•"Ash"•
Salendo i gradini si ritrovarono nuovamente all'esterno, pochi metri d'avanti a loro si scagliava una torre circolare che pareva raggiungere le nuvole.
"Karin, ascolta attentamente tutto quello che ti dirò, sei sotto la mia responsabilità e voglio che tu obbedisca ad ogni mio ordine." Sibilò Ophelia guardando con la coda dell'occhio la rossa.
"S-si signora.." Replicò intimidita dal tono preso dalla sua compagna.
La bionda fece cenno a Karin di seguirla, la prese per il polso e la trascinò... attraverso il muro. Passarono letteralmente attraverso a venti centimetri buoni di pietra.
'Credo di star per vomitare....'
"Fai silenzio." L'ammonì Ophelia prima ancora che facesse nulla.
La ragazza le diede una specie di triangolo nero con un pulsante e una piccola luce sulla punta.
"Se entra qualcuno schiaccia il pulsante, si illuminerà il mio e saprò di dovermi sbrigare." Spiegò la ragazza mostrando un'oggetto identico a quello che aveva appena dato a Karin, schiacciò il suo pulsante e il dispositivo della rossa lampeggiò.
"Va bene.. Sta attenta." Disse Karin sorridendo all'altra ragazza.
Ophelia fece un gesto con la mano e lentamente il suo corpo diventò invisibile all'occhio, per quanto Karin volesse fare mille domande riguardo quell'incantesimo si trattenne decidendo che sarebbe stato meglio salvarsele per dopo.
La ragazza si nascose dietro delle scale osservando attentamente l'ingresso nella speranza che nulla interrompesse la missione della giovane britannica pochi metri sopra di lei.
Quel posto sembrava puzzare di chiuso e di vecchio ma forse era solo l'impressione, così si disse Karin. Aspettò cautamente per più di dieci minuti e nulla fuori dalla norma si fece vedere. Per qualche secondo pensò che Ophelia l'avesse abbandonata lì ma ricordandosi di Beryl ci ripensò. E poi la britannica non era tanto cattiva in fondo. Solo molto molto fredda e distaccata.
"Köhler, sbrigati, dobbiamo andare." La voce la colse di sorpresa, non aveva minimamente visto avvicinarsi la figura di Ophelia fino a quando non le aveva parlato. Si svegliò dal suo dormire ad occhi aperti e corsero entrambe fuori dalla torre rientrando nel tunnel sotterraneo che, solo ora, Karin notava assimigliasse ad una catacomba. Il solo pensiero di trovarsi in mezzo ai cadaveri la fece rabbrividire ma non disse nulla.
"Ci hai messo tanto." Commentò la rossa infilando le mani nella tasca del suo felpone bianco coperto dalla tunica.
"Scusami tanto se ci ho messo più di dieci minuti a disattivare uno dei sistemi di sicurezza più inespugnabili che i tuoi stupidi occhi umani potranno mai vedere." Replicò irritata la ragazza accelerando il passo.
"Qualcosa non va?" Domandò Karin allungando il braccio verso Ophelia. Lei, forse involontariamente, si voltò di scatto scansando la mano di Karin, per un secondo la giovane tedesca poté giurare di aver visto del sangue ma non fece in tempo a domandare.
"Qualcosa non va, hai indovinato, sai cosa Köhler? Sono le tue stupide domande che non-... cosa stai facendo?"
La ramanzina di Ophelia fu interrotta quando la rossa afferrò i suoi polsi esaminandoli, prima il destro e poi il sinistro. Sul secondo notò un lungo taglio che partiva da sopra il gomito ad arrivare al dorso della mano, pareva essere profondo e a Karin gelò il sangue nelle vene a quella visione.
"Ma come ti sei conciata? Dovevi dirlo subito che ti eri fatta male!"
Karin la costrinse a togliersi la tunica e a mostrarle la ferita per intero rimanendo sempre più esterrefatta, il sangue sembrava non volersi fermare e, nonostante sapesse che quel taglio non fosse sufficientemente grave, temeva il dissanguamento dell'altra.
Solo nei film aveva visto tanto sangue e di solito per aiutare c'era sempre un bel ragazzo che si strappava la maglia di netto per fasciare la ferita, mostrando nel frattempo buona parte dei suoi addominali scolpiti.
"Non è nulla ok? Dovremmo sbrigarci a tornare prima che si mettano a cercarci." Disse Ophelia con un tono serio stringendo appena i denti per il dolore.
"Rischio di svenire...." Mormorò Karin senza riuscire a spostare lo sguardo.
"Ascolta" disse "per quanto ne so dovremmo almeno provare a fermare il sangue."
Più Ophelia pensava alla parola 'sangue' più sentiva il sapore ferroso in bocca, era tremendamente fastidioso e doloroso, in oltre non si sentiva esattamente in una botte di ferro con le cure mediche di Karin, la quale si era mostrata appassionata solo di film e di anime.
"Non mi hanno amputato un braccio Karin, posso arrivare senza problemi fino a casa." Mormorò combattendo l'istinto di mettere la mano sulla ferita per alleviare il dolore.
"Lo hai un coltello?" Chiese Karin fuori dal nulla. Ophelia annuì tirando fuori dalla tasca un coltellino a serramanico con l'impugnatura nera.
Karin lo afferrò e senza pensarci prese a tagliare il fondo dei suoi pantaloni di jeans.
"Che stai facendo?"
"Ti stringerò questo attorno al braccio per fermare il sangue, non so nemmeno se funziona ma ho sempre voluto provarci." Spiegò mostrando orgogliosamente uno dei due pezzi di jeans ormai ridotti a delle fasce.
"E vuoi che sia il tuo esperimento? Mi prendi in giro?"
"Cosa ti costa, non può andare peggio di così."
Ophelia alzò gli occhi al cielo per mormorare un infastidito "va bene" Karin le diede l'altro pezzo di stoffa lasciandola confusa.
"Cosa dovrei farci?"
"Lo mordi, credo possa fare male e non voglio doverti sentir urlare." La bionda afferrò il pezzo di jeans imbarazzata stringendolo tra i denti prima che Karin legasse l'altro pezzo poco sopra la sua ferita.
La ragazza tedesca aveva ragione, faceva male, parecchio anche. Una di quelle cose che i film non mostrano è che quando stringi vicino ad un taglio è come se le vene cercassero di svuotarsi, una quantità considerevole sgorga da quella stessa ferita prima che si fermi. Era una cosa terribilmente inquietante da vedere.
Ophelia si lasciò sfuggire due lacrime, solo due, bastarono per essere notate da Karin che la abbracciò provando a consolarla anche se non era certa della reazione che poteva scatenare quel gesto.
"Appena torniamo a casa puoi tirarmi un pugno se vuoi." Disse ridendo sottovoce mentre si allontanava dalla ragazza per guardarla negli occhi.
Lei si tolse il pezzo di jeans dalla bocca mostrando un'espressione infastidita ma allo stesso tempo grata.
"Possiamo andare ora?" Chiese prendendo il mantello che poco prima era stato buttato a terra. Il dolore non era cessato affatto ma per lo meno non sarebbe svenuta, così sperava.
꧁꧂
Tutti dicono che il tragitto verso casa è più veloce di quello inverso, è il nostro subconscio che ce ne convince.
Se come compagna di viaggio avevi Karin Köhler potevi solo pregare che il tragitto si abbreviasse per magia.
Non era antipatica o altro, anzi, socievole, positiva, solare. Tutte caratteristiche che la rendevano ancora più fastidiosa sotto certi punti di vista.
"E poi c'era questo tipo... americano, o forse canadese... boh non ricordo. Comunque, era una cosa impressionante sui pattini. Hai mai visto una gara di pattinaggio, tipo una corsa? È assurdo, vanno velocissimi, dovrei assolutamente mostrarti un video. Prende internet qua? No non credo... però giuro-"
"Karin." La interruppe
"Oh, scusa, sarai davvero stanca. Ti vuoi fermare? Dovresti- lo sto facendo ancora, scusa."
La verità era che Karin fosse preoccupata, ed affrontava in un modo tutto suo la preoccupazione. Come chiunque del resto.
"Forse fermarci non sarebbe una cattiva idea."
Ophelia di guardò intorno, erano circondati da un immensa distesa di verde, non c'erano alberi nei paraggi il che rendeva tutto surreale e, in un certo senso, affascinante.
La ragazza dai capelli biondi arrestò il falso-equino e lasciò scendere Karin prima di lei. La rossa le offrì la mano con un gesto eccessivamente teatrale e per questo rifiutò l'aiuto.
Il sangue si era fermato anche se una lunga riga rossa segnava il braccio della ragazza, a vederlo Karin si sentì in colpa.
"Possiamo fermarci un po' quindi?" Domandò la rossa guardandosi intorno, appena Ophelia annuì lei si lasciò cadere a terra.
Il sole caldo dava una sensazione piacevole su tutto il corpo della ragazza. Le sembrava di essere in spiaggia. C'era andata solo una volta ma le era piaciuta moltissimo.
"Non ti sdrai?" Chiese confusa osservando Ophelia seduta a gambe incrociate di fianco a lei.
"Non voglio infettare la ferita." Spiegò.
Karin le afferrò il polso destro e la tirò verso di se facendola atterrare sul fianco.
"Non sono un genio?" Chiese in tono scherzoso mettendosi a sua volta sul fianco, Ophelia roteò gli occhi con un sorriso. E per qualche ragione Karin la trovò troppo carina.
"Mi piace il tuo sorriso." Disse continuando a guardare la ragazza dagli occhi di ghiaccio.
Inutile dire che il sorriso sparì all'istante sostituito da puro imbarazzo, un po' da parte di entrambe.
"Non mi piace essere presa in giro." Affermò Ophelia tornando al suo solito tono piatto e serio.
"Ma io non ti stavo prendendo in giro..." Spiegò Karin a bassa voce appoggiando la fronte contro alla clavicola dell'altra ragazza.
Ophelia si trattenne dal ribattere limitandosi a restare immobile.
Fino a quando non sentì la necessità di toccare i capelli di Karin, era inevitabile dal momento che si trovavano esattamente di fronte a lei.
Immaginò che chiedere sarebbe stato strano perciò iniziò a passare la mano tra i ciuffi rossi come fosse una cosa normale.
Non aveva mai toccato i capelli di qualcuno che non fosse suo fratello o, al limite, sua madre ed erano esattamente identici ai suoi. Quelli di Karin erano diversi, più folti ma anche morbidi, leggermente mossi sulle punte che a volte facevano un piccolo giro su loro stesse.
Dal canto suo Karin non si aspettava un gesto del genere, tanto meno da Ophelia la quale sembrava disprezzarla sufficientemente. Meno del loro primo incontro comunque.
"Ash?"
"Non chiamarmi Ash, è triste come soprannome."
"Triste?"
"Significa cenere..."
Rimasero in silenzio, Karin rielaborò la frase nella sua testa provando a fissarselo bene in mente.
"Allora come ti devo chiamare?"
"Con il mio nome?"
Karin si lasciò scappare una risata sottovoce.
"Intendo un soprannome, qualcosa di corto."
Ophelia sembrò pensarci qualche secondo, aveva un'espressione combattuta.
"Mia madre mi chiamava Lia..."
"Posso chiamarti così anch'io?"
"Penso vada bene, sì."
"In tal caso puoi chiamarmi Ri!"
"Non lo farò."
Lentamente Ophelia si rimise seduta sotto gli occhi delusi di Karin che si sarebbe riposata volentieri ancora un po'.
Quando ripresero il viaggio erano più assonnate di prima ma, in qualche modo, tornarono sane e salve a Wizar Hamlet.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro