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Capitolo 4 Aima

RATRI

Al mio risveglio ci metto qualche secondo prima di rendermi conto di non essere piu a casa mia, ma nella villa degli Andrews.

La luce del sole filtra lieve dalle persiane della porta finestra. Non so che ore siano, ma di sicuro non è l'alba, il sole deve essere già alto da un pezzo.

Mi stiracchio, sbadiglio e poi mi alzo per andare ad aprire le tapparelle e uscire sul balcone per fumare una sigaretta. L'aria è fresca, ma è ancora piacevole nonostante l'autunno sia alle porte. Mi appoggio con i gomiti alla ringhiera di marmo mentre mi godo la mia droga mattutina e contemplo la vista sul retro della casa. Uno dei sentieri sterrati, che avevo visto dal cancello, conduce all'interno del bosco e attraversa per intero il parco dietro casa. Solo un breve tratto è pavimentato, ovvero quello che conduce a un pergolato in pietra sormontato da una cupola in ferro, che scorgo in mezzo ad una moltitudine di cespugli e arbusti.

Penso proprio che alla prima occasione andrò a vederlo da vicino e spero che ci sia una panchina. Riesco già a immaginarmi sotto quel gazebo, in primavera, con un buon libro.
Sorrido all'idea. Questa casa è uno spettacolo sotto ogni punto di vista e spero davvero che le cose vadano bene con gli Andrews perchè vivere qui è davvero un sogno.

A proposito di sogni, però, mi torna con veemenza in mente quello che ho fatto la scorsa notte.
Ho visto i miei genitori e ogni volta è una sofferenza sognarli per svegliarmi poi con la consapevolezza che non ci sono più. Ormai ci ho quasi fatto l'abitudine, anche se alla morte delle persone care non ci si abitua mai . Quel dolore e quel vuoto non si dimenticano e ti accompagnano per tutta la vita. Anche nei momenti in cui sei più felice, provi quella tristezza e un leggero senso di colpa si insinua tra i tuoi pensieri soprattutto nel momento in cui, nel sentirti appagato dalla vita, rammenti che, coloro che sono morti, di questa felicità non ne potranno più godere .

Quello che però davvero mi ha destabilizzato è stato sognare il terzo fratello. L'ho visto una sola volta proprio come gli altri, eppure è l'unico che ho sognato.

Forse sarà stato il modo in cui si è presentato, così sfacciato e prepotente a essermi rimasto impresso. Mi dava davvero sui nervi che rimanesse li nonostante fossi seminuda. Mi ha fatto sentire a disagio, soprattutto quando, con il suo atteggiamento arrogante, ha precisato che questa stanza non è davvero mia.

Però c'è un'altra cosa che di certo mi ha indotto a sognarlo. È bello, così come i suoi fratelli, ma non so... ha qualcosa in più.

Uscita dal bagno me lo sono trovata davanti e per un solo attimo ho pensato di essere morta anche io e di essermi svegliata in paradiso.

Se fosse rimasto zitto sarebbe sembrato un angelo.

I capelli folti e biondi, tanto chiari da sembrare quasi bianchi, erano di una lunghezza media. Una ciocca ribelle gli cadeva sugli occhi... quelli mi hanno davvero incantata. Una tonalità di verde che non avevo mai visto, attraversata da una sfumatura gialla che li rendeva luminosi.

Per un secondo mi hanno ricordato il bosco in estate: quando il sole illumina le foglie degli arbusti e queste diventano più chiare e lucenti come se brillassero.

Quelle due perle mi scrutavano da cima a fondo e, anche se avevo l'accappatoio addosso, mi sono sentita nuda sotto il suo sguardo.

Sulle labbra carnose e rosee aveva un sorrisetto malizioso.
In quel momento avrei voluto solo tirargli uno schiaffo per il suo modo tanto sfrontato, ma adesso se mi soffermo a pensarci, mi rendo conto di quanto fosse attraente con quei lineamenti forti, squadrati e allo stesso tempo armonici e delicati. Non avevo mai visto qualcuno di più bello.

La camicia blu che indossava aderiva come una seconda pelle al suo corpo e ne metteva in risalto la muscolatura. Quel colore scuro del tessuto, creava un perfetto contrasto con la sua pelle diafana.

E poi ha dovuto aprire quella sua boccaccia arrogante e da angelo che lo credevo, si è subito trasformato in un diavolo dalla lingua tagliente. Spero che sia stato solo il primo impatto, che abbia voluto fare solo un po' il belloccio della situazione. Sono ancora infastidita dai suoi modi, ma spero in un secondo incontro più gradevole.

Scendo a fare colazione e, come già mi aveva informato Michey, sono sola. Non ho molta fame, al mattino non ce l'ho mai, prendo solo un caffè e qualche biscotto.

Oggi credo che andrò un po' in esplorazione di questa città e
la mia prima tappa sarà la spiaggia. Controllo quanto dista dalla villa; non è lontanissima e con un autobus che mi lasci in centro dovrei arrivarci in meno di mezz'ora.

Finito di fare il mio itinerario salgo le imponenti scale per tornare in camera mia e prendere la mia borsa, pronta a iniziare la mia personale gita in città.
Ma prima che io possa raggiungere il pianerottolo sento qualcuno chiamarmi, mi volto e Michey è lì, pochi scalini di distanza dietro di me.

Devo essere proprio assorta nei miei pensieri, non l'ho nemmeno sentito arrivare.

«Buongiorno.» Dico con un leggero imbarazzo.

Spero che fosse la prima volta che chiamava il mio nome. Non volevo ignorarlo, ero solo troppo occupata a pensare cosa avrei fatto oggi. Lui non sembra infastidito anzi, mi sorride benevolo, mentre sale gli ultimi scalini che ci separano.

«Dormito bene mia cara?»

Devo ancora abituarmi ai suoi modi raffinati e galanti, ma gli sorrido di rimando e annuisco.

«Sì, davvero bene. Era da un po', in realtà, che non dormivo così bene.»

Mi mordo il labbro, non so perchè gli racconto queste cose. Non è una cosa da dire a un perfetto sconosciuto. Eppure le parole sono scivolate fuori dalla mia bocca come se parlassi con un vecchio amico. In fondo, è la pura verità. Andare a dormire è diventato poco piacevole, l'ansia si impossessa di me, poiché so già cosa succederà durante la notte: sognerò i miei genitori e mi sveglierò di soprassalto per poi non riuscire più a prendere sonno. Questa volta, invece, anche se ricordo con precisione di averli sognati, non mi sono svegliata anzi, ho dormito più del previsto.

«Mi fa molto piacere, che programmi hai per oggi?»

«Credo che farò una passeggiata in centro e poi voglio vedere la spiaggia. Il mare mi rilassa.»

Di nuovo parlo di una cosa personale. Sono mesi che non parlo di me a nessuno, forse è solo una mia necessità di avere un amico, o un confidente. Oppure, forse, questa persona riesce a mettermi così tanto a mio agio che, nonostante io non la conosca, mi infonde una fiducia con i suoi "buffi "modi di fare, che mi viene naturale raccontare i fatti miei.

«Oh, sono certo che ti piacerà e non solo la spiaggia, Aima è una bomboniera, te lo assicuro.»

Meglio di un cartello pubblicitario!

Gli sorrido, ma noto che il suo viso si contrae in un'espressione contrita e i suoi occhi si fanno più cupi. Picchietta con le dita contro il corrimano delle scale, sembra inquieto.

«Ratri, so che hai conosciuto Veicht.»

Ahi, tasto dolente.

Non voglio fargli vedere quanto il suo comportamento mi abbia infastidito perciò ironizzo.

«Oh sì, l'ho conosciuto eccome.»Dico con una risatina che voleva essere sarcastica, ma forse mi è uscita più nervosa perchè gli occhi di Michey vengono attraversati da un lampo.

Mi si avvicina cauto e sul suo viso si dipinge un'espressione infastidita, ma al contempo preoccupata.

«Cosa ti ha fatto?» Mi chiede con un tono indurito.

Ma la sua voce tradisce l'angoscia e questo fa agitare anche me che non posso fare a meno di spalancare gli occhi, spiazzata da questa domanda.

Avrebbe dovuto FARMI qualcosa?

Balbetto confusa mentre faccio un breve resoconto a Michey del nostro incontro. Lui serra i pugni per poi batterne uno sul corrimano. Sembra perso nei suoi pensieri; la sua mascella è contratta e ha lo sguardo perso nel vuoto a rimuginare su quello che gli ho appena raccontato. Dopo un po' riporta i suoi occhi grigi e magnetici su di me e il suo viso, dapprima contrariato, acquista un'espressione costernata. Posa la sua mano sulla mia spalla e poi sospira.

«Veicht è il fratello di mezzo, ha un brutto carattere Ratri e una sfacciataggine che non ha eguali nella storia. Per qualsiasi problema possa crearti non esitare a venire da me. Voglio che il tuo soggiorno qui sia il più piacevole possibile.»

Questa sua affermazione, invece che tranquillizzarmi, mi agita ancora di più. Perchè mai Veicht dovrebbe crearmi dei problemi?
Sono confusa, credevo che il suo comportamento di ieri sera fosse solo una parentesi spiacevole.
Ma le parole di Michey mi lasciano con l'amaro in bocca e, anche se sono grata per la sua premura, non posso far a meno di essere turbata dalle sue affermazioni.

Lo saluto mentre vado a recuperare la mia borsa. Questa chiacchierata mi ha convinto ancora di più a prendere una boccata d'aria fresca.

Una volta scesa dal bus mi ritrovo nel centro della cittadina. Non è molto grande, anzi tutt'altro, ma è molto pittoresca. Le case nella via principale sono tutte piccole e ognuna dipinta con un colore pastello differente. La pietra chiara, con cui è lastricata la strada, riflette la luce del sole e ciò rende questo posto unico nel suo genere. Ho l'impressione di camminare tra le pennellate armoniose di un quadro. Non ci sono molti negozi. Ho notato una farmacia, qualche bar di piccole dimensioni, un alimentari ricavato all'interno di un bugigattolo che all'esterno, però, vantava un consistente banco frutta.

Continuo a camminare finchè non arrivo nei pressi di una piazzetta. Mi fermo un momento per osservare quello che mi circonda. Al centro c'è una fontana sormontata da una sontuosa statua che raffigura una donna in abiti antichi e un bambino in braccio. Nei pressi della piazza sono schierati una serie di negozietti artigianali, molti dei quali vendono prodotti di genere alimentare.

Quello che attira la mia attenzione è un negozio di erboristeria. Non tanto perchè io sia fissata con le creme naturali e quant'altro, ma più che altro è proprio il negozio che, per come se presenta, attirerebbe l'attenzione di chiunque. Prima di tutto l'insegna "erboristeria" è scritta con caratteri particolari che ricordano la scrittura celtica e poi una diplandenia incornicia l'entrata del negozio. Con quel colore rosso è impossibile non notarlo.

Sorrido e penso a quanto spicca quel piccolo e grazioso negozio rispetto agli altri dall'aspetto molto più sobrio.


Proseguo nella mia esplorazione: la strada procede in discesa e in poco tempo mi ritrovo sul lungomare. La spiaggia non è grande, come del resto tutto in questa città. Spero solo che in estate non sia troppo affollata.

Cammino lungo la strada che costeggia il mare e mi fermo davanti alle scalette che portano fin giù alla spiaggia.

Io amo il mare, soprattutto d'inverno. Forse proprio perchè non ci viene mai nessuno e ho come l'impressione che sia solo mio. Mi piace guardare le onde che si infrangono contro gli scogli e, a ogni ondata, sento la mia anima più leggera, come se fosse proprio il mare a sfogarsi al posto mio.

Mi volto per un momento e volgo lo sguardo al paesaggio alle mie spalle e, ora più che mai, penso che questo posto sia perfetto per ricominciare. Il mare davanti e le montagne dietro, sono circondata dalla natura.

Proseguo per la strada finchè non mi accorgo di essere finita in una zona un po' più selvatica della città, dove non sembra esserci niente a parte boscaglia.
Sto per tornare indietro e rincasare, ma in quel mentre la mia attenzione viene catturata da un'unica struttura in questa zona.
Mi avvicino per capire di che cosa si tratta. È un pub sulla cui porta è attaccato un volantino: "Cercasi cantante."

"Fantastico" dico tra me e me, poi spingo la porta che con un stridulo cigolio.

Fin da subito, vengo travolta dall'atmosfera calda e accogliente di questo locale. Lo stile è country-rock. Una fila di luci appese ad un filo attraversano l'intero locale. Il bancone di legno massicci si estende per lungo sulla parte sinistra del locale, mentre dalla parte opposta ci sono sono una ventina di tavoli, nell'angolo in fondo alla stanza, invece, è allestito un palco abbastanza grande.

Dietro il bancone c'è un uomo calvo e corpulento, sembra essere sulla cinquantina o poco più. È intento ad asciugare alcuni bicchieri quando mi avvicino e mi schiarisco la voce per farmi notare.

«Mi scusi, lei è il proprietario?»
L'uomo si volta con sorriso e con un lieve cenno del capo risponde alla mia domanda.
«Certo.» Esclama con una certa fierezza per poi continuare.
«Cosa desidera?»
«Ho letto che cercate un cantante va bene anche una ragazza?»

Sembra affabile e il suo sorriso benevolo mi fa ben sperare in una risposta affermativa. Per scaramanzia incrocio le dita dietro la schiena, sarebbe fantastico aver trovato anche un lavoretto in così poco tempo.

«Oh, beh, per me andrebbe benissimo, ma sai a scegliere non sono io, è la band. Sono quei quattro mascalzoni a decidere.»
La sua espressione nel descrivere i ragazzi mi fa sorridere.

«Quando li posso trovare?»

«Oh, non dovrai aspettare molto, quei quattro ormai ci vivono dentro il mio pub, nel frattempo posso offrirti qualcosa da bere?»
«Un caffè sarebbe possibile?»
«Ovvio che si, ma prima le presentazioni. Sono Pedro.»

Si asciuga la mano prima di porgermela e io la stringo con una presa sicura.

«Piacere di conoscerti, io mi chiamo Ratri e sono nuova di qui.》Pedro mi squadra, ridacchia e si strofina il mento che, a differenza della sua testa glabra, è coperto da una barba folta e incolta.

«Oh, lo avevo capito. Non sei un volto conosciuto e questa cittadina è talmente piccola che si conoscono un po' tutti. I giovani poi, alla sera, si riuniscono tutti qui e non ti ho mai vista.»

È di certo un bel posto dove passare le serate. Mi piace anche il fatto che sia lontano dal centro; qui, immerso nella boscaglia e a pochi passi dal mare.

Mentre mi prepara il caffè, Pedro mi racconta un po' della sua vita; di essersi trasferito con la sua famiglia da tanti anni, di aver rilevato questo pub insieme a sua moglie e che nell'istante in cui questa è venuta a mancare, è stata sua figlia Francesca a convincerlo a non venderlo.

«Cadeva a pezzi questo posto, finchè non lo abbiamo preso in mano noi e adesso guarda che bel gioiellino che è diventato.» Afferma compiaciuto e allarga le braccia come a voler mostrare la meraviglia del suo locale.

«Se non avessi Francesca, però, non so che cosa farei. Ah, quella ragazza, forte e tenace come sua madre.»

Gli si illuminano gli occhi mentre parla della figlia e di come questa lo aiuti nella gestione del pub.
La ammira e la idolatra e non posso fare a meno di provare una certa tenerezza nei confronti di questo omone che sembra avere un cuore davvero tenero.

Ciao a tutti, come state ?

Allora come vi è sembrato ?
In questo capitolo , forse un po' poco emozionante ,ma necessario, abbiamo esplorato la cittadina.

Fatemi sapere se vi è piaciuto con un commento e una stellina, le critiche costruttive sono sempre ben accette.

Noi ci vediamo nel prossimo spazio autrice .

Un besito a tutti 😘













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