Capitolo 12 Chiarimenti
ALANORA
Grazie al cielo le lezione del mattino sono finite. Non ne potevo più, odio dover stare ad ascoltare questi vecchi babbioni che mi spiegano come utilizzare al meglio le proprietà delle radici e delle bacche.
Ne so più io di tutti loro messi insieme. Mi consola il fatto che tra qualche settimana inizierà il laboratorio dove potrò dare libero sfogo alle mie capacità. Sono sempre stata la numero uno del mio corso e per ovvie ragioni, chi meglio di me può rendere davvero curativa una combinazione di erbe?
Esco dall'aula e mando un messaggio a Ratri per sapere se è ancora in ateneo, ma mi risponde nell'immediato che è già tornata a casa accompagnata da... Blazej.
Un groviglio allo stomaco mi pervade quando leggo quel messaggio. Non capisco cosa me ne dovrebbe importare, eppure sento quella sensazione come se fossi... sì, come se fossi gelosa.
Oh andiamo vivono insieme è normale che la riporti a casa.
Tuttavia il fastidio non scompare anzi, inizio a mordere le mie unghie e mi sforzo di non pensarci e non fare domande. Ci mancherebbe solo che il mio neo interesse per Blazej venisse notato da tutti.
Uff
Sbuffo infastidita mentre cammino verso la caffetteria. In realtà mi è passata la fame, ma ho bisogno di un caffè per affrontare le lezioni pomeridiane.
Mentre cammino lungo il corridoio noto appoggiato con nonchalance al muro quel bastardo malefico. Mi sale la rabbia a pensare alle parole che ha detto sta mattina Ratri e, in un impeto di rabbia, accelero il passo per poi urlare:
«Ehi, tu!»
Alza con lentezza il viso nella mia direzione e, non appena mi vede, un ghigno fastidioso gli appare sul viso. Incrocia le braccia al petto e si stacca dal muro.
«Guarda, guarda chi ha il coraggio di urlarmi contro, hai preso una delle tue pozioni magiche, strega?»
Ignoro il suo commento sarcastico e gli punto addirittura un dito contro.
Devo essere proprio impazzita.
«Cosa hai fatto sta mattina a Ratri?»
Mi guarda sorpreso, fissa il mio dito e alza gli occhi al cielo.
«Va bene, Alanora, sei proprio tanto coraggiosa, ora però, da brava, vattene!»
Non me ne andrò finché non sono sicura che non le ha fatto del male, o che non abbia qualche strana idea per la testa.
«Se tu la tocchi anche solo con un dito... »
«Che farai rossa? Mi lanci addosso qualche erbetta curativa? Per esperienza personale mia piccola ficcanaso, ti dico una cosa: non puoi minacciare se hai già le spalle al muro.»
Lo guardo confusa con un cipiglio alzato.
«Io non... »
Non faccio in tempo a finire la frase che mi ritrovo con la schiena e la testa schiaffate contro il muro. Sbatto le palpebre e dalla mia bocca fuoriesce un lamento soffocato a causa del dolore che provo non solo per la botta, ma anche perchè Veicht continua a premermi con insistenza contro la parete. Se continua così sfonderà il muro oltre che la mia spina dorsale.
«Stavi per dire qualcosa?» Mi canzona, ma non molla la presa anzi, stringe una mano intorno alla mia gola. Il freddo m'invade, si insinua sulla mia pelle e mi mette I brividi. Paura e freddo ora sono una cosa sola. Il respiro si fa corto emetto solo un flebile rantolo e subito dopo tossisco.
«Che c'è? Hai esaurito il coraggio?»
«Lasc...» riesco a dire a malapena e poi tossisco di nuovo. Il vampiro sospira prima di lasciare andare la presa. Scivolo con la schiena contro il muro fino a sedermi e continuo a tossire senza tregua.
Per un attimo ho creduto davvero che mi uccidesse proprio qui, in un luogo pubblico, ma anche per uno come lui sarebbe una mossa stupida.
«Ehh, Alanora, quante cose che devi ancora imparare in questa vita, prima fra tutte stare zitta, seconda farti gli affaracci tuoi.»
La sua voce mi irrita, lo odio. L'ho sempre detestato fin da quando l'ho visto per la prima volta all'ultimo anno di superiori. Si presentò come il figlio del signor Andrews che fino a quel giorno aveva studiato in un collegio a Londra, ma io sapevo chi era in realtà.
Il suo fottuto modo di fare, sbruffone, fastidioso e le occhiatacce che mi lanciava, mi ricordavano ogni giorno che lui era il predatore e io dovevo stare zitta e buona. Anche lui ha sempre saputo chi io fossi e questo non ha fatto altro che alimentare l'astio tra di noi.
Riprendo aria e porto una mano alla gola che fino a pochi minuti fa era stratta tra le sue inquietanti dita. Mi fa schifo essere stata toccata da lui, ma non demordo e lo guardo fisso negli occhi, non devo aver paura, o meglio, non devo mostrargliela.
«Spero che vi distrugga, che vi faccia saltare in aria, che non lasci nessuno di voi orribili mostri.»
Si accuccia davanti a me a una velocità sovrumana e di nuovo sento la schiena sbattere contro la parete.
«Tzs Tzs Tzs, vedi che parli troppo? Attenta che poi ti fai male.» Mi dice con un finto tono preoccupato e un ghigno diabolico sul viso.
«E poi, non penso che tu voglia che ci distrugga proprio tutti, tutti, sbaglio forse?» Chiede con un sorrisetto soddisfatto. Ma piuttosto che ammettere una cosa del genere, a lui per giunta, mi taglio la lingua.
«Non so proprio di che parli.» Asserisco più seria possibile.
«Tum Tum Tum. Ops, qualcuno ha il cuoricino scalpitante? Che Balzej centri qualcosa?»
«Dici solo puttanate.» Gli ringhio contro e ne segue una sua risata che mette i brividi. Però, nota positiva, mi lascia andare e si rimette in piedi.
«Oh, allora forse è perchè hai paura di me, quindi dimmi Alanora, se hai così tanto timore cosa ti spinge a parlare e provocarmi ancora?»
«Ratri! Tu... sta mattina ti sei messo a giocare con lei.»
«Mh, si è divertita.» Afferma con un alzata di spalle ed è a questo punto che anche io mi alzo e mi parole davanti a lui.
«Peccato non sapesse che non era affatto un gioco, non lo sa che tu sei davvero un... predatore.» Ho cercato di soppesare le parole perché mi uscivano fuori insulti e un'altra parola che credo non avrebbe apprezzato, ma che di certo su di lui calza a pennello ovvero "mostro".
Lui ghigna divertito e incrocia le braccia al petto.
«Lo scoprirà presto vedrai.»
«Che intendi?» Domando accigliata e confusa.
«Nulla, ma fossi in te non mi affezionerei troppo a Ratri, potrebbe non durare a lungo come amicizia.»
Le sue parole suonano come una vera e propria minaccia e realizzo quelle credo essere le sue vere intenzioni.
«Sei orribile.» Mi azzardo a dire, ma la sua reazione è ben diversa da quella che mi aspettavo. Mette un finto broncio e un'espressione intristita ancora più falsa.
«Ora mi fai soffrire, rossa, pensavo avessimo trovato un certo feeling mentre eri contro al muro.»
Non so se mi fanno più schifo le sue parole o il fatto che mi abbia messo quelle sue manacce addosso. Lo guardo con disprezzo mentre le mie labbra s'incurvano in una smorfia di disgusto.
«Tu lurido... »
Le parole mi muoiono nella bocca quando vedo i suoi occhi diventare rossi. Faccio un passo indietro spaventata a morte ed è lì che lui sorride mostrando la parte peggiore e più pericolosa di sé: i denti o per meglio dire, le zanne.
«Ah, Ah, attenta, se tu mi fai arrabbiare torno a casa nervoso e non vorrei scaricare la mia rabbia sulla bestiolina.»
«Come puoi essere così crudele?»
Dovendo con gli occhi lucidi, ma in lui tutto questo non sortisce alcun effetto anzi, si limita ad alzare le spalle come se nulla fosse e rivolgermi un sorriso diabolico prima di riportare i suoi tratti del viso alla normalità.
«Ora se vuoi scusarmi ho un impegno, addio strega.»
Solo quando se ne va mi accorgo di aver trattenuto il respiro, perché butto fuori una quantità eccessiva di aria. Mi appoggio al muro con la schiena, ho i battiti accelerati e mi tremano le gambe.
Odioso, spaventoso e pericoloso. Non trovo un aggettivo, che sia uno, positivo per quell'individuo.
È inevitabile per me pensare a Ratri ora, quella ragazza è in pericolo. Non posso stare zitta, sarò io a dirle la verità, sì, devo farlo, in questo modo potrà andare via e salvarsi e forse... sì, forse potrà distruggerli una volta e per sempre.
Una notifica pone fine ai miei pensieri. Prendo il telefono con ancora le mani che mi tremano, ho un messaggio da mio padre.
Ops, mi ero dimenticata di avergli chiesto di pranzare insieme. Ho un bel po' di domande per lui e mi sono accordata per vederlo proprio oggi perchè è l'unico giorno in cui in clinica lavora solo mezza giornata.
Esco dall'Ateneo e mi dirigo verso il parco. Lo trovo in piedi a braccia conserte e che allarga non appena mi vede.
«Ally!» Mi chiama sempre con quel nomignolo fin da quando ero piccola.
«Papà, dobbiamo parlare.»
Non ho proprio voglia di girarci intorno e dal suo sguardo, diventato cupo nel sentire il mio tono, credo che abbia capito che il discorso sia serio. Annuisce e poi si guarda intorno. Io anticipo le sue parole.
«Non qui, non voglio orecchie soprannaturali indiscrete.»
Di nuovo annuisce senza dire una parola e ci dirigiamo verso la sua auto parcheggiata appena fuori dai cancelli dell'università.
Mentre guida per portarmi, con ogni probabilità, a pranzo alla tavola calda più vicina, emette piccoli sospiri. Non vorrei iniziare in auto il discorso, ma comincia a darmi sui nervi e il suo guidare ai trenta all'ora non aiuta la mia impazienza.
«Ok, senti ho bisogno di alcune risposte da parte tua e voglio la verità.»
«Va bene, anche se non mi piace il tuo tono Ally.» Mi rimprovera, ma fino a prova contraria ho diritto di sapere la verità, sopratutto se si tratta di cose che riguardano anche me.
«E a me non piace scoprire le cose dagli altri.» Asserisco imbronciata mentre mi sistemo sul seggiolino dell'auto in modo da guardarlo meglio in faccia.
«Che cose? Cos'hai scoperto e da chi?» Mi chiede preoccupato con gli occhi sbarrati che però mantiene fissi sulla strada.
«Il tuo caro amico millenario si è lasciato sfuggire un po'di cose l'altra sera.» Gli rispondo sarcastica.
«Hai parlato con Michey?»
«Sì e mi ha detto che tu gli devi un favore o qualcosa del genere.»
Si lascia sfuggire una risatina che mi risulta fastidiosa e inappropriata in questo momento. Al che io sbuffo perché la mia pazienza ha un limite e con lui che mi ride in faccia, questo limite, sta per essere superato.
«Non credo che abbia usato questi termini conoscendolo, ma comunque, in buona sostanza è così. Lui ha fatto un favore a me e io ne ho fatto e faccio tutt'ora uno.»
«Puoi essere ancora più ambiguo se vuoi, figurati, tanto sto solo aspettando delle risposte vaghe io.»
Mi lancia un'occhiataccia di traverso, non credo che il mio sarcasmo gli piaccia, ma non posso farci nulla, io ho bisogno di risposte chiare.
Non mi risponde, tuttavia rallenta. Riporto lo sguardo sulla strada e mi accorgo che siamo arrivati a destinazione. Ferma la macchins e senza dire una parola mi fa un cenno del mento segnandomi il ristorante.
Ok, ho capito parleremo davanti al nostro pranzo.
Ciao a tutti, come state?
Questo capitolo è un po'piu corto perché ho voluto mettere il confronto tra Al e suo padre in un'altra parte per non dividere proprio quel discorso.
Fatemi sapere se fino qui vi è piaciuto. Noi ci vediamo presto con la seconda parte dove scopriremo un bel po'di cosucce sul nostro caro Daniel.
Un besito😘
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