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Capitolo 15 Relazionarsi (Parte terza)

VEICHT

La rossa sussulta e si porta una mano al petto per lo spavento, il suo respiro è affannoso e i suoi occhi sgranati. Di certo non si aspettava che fossi qui, ma vederla in questo stato mi diverte e non poco.
«Come sei entrato?» Domanda impaurita e sconvolta. Io, di contro, ridacchio.

«Un gioco da ragazzi, abilità innata, ora metti in moto.»

Non ho voglia di perdere tempo, mi sento in vena di fare una buona azione, ma vorrei che questa conversazione si concludersi nel minor tempo possibile. Le dirò quello che devo e basta.

«Io con te non vado da nessuna parte, scendi dalla mia auto.»

Dovevo aspettarmelo che avrebbe opposto un minimo di resistenza. L'insofferenza è reciproca, nessuno dei due ha piacere nel parlare con l'altro, ma se io mi diverto a stuzzicarla e infastidita, Alanora preferirebbe evitarmi e fingere che io non esista. Peccato per lei che io esisto eccome e poiché la bella streghetta si è infatuata di mio fratello, la mia presenza nella sua vita sarà ancora di più inevitabile.

Alzo gli occhi al cielo e le rinnovo, con finto garbo, l'invito a mettere in moto questo rottame. Lei, non solo non mi ascolta, ma si agita ancora di più e inizia a pronunciare sottovoce una litania incomprensibile. In seguito alza la sua mano e rivolge il palmo verso di me. Da esso ne scaturisce una bolla di luce che lo avvolge, peccato che duri poco meno di due secondi per poi svanire nel nulla.

«Io... »

A questo punto, oltre a balbettare, si paralizza. Alzo le sopracciglia in segno di scherno, Alanora come strega è veramente un fallimento.

«Oddio ti prego, fai pena e saresti già morta se solo lo volessi. Prima che il tuo scudo riesca a espandersi saresti già morta. Ma ti alleni ogni tanto?»

Rimane a bocca aperta, ma riesco a percepire un leggero rilassamento dei suoi muscoli. Nonostante io l'abbia appena offesa, il fatto che la prenda in giro piuttosto che arrabbiarmi per quello che ha provato a fare, penso che la calmi.

Detto in tutta onestà, mi fa quasi tenerezza. È incapace di usare il suo potere, il che la rende innocua oltre che buffa nel suo patetico tentativo di difendersi.

«N-non sono affari tuoi.»

«Non dovrebbero, ma dato che hai provato a usarli contro di me e in pubblico aggiungerei, sì, sono affari miei.»

Sottolineo il fatto che ha appena usato i suoi poteri in una macchina parcheggiata appena fuori dall'università, dove chiunque poteva vederla. Oltre che patetica è anche stupida, ma evito di dirglielo in maniera diretta. Sono qui per un altro motivo e non ho voglia di intavolare una discussione, anche perché non è proprio la giornata adatta visto il mio vacillare tra l'essere normale e cadere vittima della crisi.

«Mi hai spaventata e io... mi volevo solo difendere.»

Abbassa gli occhi colpevole, si è resa conto che ho ragione e che ha appena fatto una stronzata colossale. Si tortura le mani come una bambina che è appena stata sgridata. Mi ricorda un cucciolo di volpe indifeso.

«Beh, allora allenati. Hai un potere difensivo niente male, ma è inutile se non lo sai usare, Al.»

Alza la testa incredula. In effetti, non so nemmeno perché gliel'ho suggerito, è evidente che oggi mi senta in vena di dispensare consigli.

«Al?»

Ecco l'unica cosa del discorso che ha colpito questa stupida strega: il fatto che io l'abbia chiamata con il diminutivo.

Mi verrebbe voglia di tornare a casa, legare Blazej a una sedia e prenderlo a schiaffi finché non gli passa la cottarella per questa qui. Con tutte le persone che ci sono sulla faccia della terra, ma proprio di Alanora, la petulante, logorroica, fastidiosa, ficcanaso e anche un po' idiota, Alanora?
Purtroppo sì. Quindi ora mi trovo a dover far capire a questo esserino, dal cervello mal funzionante, che sono qui per aiutare la sua causa.

La fisso negli occhi, ignoro la sua domanda e con voce ferma le intimo, di nuovo, di mettere in moto.

«No, se non mi dici cosa vuoi.»
«Portarti in un campo isolato e ucciderti.»

Sussulta di nuovo e il suo cuore inizia a scalpitare, è in preda al panico. Sbuffo e intervengo prima che collassi davanti ai miei occhi e mi costringa a soccorrerla.
«Era una battuta»

Dio, ma non ha un briciolo di ironia.

«A me non ha fatto ridere.»

Ne ho abbastanza, o mette in moto lei, o la spingo nel sedile posteriore e faccio da solo. Provo un'ultima volta a convincerla con le buone maniere, poi agirò secondo il mio istinto. Devo parlarle in privato e c'è la possibilità che arrivi Ratri e che possa impicciarsi nel vederci insieme, o peggio che arrivi Blazej a recuperare la bestiolina in biblioteca e possa sentirci.

«Devo parlarti di una cosa lontano da orecchie indiscrete, ok? Basterà che ti allontani di un paio di chilometri, fai tre per sicurezza.»

Non si fida e da una parte la capisco, ma per una volta il fatto che io sia qui gioca a suo favore.

«Alanora, se avessi voluto farti del male non credi che mi sarebbe bastato... che so... rapirti o buttarti nel mio bagagliaio. Insomma, di certo non ti avrei chiesto di guidare tu stessa, no?»

Sbuffa infastidita, ma alla fine si sistema composta davanti al volante, si allaccia la cintura di sicurezza e mette in moto.

«Non so perchè ti do retta.»

«Perche sai che se non fosse importante ti eviterei come la peste.»

Ignora il mio commento è conduce l'auto lontano dall'università. Mentre guida, noto il suo nervosismo crescere. Ogni tanto mi osserva con la coda dell'occhio, per poi riportare lo sguardo sulla strada appena si accorge che continui a fissarla con insistenza. Sento la sua agitazione, come fosse  all'esame di guida e io il suo severo esaminatore. Metterla a disagio in questo momento non è una buona idea, perciò mi convinco a lasciarla in pace. Mi sistemo sul seggiolino del passeggero e aspetto con pazienza che arrivi a destinazione. Guida flemme e il paesaggio scorre con lentezza davanti ai miei occhi, tale che potrei contare ciascuna foglia di ogni singolo albero che vedo. A volte la mia condizione di vampiro rende certe cose piuttosto noiose. Il viaggio, per fortuna, è di breve durata, poiché ferma l'auto al primo spiazzo che trova lungo la strada. Tira il freno a mano, spegne il motore e poi si volta nella mia direzione.

«Allora? Che vuoi?»

La sua impazienza è palpabile, so che vorrebbe sbarazzarsi di me in pochi minuti ed evitare di avere una conversazione che duri più del necessario. La cosa è piuttosto reciproca, ma mio fratello ha bisogno di un piccolo aiuto. Perciò non perde tempo e arrivo subito al dunque.

«Blazej... »
Al solo sentirlo nominare il sangue le fa una rapida corsa verso le guance, mentre il suo cuore scalpita come gli zoccoli di un destriero spronato pochi attimi prima di una battaglia.

«Ma quanto è stupido... Dio, si vede lontano chilometri che sei innamorata di lui.»
«Ma che cosa dici! Io non sono...»
«Evita!» Blocco ogni suo patetico tentativo di occultare ciò che prova davvero, mente a se stessa oltre che a me. «Ho centotreanni, questo significa che ho una certa esperienza, sono un vampiro in grado di sentire il battito del tuo cuore e, guarda caso, sentire il nome di mio fratello ti fa venire le palpitzioni. Se poi lo volessi, con i poteri di cui dispongo, potrei fartelo confessare a forza, ma non è questo che mi interessa.»

Mi concedo una lunga pausa durante la quale osservo la rossa con una minuzia tale, da scovare ogni minimo accenno di agitazione. Il respiro corto di chi è colto alla sprovvista, la pelle arrossata intorno alla clavicola, poiché ella sfrega più volte le sua dita intorno a quella zona, simbolo di un evidente disagio.

Non riesce a sostenere il mio sguardo, fissa senza parlare un punto indefinito tra il cambio e il freno a mano. Si inumidisce la labbra, le apre per dire qualcosa, ma le richiude subito e accompagna quel movimento con una smorfia di sofferenza. Come se far uscire un qualsiasi suono, o minima sillaba, le provocasse dolore.

Sospiro e, poiché non ricevo alcun riscontro da parte sua, proseguo il mio discorso.
«Mi ha raccontato quello che è successo tra di voi e... ci sta male per quello che hai detto.»

È solo a questo punto che i suoi occhi saettano sul mio viso. Più agitata di prima, inizia dapprima a boccheggisre come se fosse a corto d'aria, e in seguito a balbettare.

«N-non... volevo, insomma, i-io ce l'avevo con... te.»
Sfrega le sue mani una contro l'altra, le guance sono in fiamme ormai e punta lo sguardo sulla cintura di sicurezza.

Oh, Alanora, nessuna via di fuga per te.

Se decidessi di porre fine alla sua esistenza, non avrebbe nemmeno il tempo di far scattare la fibbia di chiusura.
«Che tu sia una stupida chiacchierona che non pensa quando parla è risaputo. Ma ti rendi conto che se mi definisci un mostro per gli occhi rossi e le zanne, definisci un mostro anche lui? Cosa credi, che Blazej, quando ha sete o quando è a caccia, sia un dolce angioletto? È un vampiro proprio come lo sono io. Che ti sia chiaro che non cambierà questa cosa, non può!»

«Io... io lo so, ma...»

«Alanora io non so cosa provi e francamente non me frega un cazzo di te, ma se ti interessa Blazej, allora devi imparare a tenere a freno quella lingua. Perché giuro che se soffrirà per colpa tua ti farò rimpiangere di essere nata. Allestirò un Rogo e ti farò fare la fine delle tue antenate. Sono stato sufficientemente cristallino?»

La mia minaccia la scuote, mi fissa con un sguardo torvo e poi scuote la testa. So che vorrebbe mandarmi al diavolo, eppure non lo fa. Si limita a rivolgermi un'occhiata di disprezzo che mi fa sorridere. Prenderla in giro è piuttosto divertente, anche se non ho mentito. A mio fratello tengo davvero molto, perciò se Alanora ha intenzione di giocare con lui o farlo soffrire, davvero io diventerò il peggiore incubo di questa sciocca streghetta.

Prende un respiro profondo.

«Non voglio che soffra, ma io... mia madre, insomma per me non è facile... »

Si interrompe, morde il suo labbro solo per un secondo, per poi sgranare gli occhi e agitarsi.

Non capisco...

Questa è una delle maledette volte in cui vorrei avere i poteri di Michey. Non posso soffermarmi sulle turbe mentali di Alanora, sono qui per Blazej, solo per lui e per una volta voglio essere IP ad aiutare lui.

«Ascoltami bene Alanora,  non ho il diritto di dire quello che sto per dire, ma lo ritengo necessario...»
Alza lieve il capo e io, appena mi assicuro di avere la la sua piena attenzione, proseguo.
«Blazej non ha avuto una vita facile, né accetta la sua nuova condizione nonostante sia molto più vecchio di me. Inoltre si controlla anche meglio di Michey,  la sua fedina penale è quasi del tutto linda e pulita. Devi credermi.»

«Il problema è che io non so come rimediare e poi... credevo che lui e Ratri...»

«Tra te e Michey non so chi è più paranoico e ansioso. Fra quei due non c'è niente, punto.»

Devo ammettere che Ratri è riuscita a stupirmi, ha fatto in modo che Blazej credesse più in sé stesso. Se non fosse una dolorosa spina nel fianco, sarei piuttosto grato alla bestiolina, è riuscita in tre settimane a fare quello che io e Michey tentiamo di fare da decenni.

Pensare alla determinazione e alla caparbietà di quella giovane donna, mi strappa un sorriso che, però, sopprimo subito.

«Sai che Blazej avrebbe voluto seguirti quando te ne sei andata la sera della mostra.»

«Davvero?» Me lo domanda in un misto di incredulità e allo stesso tempo bisogno di un'ulteriore conferma. Una cucciola innamorata ecco cos'è. E se non fosse tanto ancorata alle sue credenze da fattucchiera e spaventata da tutto quel terrorismo psicologico a cui la madre la sottopone fin dalla nascita, allora riuscirebbe a vedere che Blazej è tutto fuorché un mostro e riuscirebbe a viversi i suoi sentimenti senza essere bloccata dal pregiudizio o dai luoghi comuni.

Scuote la testa, si gratta la fronte e alla fine, con una rinnovata determinazione afferma:
«Devo chiarirmi con lui... »

Eppure, se da una parte mi sento felice per Blazej, dall'altra qualcosa mi impedisce di essere sereno. Non è solo Alanora in sé, ma il contesto. So quanto si può soffrire nel porre fiducia nella persona sbagliata. La mia più grande paura è che lei un giorno possa cambiare idea, oppure che Blazej per lei sia solo una cotta passeggera. Lui ha già sofferto di depressione in passato, e forse quell'ombra oscura non l'ha mai abbandonato. È rimasta lì... latente e pronta a tornare in agguato alla minima cosa storta. È per questo che non volevo che Ratri organizzare quella mostra, avevo paura per mio fratello. Da vampiri, in preda alla disperazione, si possono commettere sbagli irreparabili... io ne sono il perfetto esempio.

Lancio un'occhiata minacciosa alla rossa di fronte a me e poi, con aria di superficialità e menefreghismo, la metto al corrente di quelli che sono, a grandi linee, i miei pensieri.

«Se è quello che vuoi davvero sì, altrimenti lascialo in pace. Fra una settantina d'anni, ma se siano fortunati anche prima, tu sarai morta e sepolta e non resterai altro che ricordo. Magari per qualche anno a venire penserà ancora a te, ma alla fine si scorderà della tua esistenza. Anche se spero non sia così idiota da perdere del tempo dietro a una stupida e insignificante strega che ha solo giocato con lui.»

«Io non voglio giocare con lui. E non sono una stupida.»
«Lo vedremo, ma ricorda, trovare un palo di legno a cui appenderti per darti fuoco per me è un gioco da ragazzi.»

Non credo che prenda sul serio la mia minaccia, il che per lei è un male, eppure si ostina a ostentare spavalderia e si prepara a rispondermi a tono, ma io la fermo subito. Apro la portiera e con un sorrisetto macchiavellico le dico:
«Buona giornata, cognatina.»

Non le do il tempo di ribattere neanche questa volta, che sono già fuori e lontano dall'auto, pronto a incamminarmi verso l'università. Tuttavia, mentre mi allontano, sento con chiarezza Alanora esclamare:
«Fanculo, stronzo!»

Beh, non è certo il ringraziamento che merito dopo quello che ho fatto. Perciò mi volto e con uno scatto fulmineo sono di nuovo alla sua macchina. Questa volta, apro la portiera del conducente e Alanora, la quale non si aspettava di certo di rivedermi, trasalisce per lo spavento. Potrei ridere in faccia per quanto è buffa in questo momento. Vederla terrorizzata mi soddisfa, dopo l'ingratitudine che ha dimostrato poco fa. Noto la sua borsa sul sedi le posteriore, mi affetto a prenderla e inizio a rovistare tra le sue cose, finché non trovo quello che cerco: una penna. Buffo che questa sia proprio rossa.

Le prendo un braccio e lo immobilizzo davanti a me, poi sfilò con le labbra il tappo della biro, mentre Alanora continua a guardarmi spaventata e confusa.
Non la considero nemmeno, inizio a scrivere sul suo braccio e sì, calco di proposito la punta per farle male. Lei prova a divincolarsi, all'inizio, ma è tempo perso, oltre che a essere un inutile spreco di energie. In fine si arrende e mi lascia fare.
«Che stai... »
«Il numero di Blazej, nel caso avessi voglia di mandare un messaggino.»

Lascio andare il suo braccio e lei fissa la serie di numeri che vi ho appena scritto sopra. Sorride, poi alza lo sguardo su di me e si costringe a muovere la testa in un lieve cenno di ringraziamento.

Alla buon'ora.

In fine mi rivolge un sorriso sincero, che solo per un secondo ricambio anche io, per poi recuperare la mia solita insolenza. Dopotutto, mi pare di aver mostrato fin troppo altruismo anche nei suoi confronti.

«Addio, strega.»

La lascio lì, sola, non aspetto nemmeno che riparta e m'incammino per recuperare la mia auto lasciata parcheggiata fuori dai cancelli dell'ateneo.


Ciao a tutti, come state?

Eccoci arrivati alla terza parte, ma non ultima, ci sarà una quarta parte che personalmente è la mia preferita e spero apprezzerete.

Intanto, fatemi sapere se questo confronto con Alanora vi è piaciuto e cosa ne pensate di Veicht in queste vesti di pseudo cupido.

Fatemi sapere se vi è piaciuto con un commento e una stellina, io vi mando un besito 😘 e ci vediamo presto con l'ultima parte.

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