Capitolo 2 Un nuovo inizio
RATRI
Sono all'aeroporto nervosa e ansiosa. Odio volare, ho paura delle turbolenze e, soprattutto, ho paura che quell'affare di ferro precipiti da un momento all'altro, ma questo è l'unico modo per raggiungere Aima e ormai non posso più tirarmi indietro. Ho deciso di trasferirmi e di lasciare per sempre quella che per anni è stata casa mia.
Il motivo della mia partenza?
La morte dei miei genitori un anno fa. Avevo solo loro, nessun fratello o sorella, la mia vita quel maledetto giorno di luglio è cambiata per sempre. Erano in vacanza in Nepal e io avevo deciso di non andare; quella sera il loro albergo venne preso d'assedio da una decina di terroristi che seminarono panico e morte nelle zone più ricche della città. Purtroppo i miei genitori si trovavano a cena nel ristorante dell'hotel, il quale saltò in aria a causa di una bomba. L'unica cosa che mi consola è sapere che non hanno sofferto, poichè sono morti sul colpo a causa dell'esplosione.
Destino o Fortuna la mia?
Non lo so, eppure mi sento in colpa, loro sono morti e io sono ancora viva solo perchè ho scelto di rimanere a casa da sola e ora, sola, rimarrò per sempre. Ho provato ad andare avanti, ma tutto in quella casa e in questa città mi ricordava il fatto che loro non ci fossero più. Con il cuore infranto, quindi, ho deciso di cercare un luogo in cui ricominciare da capo.
Le mie ricerche sono cominciate circa sei mesi fa. Non avevo un'idea precisa su dove andare, cercavo solo un posto tranquillo e il più lontano possibile da tutto e tutti. Nulla mi convinceva o spingeva a partire finchè un giorno, non so come, mi sono imbattuta in un annuncio alquanto strano.
"Offresi vitto e alloggio in cambio di un piccolo aiuto in casa. Cordiali saluti, Famiglia Andrews."
L'annuncio era semplice e scarno, non c'erano grosse spiegazioni, ma in fondo al messaggio c'era correlato un link e, quando ho cliccato sopra, mi sono convinta in tutto e per tutto a partire. Mi si è aperta una pagina che mostrava la città in cui mi sarei dovuta trasferire se avessi accettato. Aima si presentava come una cittadina immersa nel verde su un'isola a largo delle coste del Mediterraneo chiamata Neazoi.
Le foto erano davvero pazzesche, la città sembrava molto piccola, ma pittoresca. Ho fatto poi delle ricerche per conto mio, non ne avevo mai sentito parlare, ma da quello che ho letto si trattava di un'isola molto piccola situata nel mar Mediterraneo. Il nome è greco, ma non ho trovato nulla circa la sua storia.
Mentre leggevo le poche informazioni, avevo come l'impressione che questo luogo, nel tempo e nello spazio, avesse in qualche modo mantenuto la sua autonomia e la sua "privacy" in modo da poter esistere, ma senza essere visto.
Era il posto che faceva per me !
Perciò mi sono messa subito in contatto con quella famiglia. Ci siamo scambiati diverse mail, l'uomo che le mandava si firmava Michey Andrews. È stato cordiale, disponibile e sembrava fin troppo sicuro che io avrei accettato la sua offerta.
Beh, in effetti spero davvero di trovare un accordo con lui e accettare in modo da non fare un viaggio a vuoto, perchè non saprei proprio dove altro andare.
Qundi eccomi qui, pronta all'imbarco. Oddio, pronta non proprio, ma saranno poche ore di volo e credo di poter resistere senza andare nel panico... forse, spero.
Che ansia!
Prima di arrivare al gate, volgo lo sguardo un'ultima volta dietro di me, sospiro, chiudo gli occhi e mando un bacio ai miei genitori. Forse un giorno tornerò solo per portare un fiore sulle loro tombe, ma per il momento voglio solo ricominciare e se rimanessi qui l'unica cosa che continuerei a fare sarebbe piangermi addosso e penserei solo a quello che ho perso e che non potrò più riavere.
Devo essere forte, anche se questa sarà la prima volta in assoluto in cui dovrò cavarmela da sola. Nessuno che mi aiuterà e nessuno che sarà lì per me nei miei momenti di sconforto a darmi un consiglio oppure una carezza.
Questo pensiero mi fa piangere, ma trattengo le lacrime e le ricaccio indietro per quanto mi sia possibile. Devo farmi coraggio e andare avanti.
Il volo grazie al cielo è durato davvero poco e senza nessuna turbolenza, forse le mie preghiere a tutti i santi del paradiso hanno funzionato. Non appena esco dall'aeroporto mi ritrovo immersa nel verde; siamo a qualche kilometro da Aima e devo sbrigarmi ad arrivare in città: Michey Andrews mi aspetta all'ora di pranzo e non ho intenzione di farlo aspettare. Voglio fare una buona impressione, in fondo questa persona mi sta mettendo a disposizione un pezzo di casa sua.
Prendo un taxi che mi accompagnerà senza deviazioni a casa degli Andrews. Sono un po' nervosa e forse, nella mia decisione di venire a vivere qui, sono stata un po' precipitosa, ma avevo bisogno di scappare dai ricordi.
Durante il viaggio in taxi mi godo a pieno il paesaggio verdeggiante, ma in lontananza si vede il mare. Avevo letto che c'è una spiaggia cittadina e non vedo l'ora di visitarla. Siamo quasi a destinazione, il taxi guida lungo un viale alberato in salita. A quanto pare gli Andrews non abitano in centro, bensì in una zona boschiva.
Volevi un posto lontano da tutti? Eccoti servita, Ratri.
Quando arriviamo all'indirizzo che il signor Andrews mi ha dato, rimango a bocca aperta. Scendo dal taxi e mi ritrovo davanti un grosso cancello in ferro battuto dietro cui si estende un enorme parco, ma quello che mi fa strabuzzare davvero gli occhi è l'imponente villa vittoriana che intravedo ergersi tra le folte fronde degli alberi all'interno del parco.
Incredula, cerco la mail in cui Michey Andrews mi comunicava l'indirizzo di casa sua e controllo più volte che sia giusto. Siccome è l'unica abitazione nei paraggi e il numero civico coincide con quello che mi è stato inviato, ho la piena certezza di non essermi sbagliata.
Mi avvicino titubante al cancello, i pilastri ai lati di esso sono in muratura sormontati da due corvi di pietra.
Decisamente inquietante.
Deglutisco e mi faccio coraggio. Il cancello è aperto quindi mi basta spingerlo per entrare. Cigola e questo dà vita a uno stupido e tetro cliché. Scuoto la testa, non posso lasciarmi impressionare da questo, anche se ammetto di aver sentito uno strano brivido percorrermi la schiena.
Sorpassato il cancello, mi trovo davanti tre vialetti uno dei quali, l'unico asfaltato, porta alle scale che conducono alla villa. Non mi soffermo a capire dove portino gli altri due che, al contrario, sono entrambi sterrati. Voglio arrivare in orario e non mi sembra il caso di curiosare in giro. Più che altro, continuo ad avere questa strana sensazione sulla pelle che mi dà ai brividi. Mi sento osservata!
So che di sicuro è solo suggestione, ma non posso far a meno di voltarmi per guardarmi intorno. Mi consola il fatto che sia giorno, altrimenti sarei molto più spaventata. Sposto i miei occhi lungo tutto il parco; il sole si riflette sulle fronde degli alberi e questo rende il colore delle foglie di un verde acceso. Cerco con lo sguardo qualcuno, ma non c'è proprio nessuno qui.
Calmati Ratri, non c'è nulla di cui aver paura.
Me lo ripeto più volte nella testa nella speranza che questa sensazione sparisca, ma ciò non accade quindi affretto il passo.
Mi avvicino alla porta, ma non trovo nessun campanello. Noto però che ci sono due battenti in ferro; non ho scelta devo bussare in questo modo e prego affiché la porta non si spalanchi da sola, perché potrei mettermi a urlare. Infilo la mano negli anelli, deglutisco, mi faccio coraggio e infine batto tre colpi.
Aspetto qualche secondo che, data la mia agitazione, sembrano un'infinità, poi i cardini cigolano.
Ti prego, fa' che ci sia una persona dietro e non il nulla.
Incrocio le dita per scaramanzia, ma quando vedo la figura solenne di un uomo dietro la porta tiro un sospiro di sollievo.
Mi sorride benevolo, ma la prima cosa che noto è la maniera in cui è vestito che mi lascia interdetta.
Di certo non passa inosservato.
Lo stile credo che sia quello steampunk: una camicia con le maniche larghe a sbuffo e un gilet doppio petto nero sul quale è appesa una catenina d'oro che termina all'interno della tasca, potrebbe essere un orologio da taschino.
Gli sorrido anche io per non far capire quanto il suo stile mi abbia colpita. In realtà mi piace anche se molto eccentrico, ma io sono un'amante delle persone fuori dalle righe.
Lui si avvicina con le braccia spalancate a dare il benvenuto, è molto alto e ben piazzato. Ha dei lunghi capelli castani che gli ricadono lungo la schiena e un paio di occhi grigi e penetranti. Il suo viso ha tratti armonici che rasentano la perfezione in un innegabile contrasto con l'imponenza della sua stazza e l'aura di potere che sembra emanare.
«Miss Ratri, immagino.»
«Sì, buongiorno.»
Allungo una mano verso di lui, ma invece di strigerla, la porta alla bocca e la bacia. Non me lo aspettavo, è senza alcun dubbio galante e mi fa sorridere.
«Splendido, io sono Michey Andrews, entra e diamoci del tu. Seguimi, ti ho preparato il pranzo, immagino sarai affamata dopo il viaggio.»
È molto gentile e... giovane. Credevo di trovarmi davanti un uomo di mezza età, invece credo che non abbia nemmeno trent'anni. Mi ero fatta un'idea sbagliata, ma questo mi porta a pormi una nuova domanda: con chi dovrei convivere di preciso?
Non appena metto il primo piede dentro casa, rimango a bocca aperta e non riesco più a fare mezzo passo tanto è il mio stupore.
Davanti a me si erge un'imponente arcata dalla quale si accede alla maestosa scalinata in legno massello rivestita da un tappeto persiano. Ai lati dell'arcata sono poste due applique a forma di candelabro. Tutte le pareti sono rivestite dal legno e ornate da quadri con cornici dorate.
Michey si schiarisce la voce e mi fa cenno di seguirlo. Apre una porta che si trova sul muro adiacente alla scalinata e mi mostra la sala da pranzo. Un lungo tavolo in mogano è disposto lungo la stanza e allestito a banchetto. C'è davvero troppo cibo per due persone sole, ma forse il resto della famiglia si unirà a noi.
«Non sapevo cosa ti piacesse, indi per cui ho preparato un po' di tutto.»
Spalanco gli occhi incredula, questa roba è davvero tutta per me?
È stato gentile, perciò evito di fargli notare di aver cucinato per un intero reggimento, ma in fondo penso che lo abbia fatto perchè ci tiene a fare bella figura, anche se ha esagerato un po'. Sorrido a questo pensiero, credo che anche lui sia un po' agitato.
Mi avvincino al tavolo intenta a spostare una sedia, ma Michey mi precede e mi aiuta ad accomodarmi.
Sono finita in un romanzo dell'ottocento e non me ne sono accorta?
Il suo modo di fare galante mi piace, ma non sono abituata quindi lo trovo anche piuttosto strano. Tuttavia, a giudicare dal suo aspetto eccentrico, immagino che per lui questa sia la normalità.
Forse ha ricevuto un qualche tipo di educazione particolare che prevedeva anche l'etichetta.
Fatto sta che mi sento in imbarazzo, spero che non giudichi il mio modo di stare a tavola o qualsiasi altra cosa che preveda il galateo perchè non ne so niente e non ho la minima intenzione di impararlo proprio ora.
Mi si siede accanto e sento il peso dei suoi occhi grigi su di me. Ho lo stomaco ancora chiuso per l'agitazione, ma per educazione prendo uno dei panini che ha preparato e lo addento con delicatezza. In realtà credo che mi tremino le mani, non mi è mai capitata una situazione del genere.
Non so cosa dirgli e in certo senso mi intimorisce, ma dal momento che la sua bocca si inarca in un ampio sorriso mi tranquillizzo un pochino.
«Allora dimmi, Ratri , è andato bene il viaggio?»
«Oh, sì, è stato... tranquillo, quel coso non è caduto quindi direi che è andato tutto bene.»
Quando sono agitata spesso parlo a sproposito, ma il mio commento gli strappa una risatina sommessa.
«Mi pare di comprendere che non ami volare.»
«No!» Rispondo con sicurezza e scuoto la testa, mentre ripenso al volo e a tutte le preghiere che ho fatto in quelle due ore e mezza.
«Ti svelo un segreto, nemmeno io amo molto prendere quel "coso", per cui, mia cara, spero che ti troverai bene qui con noi, in modo tale che tu non debba più prendere alcun aereo.»
Oh, lo spero anche io.
Per quanto ami il fatto che abbia stemperato un po' la tensione, ho bisogno di andare al nocciolo della questione e capire cosa intende lui per "piccolo aiuto in casa ".
«Di preciso io cosa dovrei fare per guadagnarmi la stanza?»
Mi sorride e si inumidisce le labbra prima di parlare.
«Siamo tre fratelli maschi e abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti a gestire la casa, diciamo che una mano in più ci fa comodo, non pensare di essere venuta per farci da servitù.»
Questa casa è enorme ci credo che non riescano a gestirla, ma prima che possa parlare Michey prosegue il suo discorso.
«Inoltre, abbiamo qualche problemino nel far funzionare la lavatrice.»
Cerco di trattenere una risata con scarso successo.
«Sì, lo so cosa pensi, siamo grandi e grossi, ma proprio con quell'aggeggio non ci sappiamo disbrigare.»
Questa volta non mi trattengo e scoppio a ridere.
«Scusami, scusami davvero.»Dico mentre mi schiarisco la voce per non sembrare troppo maleducata.
«Non scusarti, ma ti prego, dimmi che accetterai di aiutarci.»
Me lo chiede quasi implorante mentre prende la mia mano nelle sue.
Prima, forse per l'agitazione, non avevo fatto caso che fossero tanto fredde, ma non mi ritraggo anzi poso l'altra mano sulle sue e mi avvicino.
«Siete davvero così disperati?»
Sono ancora piuttosto divertita riguardo le loro difficoltà.
«Oh, Ratri, non immagini quanto.»
Non sono convinta di voler vivere con tre uomini adulti, ma per il momento non ho altre alternative perciò non mi resta che accettare la sua offerta.
Michey mi sorride soddisfatto e deposita un altro bacio alla mia mano. Se anche gli altri membri della famiglia sono così gentili credo che qui mi troverò bene.
«Ti mostro la cucina.»
Si alza e mi tende la mano, la prendo e mi fa strada verso una porta nella sala da pranzo da cui si accede alla cucina.
Questa è piuttosto piccola. Mi aspettavo una cucina enorme o un frigo a due ante che contenesse cibo per tre ragazzi affamati. In compenso la dispensa è davvero colma di cibo.
«Puoi mangiare e cucinare quello che vuoi, Ratri, e se hai bisogno di qualcosa scrivi una lista, te lo farò avere.»
«Se mi dici cosa vi piace posso cucinare per tutti.»
All'improvviso si fa serio, sembra imbarazzato. Passa le sue dita affusolate tra i lunghi capelli e mi guarda costernato.
«Perdonaci, Ratri, ma abbiamo orari un po' sballati a causa dei nostri reciproci impegni e i ragazzi cenano spesso fuori.»
Annuisco, ma in realtà mi secca molto l'idea di pranzare e cenare da sola. Non voglio darci peso, questa è una cosa a cui farò l'abitudine e poi è una preoccupazione in meno, avrò già a che fare con le pulizie di questa immensa villa, se avessi anche avuto il compito di cucinare forse sarebbe stata più pesante la mia vita qui.
«Se mi permetti vorrei mostrarti la tua stanza.»
Annuisco di nuovo e mi accompagna al piano superiore. Mi fermo un secondo sul pianerottolo per osservare l'enorme finestra in vetro colorato dal quale filtra la luce. Non mi aspettavo che la casa fosse tanto luminosa, dall'esterno non sembra, anzi ho avuto l'impressione che fosse piuttosto cupa.
Beh, non si giudica un libro dalla copertina.
Saliamo al primo piano, le camere sono disposte lungo un corridoio e la mia, a quanto pare, è lontana da tutte le altre, lo capisco dalla direzione che prende Michey.
Sorrido come una bambina nel vedere quanto sia maestosa e principesca. Le pareti sono rosa antico e c'è un grosso letto matrimoniale con un copriletto sontuoso decorato con pizzi e merletti. Sulla sinistra c'è un'altra porta; guardo Michey e, dopo aver indicato la porta con l'indice, lo interrogo con lo sguardo.
«Quello è il tuo bagno privato, avrai la tua privacy, Ratri.»
Vicino alla porta del bagno c'è una toeletta in legno con delle rifiniture in ferro e con lo specchio girevole. È tutto perfetto, ma lo specchio è girato al contrario. Questa cosa mi fa sorridere.
Perfezionisti fino a un certo punto.
Di fronte al letto c'è una scrivania in legno antico e accanto una grossa libreria. Infine guardo la porta finestra che dà su un balcone, la cui ringhiera è in marmo.
Questi ragazzi sono ricchi sfondati e da una parte penso di essere stata fortunata a venire qui; nemmeno nei miei sogni ho mai immaginato una stanza simile.
L'ultima cosa a cui rivolgo l'attenzione è il quadro sopra il letto. Raffigura un bosco con un fiumiciattolo che lo attraversa, è semplice, ma mi da un senso di pace e tranquillità.
«Ti piace?»
«Mi piace? Michey, stai scherzando? È perfetta e quel quadro sopra il letto è davvero bellissimo.»
«Mio fratello Blazej ne sarà felice.»
«Lo ha fatto lui?» Chiedo sbalordita.
«Sì, ha un grande talento, anche se sembra dimenticarsene spesso.»
Non vedo l'ora di conoscerlo e fargli i complimenti di persona.
Michey sembra essersi perso nei suoi pensieri. Ne approfitto per osservarlo meglio. Ha delle dita lunghe e affusolate sulle quali indossa una moltitudine di anelli, tutti molto grossi ed eccentrici.
Per quel che mi riguarda li adoro, anche io ne ho tanti e nemmeno i miei sono i classici anelli che indosserebbe una ragazza.
«Mi piacciono i tuoi anelli.» Gli dico sincera e subito ho di nuovo la sua totale attenzione. Lui si guarda le mani, come se si fosse dimenticato di averli alle dita, poi mi rivolge uno sguardo compiaciuto e sorride.
«Sono cimeli di famiglia, hanno una storia lunga di secoli.»
Wow è incredibile, sarei curiosa di sapere da che epoca arrivano, ma presumo che nemmeno lui lo sappia con certezza perciò evito la domanda.
«È una bella cosa riuscire a tramandare qualcosa di generazione in generazione.»
«Sì, mia cara, lo penso anche io.»
Mi dice con fare pensoso per poi appoggiare una mano sulla mia spalla.
Provo una sensazione strana ogni volta che mi tocca o anche solo se mi soffermo a guardarlo negli occhi, mi sento come se lo conoscessi da sempre. Non so spiegare come sia possibile, dato che è un completo estraneo, ma mi infonde un tipo di fiducia che solo una persona che conosco da anni è in grado di trasmettermi.
«Ti lascio sistemare le tue cose, più tardi vorrei presentarti il resto della famiglia. Fa' con calma, quando sei pronta ti aspetto nel mio ufficio, è la porta accanto a quella della sala da pranzo.»
Lo ringrazio di tutto e una volta rimasta sola per prima cosa mi lancio sul letto che è davvero comodissimo. Fisso il soffitto e sospiro felice come se avessi cinque anni. Questa camera è davvero un sogno.
Ragazzi come state ?
Ho inserito delle immagini ditemi se secondo voi ho fatto bene o se sono d'intralcio.
Curiosità:
I nomi della città e dell'isola non sono casuali :
Aima: in greco sangue
Nea zoi : in greco nuova vita
Altra curiosità: la modalità in cui sono morti i genitori di Ratri non è casuale. È tratta da una vicenda veramente successa. Un attentato in India nel 2008, in cui successe più o meno la stessa cosa. Sono molto legata a quell'episodio per motivi personali e ho voluto rendere omaggio alle vittime e a quello splendido paese.
Fatemi sapere qua sotto nei commenti se questo capitolo vi è piaciuto.
Un besito a tutti e buona lettura 😘
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