Capitolo 16 Anįta (parte seconda)
⚠️ Il capitolo può contenere scene sensibili.
VEICHT
Abbandonata la via del fiume e proseguendo verso est tra la fitta boscaglia, finalmente giungiamo a destinazione. Certo, avremmo potuto prendere un'auto e percorrere la strada che porta al paesino, ma secondo Michey attraversare i boschi era la soluzione migliore per evitare spiacevoli incontri.
Non ero mai stato qui prima d'ora, nonostante io sappia con assoluta certezza che Michey qualche volta è tornato in madre patria. Non ha mai fatto mistero dei suoi viaggi in Romania, anche se questi non erano frequenti e non ho mai capito il motivo di tale attaccamento verso discendenti di con i quali, ormai, di sangue in comune ce n'è ben poco.
Mentre seguo in silenzio i miei fratelli, noto che molte persone al nostro passaggio si rifiugiano nelle case e si apprestano a serrare porte e finestre.
Una bellissima accoglienza.
«Michey, le persone qui ti conoscono, giusto?»
Annuisce con un suono che sembra più un ringhio di fastidio più che un'affermazione.
«E allora come mai si comportano così?» Chiedo dopo aver visto ben due anziani farsi il segno della croce dopo aver incontrato il mio sguardo.
Dio, ma non lo sanno che è una stupida diceria?
Michey indossa una collana che proviene dal periodo Tudor, ed è un enorme crocifisso che definirlo pacchiano è un eufemismo, ma se fosse vera la leggenda, sarebbe arso vivo secoli fa.
«Hanno paura, e m'incolpano per ciò che sta per succedere. Non posso biasimarli, ma è inevitabile.»
«Loro sanno...»
«Loro sanno già tutto.» taglia corto Michey.
Io non faccio ulteriori domande, anche perché si dirige a passo spedito verso una delle case presenti nel borgo. Presumo sia la dimora della famosa discendente.
Michey riesce a entrare senza alcun tipo di problema, ma io e Blazej abbiamo bisogno di essere invitati. Purtroppo questa leggenda è invece vera.
Pochi secondi dopo un uomo sulla quarantina ci porge il consenso a entrare, seppur con riluttanza. Potrebbe assomigliare in tutto e per tutto a Michey, se non fosse per gli occhi. Quelli di quest'uomo sono neri, talmente scuri che l'occhio umano non saprebbe distinguere l'iride dalla pupilla.
È incredibile cosa faccia la genetica, a distanza di non so quanti secoli è nato un uomo che potrebbe essere il gemello del suo trisavoro.
Entrati in casa, ci troviamo subito nel salotto. Questo è accogliente con le pareti dipinte di un giallo ocre. Arredamento in legno e su ogni tavolo o console è posto sopra un centrino. Insomma una classica e piccola casetta di campagna dallo stile un po'antiquato, ma tutto sommato gradevole.
Un suono alquanto fastidioso richiama la mia attenzione: è un vagito. I miei occhi si spostano sul divano, dove una donna dai lunghi capelli scuri, tiene in braccio una cosina piccola, piccola, una neonata.
E quell'affaretto lì un giorno ci distruggerà tutti, eh?
Beh, per ora è solo una creaturina bisognosa di aiuto, poi si vedrà...
Anche la donna alza lo sguardo e, con i suoi grandi occhi penetranti, mi scruta con estrema cura e poi sorride. Si alza, sistema la fascia dove tiene ben stretta a sé la piccoletta e infine viene verso di me.
«Piacere di conoscerti, Veicht, io sono Anįta.»
Mi porge la mano che, dopo un attimo di smarrimento, la stringo anche io. Non le chiedo come faccia a sapere il mio nome, perché le ipotesi sono tante. Michey potrebbe aver parlato di noi fratelli, oppure lei ha visto...
È pur sempre una sorta di strega anche lei, no?
Quello che non mi è chiaro è perchè sia venuta a presentarsi proprio a me... solo a me. Forse Blazej lo conosce già?
«Quanto tempo abbiamo?»
La voce dell'uomo che ci ha accolti mi distoglie dai miei dubbi.
«Non ne sono sicuro, ma Nae, prima vi faremo scappare meglio sarà. Stanno arrivando anche le streghe.» Risponde Michey preoccupato. A queste parole i due coniugi, si guardano e la donna inizia a scuotere la testa.
«Ci date un minuto?» Chiede Nae rivolto a Michey. Lui si limita ad annuire e tutti e tre usciamo. Il cielo, oltre a scurirsi per via dell'imminente crepuscolo, è invaso da quei nuvoloni scuri che poche ore fa sembravano solo in lontananza.
Mentre aspettiamo che moglie e marito si decidano a uscire, e scappare, davanti a noi si presenta una scena alquanto curiosa.
Tutte le shuvani si riuniscono al centro del complesso di case. Si tengono strette per mano e iniziano a intonare una litania. Ci metto un po' capire la strana figura che hanno formato nel posizionarsi. È un occhio, il loro simbolo, il loro potere.
«Che cosa fanno?» Chiedo a Michey, con la speranza che lo sappia. È solo una curiosità, ma mi affascina.
«Chiamano a protezione le antenate, tra poco questo posto sarà invaso da energie di antiche shuvani. Non fatevi percepire come pericolo, potrebbe non essere piacevole, è solo un incantesimo di protezione, ma è abbastanza potente da ricacciarci a chilometri da qui e non senza una scossetta fastidiosa in tutto il corpo. Quindi, Veicht, sta fermo e zitto!»
Grazie per la fiducia...
Ma non ho alcuna intenzione di far incazzare centinaia di shuvani pronte a mandarmi dall'altra parte della Romania con un calcio in culo. Perciò credo che rimarrò in silenzio sul serio questa volta.
Pochi minuti dopo la porta alle nostre spalle si spalanca. Ne escono Nae e Anįta la quale tiene stretta la sua bambina contro il petto.
«Siamo pronti.» Dichiara lei decisa, ma i suoi occhi arrossati tradiscono quelli che sono davvero i suoi pensieri. Non so cosa si siano detti moglie e marito, ma sui loro visi è dipinta la tristezza. Qualcosa d'intenso e straziante è visibile negli sguardi che si scambiano e nei loro gesti. Lui la tiene una mano stretta contro il suo braccio, i loro occhi si incontrano e, mentre lei si lascia andare a un pianto silenzioso, lui volge lo sguardo dall'altra parte e lentamente lascia la presa.
«Sì, siamo pronti.» Conferma Nae con la voce strozzata.
Penso che sia arrivato il momento di agire, ma non ho ben chiaro che cosa sta per succedere.
La donna da un ultimo sguardo al marito, si asciuga le lacrime e poi con un sorriso si avvicina a me.
«Io e te andremo verso ovest.»
La guardo confuso e poi mi volto verso i miei fratelli, in particolare verso Michey. Lui si limita a farmi un cenno affermativo e capisco: sarò la scorta per baby catastrofe e la sua mammina.
È da circa mezz'ora che camminiamo in mezzo alla boscaglia. Forse sarebbe stato meglio prendere un'auto o avrei potuto prenderla in braccio, avremmo di certo fatto prima, ma no. Anįta ha bocciato tutte le mie proposte più sensate.
Per fortuna la "cosetta" che tiene in braccio si è addormentata, almeno i mugolii fastidiosi quell'esserino me li ha risparmiati.
Mentre proseguiamo, il sentiero che percorriamo si fa sempre più impervio, ma in lontananza riesco a scorgere il fiume, segno che tra poco saremo fuori dal bosco.
«Andiamo, Anįta, forse tra poco saremo al sicuro.» La informo, anche per rompere un po' il ghiaccio dato che non mi ha mai rivolto parola da quando ci siamo allontanati dagli altri. Si è sempre limitata a rivolgermi un sorriso ogni qualvolta incrociavo il suo sguardo.
«No, non è così.»
La sua affermazione mi fa voltare. La trovo immobile che fissa la sua bambina.
«Dobbiamo proseguire.» La esorto, ma lei non si sposta di un millimetro.
Il vento soffia forte tra gli alberi e crea una sorta di stridulo lamento che anche alle orecchio di un vampiro appare lugubre. Alzo lo sguardo verso il cielo. È coperto, non una stella questa notte illuminerà il nostro cammino.
Di solito non sono superstizioso, ma già questo pomeriggio, mentre le nuvole nere si avvicinavano, avevo una brutta sensazione, ora questa è amplificata e il comportamento anomalo della shuvani di fronte a me, non aiuta.
Da un bacio alla bambina e poi le posa la mano sulla piccola fronte, dopodiché inizia a intonare una litania composta da parole per me incomprensibili.
«Che stai facendo?»
Non ottengo risposta. Provo a esortarla di nuovo a riprendere il passo, ma un'altra volta, niente, non si muove.
Comincio a innervosirmi e ad averne abbastanza di tutta questa situazione. Perché dovevo essere proprio io ad accompagnarla? Non poteva essere Michey? In fondo questa è la sua discendenza.
Dopo pochi minuti la sua nenia si conclude e finalmente mi degna di attenzione.
«Senti, Anįta...»
«Non ho molto tempo per spiegarti, ma devi ascoltarmi!»
La sua voce è agitata e trema. Si affretta a togliere la bambina dalla fascia e si avvicina a me.
«Prendila!» Comanda con voce ferma questa volta.
Chi io? Non ci penso proprio!
«Anįta, non mi pare una grande idea.»
Provo a rifiutare con estrema cortesia. L'idea di tenere in braccio una cosa così piccola mi da ai brividi.
«Prendila ho detto! E portarla via, non è nel mio destino stare con mia figlia, ma tu...»
«Io cosa?»
Sono sempre più confuso, ma lei, con i suoi enormi occhi m'implora di prendere la sua bambina, mentre lacrime copiose le rigano le guance.
«Io l'ho visto, Veicht, prendila, ora!»
Non appena fa scivolare la creaturina fra le mie braccia, un gemito le sfugge dalle labbra. La osservo e il suo viso diviene dapprima inespressivo per poi contorcersi in una smorfia di estremo dolore.
Subito un odore ferroso permea nell'aria, abbasso gli occhi verso il suo petto, ovvero la fonte di quel profumo e lo vedo: un enorme pugnale lo trapassa. Se non avessi preso in tempo la bambina, anche quest'ultima sarebbe stata colpita.
Sbarro gli occhi scioccato da ciò che è appena successo.
La shuvani cade a terra sotto i miei occhi. Il fogliame attutisce il colpo e il suo corpo quasi non emette rumore come fosse un fragile fiore a cui è stato spezzato lo stelo.
Mi guardo intorno per cercare di capire da chi è stato lanciato quel pugnale, tuttavia non vedo nessuno.
È impossibile, io dovrei vedere.
Faccio qualche passo in avanti pronto a scagliarmi contro qualsiasi essere abbia commesso questa atrocità, ma la voce di Anįta mi fa desistere.
«Aspetta, non andare via, non farmi morire da sola.»
È straziante la sua richiesta e allo stesso tempo pericolosa. Osservo il suo petto. Una macchia di sangue si estende e impregna i suoi indumenti. È troppo per me... non sono in grado di controllarmi.
«Anįta... il sangue...»
Cerco di farle capire che non posso proprio assecondare la sua richiesta. I miei occhi diventano rossi, non posso evitarlo, così come non posso evitare che mi spuntino le zanne.
Maledizione!
Tuttavia la shuvani non demorde.
«T-ti p-prego, avvicinati.»
Non è affatto una buona idea, ma tra il richiamo del sangue e la sua voce spezzata dal pianto, mi convinco a esaudire il suo folle ultimo desiderio.
Mi inginocchio accanto al suo corpo e lotto contro me stesso per non cedere alla tentatazione. Nulla di più complicato.
Lei alza la mano per provare a toccare la bambina, ma non riesce a raggiungerla, è troppo debole. Però, poco prima che il suo braccio ricada al suolo, lo afferro e sono io stesso a posare la sua mano sul piccolo corpicino che tengo in braccio.
Anįta mi sorride.
Hanno bisogno entrambe di questo ultimo saluto.
«H-ho a-ancora due cose da dirti.»
«Non... non parlare...»
Non so per quanto ancora riuscirò a controllarmi. Dove cazzo è Michey quando ho bisogno?
Cerco di comunicare con Blazej, penso intensamente la mia richiesta di aiuto, ma non ricevo alcuna risposta.
Siamo tutti fottuti!
«Ho perso molto sangue...»
Già, lo vedo.
Non dovrei concentrarmi sul liquido vermiglio, ma questo sgorga dal suo corpo a una velocità tale che mi è difficile pensare ad altro, mi è difficile pensare in generale.
«O-ogni goccia è una conoscenza, un'abilità, un ricordo. I-io ho un potere speciale e v-voglio... voglio fartene dono.»
Spalanco gli occhi per l'assurdità che ha appena insinuato.
«Vuoi che... vuoi che ti uccida...» Una parte di me spera di aver capito bene, l'altra, invece, spera che i miei fratelli arrivino all'istante e mi salvino, anzi, ci salvino da questa situazione.
«Ti servirà in futuro, fidati di me, ma prima che tu proceda...ancora una cosa...»
Non posso farlo, è atroce quello che mi sta chiedendo. Lei è un'innocente, abilità o meno non dovrei ucciderla.
Scuoto la testa e provo di nuovo a chiamare i miei fratelli.
«Anįta, non posso farlo!»
«Non hai scelta.» afferma e solo ora mi rendo conto di stare fissando famelico la ferita infertale dal pugnale.
C'è sempre una scelta, ma sia io che lei stiamo facendo quella sbagliata. Avvicino il viso là dove il pugnale l'ha colpita, la guardo un ultima volta e spero con tutto il cuore che qualcuno mi fermi, forse basterebbe anche solo che lei cambiasse idea. Non sono in crisi, forse riuscirei a correre a chilometri da qui e controllarmi.
Ormai è tardi...
Ma le mie speranze sono vane e, non appena incrocio i suoi occhi, lei annuisce come a volermi dare il consenso, un consenso che avrei preferito non ottenere.
A questo punto, però, non mi trattengo oltre. Per prima cosa estraggo il pugnale e dalla ferita inizia a zampillare sempre più sangue. A questo punto qualcosa in me scatta del tutto, non sono più io a comandare, ma la mia natura più oscura che pretende di essere appagata. Perciò affondo i denti nella sua carne, quello che mi sorprende è il suo silenzio. Non ha emesso mai un un grido di dolore, né quando è stata pugnalata e nemmeno ora.
Non ho mai provato così tanta compassione per un essere umano.
Nonostante abbia pochissimo sangue ancora in circolo, Anįta riesce a dirmi un'ultima cosa prima di svenire e spegnersi del tutto.
«Si chiama Ratri... non.. non lasciarla cadere.»
Non so cosa mi succeda, ma quella frase suscita in me un certo effetto e d'istinto stringo a me l'esserino.
Pochi secondi dopo che ha chiuso gli occhi, sento l'ultima goccia abbandonare il suo corpo. Mi stacco da lei, dissetato e inorridito da ciò che ho appena fatto.
Non riesco a metabolizzare perché subito una voce cattura la mia attenzione.
«Uccidila, sei un vampiro. È facile, una piccola pressione su quel corpicino e sarà tutto finito. Uccidila!»
All'inizio penso che sia frutto della mia immaginazione, ma subito mi rendo conto essere troppo limpida e chiara per essere dettata solo dalla sete.
No! Quella puttana che ha colpito Anįta è ancora qui, ma non vuole sporcarsi le mani.
Guardo la bambina, dorme ignara dei pericoli, non si è accorta di nulla.
«Tranquilla, cosettina, non ho intenzione di farti del male.»
Quello che non mi spiego è perché le streghe la vogliano morta. Non dovrebbero volerla dalla loro parte?
Mi alzo in piedi e mi metto in allerta. Di nuovo la strega mi incita a commettere una tra le più deplorevoli azioni. Qualsiasi incantesimo stia utilizzando per entrare nella mia mente, non è abbastanza forte.
«Vieni fuori fattucchiera, fatti vedere.» Le dico sarcastico, ma questa, come ovvio che sia, non esce allo scoperto.
Lanciarmi nella sua ricerca potrebbe essere controproducente. Potrei distrarmi e potrebbe prendere la bambina. Eppure mi devo liberare di questa stronza malefica al più presto.
Osservo con estrema attenzione il paesaggio che mi circonda. Anche il più misero dei dettagli fuori posto può essermi di aiuto nello scovarla. Intorno ci sono solo alberi e arbusti, tutto è come deve essere. Anche il suo odore è celato.
Poi, all'improvviso, uno scricchiolio impercettibile.
Ti ho trovata, stronza!
Tengo salda la bambina, mentre con un balzo arrivo nel punto da cui è provenuto quel piccolo rumore. Allungo con violenza la mano e sento qualcosa di molto duro squarciarsi. Proprio in quel momento il suo incantesimo si vanifica e la strega diventa visibile. Vedo la mia mano dentro al suo petto e sento sotto le dita il suo cuore pulsante.
Non te la caverai con una morte veloce.
Stringo con una lieve pressione, ma abbastanza per far sussultare e urlare di dolore la strega. Ripeto l'azione ancora e ancora. Le sue urla richeggiano nel silenzio del bosco e spero che giungano alle orecchie delle sue consorelle. Poi, finalmente, il suo organo vitale esplode nella mia mano e dentro il suo petto.
In un gesto di puro sfregio, tiro via la mano lasciandole un buco nel petto dal quale fuoriesce una quantità smodata di sangue tale da schizzare addosso sia a me che alla bambina.
Mi volto verso l'uscita dal bosco e s5o per andarmene, quando il corpo esanime di Anįta entra di nuovo nella mia visuale. Non posso lasciarla così, devo darle una degna sepoltura.
Poso la bambina senza perderla mai di vista, devo sbrigarmi, temo che da un momento all'altro possa arrivare un'orda di streghe per la piccola.
Scavo una buca con le mie stesse mani. Il terriccio e il fogliame si appiccicano ai miei indumenti già inzuppati di sangue, questo mi conferisce un aspetto mostruoso.
Finisco in pochi minuti e ora non mi resta che seppellirla. La Sollevo da terra con delicatezza, come se potessi farle male ormai...
Eppure le porto un profondo rispetto. Mentre l'adagio nella terra umida, le do un bacio sulla fronte. Sono in parte le mie scuse, ma non basta scusarsi per quello che ho fatto. Ho colto un'opportunità e non dovevo. Anche se mi ha supplicato avrei dovuto rifiutarmi. Ero la persona sbagliata per farle da scorta.
Non posso più tornare indietro, dovrò convivere con questa colpa per il resto della vita.
Una volta ricoperta la buca mi guardo intorno alla ricerca di un masso. Voglio che in qualche modo sia ricordata. Appena ne trovo uno abbastanza grande, lo poso sul terreno che smosso e con una pietra appuntita vi incido sopra il suo nome.
Non sono un credente, ma spero che possa riposare in pace e che, ovunque si trovi, sia un posto migliore di questo.
Sospiro intristito e poi recupero la piccola che per tutto questo tempo ha dormito beata.
Meglio così cosettina.
Questa volta uso le mie abilità e in poco tempo sono di nuovo al fiume. In lontananza vedo alzarsi del fumo dal villaggio. L'odore di combustione invade le mie narici come se fossi lì, nel bel mezzo di quella che sembra, a tutti gli effetti, una battaglia.
Guardo la bambina sporca di sangue e mi dico che sarebbe meglio pulirla. Mi avvicino al fiume mi sciacquo le mani e cerco di lavare via il sangue da Ratri, ma l'acqua del fiume è fredda e la piccola inizia ad agitarsi nel sonno.
Cerco di calmarla come posso, ma non è il genere di cose che fa per me. La osservo nei suoi piccoli spasmi e una strana sensazione mi attraversa. Cerco di non darci peso, ma più la guardo più diventa forte.
In un attimo, non so come, mi ritrovo avvolto da nuvole nere. Mi sento confuso, come se fossi all'interno di una bolla. Poi la vedo. Ratri che piange isterica. Non capisco, poco fa era in braccio a me...
Mi affretto a prenderla e già sembra stare meglio, ma ora la domanda è: come esco da questo posto se non so nemmeno dove mi trovo?
Vorrei essere altrove, al sicuro, questo posto non è adatto a una bambina. Dovrebbe stare altrove. Immagino un prato verde e il sole, lì dovrebbe stare.
All'improvviso la mia immaginazione prende vita e io e la piccola ci troviamo in una radura soleggiata.
Che razza di magia è questa?
«Veicht!» Sento la voce di Michey, ma è ovattata.
Mi chiama ancora e ancora finché, tutto a un tratto, mi ritrovo di nuovo al fiume con la bambina in braccio.
Sbatto le palpebre ancora destabilizzato da quello che è successo. Questa volta la voce di mio fratello mi raggiunge forte e chiara e mi fa voltare di scatto nella sua direzione, Blazej è accanto a lui.
Entrambi mi osservano sconcertati, immagino di non avere un bell'aspetto.
«Cos'è successo? Dov'è Anįta?» Domanda, Michey, preoccupato.
Abbasso gli occhi e racconto a grandi linee la mia battaglia con la fottuta strega e di come questa abbia pugnalato Anįta. Il resto preferisco ometterlo.
Rimane un segreto tra me e te Anįta.
«Mi dispiace molto per Anįta, mi chiedo perché le streghe le volessero morte.» Pensa ad alta voce e poi punta i suoi occhi grigi su di me, come a volermi leggere dentro e una parte di me vorrebbe lo facesse, che scoprisse cosa ho fatto e mi aiutasse a portare il fardello.
«C'è altro che dovrei sapere? Sembravi piuttosto perso quando siamo arrivati.»
Sì!
«Nulla di importante, ma credo sarebbe bene andarcene. Forse quella che ho fatto fuori non è l'unica strega pronta ad affrontarci.»
Preferisco cambiare argomento e per mia fortuna, o sfortuna dipende dai punti di vista, Michey conviene con me che è meglio lasciare al più presto questo posto. Si avvicina e tende le mani per farsi consegnare la piccola. Gliela consegno, eppure è strano come io mi senta quando quell'esserino abbandona le mie braccia.
Mi stavo affezionato baby catastrofe.
Michey tira fuori il fazzoletto che ha nel taschino e lo immerge nell'acqua per poi pulire, molto meglio di quanto non sia riuscito a fare io, la bambina.
Sto per dirgli quanto l'acqua fredda le dia fastidio, ma desisto e scuoto la testa come a ricacciare indietro questi sentimentalismi che non sono utili.
In ogni caso, poichè come avevo previsto Ratri si agita, Michey riesce in maniera egregia a farla calmare quasi subito.
Tutti e tre riprendiamo il nostro cammino, ma nel frattempo mi faccio raccontare ciò che è successo dopo che me ne sono andato.
«Ti basti sapere che i vampiri sono stati ricacciati indietro dall'incantesimo delle shuvani e che, grazie ad Alex, in qualche modo hanno desistito dall'ingaggiare una guerra. Ma le streghe, quelle non avevano intenzione di arrendersi. Hanno manomesso l'incantesimo delle shuvani e messo a ferro e fuoco il villaggio. Noi abbiamo solo assistito e cercato di salvare bambini quante più persone possibili.»
«E Nae?»
Mi suona molto strano che si sia prodigato per questo suo discendente e poi non lo nomini nemmeno.
«Ho fatto quello che dovevo.» Chiude il discorso senza possibilità di replica.
Forse è morto e non ne vuole parlare. Osservo la piccola cosetta che tiene in braccio che ora dorme beata. Provo un senso d'inquietudine. Questa bambina ha perso tutto e nemmeno se ne rende conto. Non conoscerà mai sua madre, suo padre...
E di nuovo i sensi di colpa mi attanagliano. Forse avrei potuto trovare una soluzione diversa. Trasformarla. Ma avrebbe accettato?
Mi porrò questa domanda per l'eternità...
«La portiamo a sud, Alex ha la situazione sottocontrollo e noi possiamo andarcene indisturbati.»
«Dove la portiamo?» Chiedo con una nota eccessiva di preoccupazione che spero passi inosservata.
«In un orfanotrofio. Non può stare con noi, non può stare con me. Finché starà lontana dai suoi consanguinei sarà al sicuro. Vivrà una vita normale senza sapere del suo potere, senza essere un pericolo e senza rischiare di essere trovata.»
«Forse dovremo darle un nome... so che ce ne separeremo, ma non so... credo che sarebbe carino da parte nostra...»
Interrompo Blazej e il suo attacco di carineria all'istante.
«Ha già un nome, Anįta me lo ha confidato: Ratri.»
Entrambi i miei fratelli annuiscono. Beh, non che avrei permesso loro di cambiarle nome. È stato uno degli ultimi desideri di una madre per la sua bambina, è giusto che si chiami come ella aveva deciso.
Ci allontaniamo in fretta dalla zona, questa volta utilizziamo tutti e tre le nostre abilità. Nessuno si guarda indietro, quel che è stato è stato il passato ormai è sepolto. Siamo tutti pronti a guardare avanti.
Ciao a tutti, come state?
Eccoci arrivati alla seconda parte un po'lunghetta di questo secondo capitolo, ma era necessario poichè torneremo presto al presente con la terza parte.
Alla fine abbiamo scoperto chi è Anįta, ma adesso siamo rimasti che Veicht la incontra nel sonno... chissà cosa si diranno...
Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto con un commento o una stellina, noi ci vediamo presto con il confronto tra Veicht e Anįta.
Besitossssssss😘😘😘
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