3. " sembro uno sfigato, credo "
Di solito mi piace, la mattina.
Oh, se mi piace.
La adoro.
Tutto è così silenzioso, il mondo deve ancora nascere, svegliarsi e iniziare lentamente a muoversi, di mattina.
La luce dell'alba è più soave rispetto a quella del tramonto, più fredda e chiara, come se anche lei si dovesse abituare all'idea che un nuovo giorno sia arrivato.
In inverno, poi, la mattina è ancora più preziosa.
Tutti dormono fino a tardi, quando è tempo di Letargo, tutti dormono e quei pochi che sono svegli, che per qualsiasi ragione non stanno riposando, si godono il silenzio mortale che regna nel villaggio, tra le case, nelle stanze di solito così rumorose, così piene di gjente.
Nessuno, e dico nessuno, si prende la briga di mettere il naso fuori dalla porta, nella stagione fredda, non prima di una certa ora.
Nemmeno gli animali, d'inverno, si azzardano ad uscire dalle loro tane.
Io amo godere del privilegio di ascoltare il silenzio. Il silenzio mattutino più di tutti, perché mi sembra di vivere in un mondo senza nulla, senza giudizi, senza preoccupazioni, senza classi sociali.
Mi piace svegliarmi prima degli altri.
Di solito, come dicevo, mi piace la mattina.
Ho sempre pensato di amare il silenzio.
Ma mentre fisso il soffitto spoglio che piano piano inizia a tingersi di Sole, mi sembra che il non sentire niente mi stia uccidendo. Me lo sento, che morirò così, le articolazioni tese sul materasso e troppo pensieri a cui badare.
Non sento niente, non solo con le orecchie.
Non sento nemmeno la voce dei miei pensieri, decisamente troppo affollati nella mia scatola cranica.
Non sento ne caldo né freddo, sotto lo strato spesso di coperte di lana.
Non riesco a rispondere alla domanda "cosa provo in questo momento?" neanche se ci provo con tutte le mie forze.
Semplicemente non provo niente. Zero assoluto.
Oppure provo così tante cose tutte insieme che si annullano a vicenda.
Sei felice? Sei triste? Arrabbiato? Affamato, entusiasta, iracondo, allegro? Come cazzo di senti?
Una falena sbatte le ali sul muro, sopra la testa di mia madre, e mi ritrovo a fissarla come un idiota.
Chissà cosa sente, quell'insetto, mi ritrovo a pensare.
Di sicuro ha le idee più chiare delle mie.
Nei suoi tre giorni di vita, pensa solo a mangiare, svolazzare qua e là, deporre le uova ed inseguire costantemente la luce.
Io ce l'ho, una luce da inseguire? Avrò ma qualcosa che mi terrà ancorato alla vita? Qualcosa a cui punterò tutte le mie forze? Un obbiettivo?
Sospiro, di nuovo, per la centesima volta da che mi sono svegliato.
È davvero tanto presto, saranno le otto di mattina, e ho davvero il bisogno fisico di dormire, di soddisfare il Letargo. Ma stavolta, stanotte, proprio non ce l'ho fatta, ad abbandonarmi all'istinto di affogare le mie preoccupazioni nel sonno.
Sposarmi.
Se quello che è successo ieri è vero, se non me lo sono inventato, a breve mi sposerò.
Con chi? Chi è questo "qualcuno" che è deciso a prendermi come sposo?
Dove si trova, adesso, questo qualcuno?
Chi è? Cosa fa nella vita? Mi piacerà?
Un Capobranco delle terre del Nordest, mi hanno detto. E questo è tutto quello che so sul mio futuro marito.
Dev'essere qualcuno di importante.
Dev'essere qualcuno per davvero.
E forse, infondo, non vedo l'ora di diventare qualcuno, sposandolo.
Sono nato per questo, alla fine.
Sono nato sapendo che questa sarebbe stata la mia vita. Ascoltare gli ordini di chiunque non fosse alla mia altezza.
Prima i miei genitori, poi i miei insegnanti, e poi, ad una certa, mio marito.
Penso sia un Alpha.
Ma che cazzo sto dicendo, certo che è un Alpha, se no non sarebbe Capobranco, e soprattutto non avrebbe bisogno di un Omega. Non avrebbe bisogno di me.
Come tutti gli altri.
Tiro su col naso senza nemmeno accorgermene. Sento gli occhi tornare a pizzicare, inesorabilmente.
Sei inutile, Katsuki.
Inutile e patetico.
Guardati, a piangerti di nuovo addosso come un cucciolo per qualcosa che sapevi da anni sarebbe successa.
Guardati e dimmi che non ti fai pena, cazzo.
Le lacrime scendono a fiotti mentre continuo a discutere con me stesso.
Io, inutile? Bakugou Katsuki non è inutile.
No?
No..?
Mi alzo dal letto, ormai un bagno di commiserazione e lacrime, preso dal bisogno fisico di rendermi utile in qualche modo.
Qualsiasi modo.
Mi viene da piangere di più quando mi scosto dalle coperte calde per appoggiare i piedi nudi sulla pietra fredda del pavimento.
Mando giù il groppo che mi si è formato in gola e strizzò piano gli occhi. Un po' per scacciare le lacrime, un po' per fare sparire quelle pagliuzze nere che mi si formano sulla retina quando mi alzo troppo in fretta.
Accendo la stufa reprimendo i singhiozzi e, cercando di non svegliare le altre due persone presenti nella stanza, apro la pesante porta e mi infilo in cucina.
Come da abitudine, afferrò il bollitore di rame e lo affogo nel catino di acqua fredda, gelata, per poi riportarlo in camera, lentamente a causa del peso.
Le braccia tese nello sforzo, i gemiti a metà tra la fatica e la tristezza, i passi simili a quelli di un capriolo, piccoli e veloci mentre sfrutto lo slancio per issare il bollitore sulla stufa.
Fa un fottuto rumore della Madonna, quando ci riesco.
Torno in cucina e mi accorgo che il cercare di distrarmi non sta funzionando manco per il cazzo, ma prendo comunque il barattolo del tè e lo porto di là, strizzando gli occhi per cercare di vederci chiaramente.
Cosa che risulta difficile.
Quasi quanto riuscire ad aprire questo fottuttissimo barattolo.
Perché non riesco ad aprirlo?
— 'Suki, per favore, torna a dormire, è presto.
Non mi interessa che ore siano.
Io... Devo aprire questo barattolo. Lo aprirò.
— 'Suki, davvero.
Non lo ascolto, quello stronzo di mio padre, io.
Non lo ascolto, perché vuole vendermi, perché non capisce che gli sto facendo un favore, a fargli il tè, per he lo odio.
— Katsuki.
Basta, basta parlarmi.
Vattene, cazzo, vattene.
Sento il peso del barattolo di vetro contro il quale stavo combattendo svanire in un attimo.memtre qualcuno di molto più alto ed assonnato di me.me lo toglie dalle mani con gentilezza, portandomi ad alzare lo sguardo, sorpreso.
Ma neanche troppo, in realtà.
— Per aprirlo devi girare il coperchio dall'altro lato.
Non sembra... arrabbiato.
Anzi sembra molto calmo.
Stanco, stanchissimo, ma calmo.
Svetta un po' su di me, con la sua camicia grezza beige che usa come pigiama e i capelli disordinati, mentre assottiglia lo sguardo in mancanza dei suoi occhiali.
Mi prende il barattolo dalle mani, stringe il tappo per un frammento di secondo prima di girarlo con decisione e fin troppa semplice ovvietà in senso antiorario e aprendolo senza dire una parola.
— Gra.. grazie.
Lui non risponde ma alza lo sguardo attento su di me,senza però alzare la testa, che resta chiana sul letto, creando un effetto che mette in soggezione pure me
Non mi restituisce il barattolo, anzi, se lo tiene più stabile tra le mani e continua a guardarmi come se mi stesse cercando di vedere dentro.
— Perché stai facendo il tè, figliolo? Sai che ore sono?
Non c'è cattiveria nella sua voce, non c'è neanche sarcasmo. Puro e semplice interesse.
Lui lo sa, il perché.
Lo sa, ma vuole che glielo dica io, vuole sentirlo da me.
Mi ha lanciato quella particolare occhiata milioni di volte, so cosa significa. Li conosco fottutente a memoria, quest'uomo.
Muovo un mezzo passo indietro, non riuscendo a reggere quello sguardo.
E sto, indubbiamente, zitto come un pesce.
— Parlami, fammi capire cosa stai passando, per favore.
Cosa sto passando?
Non lo so nemmeno io, ormai. Figurati provare a dirlo a voce alta.
Resto in silenzio, in pigiama, in piedi in mezzo alla stanza, davanti a mio padre, altrettanto in silenzio, altrettanto in pigiama.
Interrompe questa scena, dopo qualche minuto, solo ed unicamente il fischio del bollittore, di cui praticante mi ero dimenticato, che ci grida a sgquarciagola che l'acqua bolle, che è pronta, spezzando il silenzio confortante che avevo costruito.
Cade come un castello di carte mentre mio padre.si gira verso la stufa e fa qualche passo per raggiungerla, affararla, girarsi di nuovo e dirigersi in cucina, seguito a ruota dal sottoscritto dopo un mezzo fischio che sapeva tanto da richiamo.
Cammina lentamente, assonnato e senza difese.
Si siede pesantemente sulla prima sedia che trova, chiudendo un attimo gli occhi e sospirando. Poi, senza cambiare espressione, mi fa il permesso di sedermi di fronte a lui, di fianco al bollitore di rame e al barattolo pieno di foglie scure.
— Cosa stai facendo? — chiede, e capisco che non si riferisce solo all'essere sveglio così presto e cazzate varie, ma è una domanda più ampia.
Sembra volermi dire "che ragionamenti sta facendo la tua testa?"
Scoprirò io, sospira lui.
Siamo un concerto di sbuffi, ormai.
— Volevo... Fare qualcosa per tenere le mani occupate, credo.
— Facendo il tè alle otto di mattina? Di inverno?
— Non è solo il fottuto tè..!
— Le parole, Katsuki.
— Ho... Avevo bisogno di staccare la testa. Non riuscivo a dormire. Adesso vado di nuovo a letto, scusa per averti disturbato.
Mi alzo e faccio un piccolo inchino frettoloso, mordendomi il labbro inferiore per non sospirare di nuovo. Mi giro e zampetto via,verso la porta che conduce di nuovo in camera.
Via, scappa, di nuovo.
— Torna qui. E parla onestamente, per una volta.
Mi giro con uno slancio che non credevo possibile, con gli occhi sgranati e la bocca un po' troppo aperta.
Erano mesi, che non la usava.
Forse anni, ma non ne sarei sicuro.
Mio padre, la Voce, non la usa mai. Mai.
Eppure eccoci qui, uno di fronte all'altro, sul tavolo della cucina che ormai non posso più lasciare senza che lui la usi di nuovo. La Voce, quella cosa che senza una spiegazione apparente dona a colui che la.usa una potenza spaventosa su tutte le tue azioni, volendo.
I Beta, come l'uomo davanti a me, la possono usare solo sugli Omega, mentre gli Alpha la.possononusare su tutti, anche su quelli delle altre razze. Certo, sulle altre razze funziona un po' peggio, ma potenzialmente possono piegare la volontà di qualsiasi persona, che sia un Lupo, un Folletto, un Sentivo o chissà cos'altro.
— Scusa, sai che non piace neanche a me usarla. Ma credo sia necessario, scusami.
E dopo questa frase, la mia bocca si apre da sola ed esprime alla meno peggio tutto quello che sto pensando, senza che io possa fare nulla per fermarla.
Lo odio, l'effetto che mi da la Voce.
Mi fa sentire una marionetta.
— Mi sento così fottuta... Dannatamente inutile. Mi fa venire da piangere il fatto che verrò venduto al primo che capita così su due piedi, non sono riuscito a chiudere occhio pensando al fatto che il mio futuro è bastato scritto un secolo fa, quando è venuto fuori che sono un Omega. Insomma, nessun altro come me ha mai fatto una fine diversa. Non mi stupisco, non mi spaventa la cosa, ma mi sento così uguale a tutti quelli che sono venuti prima di me. Perché caz... Diamine devo fare questa cosa?
Lui mi guarda per un po', in silenzio.
— Oh, 'Suki, mi dispiace così tanto, non averti dato il tempo che ti serviva per processare questa cosa, davvero. Ma neanche io mi sono reso conto del tempo che passava, piccolo. Ieri mi sembravi un cucciolo e adesso guardati, come sei maturato. Su, vieni qui. Sei grande e grosso ma resti sempre il mio piccolo Katsuki
— Papà..! — provo a lamentarmi per la dolcezza eccessiva del discorsetto imbarazzante, ma con scarsi risultati.
Così mi ritrovo più o meno spiaccicato contro il suo petto, con una tazza di tè ormai tiepido in mano, seduto sulla sedia di fianco alla sua, ad ascoltare il rumore ritmico del suo respiro e riuscendo a rilassarmi dopo una notte in bianco.
Sembro uno sfigato, credo.
Sembra una cosa così da sfigati, ammetterlo, ma voglio molto bene a mio padre.
E lui, dal canto suo, a parte qualche scenata di rabbia come quella di ieri, è la persona più dolce del mondo mentre cerca di fare bene la sua parte di genitore.
Strofina piano una guancia sui miei capelli, accarezzandomi la schiena.
— Oggi andiamo direttamente dal sindaco, e ci facciamo spiegare per bene tutto quello che c'è da sapere, ok? Solo io e te. O vuoi la mamma?
— Ma va, va benissimo solo io e te. Grazie... papà.
— Di niente 'Suki. Di niente. Adesso fila di nuovo a letto, non voglio vederti in piedi almeno fino alle luci di mezzogiorno.
Mi viene da sorridere, e lo faccio.
E quando mi alzo di nuovo, ore e ore dopo, capisco che non stava scherzando. Saranno le due di pomeriggio, e finalmente mi sento di aver soddisfatto il Letargo, almeno per oggi.
La stanza è completamente vuota, quindi deciso di concedermi qualche minuto in più, giusto per arrotolarli un po' nelle coperte calde.
Almeno finché la hocr allegra di mia madre non mi grattugia le palle da fuori la finestra, dove evidentemente sta chiacchierando con qualche sua amica.
— ...e poi si è alzato e ha detto, anzi in realtà lo ha proprio urlato, che non avrebbe mai fatto morire sua moglie, ha sellato il cavallo ed è partito verso Sud, alla ricerca della sua amata..! Non è romanticissimo?
A sto punto vorrei alzarmi anche io, urlare qualcosa e fuggire al Sud, ma la risposta dell'altra donna mi precede.
Capisci subito chi è, annusando l'aria dolciastra che entra dalla finestra. È la Compagna di un tale chiamato Midoriya. Me la ricordo. Bassa, un po' in carna e con i capelli secchi e color muschio.
Inoko, mi pare che si chiami. O Enko. O qualcosa del genere. Credo.
— Oow, ma davvero? Ma è cooooooosì romantico!
Esclama, come al solito usando un tono estasiato e allungando arbitrariamente alcune vocali delle parole.
Mi alzo, infastidito ma deciso a non andare a salutare nessuno, né mia madre né tantomeno quella rompicazzo della sua amichetta, e mi avvicino con nonchalance al catino dell'acqua per darmi una lavata prima di uscire.
Ma sottovaluto l'olfatto delle due arpie.
— ... si, è poi... aspetta, ma questo non è l'odore di tuo figlio? Scusa ma ha un profumo troppo particolare, lo riconoscerei tra mille.
— O cielo hai ragione... KATSUKI VIENI A SALUTARE LA SIGNORA INKO, RAZZA DI MALEDUCATO.
Brutta puttana, lasciami in pace.
— Su, vieni.
Non usa la Voce, ma ci va vicina, indirizzandomi una zaffata di feromoni a tradimento e costringendomi ad affacciarmi alla finestra, trofandomele entrambe davanti, avvolte ed imbaccuccate bei vestiti pesanti mentre io sono ancora in pigiama.
Fa un freddo porco.
Per fortuna mi riesco a liberare in fretta delle due, scappando a gambe levate in cucina non appena ne ho la possibilità
Mi vesto di fretta e afferronal volo una fetta di bane con il burro, notando un pezzo di pergamena in bilico sul tavolo: " Katsuki, non appena sveglio vieni al Mercato ", recita il biglietto, con la scrittura sottile e un po' storta di mio padre.
Felice di aver una scusa per non stare con l'amica di mia madre, che mi mette un pochino a disagio ad essere sincero, mi ficco il resto del pane in bocca ed ssco dalla porta principale, dirigendosi a passo stanco verso il Mercato.
Il Mercato è, a tutti gli effetti, l'unica cosa minimamente utile nel nostro villaggio.
Si trova nella piazza principale, un giorno di e l'altro pure, e si può trovare di fatto e di più.
Dalla carne essiccata alle spezie importate dalle Terre del Sud. Ci sono venditori Lupi, ma anche moltissimi Folletti, famosi ovunque per la loro bravura nel lavorare le sete e i metalli preziosi, e spesso si possono trovare anche dei Sensitivi, con le loro tende che puzzano di incenso e i poteri inquietanti.
Mio padre, ovviamente, lavora lì da quando ho memoria, e da quando ho memoria la suo bancarella si trova nello stesso luogo, vicino ad una grossa fontana di acqua non potabile.
Che cazzo di senso hanno le fontane non potabili? A sto punto non farle neanche, se già sai che non potrai bere da lì.
— Ah, eccoti, hai trovato il mio biglietto?
— Si, ma tua moglie è la sua amichetta mi hanno trattenuto più del dovuto.
— Non parlare così di Inko... non ti ricordi come andavi da cordo con suo figlio?
Un brivido mi attraversa la schiena.
Non volevo proprio parlare di Izuku in questo momento.
Dovrebbe saperlo, che non voglio mai, parlare di Izuku.
Minchia, avrei dovuto prevedere la piega che avrebbe peso la conversazione.
— Lascia stare, papà. Dobbiamo andare dal Capobranco, no?
— Si, dammi un attimo che finisco con questo cliente e arrivo.
Solo per precisare: mio padre di mestiere fa l'occhialaio. In realtà nlui lo chaima in modondiverso ma non importa. Costruisce occhiali rozzi ,come quelli che indossa, per chiunque ne abbia la necessità. Non sono perfetti, ma sono qualcosa
Un tempo lo faceva gratis, ma con i tempi che corrono si è deciso a farsi pagare per tutto quello che fa.
— D'accordo.
E così mi ritrovo, venti minuti dopo, a gambe incrociate sul tappeto del salotto della casa del Capobranco, di fianco a mio padre e di fronte ad un Alpha di due metri e alla sua Compagna, un Omega bellissima con i lineamenti duri e severi.
Vi ricordate che da piccolo avevo, per sbaglio, spezzato una gamba alla Compagna del Capobranco?
Ecco.
Adesso entrambi mi stanno guardando malissimo.
—Quindi... Katsuki, giusto?
— S-si signore.
Mando giù un groppo di saliva.
Loro continuano a guardarmi negli occhi, rendendo l'atmosfera pesante, pesantissima.
— Vuoi sapere del matrimonio, giusto?
Annuisco piano, abbassando di nuovo lo sguardo, osservando il pavimento.
Che cazzo di domanda è?
È ovvio che voglio sapere del matrimonio che TU hai combinato per ME.
— Ragazzino, rispondimi quando ti faccio una domanda.
Oh minchia.
Una vocina nella mia testa mi urla di rispettare l'uomo e la donna che ho davanti, di fare quello che dicono perché sicuramente è la cosa giusta, e li maledico per questa stupida aurea magica da Capibranco.
— Scusi scusi signore scusi... sì volevo sapere per il matrimonio, scusi.
Dicendo questo mi inchino arrivando praticamente a toccare per terra con il naso.
Quando ji tiro su, mi accorgo che la Omega ha una mano appoggiata sul braccio del suo Compagno e mi sta rivolgendo un'occhiata dolce, fin troppo.
— Tranquillo Katsuki, tranquillo. Non preoccuparti, a volte, Mashirao può sembrare molto aggressivo , ma non è sua intenzione. È molto stressato in questo periodo, risponderò io alle tue domande. Anche perché — fa una risatina — Ho vissuto anche io l'esperienza che hai vissuto tu.
— ... Tooru!— si cerca di lamentare il marito, senza troppo successo.
— Stai zitto tu!— lo riprende lei, dandogli un buffetto e sorridendo.
Chissà se anche io e mio marito finiremo così.
Che strano, pensarci.
— Sappiamo poco del tuo futuro marito, Mashirao ha parlato con suonare per mettersi d'accordo, ma possiamo dirti che una volta maritato diventerà Capobranco del villaggio del Nord Est vicino al alla Sorgente del Grande Fiume. Fa molto più freddo laggiù piuttosto che qua, ma non devi preoccuparti, ti daranno dei vestiti adatti una volta arrivato. Partirai settimana prossima, k tra due settimane se continua a nevicare, in carrozza. Tranquillo, ci sarà qualcuno che ti accompagnerà là. Tecnicamente puoi scegliere chi più ti aggrada, ma dato che da quel che ho capito non sei kolto legato con gli abitanti... troveremo qualcuno noi. Ok?
Non ki da il rempo di rispondere che di nuovo parte a macchinetta.
— Pensiamo entrambi— cenno di capo a suo marito — che sia meglio viaggiare quando la stagione della neve si sarà conclusa, principalmente perché se aspettassi troppo inizierebbe la stagione delle piogge e sarebbe più difficile spostarsi. È tutto chiaro?
Cala il silenzio.
Cerco di riordinare le idee in testa, senza tropo successo.
Mio padre ringrazia al poso mio, e ci alziamo tutti e quattro per salutarci, quando la Omega mi indirizza un'ultima frase.
— Si chiama Eijirō, in ogni caso. Suo padre lo descrive come una persona affidabile e molto forte, spero che ti troverai bene.
E, mentre torno a casa affondando i piedi nella neve, questa parola mi resta impressa in testa.
Eijirō.
≈•≈•≈•≈•≈
eeed eccoci quiii
Dal prossimo capitolo le cose si fanno interessanti, ve lo annuncio.
si accettano scommesse!
stat safe, ditemi cosa ne pensate del capitolo and goodbye luvs
-rich
PS vi piace la scelta del Capobranco e di sua moglie? Sono una coppia molto sottovalutata seconto me. Aaa e ditemi quali altre ships volete. Io ne ho già in mente alcune ma voglio il vostro parere.
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