Capitolo 15 Relazionarsi (Parte seconda)
VEICHT
Esco di casa a velocità vampirica, Ratri è in ateneo, perciò posso comportarmi come voglio, come quello che sono.
Corro quindi a tutta velocità nel bosco e la rabbia che mi acceca mi spinge a inoltrarmi nella zona a sud, la quale brulica di animali selvatici. È giorno e non dovrei essere qui, ma sono fuori controllo.
Lei, la sete, la mia burattinaia maledetta, lei muove i fili della mia coscienza e persino del mio corpo. Non sono padrone di me stesso ora che lei è di nuovo al comando. È strano, questa mattina ho bevuto, non dovrei sentirla così forte, sarei dovuto riuscire a tenerla a bada per qualche giorno, e invece eccomi qui, pronto ad azzardare qualsiasi cosa mi si pari davanti.
I sensi si acuiscono. Odori, suoni e colori mi arrivano addosso come una valanga fatta di estreme sensazioni. I miei occhi saettano da una parte all'altra dell'ambiente circostante: Verde, giallo, marrone, i colori che predominano il bosco mi si parano davanti in una danza armoniosa gestita dal leggero vento che soffia quest'oggi. Sibili, grugniti, cinguettii, suoni che, insieme ad altri, arrivano alle mie orecchie forti e chiari. Lo scroscio del fiumciattolo, che divide il bosco con la zona nord in lontananza, fa da strumento portante a questo tripudio di musicalità e sinfonie naturali. Terra bagnata, bacche selvatiche, funghi e muschio, sono i primi odori che invadono con violenza le mie narici, seguiti dall'odore di qualche animale e, in fine, di Blazej.
Blazej?
Ruoto l'intero corpo nella direzione da cui proviene il suo odore e lo trovo lì, in piedi con la schiena attaccata alla corteccia di uno dei tanti arbusti e le braccia incrociate. Sul suo viso una strana espressione, so cos'è: un mix di preoccupazione e delusione.
Alzo gli occhi al cielo, non ho bisogno della sua ramanzina, perciò anticipo qualsiasi sua interazione.
«Vattene, sto bene. Voglio solo restare solo.»
Scuote la testa e, dal tascone posteriore dei suoi pantaloni, tira fuori una bottiglietta in plastica, una di quelle che teniamo nel frigo bar in casa, al quale abbiamo apportato una modifica. Vi abbiamo aggiutno una serratura in modo tale da impedire alla bestiolina di ficcare il naso dove non le compete. Me la lancia e io l'afferro al volo. Non mi pongo molte domande, bevo il contenuto con avidità. Purtroppo è animale, ma so che nemmeno Blazej ha accesso alle sacche di sangue. Nostro fratello maggiore le tiene sotto stretta osservazione.
«Ti senti meglio?»
«No.»
«Ti va di parlarne?»
A qualunque cosa si riferisca, la sete o la mia discussione con Michey, la mia risposta è sempre la stessa:«No!»
Diretto, con tono glaciale e sguardo affilato, dovrei essere riuscito a farlo desistere dal farmi ulteriori domande alle quali, comunque, non risponderei. Mio fratello annuisce, ma non sembra volersene andare, al contrario, si avvicina.
«Ti farebbe bene parlarne.»
Una parte di me vorrebbe cedere, aprirmi, dire a mio fratello tutto quello che non va, compresa la maledetta crisi che nonostante il sangue umano e l'ulteriore mezzo litro di sangue portatomi da Blazej, non accenna a scomparire.
So che a lui potrei dire tutto. È sempre stato quello con cui mi sono confidato. Ricordo ancora la prima volta che lo conobbi. Ero in crisi, non capisco cosa mi era appena accaduto. Alex, con il contributo di Michey, mi aveva spiegato la mia condizione, ma non riuscivo a capacitarmene. E poi c'era lui. Questo ragazzino timido che credevo più piccolo di me, mentre in realtà aveva quasi due secoli già all'epoca.
Non mi disse nulla lì per lì, ma io capii, era diverso. Mentre mio padre e mio fratello maggiore sembravano accettare la loro condizione e vestivano alla perfezione i panni del vampiro con il pieno controllo di sè, Blazej lo sentivo più affine a me. Era rotto dentro tanto quanto lo ero io, nonostante fosse immortale da molto oramai. Durante una delle mie prime crisi, si sedette accanto a me, mi portò lui, quella volta, la mia dose di sangue umano, e mi disse che sarebbe andato tutto bene.
Non avevamo idea, né io né lui, che la mia condizione di vampiro instabile non sarebbe mai cambiata, eppure in quel momento trovai conforto. Lui mi raccontò la sua storia ed io, nelle notti a venire, feci lo stesso.
Scuoto la testa e mi desto dal mio breve, seppur intenso e carico di emozioni, ricordo.
L'unica maniera per liberarmi dalla morsa psicanalitica con la quale Blazej vuole braccarmi, è quello di dirottare il discorso su di lui e so con esattezza quale sia l'argomento salvifico per me.
«Anche a te farebbe bene parlare.»
Gli rivolgo un sorriso allusivo, eppure Blazej non pare cogliere il messaggio. In vero, le pieghe sulla sua fronte mostrano tutta la sua perplessità.
«Uhm... di che cosa?»
«Di chi, piuttosto, di Alanora.»
Spalanca gli occhi e si agita, penso che se potesse arrossire in questo momento sarebbe paonazzo. Deglutisce a vuoto e scuote la testa con determinazione, in fine distoglie lo sguardo.
«Alan... non c'è proprio niente da dire.»
Vedi, fratello, quanto è fastidioso quando qualcuno vuole farti parlare a tutti i costi?
La sua timidezza e il suo imbarazzo mi fanno sorridere, e per un istante mi dimentico dell'intensa crisi che mi attanaglia.
Non è superata, è ancora lì in agguato. Io, predatore letale, sono vittima di qualcosa che è molto più potente e spietata di me. Come un'entità a sé, la sete scatenata dalla crisi mi chiama, mi induce a commettere le più efferate e crudeli azioni. Se mi lasciassi sopraffare, se decidessi di lasciarmi andare al suo richiamo so che una parte di me ne gioverebbe. Vivrei nella beatitudine di una libertà diabolica, sanguinaria. Sarei un mostro, un assassino spietato, ma non mi sentirei mai più costretto dalle catene del buon senso e della correttezza morale. Alla fine è ciò che sono, un cacciatore, un essere più feroce di qualsiasi altro. Quindi a volte è lecito chiedermi, perchè io debba controllarmi.
Non sono miei questi pensieri, è la sete, quella stronza che parla e ragiona al mio posto.
Devo distrarmi e i problemi di cuore di Blazej, per quanto riguardino anche l'insopportabile Alanora, sono un buon modo per tenere la mente occupata.
Schiocco la lingua al palato e questa volta sono io ad avvicinarmi.
«Ma a chi vuoi darla a bere. Non sono stupido e non sono nemmeno cieco, forza dimmi qual è il problema?»
«Io... non... » Prova a negare di nuovo, ma l'evidenza è tale da farlo in fine sospirare, grattarsi la testa, come sempre quando è in difficoltà, e confessa in un lungo sospiro. «Io penso che lei mi vedrà sempre come un mostro.»
Cerco di trattenere una risata, di ricacciarla intero e mi copro la bocca con la mano, ma non ho molto successo. Quello che ha appena detto è davvero esilarante. Consideravo già Alanora una cretina, ma dopo questa ne ho la piena conferma.
«Tu? Tu un mostro, ma se vanti zero vittime sul tuo curriculum.»
«Già, ma questo lei lo ignora e... poi... tu... Veicht, devi smettere di spaventarla, mi ha raccontato quello che le hai fatto.»
Mi rimprovera, ma più che una predica suona più come una supplica e in certo senso mi sento in colpa, eppure non posso far a meno di giustificarmi.
«Oh, ma dai, non le ho torto un capello e se si fosse fatta gli affari suoi quella peste ficcanaso, non l'avrei certo aggredita a quel modo.»
«Se fai del male a lei, fai del male a me.»
Lo dice in un sussurro, ma è abbastanza perchè io possa sentirlo. Forse ho sottovalutato la cosa. Questa non è una cottarella passeggera, è qualcosa di importante per lui. Perciò abbandono la leggerezza con la quale ho trattato questa conversazione e mi faccio serio.
«Uhm, da quanto sei innamorato di Alanora?»
Al sentire la mia domanda, trasalisce e di nuovo si agita sul posto. Lo vedo spostare il peso da un piede all'altro. Non c'è bisogno del rossore sulle gote per capire che in questo momento è in imbarazzo.
«Qualc-qualche anno, du-due più o meno.»
Alzo le spalle e rispondo nella maniera più naturale che posso.
«Diglielo.»
Blazej, però, non sembra essere dello stesso avviso. Cammina avanti e indietro davanti a me per poi fermarsi, mettere le mani sui fianchi, poi ne alza una e mi punta il dito contro.
«La fai facile. Tu con le donne fai così, mi piaci, ci vai a letto e poi chi si è visto si è visto. A parte con Em..»
Si ferma poco prima di pronunciare quel nome per intero. La mia espressione cambia, serro la mascella così forte da sentire la pressione fino alle tempie. Ingoio un groppo amaro. Non doveva nemmeno accennare a Emma.
Io non sono un tipo romantico, nemmeno mi ero mai sognato di avere una storia duratura, ma con lei fu diverso. Mi fidavo e per l'ennesima volta ho sbagliato. Non era amore, lo so con certezza, ne so poco di questo argomento, ma so che è qualcosa che rende stupidi. Basta vedere Blazej, che davanti ad Alanora sembra ancora di più una statua, balbetta quando parla di lei e gli diventano gli occhi luminosi al solo sentirla menzionare. Le volevo bene, quello sì, ma l'amore credo che sia un'altra cosa. In fondo, sono convinto che nemmeno lei mi amasse davvero. Nonostante me lo ripetesse ogni giorno, credo che la sua fosse più una sorta di ossessione, per me, per la mia natura, perchè sì, a lei avevo detto tutto.
L'amore è una debolezza. A cosa mi ha portato legarmi tanto a una persona? A riporre la fiducia nella persona sbagliata, ad avere un morto sulla coscienza, a chiedermi ogni giorno chi sia il vero colpevole, il vero carneficie. Colei che istiga e violenta la mente o colui che materialmente uccide?
Io sono qui e lei tre metri sotto terra, perciò c'è un unico colpevole e quello... sono io.
È impossibile non pensarci e ora mi sembra di nuovo di ricadere nel baratro. Mi appoggio con una mano al castagno di fronte a me, mentre l'altra la porto alla fronte. La massaggio nella speranza di cacciare via i brutti pensieri e con essi il ricordo di Emma.
Cerco di concentrarmi su altro, la corteccia ruvida sotto il palmo, il muschio che avvolge le radici sporgenti del l'arbusto che sorregge me, la mia coscienza e i miei rimorsi.
«Scusa io non... »
Mio fratello prova a parlare, ma alzo un dito verso di lui e blocco ogni sua interazione. Basta, non riaprirò questo discorso, qualsiasi cosa riguardi Emma oramai è sepolto con lei.
Riporto la discussione sui giusti binari e gli chiedo di raccontarmi con esattezza che cosa abbia detto quella decerebrata ciarlona di Alanora, per indurlo a pensare che lei veda solo come un mostro. Dopo qualche attimo di titubanza, mio fratello mi racconta, per filo e per segno, la loro ultima conversazione.
«Il punto è che anche io sono come te quando ho sete e quando caccio e quando... hai capito.»
Alanora sì riferiva a me, ma Blazej è troppo suscettibile, ne soffre della sua condizione, forse anche più di me per certi aspetti.
Sbuffo e cercò di infodergli un po' di sicurezza.
«Non è lontanamente paragonabile, ovvio che la sete, la rabbia, il desiderio ti scatenino la sete, ma tu... tu la controlli. Il tuo è solo un impulso, una condizione naturale, o innaturale beh, dipende dai punti di vista.»
Non mi risponde, si limita a rivolgermi una smorfia che mi fa intendere di aver poca convinzione nelle mie parole. È troppo impaurito e allo stesso tempo testardo per darmi ascolto. Tento un'ultima mossa.
«Blazej... io non... non sono la persona più adatta a dare consigli di cuore, ma una cosa la so per certo: non puoi aspettare a lungo. Tu hai tempo da vendere, Alanora no. Quindi pensaci.»
Annuisce, forse le mie parole hanno fatto breccia nel suo involucro di insicurezza e cocciutaggine. Eppure, qualcosa mi dice che c'è una leva molto più facile da muovere per far funzionare questo ingranaggio alla perfezione.
Solo l'idea mi nausea, in modo figurato s'intende, ma quello che sto per fare è così assurdo che mi stupisco sia un pensiero partorito dalla mia stessa mente. Tuttavia sono convinto, perciò mi congedo da Blazej con una scusa, asserisco di essermi calmato in modo tale mi lasci andare senza opporre resistenza, e lo lascio solo a rimuginare su ciò che ci siamo appena detti.
Mi dispiace lasciarlo così, ma so che con lui non caverò un ragno dal buco, mentre sono sicuro che parlare con "l'innamorata" frutterà qualche risultato in più.
Con tutta la calma possibile torno verso casa, prendo l'auto e mi dirigo all'università.
Parcheggio davanti all'edificio, scendo e mi dirigo verso il cancello. Attraverso il parco che, di solito brulicante di giovani individui frenetici e desiderosi di aggiungere qualche conoscenza in più al loro bagaglio culturale, è ora vuoto. Beh, non del tutto. Sono certo che, se andassi nel retro del parco, troverei il mio gruppo di "amici" a fumare erba o a parlare di stronzate. Non a tutti interessa la cultura, per alcuni questo luogo e il ruolo di studente, sono l'ennesima maschera da indosaare per essere al passo con i tempi e rientrare nella categoria "x" che la società impone. Non sei nessuno se non frequenti l'università, sei qualcuno, invece, se ti laurei in qualcosa, qualsiasi cosa anche la più inutile. Come se un pezzo di carta potesse dire davvero chi sei.
Immerso nei miei pensieri, vengo riportato alla realtà dall'orda di ragazzi che esce dopo la fine delle lezioni pomeridiane. Nell'insieme di odori e profumi vari, non scorgo quello di Ratri, ma so che di solito si ferma in biblioteca un paio d'ore. Vedo invece Alanora la quale, con una strana fretta, cerca di dirige verso la sua auto. La anticipo di almeno un paio di minuti, durante i quali manometto la serratura della portiera destra. In fine entro e mi siedo comodo al posto del passeggero. Alanora arriva apre la portiera del conducente e entra nell'auto. Aspetto che sia dentro con tutto il suo corpo e poi paleso la mia presenza.
«Ciao, perfida strega dell'ovest.»
Ciao a tutti, come state?
E quindi Veicht alla fine non è un egoista eh ...
Ma ricordiamoci che la crisi non è passata e ora si trova a dover parlare con Alanora, scoppierà una lite, combinerà un disastro, o riuscirà a trattenersi?
Lo scopriremo presto, nel frattempo fatemi sapere se vi è piaciuto con un commento e una stellina.
Noi ci vediamo presto e vi mando un besito 😘
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