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Capitolo 24 Ricordi di un futuro passato (parte quinta)

RATRI

Una volta arrivati alla villa non facciamo in tempo a mettere un piede oltre la soglia dell'ingresso che Michey, alterato, ci catapulta addosso la sua preoccupazione.

«Dov'eravate?» Chiede, ma non ci permette di rispondere poiché è un fiume in piena di parole.

«Avete in mano questi cosi maledetti tutto il giorno», rigira tra le mani il suo cellulare e lo scuote davanti alle nostre facce per marcare il concetto, «vi rincitrullite nel loro utilizzo, e par che siano il prolungamento dei vostri arti, ma un messaggio per dire che state bene, per avvisare che facevate tardi, per informarmi che eravate insieme, quello proprio non siete stati in grado di mandarlo. Avete la vaga idea di quanto mia preoccupato?»

Se non ce l'avevamo, adesso è chiaro.

Ormai ci ho fatto l'abitudine alle ramanzine teatrali, degne di un drammaturgo depresso, di Michey, ma non posso dargli torto in questo caso. Se si è preoccupato Veicht per lo stato in cui ero quando ho abbandonato la casa, immagino che il maggiore degli Andrews lo fosse il doppio. Tende a essere protettivo e il non dare spiegazioni dei miei stati d'animo, non rende le cose facili a nessuno.

Ma come potrei spiegarglielo?
Che dovrei dirgli?
"Michey, le tue carte mi hanno fatto vedere un evento orribile?"

Se lo facessi si sentirebbe in colpa, sempre che invece non mi prenda per pazza e mi metta alla porta con un biglietto di sola andata per la psichiatria.

Sto per parlare e scusarmi, ma Veicht mi anticipa.

«Sì, sì, come dici tu, ma ora abbiamo una cosina da fare perciò torna a fare, uhm, qualsiasi cosa stavi non facendo e lasciaci in pace.»

Che Veicht non fosse diplomatico era chiaro, ma lo è altrettanto lo sguardo omicida che gli riserva Michey.

«E cosa dovreste fare, di grazia? Se non è troppo disturbo rispondere, s'intende.»

La domanda è rivolta a entrambi nella forma, ma nella sostanza solo a Veicht, poiché è su di lui che Michey concentra l'intera attenzione.

«Sì, è un disturbo, ora se vuoi scusarci.» lo provoca. Gli gira intorno e lo supera per raggiungere la scalinata, poi, con un breve cenno della testa, m'invita a seguirlo.

Da quando vivo con gli Andrews una cosa l'ho capita: tra Michey e Veicht non scorre buon sangue. Sono diversi, troppo diversi... in tutto e questo avvalora la mia tesi sul fatto che secondo me non sono davvero fratelli o, almeno, Veicht non è il fratello degli altri due.

Non voglio alimentare il loro astio reciproco, perciò m'intrometto in questa lotta per la supremazia.

«Michey, mi dispiace se ti sei preoccupato, ma mi ha raggiunta, non stavo bene e mi ha fatta distrarre con una passeggiata e una partita a biliardo che ho perso e siccome c'era una scommessa in ballo, ora devo mostrargli i testi delle mie canzoni.»

Si volta ad ascoltare le spiegazioni che gli ho fornito e si limita ad annuire, non pone altre domande. Negli occhi, tuttavia, vi leggo il disappunto e in parte lo comprendo. Io e Veicht non siamo mai andato d'accordo, ed è strano persino per me passare del tempo con lui senza che questo sia riempito da screzi o veri e propri litigi. Perciò spiegarlo a qualcun'altro diventa impossibile. Dovrei spiegare di un bacio che non ha avuto seguito, della sua preoccupazione e premura quando sto male e del suo comportamento scostante, di come mi ha ferita, poi, forse, salvata?

È tutto troppo complicato...
Lui è complicato.

Raggiungo l'oggetto dei miei pensieri che mi attende sulle scale. Mentre mi sposto, però, ho gli occhi di Michey puntati addosso che seguono ogni mio movimento, ne sento così tanto il peso che sono costretta a distogliere lo sguardo, ma la sensazione di essere osservata aumenta quando gli do le spalle.

A volte m'inquieta quest'uomo.

Non è lui, ma le sensazioni che mi provoca e quello strano legame che sento e al quale non so dare spiegazione.

Una volta raggiunto Veicht, noto che la lotta di sguardi tra i due fratelli non si è affatto placata. Si fissano come due felini sul punto di attaccarsi. Poi lo sguardo di Michey si fa più cupo e si sofferma sulle mani del fratello minore. Incuriosita anche io le osservo e noto il tremore che avevo già visto al pub.

«Ti aspetto più tardi nel mio studio, necessitiamo di disquisire.»

La voce di Michey è torva, cruda da risultare meccanica e mi fa deglutire. Sposto gli occhi sul viso di Veicht che invece non fa una piega, si volta e comincia a salire le scale. Lo seguo, ma non posso far a meno di chiedermi quale problema lo affligga e gli provochi quei tremori preoccupanti.

Per il momento non mi è dato saperlo. Come io voglio preservare il mio segreto - la mia follia, il mio potere - è probabile che Veicht voglia preservare quella che potrebbe essere una malattia e io non ho alcun diritto di forzarlo.

Ma se avessi vinto a biliardo, me lo avrebbe detto davvero?

Conoscendo Veicht, dubito. Avrebbe trovato una via alternativa per non dirmelo, ma è inutile porsi questa domanda, ho perso e ora devo pagare.

Raggiungiamo la mia camera e, come fossi un condannato al patibolo, cammino lenta dentro la stanza, accendo la luce e mi dirigo alla scrivania sulla quale ho riposto la cartellina con dentro fogli disordinati di versi scritti di getto.

Cerco di non farmi vedere e fingo di cercarla in mezzo ai tomi universitari anch'essi sparsi sulla scrivania.

Getto un'occhiata a Veicht che si è accomodato sul mio letto.

Appollaiato come un condor!

Si guarda intorno e colgo l'attimo per prendere la cartella, aprirla e togliere il secondo foglio per lasciarlo lì in disparte. Mi volto e con passo sicuro lo raggiungo. Raggiante, ma non troppo, gli porgo la cartellina.

Legge con velocità, ma la sua espressione annoiata mi fa capire che non apprezza le mie strofe. Mi mordo le unghie innervosita. Non mi dovrebbe interessare la sua opinione, eppure capire che ciò che scrivo non è di suo gradimento è frustrante.

«E quale sarebbe il testo in cui l'idiota ha sentito "la carica erotica"?» Scimmiotta la voce di Sam, schernendo il suo giudizio. Gli mostro il foglio, ancora nella cartellina, ma quando lo legge storce il naso e sospira.

«Banale e senz'anima. Che Sam fosse un coglione incompetente lo immaginavo, ma tu, bestiolina, in questo testo non ci sei, non sono sentimenti tuoi.»

Le guance vanno in fiamme.

Come ha fatto a capire che non sono sentite quelle righe?

«Uhm, ci posso lavorare.» Rispondo senza guardarlo negli occhi e mi accingo a rimettere i fogli al loro posto.

«Lascia perdere. Piuttosto, fammi vedere l'altro.»

Un colpo al cuore e la salivazione va a zero. Alzo lenta lo sguardo e cerco di rispondere con naturalezza.

«Non so di cosa parli.»

«Ah. Ah. Ti ho vista nascondere un foglio, avanti prendilo.»

Com'è possibile?

Non può avermi vista, era distratto e sono stata scaltra nei movimenti. È impossibile.

Sento il cuore battere più velocemente.

Non può leggerlo. Non deve!

«Ti ripeto che non so di cosa parli, i testi sono tutti qui e se non ti piacciono, mi dispiace, ma non ce ne sono altri.»

Odio difendermi attaccando e so che questo potrebbe comportare uno scontro con lui. Tuttavia, la mia agitazione lo fa sorridere.

Quel sorriso: angelico, affabile, ma con un'ombra maligna che ne adorna l'angolo della sua bocca, rendendo quel sorriso un ghigno.

Una goccia di sudore mi scende gelida lungo la schiena e mi provoca un brivido.

Succede tutto troppo in fretta: Veicht si alza di scatto dal letto e in due falcate raggiunge la scrivania. Come se andasse a colpo sicuro con la certezza di dove sia quel maledetto foglio, lo prende.

«Ehi, fermo!» Gli vado incontro con l'intenzione di strapparlgielo dalle mani – o strapparlo del tutto e non lasciarne traccia –  ma lui alza il braccio fin sopra alla testa e per me raggiungere quel foglio diventa impossibile. Alza la testa e lo legge, mentre io mi dimeno e salto per prenderlo.

Non doveva vederlo!

«Ridammelo, Veicht, subito!» Gli intimo isterica.

«Sei l'eroe che mi salva dalla nebbia dei miei incubi e l'incubo di ogni mio risveglio.

Di notte mi stringi nella finzione di un sogno, di giorno mi uccidi anche solo con uno sguardo.

Sei un demone dal sorriso angelico, con te potrei volare, ma a te piace farmi cadere.»

Di nuovo gli spunta quel ghigno malefico.

Lo stesso di cui scrivo.

Quel sorriso lo temo. Ha il potere di spaventarmi, ma al tempo stesso so che se mi lasciassi trasportare, basterebbe quel sorriso per farmi cadere innamorata.

«Veicht, smettila!» Urlo e per fortuna mi ascolta.

Non appena abbassa il braccio, gli prendo il foglio tra le mani, sbuffo mentre lo ripongo nella cartellina.

«Io lavorerei su quello.» Commenta, ma lo ignoro.

Ma non ho fatto i conti con lui, lui non vuole essere ignorato, infatti posa una mano sulla mia spalla e mi fa voltare.

«È un testo... uhm, interessante.»

«Sono solo frasi.» Rispondo fredda e a denti stretti. Minimizzo quelle righe, perché spiegargli che ne ho scritte tante altre e che lo faccio ogni volta che mi appare in sogno, sarebbe imbarazzante oltre che uccidere quell'ultima briciola di dignità che ho.

La mia fortuna è che non ha letto tutto, altrimenti avrebbe capito troppe cose.

"Mi vessi, poi mi baci, ti preoccupi e poi mi escludi.

Mi scombini la realtà e mi riordini i sogni.

Mi hai salvata? Non lo so, ma mi hai ferita, questa è l'unica certezza che ho."

«Vero, sono solo frasi buttate un po' a caso, ma...»

«Non avresti dovuto leggerle!» sentenzio, ma non ottengo la reazione che desideravo. Malizioso si abbassa alla mia altezza.

«Bestiolina, non credi che il diretto interessato abbia tutti i diritti di leggerlo?»

«Uh, e tu che ne sai che non lo abbia già fatto?» Rispondo sarcastica, ma è un gioco che comanda lui e la sua risposta non tarda ad arrivare.

«In effetti, sì, l'ho appena fatto!»

Le guance mi vanno in fiamme e il cuore lo sento esplodere nel petto.
Mi chiedo se sia solo il suo ego a parlare o se davvero sia così evidente che quelle frasi parlano di lui.

Ma come può sapere che lo sogno?

Può intuirlo certo, ma non può avere la certezza di essere "l'uomo dei miei sogni".

«È presuntuoso da parte tua pensare di valere il testo di una canzone.»

«Infatti, no. Io valgo un intero disco di platino, ma ci sarà tempo per dedicarmi quello, bestiolina.»

Mi irrita, ma ammetto che mi fa sorridere, cerco di trattenerlo eppure gli angoli della bocca sono contro di me.

«Egocentrico!» sputo fuori e volto il viso in un'altra direzione per evitare che veda quanto in realtà mi diverta.

Tuttavia, mi sorprende di nuovo. Mi prende il mento con la mano e mi costringe a guardarlo in faccia.

Con l'altra mano mi sfiora la guancia e si sofferma sulle gote. So che sono rosse, lo sento che il sangue è tutto concentrato in quel punto.

La sua espressione diventa più intensa, maliziosa certo, ma affascinante.

«Sai...» avvicina il viso e le sue labbra sfiorano le mie, ma senza toccarle davvero, «il tuo patetico tentativo di mentire mi diverte, sei... molto più bestiolina del solito, ma... » sposta il viso in modo che labbra tocchino le gote purpuree. Vi deposita un piccolo bacio e mi paralizzo, presa alla sprovvista.
«Il corpo non mente, bestiolina, mai.»

Incapace di formulare una frase di senso compiuto, resto imbambolata, mentre lui, soddisfatto di aver vinto una battaglia che io combatto senza le giuste armi, si morde il labbro e indietreggia fino alla porta.

«Non ho altro da dirti, bestiolina, se non: Buonanotte e sogni biondi.»

«Idiota!» Gli grido, ma scoppia in una risata che mi contagia e appena resto da sola la lascio libera di uscire.

Scuoto la testa confusa, sopraffatta dalle emozioni di questa giornata incredibile.

Veicht...

Un uomo solo che trasuda personalità. Un groviglio di volti diversi ognuno dei quali è affascinante, anche il più perfido e stronzo è in grado di provocarmi emozioni forti e non tutte negative.

Forse ho qualcosa che non va, o forse mi voglio convincere che dietro la maschera ci sia del buono, quel buono che vedo ogni volta che si preoccupa per me.

Quel bacio sulle gote...

Perché? Non era necessario. Forse voleva solo mettermi in imbarazzo, farmi sentire piccola e stupida.

Non ha senso darmi il tormento, è talmente ambiguo che se provassi a fare delle congetture mi può solo venire mal di testa.

Mi sdraio nel letto ed è con l'immagine del suo viso illuminato dalla sua risata che mi addormento.

Correre.

Devo correre.

La nebbia si fa sempre più fitta e l'uscita da questo maledetto bosco, sempre più lontana.

Sono certa di essere già stata qui, ma quando?

Una figura sinistra, un'ombra oscura dal volto indistinguibile, si fa largo tra la foschia per raggiungermi.

È il panico. Le gambe non mi rispondono, vorrei correre ancora, lontano, ma sono paralizzata.

Quell'uomo...

Non ne vedo i tratti, ma ho la sensazione di conoscerlo.

Vuole farmi del male... nel bosco, lui mi farà del male.

No. È già successo!

È un sogno... questo è un sogno!

Troppe volte ho visto questo bosco e questa nebbia, ormai ho la certezza che non sia reale, ma allora perché non riesco a svegliarmi.

«Sei nata per distruggerli.»

Una voce dal buio più profondo si leva, ma non vedo nessuno, persino l'uomo non c'è più. Sono sola. Mi guardo intorno e non vedo altro che grigio opprimente.

«Chi sei?» Grido.

«Non fidarti di loro. Sei nata per ucciderli. Tutti, Ratri.»

«Come sai il mio nome? Chi dovrei... io non... » incespico.

È solo un sogno, è solo un maledetto incubo.

Ma chi dovrei distruggere? Io? Perché?

Tutto questo non ha senso.

«Ehi!» di nuovo grido, ma non ottengo risposta. Provo a muovermi e riesco a fare qualche passo, tuttavia nessuno è nelle vicinanze, come se la voce aleggiasse e provenisse direttamente dal bosco.

«Non ho abbastanza tempo, tornerò. Non fidarti.»

«Dove sei?»

«Bestiolina, cercavi me?»

Mi volto di scatto e lo vedo, in piedi dietro di me, serafico e con i lineamenti perfettamente distinguibili. Nei sogni lui è sempre perfetto, come se fossi sveglia.

«Sei qui, ma... mi chiedo perché...»
Perché ho la sensazione che ora andrà tutto bene?

«Oh, beh, lo hai scritto tu, bestiolina, che ti salvo dai tuoi incubi e sono l'incubo del tuoi risvegli. Perciò perché non approfittare del mio attuale ruolo?»

Allarga le braccia e poiché so essere solo un sogno, mi lascio andare senza vergogna. Tra quelle braccia io mi rifugio, mentre intorno a me il paesaggio cambia. Non esiste più quel bosco, ogni volta che Veicht è con me tutto cambia. È come se fosse lui a portarmi la pace e portarmi ogni volta in un luogo diverso, ma sempre assolato, caldo, pacifico.

Questa volta siamo su una spiaggia tropicale. Posso sentire i raggi del sole sulla pelle, come mi scaldasse davvero.

Alzo la testa per guardare il mio salvatore. La sua mano mi sfiora le guance che anche nel sogno percepisco arrossate.

«Il corpo non mente, bestiolina.»

Mi fa sorridere e la sua voglia di scherzare accentua la mia.

«Non sono convinta che sia una buona notizia che tu sia qui, sai?»

«Oh, davvero? Allora baciami e togliti il dubbio.»

Non importa se è una finzione, non m'importa se domani mattina mi sveglierò frustrata, voglio godermi questo momento. Mi alzo sulle punte e avvicino le labbra alle sue e me ne impadronisco con più foga di quanto immaginassi.

Nella realtà ne ho avuto un vero assaggio, ma è solo nei sogni che mi è concesso riviverlo.

Mi stringe a sé ricambiando con la stessa intensità. Entrambi affamati dell'altro facciamo vagare le mani sui nostri reciproci visi come se la vicinanza che abbiamo non bastasse e volessimo assicurarci che nessuno dei due si tiri indietro.

Non lo faremo...

Io non voglio svegliarmi e lui è... frutto della mia immaginazione.

Finché durerà questo sogno, può prendersi le mie labbra e ogni mio respiro.

Finché non mi sveglio ci apparteniamo.

Ciao a tutti, come state?

Siamo arrivati finalmente all'ultima parte. Mi dispiace avervi fatto aspettare tanto, ma ho meno tempo di prima da dedicare alla scrittura...

Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto, ci sono un po'di cosine che sono successe e vorrei sapere cosa ne pensate della strana voce che Ratri ha iniziato a sentire.

Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto con un commento e una stellina, io vi mando un besito e ci vediamo presto con una parte extra molto interessante ;)

Besitosss

Hell♡

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