Capitolo 22 Questione di fiducia (Parte seconda)
ALANORA
Fatico a posizionarmi seduta, data la velocità con la quale quel pazzo guida. Vengo infatti sballotata da una parte all'altra dell'abitacolo a causa delle sterzate brusche che effettua a ogni curva.
In trappola, come un topolino chiuso in una gabbia con un famelico predatore, ho difficoltà a capire le motivazioni di questo suo gesto.
Possibile sia per quello che ho detto?
Che Veicht sia permaloso è risaputo, ma non fino al punto di reagire così.
«Ehi, ma cosa...»
«Non è ovvio? Ti ho rapita.»
Sbarro gli occhi alla sua dichiarazione che per me non ha alcun senso.
«N-non puoi farlo, insomma...»
«Sì, posso, e l'ho fatto.»
Riesco ad alzare la testa e dallo specchietto retrovisore vedo il riflesso del nulla. È inquietante. Pare che alla guida non ci sia nessuno, ciò contribuisce a dare alla situazione una connotazione sempre più sinistra.
«Ma perché?»
La voce suona acuta, impanicata ed è così, la sono. Brividi di caldo e freddo mi pervadono, le viscere si contorcono come volersi unire tutte insieme in un unico ammasso organico in procinto di implodere.
Non ricevo alcuna risposta, solo un'altra sterzata, la cui potenza, mi fa sbattere contro la portiera destra. Emetto un mugolio di dolore, al quale segue un ghigno soddisfatto da parte del bastardo alla guida.
Prosegue per qualche altro minuto, durante il quale vige un silenzio tombale, poi ferma l'auto ed è solo in quel momento che riesco ad alzarmi per vedere dove mi ha portata: nel bel mezzo del niente. Uno spiazzo a ridosso di una fitta boscaglia, ma questa zona di Aima non la conosco. Ho perso l'orientamento.
La portiera posteriore si apre.
«Esci, muoviti!» Ordina serio.
«Non ci penso nemmeno!»
Ma ribattere è inutile, mi afferra per le caviglie e, nonostante i calci che provo lanciargli, mi fa scivolare lungo i sedili per poi afferrarmi per un braccio e tirarmi fuori con la forza.
«Lasciami!» Gli urlo contro dimenandomi. Sembra ascoltarmi in quanto mi libera, ma la mia è solo un'illusione. Con un breve cenno del mento, indica il bosco alle mie spalle.
«Cammina!»
«Non vado da nessuna parte se non mi spieghi.»
La spavalderia che ostento è una finzione. Condizionata dalle ultime gesta che ha compiuto, ho seria difficoltà a restare sola con lui.
«Bene. Ti lascio decidere se camminare da sola, o essere trascinata per i capelli.» compie un passo e d'istinto ne faccio uno indietro, poi porta il dorso della mano all'angolo della bocca e sussurra «Credo ti convenga camminare.»
Soffoco la mole di parole che si raggruppano in fondo alla gola. Non so quanto la sua minaccia sia reale o un semplice bluff, ma il terrore che provo non mi consentono di dar voce ai pensieri.
Sbuffo, fingendomi solo scocciata e inizio a camminare nella direzione che mi ha indicato. Ogni passo che compio è lento e pesante, sovraccaricare da paura e incertezza.
Ad aggravare lo stato d'animo già compromesso è il fischiettare sinistro del biondo alle mie spalle. Inquietante, mi deconcentra, infatti ho difficoltà a camminare e pensare contemporaneamente, per colpa sua.
«Alanora, stai attenta. Non vorrei che inciampassi e ti ferissi. La situazione potrebbe diventare, come dire, più spiacevole per te.»
Mi blocco sul posto impietrita. Mi volto per capire a quale distanza sia ed è proprio dietro di me. Sussulto e il cuore sembra schizzarmi fino alla gola, mantengo l'equilibrio per pura fortuna.
«Non ti ho detto di fermarti.»
«Per quanto ancora devo andare avanti?»
Mi rivolge un breve sorriso che ha del malefico.
«Continua!» Ordina e per marcare il concetto, mi mostra gli occhi rossi. Gli do le spalle, serro gli occhi per riprendermi dallo shock. Non voglio dargli la soddisfazione ufficiale, anche se so bene che sente i battiti accelerati.
Proseguo dritta davanti a me. Il bosco si infittisce, la vegetazione in questa zona è cresciuta libera e senza imposizioni, con la sola logica e arte di cui la natura è capace. Sposto qualche frasca o ramo pendente, mentre continuo a camminare, facendo attenzione alle radici sporgenti degli alberi lungo il percorso.
Tuttavia, la mia attenzione, non può ricadere sulle bellezze e i suoni che questo posto, in altre circostanze può regalare. Nelle tempie sento il pulsare incessante del sangue. Ogni passo che compio mi allontana dalla strada, dalla sicurezza e mi avvicina all'ignoto.
Arrivo in una zona in cui gli alberi si diradano, lasciando spazio a una sorta di radura che, come un punto di ripartenza, pretende venga fatta una scelta.
Con il cuore palpitante mi volto verso il vampiro, e ciò che vedo mi getta in confusione: si sbottona con naturalezza la camicia. Distolgo lo sguardo e ignoro il suo gesto che mi provoca imbarazzo.
«Da che parte devo andare?» Gli chiedo schiarendomi la voce.
«Qui va benissimo.»
Mi guardo intorno senza capire cosa voglia fare.
Uccidermi?
Forse il sangue gli ha dato alla testa e ha perso quel briciolo di umanità che gli rimaneva. Forse non ragiona più e ha deciso di far fuori tutti quelli che considera o una minaccia o che semplicemente non gli piacciono. O forse...
Non so più cosa pensare, impanicata, non riesco a muovermi, sono così rigida come se avessi i piedi incrementati nel suolo.
«Spogliati!»
Un altro ordine. Spalanco occhi e bocca con la minima speranza di aver capito male.
«C-cos'hai detto?»
«Alanora hai sentito benissimo, non rendere le cose più difficili. Da brava, levati i vestiti.»
La voce è tagliente come una lama che ha già squarciato gli abiti che indosso. Con una semplice, ma oscura frase, mi ha messa a nudo. Rabbrividisco. Il corpo ricomincia a muoversi, ma sul posto, pervaso da tremiti che lo scuotono.
«Non capisco.»
«È molto semplice, adesso, io e te, faremo sesso.»
D'istinto mi lascio andare a una risata nervosa.
«Stai scherzando, vero?»
Mi si avvicina, mentre fa scivolare la camicia lungo le braccia e la lascia cadere al suolo. L'espressione seria, quasi sorpreso della mia domanda.
«Alanora, sul sesso non scherzo mai.»
Non ha senso ciò che dice, perché dovrebbe fare una cosa del genere?
Tuttavia, compie altri passi nella mia direzione e il panico mi travolge. Se è davvero serio devo scappare da qui. In un impeto di adrenalina, gli do le spalle e inizio a correre più veloce che posso in una direzione non ben definita. L'obbiettivo è quello di raggiungere il bosco, o un posto sicuro, anche se questo non esiste, qualunque luogo è più sicuro che restare alla mercé del vampiro.
A un passo dall'agognata libertà, però, Veicht mi appare davanti e realizzo quanto sia stata incosciente e inutile la fuga. Truce in viso, gli occhi gli diventano rossi.
«Alanora, così non va.»
Tento un passo indietro, ma vengo afferrata per i capelli. Il dolore è atroce e cerco di attenuarlo con le mie mani, ma è impossibile, la stretta del vampiro è troppo forte. Il tempo di lasciarmi andare a un urlo soffocato che lui reagisce e con violenza mi sbatte al suolo. Riesco ad attutire la caduta con le mani e grazie al fogliame non riporto lesioni, anche se la botta mi lascerà di sicuro un ematoma. Tuttavia, non è certo questo a preoccuparmi. Veicht mi volta faccia al cielo e m'immobilizza le mani sopra la testa. Scalciare è inutile, in quanto, si posiziona sopra di me senza darmi alcuna via di uscita.
«Non rendere le cose più difficili.»
Non può essere vero, non può farlo...
Muovo il bacino nel vano intento di sottrarmi a lui, ma è solo uno spreco di energie. Sono in trappola.
«Lasciami andare...»
Suona come una supplica e, in fondo, lo è.
«E perché dovrei, ora arriva il divertimento.»
La sua mano gelida percorre la linea precisa della mia gamba fino a fermarsi alla coscia. Affonda le dita nella carne e il suo tocco sa di morte e disperazione, o forse questo è ciò che provo dentro.
Sì, mi sento morire. Accaldata dal terrore che spinge il cuore a pompare più sangue, il freddo che sento è maggiore rispetto al normale. È lui che mi provoca tutto questo.
La situazione peggiora quando avvicina il viso al mio.
Volto la testa di lato, non riesco a guardarlo in faccia, incredula su ciò che sta per fare. Mi annusa come farebbe un animale, credo che più dell'odore della pelle, ciò che lo ecciti sia l'odore della paura, e la mia in questo momento permea l'aria.
«Smettila!» Urlo disperata, mentre continua a palparmi la coscia.
«Mh, facciamo un giochino, Al» propone, ponendo fine a quel disgustoso contatto.
Il tono è morbido, ma nasconde qualcosa di malvagio, tuttavia mi costringo a guardarlo. Forse, se lo assecondo, ho una via d'uscita.
«Io ti farò delle semplici domande e tu risponderai.»
«Tutto qui? Poi mi lasci andare?»
Ho la voce rotta per un pianto isterico che continuo a trattenere, solo per non dargli ulteriore soddisfazione.
«Non ho detto che ti lascerò andare, ho solo detto che faremo un gioco. Ma se rispondi correttamente ci saranno dei benefici. Allora, ci stai?» Chiede con un tono mellifuo.
Non ho molta scelta, ma forse in questo modo riesco a prendere un po' di tempo.
«Sì...»
L'incertezza si palesa nella risposta che gli rivolgo, ma come posso essere più sicura? È impossibile nella situazione surreale in cui mi trovo.
«Molto bene, Alanora. Prima domanda: mi pare di capire che le mie attenzioni non siano gradite, è corretto?»
Deglutisco. Credo sia ovvio, tuttavia ho difficoltà a dire la verità. Lui se ne rende conto.
«Devi rispondere con onestà, altrimenti non vale.»
«No, non lo sono e credo tu lo sappia.» Sputo fuori i pensieri senza un freno, ma lui non sembra offendersi, anzi sorride, ma quel sorriso cela del sinistro sarcasmo.
«Ottima risposta, perciò...» fa una breve pausa e riporta la mano sulla mia coscia, sfiorandola con le dita. «Se la mia mano andasse... più in su... »
Brividi di freddo e terrore tramutano la mia pelle in una superficie ringrinzita. Di nuovo tento di divincolarmi senza successo e a questo punto non riesco più a trattenere le lacrime che iniziano a scorrere lungo le guance senza freno.
«Mh, non ti piacerebbe, vero?»
«No!» Urlo isterica. Il ghigno malefico che ha sul volto si intensifica e ho l'impressione di vedere un luccichio attraversagli gli occhi. Mi guardo intorno come se cercassi un aiuto che però non arriverà.
«Sono curioso di sapere i tuoi pensieri, Alanora, io non ho il privilegio di questo potere, come i miei fratelli, perciò deliziami.»
Non riesco a rispondergli, ho la gola secca e la lingua allappata dall'amaro del disgusto che ho per lui.
«Se non rispondi allora continuo.» sussurra contro il mio orecchio, muovendo le dita in una pericolosa ascesa verso l'interno coscia.
Spalanco gli occhi e gli urlo contro:
«Penso che mi fai schifo!» lo guardo dritto negli occhi. Piango ancora, ormai non importa. Penso a Blazej, a quanto sia ignaro del mostro che ha in casa. Penso a quanto lo amo e quanto vorrei che fosse qui a salvarmi da questo schifo. Credevo che Veicht tenesse a lui, ci credevo davvero e invece è capace di dare questa doppia sofferenza sia a me che a lui.
«Oh, ti faccio schifo. Interessante. Perciò, se adesso mi slacciassi i pantaloni e affondassi il mio cazzo dentro di te, ti farei ancora più schifo, giusto?»
La sua espressione è più seria, come se davvero pretendere una risposta che a me pare ovvia. Ho paura, estrema paura. La mente ovattata, non riesco più a pensare a niente, vorrei solo che questo supplizio finisse.
«Ti prego non farlo...»
Suppichevole, mi sottometto e metto da parte l'impeto battagliero che da sempre mi contraddistingue. Mi ha demolito l'anima e, se proseguirà nelle sue intenzioni, mi ucciderà. Non fisicamente, forse, ma di sicuro sarò morta dentro... per sempre.
«E se lo facessi,invece, Alanora, cosa penseresti dopo di me?»
«Che...»
«Che?» m'incalza. Ho il cuore in gola. Il viso a un palmo dal suo, non voglio mi baci, non voglio mi tocchi.
«Vorrei...» Il cuore pompa ad alta velocità, ho timore possa scoppiare da un momento all'altro.
«Alanora, rispondi. Se ti violassi qui e ora, dopo che cosa vorresti...»
Che cosa potrei volere se non mi rimarrebbe nulla...
«Rispondi, cazzo! Cosa meriteri?»
Prendo fiato, chiudo gli occhi...
«Alanora!»
«La morte!» Urlo con tutte le mie forze. «Meriteresti la morte...»
Il suo viso si rilassa e la presa che ha sui miei polsi si allenta fino a liberarli. Si alza di scatto e recupera la camicia, la infila, mentre io mi metto a sedere confusa. Massaggio le zone che sono state rinchiuse nella sua morsa, mi fanno male tanto era forte la presa.
Mi resterà il segno?
Lo osservo guardinga, ancora incredula di essere libera. Non mi fido, non so cos'altro abbia in mente.
«Bene, bene. Quindi ricapitoliamo...» abbottona la camicia con lentezza, mentre torna verso di me. Non mi muovo, anche se l'istinto sarebbe quello di scappare, ho già avuto prova che sarebbe inutile. «Se io ti facessi del male, meriterei la morte, ma se io uccido il bastardo che ha cercato di stuprare Ratri, il mostro sono io. Spiegami la tua logica, piccola strega, perché davvero non la capisco.»
Ascolto il discorso e, d'un tratto, realizzo ciò che ha fatto. Mi alzo in piedi e strillo:
«Tu sei malato. Tu hai dei grossi problemi!»
«Alan...»
«No, zitto! Ma come ti è saltato in mente. Potevi parlarmi come tutte le persone civili. Ho creduto davvero che volessi... Dio, se ci penso... »
«Mi lasci...»
«Fanculo! No. Non toccarmi mai più.»
Non lo lascio nemmeno iniziare una conversazione, lo supero e me ne vado senza voltarmi.
Ciao a tutti, come state?
Capitolo molto intenso, ma avremo ancora una parte oltre a questa. Speravo di finire con questo, ma è impossibile, sarebbe diventato eccessivamente lungo.
Allora, voi che ne pensate del comportamento di Veicht? Avete capito bene cos'ha fatto?
Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto con un commento e una stellina. Io vi mando un besito e ci vediamo prestissimo con la terza e ultima parte di questo capitolo che ha ancora parecchio da dire ;)
Besitosss
Hell♡
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