo petto e gli diedi una spintarella. Louis indietreggiò fino ad incontrare il divano.
"Uhm...c'è un bambino cattivo malato qui, non è vero?", dissi. Sperai che la luce fioca del suo appartamento bastasse a coprire il rossore delle mie guance.
"Oh sì, e ora mi sa che diventerà ancora più cattivo!", mormorò ammiccando. Allungò le mani sui miei fianchi, ma io lo spinsi con più energia. Louis ricadde sul divano, sopra il piumone.
"Fai il bravo! Hai bisogno di essere curato!", sussurrai, inginocchiandomi ai piedi del divano. Louis puntò gli occhi sui miei pettorali, concentrandosi sui miei capezzoli già turgidi, e deglutì.
"Credimi, ora sto già molto meglio!", balbettò. Mi chinai su di lui e premetti le labbra sulla sua fronte per qualche secondo, poi mi separai da lui e sorrisi guardandolo negli occhi. Louis si leccò le labbra.
"Te l'avevo detto che ti saresti divertito!", disse. Posai un dito sulle sue labbra per farlo tacere.
"Silenzio piccolino...non ti agitare!", sussurrai. Mi alzai e mi avvicinai alla televisione, ancora accesa, dandogli le spalle. Mi chinai per spegnerla e sentii il perizoma quasi dividermi le chiappe, lasciando intravedere il mio sedere e, addirittura, la mia apertura, che Louis aveva già profanato, ma che non vedeva l'ora di farlo di nuovo.
"Oh, cazzo...così non vale Harry!", chiusi gli occhi, mentre sentivo il corpo bruciare sotto il suo sguardo. Lo volevo da impazzire e mi bastò quello sguardo per capirlo.
"Louis, pensi di poterti divertire solo tu?", domandai, inginocchiandomi di nuovo davanti a lui. Lasciai scivolare la mano sul suo petto e Louis ansimò. Il mio sguardo corse lungo il suo corpo fino ai pantaloni della tuta. Sorrisi notando la sua erezione ormai evidente.
"L'amichetto non riposa mai, eh?", domandai, portando la mano ancora più giù.
"Finché tu fai l'infermiere sexy, dubito che riposerà! Dio quanto mi piaci con quegli occhiali...", riattaccò, respirando a fatica. Raggiunsi i suoi pantaloni e posai la mano sulla sua erezione e Louis gemette.
"Smettila, ti prego..."
"Oh no, perche? Ti sto curando, piccolo Louis!", accarezzai il suo membro sopra il tessuto dei pantaloni. Louis ansimò e il suo respiro divenne più profondo e incontrollato.
"Credo che guarirò piuttosto in fretta!", mossi la mano più velocemente, massaggiandolo.
"Dio, Harry...così mi farai venire! Lascia che ti prenda!"
"Oh Louis! Tanto lo sai che non ti lascerò venire! O forse sì, chi lo sa...", dissi, riprendendo le sue parole di quella sera. Louis chiuse gli occhi e si morse il labbro. Tolsi la mano e la infilai sotto i suoi pantaloni, superando anche i boxer. Toccai il suo membro con la mano e ricominciai a muovere la mano su e giù.
"Harry...Harry, ti prego...", ansimò. Sorrisi ma non mi fermai, come gli avevo detto, lo lasciai venire, poi mi alzai.
"E ora dove te ne vai?"
"A casa, no? La medicina te l'ho data!", dissi, facendogli un occhiolino.
"Dai, Harry...facciamolo, ti prego! Non puoi fare il maiale così e poi lasciarmi da solo!", mi voltai e lo fulminai con un'occhiataccia che gli fece chiudere immediatamente la bocca.
"Io non sono un maiale, chiaro?", dissi freddo. Lo facevo solo con lui. Non avevo mai fatto certe cose ad un ragazzo. Non volevo dare un'immagine sbagliata di me, ecco perché quelle cose dovevano restare nelle quattro mura dell'appartamento di Louis. Me ne tornai a casa e mi cambiai, velocemente. Non sopportavo quel paio di mutande e non lo avrei messo mai più. Dio, ma cosa stavo facendo? Quello non ero io, non ero mai stato così!
Mi vestii in maniera più sobria, perchè alle sei sarei tornato al lavoro. Quella sera Louis sarebbe stato tranquillo, lo sapevo già. Tornai da lavoro verso le dieci, mi sdraiai sul divano e accesi la televisione. Feci zapping per qualche istante, ma il mio cervello era sempre sintonizzato sul canale "Pornodivo Tomlinson". Gli avevo fatto da infermiere con un paio di mutande bucate sulle chiappe comprate in un sexyshop. Se lo avesse scoperto qualche mio amico, tipo Liam, sarei diventato automaticamente il poco di buono della compagnia. Sospirai e spensi la televisione, deciso ad andare a letto, quando l'ennesimo grido di Louis interruppe la mia quiete.
"Louis smettila! Ho già dato, non tornerò ad accontentarti!"
"Harry, per favore!", sentii le lacrime affiorarmi agli occhi. Ero così nervoso che sarei potuto scoppiare da un momento all'altro. Uscii sul pianerottolo e spalancai la porta di casa di Louis. Lo cercai in salotto, ma non c'era. Guardai in camera sua e lo trovai sdraiato sul letto, scoperto, in boxer. Evidentemente era guarito. Mi avvicinai.
"Che vuoi adesso?", chiesi, arrabbiato. Louis sospirò, si alzò leggermente, mi prese la mano e mi tirò, facendomi cadere sul letto al suo fianco. Si voltò e si mise sopra di me. Lo guardai, inerme. Mi sentivo una marionetta guidata da lui. In quel momento, quando incontrai i suoi occhi, mi resi conto che avrei fatto qualsiasi cosa lui avrebbe voluto. Non potevo vincere con lui. Louis Tomlinson poteva avermi in qualsiasi modo, in qualsiasi momento. Non avrei potuto opporre resistenza. E mi vergognavo di me, ma non potevo farne a meno. Era il mio desiderio, la mia fantasia. Ma per lui ero solo lo schiavetto provocante pronto in qualsiasi momento alla sveltina, a concedergli il mio sedere, che già di suo era voglioso del suo membro al proprio interno.
"Io...avevo solo voglia di vederti...", sussurrò, sfiorando la mia guancia con le labbra. Sentii le farfalle nello stomaco impazzire improvvisamente, scatenando una rivoluzione. Istintivamente incrociai le gambe, come spaventata che lui potesse comprendere quello che il mio corpo voleva.
"Oh...io...ecco, io non-..."
"Non faremo sesso stasera, Harry...voglio solo stare con te, ti ho trattato malissimo in questi giorni e tu...tu ti sei preso cura di me, ora...", mi sfiorò le labbra col pollice, poi mi accarezzò la guancia con dolcezza e esaminò ogni centimetro del mio viso, "...ora voglio prendermi io cura di te!", concluse. Annuii, incapace di fare altro. "Fammi tutto quello che vuoi, Louis!", urlò il mio cervello. Il mio corpo era un fuoco. Sesso o non sesso, era così provocante da farmi eccitare solo parlandomi. Si sdraiò al mio fianco e appoggiò il petto alla mia schiena, stringendomi a sé, e anche se l'immagine di me leggermente più alto di lui davanti mi faceva ridere, in qualche modo stavo bene tra le sue braccia.
"Cazzo...non avrei dovuto dirti niente sesso!", mormorò, sfiorandomi l'orecchio con il labbro.
"Smettila di fare l'idiota...sei malato e io sono fidanzato!"
"Però sei qui!", puntualizzò e io risi. Louis infilò una mano sotto la mia maglietta, accarezzandomi l'addome contratto.
"Louis!", lo ammonii.
"Tu...lo ami? Jack, intendo...lo ami?", chiese ad un tratto. Rimasi in silenzio, ascoltando il battito del suo cuore contro la mia schiena e sospirai.
"S-sì...", era una bugia. Era la bugia più grossa che avessi mai detto nella mia intera vita.
"Però non sai resistermi!"
"Sì!", risposi, e quella non era una bugia, era la pura e semplice verità, "Ma devo farlo", aggiunsi.
"Harry...non...", si interruppe, poi riprese, cambiando tono, "Ti aiuterò con lui...gli farò aprire gli occhi e gli farò capire che cosa si sta perdendo!", voltai il viso verso di lui, confuso.
"Ch-che cosa?"
"Hai capito bene...sai che io non mi accontento mai! E piuttosto di non averti, ti aiuterò con lui!"
"A cosa vuoi arrivare?"
"Stai con me per due settimane...e se riesci a resistermi e a non finire a letto con me, io ti aiuterò!", mi voltai e appoggiai il viso contro il suo petto, che in quel momento era l'unico posto in cui mi sentivo salvo.
"E se io perdessi?"
"Finirai nel mio letto e farai tutto quello che ti dirò...se tu cedi, io ci guadagno automaticamente!", sospirai, poi gli diedi un bacio sul petto. Louis sussultò. "Harry, inizia adesso a mantenere il tuo buonsenso...o non vincerai mai!", suggerì il mio cervello.
"Sì, ci sto! E vincerò!", esclamai. Fanculo al buonsenso. Louis era l'unico a sapere quello che volevo.
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