•La casa in riva al lago•
Era una giornata come tante, il sole splendeva come sempre e le macchine sfrecciavano ad alta velocità per le strade del piccolo paese tedesco. Nulla di particolare.
"Senti Köhler, mi mandi i compiti appena arrivi a casa?"
"Köhler! Sei la mia salvezza! Mi presti la calcolatrice?"
"Andiamo Köhler, qual è la risposta sei?!"
Ma lo sanno almeno il mio nome?
"Karin, com'è andata a scuola?" Chiese Viktoria vedendo la sorella minore entrare in cucina.
"Come sempre." Rispose prontamente lei, ormai quelle due parole erano automatiche, venivano associate, dalla mente della ragazza, alla solita, stupida, domanda.
"Non esci oggi pomeriggio?" La ragazzina, con ancora lo zaino in spalla, scosse la testa ma la sorella maggiore non la stava guardando, troppo impegnata a cucinare il pranzo.
"No.. no non esco." Aggiunse lasciando scivolare la sacca sul pavimento, Viktoria sbuffò silenziosamente per poi voltarsi verso la ragazza dai capelli carota.
"Ascolta Karin, che succede?" Le due si guardarono qualche secondo senza che nessuna delle due fiatasse.
"Che intendi?"
"Sai che intendo, sei sempre così rumorosa, piena di energie, sei simpatica, eppure non esci mai con nessuno, mi vuoi spiegare perché?" Questa volta fu la sorella minore a sbuffare, si sistemò gli occhiali perfettamente sul naso per poi riprendere parola.
"Non è colpa mia, sono tutti gli altri, ci ho provato ad uscire con alcuni compagni di classe ma non mi trovo bene con loro, le ragazze parlano di alcol e di ragazzi e i ragazzi parlano di videogiochi e di ragazze."
"E a te non interessa nulla di tutto questo? Ovviamenteno no, che domande. Intendo... mi vuoi dire che parlano solo ed esclusivamente di quello?" Cercò di approfondire Viktoria vedendo nello sguardo di Karin una certa frustrazione.
"Non proprio solo di quello ma persino quando parlano di cose interessanti tipo di libri non mi trovo in sintonia, le ragazze leggono storie d'amore e dei ragazzi non ne parliamo. Vogliamo parlare di anime? Le ragazze definiscono "Your name" un capolavoro e gli unici anime di cui parlano i ragazzi sono shonen scadenti." Dal tono che aveva preso si capiva che Karin non avrebbe concluso lì così Viktoria rimase in silenzio in attesa che continuasse.
"È solo che i maschi e le femmine sono due mondi... e io sento di non appartenere a.. a nessuno dei due ecco.."
"A che mondo senti di appartenere?" Quella domanda lasciò Karin senza parole, non era qualcosa a cui aveva pensato... ancora...
"Non lo so, magari a nessun mondo e basta." Rispose forzando una risata per poi riprendere lo zaino e portarlo in camera sua, non voleva più continuare quel discorso, era palese.
꧁꧂
Viktoria entrò, silenziosamente, nella stanza della sorella minore con in mano un piatto di frittelle, Karin si voltò appena avvertì una presenza nella camera e quando si accorse della ragazza dai capelli castani le sorrise come era solita fare.
"Frittelle? Da quando le sai cucinare?" Domandò chiudendo il quaderno che stava scarabocchiando.
"Quando abbiamo guardato quel film americano hai detto che ti sarebbe piaciuto provarle, così ho cercato la ricetta, anche se non sono certa sia questo il sapore che debbano avere- Viktoria si fermò qualche istante a guardare il piatto- e dato che alla fine non hai pranzato pensavo che una merenda ipocalorica potesse andare bene comunque." Karin si mise in piedi e guardò il piatto con l'acquolina in bocca: sopra c'erano sei frittelle coperte di quella che sembrava essere amarena dal colore rosso brillante, poi lo sguardo le cadde sulla camicia bianca di Viktoria, era sporca di farina e forse uovo.
Non si è nemmeno messa il grembiule
"Visto che ti sei impegnata tanto, per sta volta, le assaggio." Disse in maniera sarcastica afferrando il piatto per poi sedersi nuovamente alla scrivania, spostò tutti i quaderni che le fossero d'intralcio e tagliò un minuscolo pezzo di frittella.
Assaggiandola sentì subito il gusto dell'amarena in bocca, era sicuramente amarena. La frittella di per se era molto dolce, forse fin troppo nonostante Karin non l'avesse mai mangiata prima, la cosa comunque non le dispiaceva affatto, era sempre stata una per le cose dolci.
"Com'è? Perché hai smesso di parlare di punto in bianco?" Chiese Viktoria, era ansiosa di sapere se il dolce piacesse o meno alla sorella, che praticamente era l'unica persona ad assaggiare i suoi piatti.
"È molto dolce, però mi piace!" Sul viso di Karin, assieme agli occhiali e all'amarena sulle labbra, era stampato un enorme sorriso indirizzato solo ed esclusivamente a Viktoria.
"Rin, ti va di farmi delle commissioni? Così prendi una boccata d'aria." Disse Viktoria dopo qualche minuto di silenzio guardando la ragazza dai capelli rossi dall'alto in basso.
"Mh... e va bene, sei fissata con questa cosa di uscire te, apro la finestra e la boccata d'aria la prendo comunque." La mora ignorò il commento posando una banconota da 20 euro e una piccola lista sulla scrivania, sopra una pila di quaderni. Senza che le due si parlassero Viktoria uscì dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle.
꧁꧂
Durante il ritorno a casa Karin decise di fare una strada alternativa, non sapeva esattamente cosa l'avesse spinta ad imbucare quella via, si ricordava che da piccola passava di lì, dato che una sua amica abitava in uno degli edifici circostanti. Avevano perso i rapporti alla fine delle scuole medie e non era più passata per quelle strade, eppure, quel giorno, tornò a camminare lungo quella via, le sembrava tutto così familiare e anche così diverso, gli edifici, ad esempio, erano sempre gli stessi, ma contemporaneamente non erano come quelli che vedeva da piccola.
Mentre si guardava intorno stringendo saldamente la borsa con le commissioni, un raggio luminoso le colpì l'occhio destro, non era il sole bensì il riflesso di quest'ultimo, istintivamente la ragazza si fermò voltandosi verso l'origine del raggio, dove si sarebbe aspettata di trovare uno specchio o qualcosa di simile, al contrario vide un ciondolo d'argento che si trovava al collo di una creatura particolare che Karin non aveva mai visto, la sua pelle era di un rosa intenso, troppo intenso per essere umano, in oltre, la creatura non raggiungeva il metro, la sua testa era coperta di capelli neri che le andavano a coprire dove, teoricamente, ci sarebbero stati gli occhi.
Karin rimase a fissare la strana entità qualche istante, si sfregò gli occhi e si pizzico le braccia per essere certa di star vedendo quello che stava vedendo, d'un tratto la creatura si accorse di lei e, con un movimento della mano, creò un piccolo spiraglio luminoso saltandoci dentro, Karin si avvicinò ed infilò la mano nello spiraglio, le dava una strana sensazione e, improvvisamente, le tornò in mente la domanda di Viktoria
"A che mondo senti di appartenere?"
Se lo chiese, se lo chiese seriamente, ma non lo sapeva, fin da piccola aveva pensato di essere una qualche principessa di un regno lontano, o a volte era un principe di un regno lontano, però era una bambina e quello era un gioco. Pensò a sua sorella, pensò a lei prima di lasciare la spesa a terra vicino ad un muro e decidere che quella era la strada che voleva prendere, voleva seguire quella creatura e scoprire cosa fosse, passò attraverso lo spiraglio che si chiuse alle sue spalle.
Una volta riaperti gli occhi Karin si trovò di fronte la corteccia di un albero, era, letteralmente, a meno di due centimetri da sbatterci la testa contro, la creatura dai capelli neri sembrava svanita.
Dove mi trovo ora? Non ci sono boschi vicino a casa mia..
La ragazza si arricciò un ciuffo di capelli arrotolandoselo attorno al dito mentre si guardava intorno, sperando di riconoscere qualche particolare in modo da orientarsi. Nulla. Nulla di quel luogo le era familiare, decise di cercare aiuto e magari tornare a casa, pensandoci, a mente lucida, quell'idea di seguire una creatura fantasy le sembrava qualcosa di assurdo, cosa le era passato per la testa? Poteva farsi male. Senza contare che era ancora sconvolta dalla sorta di teletrasporto che l'aveva portata in quel posto sconosciuto.
꧁꧂
Senza dover camminare molto Karin raggiunse una casupola, solo uscendo dal bosco si accorse di aver camminato in riva ad un fiume per tutto il tempo, non aveva affatto sentito lo scorrere dell'acqua, o forse era impegnata a non andare fuori di testa immaginando di dover spiegare a sua sorella come fosse finita tanto lontana da casa.
Allungando l'occhio si vedeva che, subito dietro la casa, iniziava ad esserci un piccolo paese, quasi simile ad un villaggio a dirla tutta, di fatto era identico all'idea che Karin si era fatta dei villaggi nonostante non ne sapesse nulla sulla pratica.
"Ehy! Tu chi sei? Non ti ho mai vista." La rossa saltò in avanti sentendo una voce alle sue spalle, si voltò lentamente guardando chi le avesse appena parlato trovandosi di fronte, o per meglio dire, di petto, un bambino con i capelli castani e quasi completamente rasati, lui la guardava incuriosito aspettando una risposta.
"Oh.. ehm... vedi, mi sono persa... più o meno, mi diresti dove ci troviamo?" Il bambino sembrò pensarci prima di sorriderle come se avesse finalmente trovato le parole.
"Wizar Homlet! In riva al fiume Homlet." Esclamò lui indicando il corso d'acqua alla sua destra, prima che Karin potesse ringraziare il bambino, che non le era comunque stato molto utile, un'altra persona spuntò da dietro la casa, era una ragazza dai capelli biondi, decisamente più lunghi di quelli di Karin. La bionda disse qualcosa che Karin non capì, non sapeva parlare nessuna lingua se non il tedesco.
"Mi ha chiesto dove si trovi, si è persa." Disse il bambino guardando la ragazza più alta che, a sua volta, stava scrutando attentamente la rossa. Karin era uscita senza badare troppo al suo outfit che era composto da una felpa bianca con sopra il disegno di un gatto, dei pantaloni di jeans neri e delle Vans, le sue scarpe preferite.
Probabilmente sembro strana vestita così, non che sia normale comunque.
La ragazza dai capelli biondi disse di nuovo qualcosa, che Karin non comprese, non ci sarebbero stati problemi se solo la bionda non avesse parlato proprio a lei.
"Come scusa?" Chiese la rossa sperando che l'interlocutrice sapesse parlare la sua stessa lingua, sentendo la voce di Karin la ragazza di fronte a lei sembrò impietrita, come se non sapesse cosa rispondere.
"Tu... vieni con me un secondo." Disse trascinando Karin per il braccio senza aspettare una risposta o un qualsiasi segno di assenso, non che la rossa si stesse opponendo, sia chiaro.
"Tu sei tedesca?" Chiese la ragazza appena furono abbastanza lontane dal bambino con i capelli castani. Il tono della bionda sembrava, quanto meno, intimidatorio e per questo Karin si limitò ad annuire con la testa.
"Non è possibile. Come ci sei arrivata qui?" L'idea di dire ad una perfetta estranea che era arrivata in quel luogo seguendo una sorta di gnomo attraverso un qualche sorta di portale non sembrava la cosa migliore da fare, pensandoci nemmeno lei credeva a se stessa.
"Sai... facevo un giro... mi sono persa, cose che capitano..." Mentì spudoratamente, lo fece controvoglia, non le piacevano le bugie ma, per quella volta, sarebbe stato meglio dirne una, per evitare il manicomio.
"No che non capitano dannazione! Tu non dovresti affatto essere qui. Questo non è il tuo mondo." La bionda disse altre due frasi nella lingua che Karin non conosceva ma la ragazza non ci fece caso. Quello non era il suo mondo? Inteso come non era, fisicamente, il suo mondo? Che voleva dire? Ovvio che persino lei aveva usato gli stessi termini nemmeno tre ore fa... ma in senso metaforico... non..
"Ash! Ash. Per fortuna ti ho trovata." Alle due ragazze si avvicinò un terzo individuo, indossava una sorta di maglia bianca e dei pantaloni corti al ginocchio, neri, aveva i capelli verdi e gli occhi azzurri, ma quello che più colpì Karin furono le orecchie da gatto sulla sua testa.
"Beryl mi ha chiesto di chiamarti, credo sia qualcosa di importante, sembrava turbata." Spiegò il ragazzo notando, solo dopo, la presenza di Karin e ne sembrò subito turbato, guardò la bionda preoccupato, come se le stesse facendo una domanda silenziosa.
"Non preoccuparti di lei, è... come me, non darà problemi, solo... tienila d'occhio per un po'." La bionda lanciò uno sguardo freddo a Karin che quasi tremò vedendo quegli occhi blu fissarla.
In che senso come lei? Che vuol dire? E perché ho un neko-boy davanti?
"In che... OH! Come te! Chiaro, chiarissimo, la controllo io, conta su di me." Assicurò il ragazzo saltando di fianco a Karin, la ragazza dai capelli lunghi li lasciò da soli, a Karin sembrava frettolosa ma non chiese al ragazzo il motivo, non erano certo affari suoi dopo tutto.
"Quindi, tu sei un'umana, cioè.. vieni dalla terra... degli umani?" Il cervello di Karin, che da qualche minuto aveva smesso di funzionare correttamente, non riuscì a concentrarsi troppo sulla domanda, troppo impegnata a fissare le orecchie da gatto dell'individuo davanti a lei.
"Ti giuro che dopo rispondo a tutte le tue domande, voglio solo sapere... sono vere quelle cose sulla tua testa?" Chiese Karin, forse troppo schietta, indicando la punta delle orecchie da gatto del ragazzo.
"Queste dici?" Domandò a sua volta lui muovendo l'orecchio sinistro, la rossa non poteva credere ai suoi occhi, tecnicamente poteva, ma praticamente no, era semplicemente impossibile.
"Cavolo... CavoloCavoloCavolo! Sono fantastiche!" Ammise saltando quasi da urtare il neko-boy. Questo prima di ricordarsi che, forse, avrebbe dovuto contenersi ed evitare di saltare in giro come un grillo.
"Ti piacciono? Io non le sopporto, non mi prendono seriamente quando alzo la voce per colpa di queste stupide cose." Rispose il ragazzo afferrandosi la punta delle orecchie come se avesse voluto strapparsele via.
"Quindi... Greeny... io sono Karin Köhler, una stupenda ragazza tedesca, come potrai ben notare. Vengo dalla... terra degli umani. Puoi chiamarmi.. Rin, anche se lo usavo quand'ero piccola" Si presentò la rossa cambiando discorso.
"Greeny? Va bene non importa.. il mio nome e Daleth, credo tu possa chiamarmi Greeny se ti va, anche se non ne capisco il motivo."
"Perché hai i capelli verdi, green è verde in inglese, quindi Greeny."
"Sai l'inglese? Come Ash?"
Ci fu qualche istante di silenzio, Karin era certa di poter associare il nome 'Ash' alla ragazza che, poco prima, se n'era andata, aveva sentito Daleth chiamarla così.
"Ash è la ragazza bionda vero?"
"Sì, il suo nome in realtà è Ophelia Ashdown, solo che diventa un po' lungo e mi ha dato il permesso di chiamarla Ash, se è qualcosa di importante. Non c'entra nulla scusa. Chiedevo perché Ophelia parla inglese, così mi ha detto per lo meno."
In quell'esatto istante Karin si fece una domanda che, per lei, era di fondamentale importanza.
"Tu stai parlando tedesco?" La faccia di Daleth si trasformò in una smorfia per poi diventare una risata.
"Qui non parliamo le vostre lingue, però ci capiamo, tra terrestri e non intendo, non ho idea di come funzioni però noi parliamo semplicemente la nostra lingua e voi la vostra, e ad entrambi sembra che l'altro stia parlando la propria lingua, credo che funzioni in questa maniera in linea di massima." Spiegò Daleth cercando di essere il più chiaro possibile. Karin era riuscita a capire sufficientemente il discorso, però ancora un dubbio le gironzolava per la testa.
Se funziona così per quale motivo non capivo Ophelia mentre stava parlando con quel bambino? Che sia..
"Non vorrei sembrare troppo curiosa ma... questa Ophelia, lei non è di qui vero?" Daleth annuì ma non sembrava voler rivelare i fatti personali della bionda, era concepibile.
"Non credo di potertene parlare, Ash mi ucciderebbe con tutta probabilità, senza contare che nemmeno io so bene come siano andati i fatti con lei." Karin fece spallucce, non le servivano davvero quelle informazioni, era pura curiosità.
"Ti va di fare un giro?" Chiese Daleth, probabilmente cercando di cambiare discorso il prima possibile, Karin, ad ogni modo, annuì. Se doveva rimanere in quel posto fino al ritorno di questa Ophelia Ashdown tanto valeva farsi un giro.
꧁꧂
"Dimmi che stai mentendo, come diamine è possibile?" Chiese Karin camminando per le stradine del piccolo villaggio cercando, contemporaneamente, di non soffocare a causa delle risate.
"Non. Lo. So." Rispose Daleth, anche lui trattenendo le risate per non mettersi a rotolare per terra.
"Voi 2!" I ragazzi si girarono di scatto, Daleth aveva riconosciuto quella voce. Karin, al contrario, non sapeva a chi appartenesse, voltandosi si trovo davanti una donna dai capelli celesti che poteva sovrastarla di almeno venti centimetri, indosso aveva un giro collo alto di quella che sembrava essere lana e dei pantaloni di un materiale che Karin non avrebbe saputo riconoscere, grigi.
"Beryl! Sei qui per.. lei? Vero?" Chiese con un tono avvilito il neko-boy dai capelli verdi, si era già affezionato alla giovane terrestre in appena un pomeriggio.
"La rimando a casa, a quanto pare questo incidente è stata colpa di Rezin, quel folletto ne combina di tutte." La donna guardò la ragazza dai capelli rossi che, sentendosi a disagio, iniziò a giocherellare con le stanghette degli occhiali facendo un sorriso, a dir poco, inquietante.
"Pel di carota! Andiamo." Karin si drizzò sentendosi chiamare in quel modo.
"Sì." Disse prima di salutare Daleth con un cenno della mano, immaginava che quello sarebbe stato il loro ultimo incontro. Il sole iniziava ad emettere la luce arancione, classica del tramonto, era fin troppo melanconico.
Mentre Karin camminava alle spalle della donna quest'ultima si voltò un istante per guardarla.
"Puoi camminarmi di fianco, non mordo." La rossa accelerò il passo andando di fianco alla sua accompagnatrice.
"Mi vuoi dire perché hai seguito Rezin?" Karin intuì che Rezin fosse il nome della strana creatura dai capelli neri che l'aveva condotta in quel posto, la risposta non fu immediata ma alla fine la ragazza decise di dire le cose come stavano, non avrebbe più rivisto quella donna ad ogni modo.
"Io.. non mi adatto granché dove vivo, ho visto quella creaturina stile fantasy entrare in un portale e non ci ho riflettuto davvero tanto, ho solo pensato 'perché no?' Lo so, è stato stupido, mia sorella mi ucciderà, come minimo, sperando che le sue commissioni siano dove le ho lasciate." Karin si voltò verso Beryl notando che il colore degli occhi di quest'ultima fosse un viola davvero intenso, chiaramente anche lei, come Daleth, era nata lì.
"Il tuo nome?" Chiese la donna senza voltarsi.
"Karin... Karin Köhler." La ragazza notò un mezzo sorriso sul volto dell'altra, che il suo nome la facesse ridere?
"Io sono Beryl. Dimmi Karin, perché non ti trovi bene nel posto in cui vivi?" Sicuramente Karin avrebbe potuto evitare di rispondere, quelli erano affari suoi di fatto, eppure voleva solo tirare tutto fuori.
"A mia sorella ho raccontato che semplicemente non mi adatto con gli interessi dei ragazzi o delle ragazze... ma è molto più di questo, io non sono certa di... essere fatta per stare lì. Nel senso. Non ho mai amici con cui parlare, sto sempre in casa, ho interessi atipici per quelli della mia età, mi chiedo spesso se ci sia stato un errore con me, nella mia catena di produzione."
"Catena di produzione? Sei certamente una ragazza particolare."
Se persino una sconosciuta con i capelli celesti che come animaletto domestico ha uno gnomo mi definisce 'particolare' non ho speranze
"Però io credo che non dovresti pensare a queste tue stranezze come qualcosa di debilitante, sono i tuoi punti di forza Karin."
"Scusi la domanda, perché mi sta consolando?" Beryl fu a tanto così dal mettersi a ridere.
"Non darmi del lei, mi fai sentire una vecchia professoressa."
Sa cosa sono le professoresse e indossa vestiti a dir poco moderni. n che razza di mondo fantasy sono finita?
"Scusi- Scusa."
"Per rispondere alla tua domanda, non ti sto consolando, quando ero un po' più giovane anch'io non mi adattavo molto bene, eppure ora sono una strega e, modestamente, una delle più forti, io ho capito da sola quello che ti ho appena detto, però avrei voluto che fosse venuto qualcuno a dirmelo. Capisci?" Karin annuì anche se in realtà stava pensando ad altro.
È una strega? Non sembra una strega, non dovrebbe essere tipo di cento e passa anni? Cavolo... Una vera strega... di quelle che fanno fluttuare le cose eccetera... wow.
"Pensi talmente forte che posso quasi sentirti, vuoi vedere cosa fa una vera strega?" Karin non ci rifletté mezzo secondo, annuì energicamente stampandosi un sorriso in faccia.
Beryl puntò col dito un lago poco lontano da loro, Karin guardò la pozza d'acqua mentre la strega si concentrava a visualizzare ciò che avrebbe mostrato alla giovane ragazza, che in quel momento sembrava più una bambina.
L'acqua sulla superficie del lago iniziò a muoversi in maniera innaturale fino a creare una parete alta almeno tre metri e spessa uno, o così pareva, a quel punto Beryl riaprì gli occhi sorridendo alla spettatrice che, nel frattempo si era avvicinata al lago. La strega fece uscire l'acqua dai margini creando una cupola sulla testa della rossa che in quel momento aveva gli occhi pieni di lacrime, nemmeno lei ne sapeva il motivo, era felice, estremamente felice. A quel punto Beryl decise di concludere lo spettacolo, la ragazza si voltò sorridendole con le guance coperte dalle lacrime salate.
"Stai piangendo pel di carota? È stato così emozionante?"
"Quella... quella cosa... gli umani la possono fare... tipo io... Io potrei fare qualcosa del genere?" La strega annuì, sapeva per esperienza che i terrestri erano in gradi di praticare la magia, anche a livelli molto più complessi del trucchetto con l'acqua.
"Insegnamelo! Ti prego, mi impegnerò, anche tutti i giorni della mia vita. Ti prego insegnami ad usare la magia." La rossa corse di nuovo accanto alla strega, le strinse le maniche della maglia con tutta la forza che aveva, Beryl, dal canto suo, aveva già visto quell'entusiasmo, lo riconosceva perfettamente ma prima che potesse rispondere alla supplica della ragazza qualcuno interruppe il momento.
"Che succede? Ho visto ch-" L'interruttore, o per meglio dire, l'interruttrice, era la stessa ragazza dai capelli biondi che qualche ora prima aveva parlato con Karin, la rossa non capì la frase appena pronunciata ma riconobbe la voce. Le due ragazze si guardarono e a rompere il silenzio fu Ophelia.
"Tu..." Lo disse in tedesco, l'unica lingua capibile per Karin, lo fece apposta, voleva che l'altra la capisse e che sentisse tutta la frustrazione nella sua voce...
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro