Primo incontro imperfetto
Nessun incontro è mai casuale. Non credo nel destino, ma nemmeno nella casualità delle cose. Ci sono elementi che si cercano, si bramano e vanno comporre qualcosa, quando due anime affini si incontrano. A noi è successo questo. La prima volta che l'ho visto, era abbracciato a due ragazze. Entrambe belle, entrambe nella lista delle dieci più desiderate del liceo. Se fossi stato etero avrei voluto scoparmele anch'io. Magre, seni prosperosi che sembravano voler rompere il tessuto delle loro t-shirt e gambe lunghe e snelle. Alle volte mi capita di immaginare il futuro della gente. Lo feci anche con loro. Mentre le guardavo, le vedevo prima su una passerella. Agili e aitanti a mostrare le loro grazie in costume. Il pensiero si spostava a qualche ora dopo. Erano intorno ad un tavolo, coppe di champagne strette fra loro dita sottili e sorrisi a mille denti sul volto. Dopo qualche istante di buio, se ne stavano calate con la testa su un tavolo. In una narice una banconota arrotolata, intente a sniffare lunghe bianche strisce di bamba. Dietro di loro uomini di mezz'età abbronzati e arrapati. Inevitabilmente, finivano a letto con loro. Lunghe orge dopate dal vino e dalla droga. L'ultima scena non aveva nessun richiamo sessuale per me. Mi portava solo angoscia e tristezza.
Se mi avessero dato dieci euro da puntare, li avrei scommessi tutti sul fatto che se le portava a letto, entrambe. Non una alla volta. Assieme. Sulle ragazze che gli assaporavano i capezzoli come fossero dolci fragoline di bosco. Su di lui che entrava in loro. Su un lungo e articolato amplesso.
E se anche fosse stato omosessuale, non avrei scommesso nemmeno uno di quei dieci euro, neanche su una scopata fugace fra noi due.
Lui: capelli modellati con il gel alla perfezione, anche di primo mattino, quando io avevo il tempo a malapena di buttare giù il caffelatte ancora bollente. Vestito di tutto punto, jeans stretti a inguantare i suoi quadricipiti scolpiti nel marmo e una camicia dai colori sgargianti e perfettamente stirata. E quel sorriso largo a mostrare la sua dentatura brillante e perfetta.
Io: i capelli sempre arruffati, nascosti da un vecchio berretto da baseball che non toglievo dal primo superiore. Vestito di stracci, una vecchia maglietta consunta e jeans sformati dal tempo. Cupo e ombroso, me ne stavo sulle mie.
Lui: abbracciato alle ragazze più belle dell'istituto e loro che sorridevano divertite alle sue battute.
Io: solo appoggiato ad un muretto, a cercare un motivo di allegria nelle melodie malinconiche dei Cure che arrivavano dal mio lettore mp3, attraverso gli auricolari.
La prima volta che l'ho visto, nulla era perfetto. Solo la sua bellezza. La prima volta che l'ho visto, era distante eoni da me. Era primavera. E in primavera gli ormoni dominano. Così, se anche non avessi avuto nemmeno un pensiero romantico su di lui, quando tornai a casa mi masturbai pensandolo mentre mi mostrava il suo membro.
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