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Capitolo 10 Proposte allettanti (parte terza)

VEICHT

«Che stai...» Prova a chiedere, un po' sconvolta e un po' arrabbiata, ma io la interrompo nell'immediato.
«Mi sono espresso male, vieni con me, ho in mente qualcosa che piacerà anche a te, ne sono sicuro.»

Sì, lo ammetto suona ambiguo, infatti non mi pare molto convinta, anzi, sgrana gli occhi impaurita e scioccata, ma prima che possa ribattere la anticipo.

«Non fraintendermi, bestiolina, parlo della sala da ballo, ti ricordi che c'è un pianoforte, sì?»

Annuisce, ma è ancora molto confusa, per di più ho sempre il suo braccio immobilizzato sotto la mia presa sicura. Per evitare che si spaventi e che mi rifili un no secco alla proposta, la libero con dolcezza. Le continua a guardarmi senza capire fino in fondo quali siano le mie intenzioni. Giuro che in questo momento sono le più nobili, perciò spero davvero che venga con me. Le sorrido, come solo io so fare, e le faccio segno di seguirmi. Lei, dopo un attimo di esitazione, mi segue e io tiro un sospiro di sollievo.
Dopo giorni e giorni, posso di nuovo suonare durante la notte.
Mi è mancato davvero molto farlo, la musica mi tranquillizza e il fatto che Ratri sia svegliata a quest'ora è una vera e proprio manna dal cielo.

Entriamo nella sala avvolta nel buio, accendo solo le applique nella parete vicino al piano, questo rende l'atmosfera un po' più suggestiva. Non che ce ne sia bisogno certo, se volessi fare colpo sulla bestiolina mi basterebbe evitare di essere odioso. Devo ammettere che, se cascasse ai miei piedi, le cose potrebbero diventare ancora più divertenti.

Chissà come reagirebbe il suo "nonnino". Darebbe di matto e sarebbe una perfetta vendetta nei suoi confronti, ma non ho cinque anni e non ho intenzione di sprecare le mie energie a far innamorare di me Ratri.

«Ma non sveglieremo gli altri?»

La sua voce mi distoglie dai miei pensieri e menomale, stavano per sconfinare in un terreno instabile e pericoloso.
Alzo gli occhi al cielo per la sua affermazione del tutto indesiderata.
«Oh, ti prego, non essere pallosa, ho chiuso la porta si sentirà appena.»


Non ci metto molto a convincerla in quanto, guarda la porta, alza le spalle e in fine mi segue fino al mio strumento. Mi accomodo sullo sgabello, mentre lei rimane in piedi, immobile come una statua di marmo. Mi innervosisce il suo disagio, se rimarrà lì impalata tutto il tempo, non ci sarà alcun divertimento.

«Accomodati.» Le dico con un tono morbido e indico con una mano lo sgabello. Questo è abbastanza grande e largo per poterci stare in due senza, però, che lei mia sia d'intralcio mentre suono. Tengo gli occhi fissi sul piano, ne accarezzo i tasti con le punte delle dita. Ho un profondo rispetto per la musica, l'arte che viene ricavata da essa e sopratutto per il mio strumento. Ne sono geloso di come un altro uomo può esserlo di una donna, tanto che non permetto a nessuno di toccarlo nemmeno per spolverarlo, infatti, di solito, me ne occupo io stesso.

Sento il fruscio della sua vestaglia e un lieve spostamento d'aria, alla fine si è decisa a muoversi, bene, era ora. Prende posto accanto a me, ma rimane sul bordo dello sgabello. Paura o disagio? Non saprei definirlo con precisione, ma qualunque sia il motivo, la cosa mi diverte e non poco. È un esserino così strano: ha sempre la risposta pronta a tutto, è orgogliosa e fiera, potrebbe diventare una strega potente, ma stare vicino a me in questa circostanza la agita. Pagherei oro per sapere che cosa prova in questo momento, per conoscere i suoi pensieri.

Si schiarisce la voce e mi ricorda che lei è ancora qui con me. Sono così poco abituato a suonare davanti a qualcuno, che mi sono perso nei meandri dei miei pensieri che ho rischiato di dimenticare la sua presenza. Mi volto verso di lei pronto ad ascoltarla.

«Suoni da molto?»
«Diciamo da sempre, che cosa ti piacerebbe ascoltare?»
Tanto vale far scegliere lei, almeno sarà utile a qualcosa.

«Beh, dipende, che cosa sai suonare?»
«Tutto.» Rispondo di getto, non ci ho pensato che potrebbe strano, ma in fondo che mi frega, è la verità. Suono da quando avevo cinque anni e le prime volte, non conoscendo le note, suonavo a orecchio. Perciò ho imparato a riprodurre tutti i tipi di brani al solo sentirne il suono. Poi, quando ho imparato a leggere le note, le cose sono diventate ancora più facili e adesso, alla veneranda età di centotredici anni, posso dire di saper suonare qualsiasi cosa.

«Sì, certo come no e io so volare.» Afferma con sarcasmo ed io prendo subito la palla al balzo.
«Va bene allora, se io riesco a suonare qualsiasi cosa tu mi proponga, poi tu ti butti dal balcone.»

E tanti saluti alla bestiolina, sarebbe davvero fantastico potersi liberare di lei con questa facilità.
Mi guarda confusa.

«S-sai davvero suonare qualsiasi cosa?»
«Mettimi alla prova e vai sul difficile mi raccomando.»

Questa serata ha preso una piega inaspettata, non credevo che mi sarei potuto divertire tanto.

«Ok, ma... ehm... niente scommesse riguardo a balconi.»
Scoppio a ridere e annuisco. Lei assume un'aria pensosa e dopo qualche minuto mi comunica i brani che ha scelto.

«Andiamo sul classico prima, il lago dei cigni di Tchaikovsky.»

Troppo semplice, ma l'accontento. Poso le dita sul piano e le lascio scorrere tra i tasti mentre eseguo il brano che madamoiselle ha richiesto.

In seguito mi chiede "Per Elisa" di Beethoven e, anche in questo caso, trovo che sia fin troppo semplice. Pensavo che mi avrebbe messo in difficoltà o, per meglio dire,che avrebbe provato. Vado avanti così per una buona mezz'ora, lei continua a chiedermi i classici: Mozart, Grieg, forse l'unico un po' meno scontato tra quelli che ha citato. Poi passa a quelli piu contemporanei tra cui Yiruma e Einaudi. Beh, di sicuro ha una gran bella cultura musicale, ma non ne sono sorpreso, anzi, sarei rimasto deluso del contrario.

Finito l'ultimo brano, mi volto per guardarla, so che è rimasta colpita, ma sono curioso sentire la sua opinione.

«Ti ho convinta?»
«No! Vediamo se davvero sai suonare di tutto, fammi sentire "in the end" dei Linkin Park.»

E brava la bestiolina, alla fine ha raccolto la sfida. La guardo compiaciuto, lei, invece, non sembra per niente convinta che io riesca a farlo. Perciò, quando ho finito la performance, non mi sorprende vederla a bocca aperta, ma non demorde e mi sottopone una serie di canzoni di generi diversi e addirittura canticchia il ritornello di quelle che non conosco. Mi affido molto, in questo caso, alla musicalità della sua voce e risco a sorprenderla tutte le volte. Alla fine, quello che doveva essere un gioco nato da una mia equivocabile provocazione, si è trasformato in una prova musicale che mi ha stimolato sul serio.

Finito l'ultimo brano mi volto verso di lei e incrocio le braccia.

«Soddisfatta, bestiolina?» Potrei andare aventi per ore ed ore e non mi annoierei affatto, anzi, sono quasi esaltato da questo nostro giochino.

«Wow, sei... incredibile, non me lo aspettavo, hai un talento naturale.»

Oh, sì elogiami!

Sono davvero soddisfatto di me stesso e i suoi complimenti non fanno altro che riempirmi d'orgoglio. Non che io non sappia di essere bravo, anzi, rasento la perfezione, ma Ratri è il primo essere umano che mi sente suonare da decenni e poi volevo impressionarla e, a giudicare dall'espressione esterrefatta che ha assunto, ci sono riuscito in pieno.

«Beh, nemmeno tu hai deluso le mie aspettative, sei stata stimolante come avevo previsto.»

Lo penso davvero, anche se può sembrare una sviolinata, suonare di nuovo e vedere lei entusiasta di sfidarmi mi ha fatto sentire spensierato come non succedeva da decenni. Lei mi sorride, poi rivolge lo sguardo al finestrone davanti a noi.

«Oh, abbiamo fatto l'alba.» Afferma e indica i primi e deboli raggi del sole che iniziano a filtrare nella stanza.
Non me ne sono nemmeno reso conto, tanto che ero assorto nella musica.

«Sei libera di andare, se lo desideri.» Dichiaro con un tono di accondiscendenza. Non riesco a rimanere docile per troppo tempo con lei, per quanto sia stato tutto molto divertente, infastidirla e stuzzicarla rimane il mio passatempo preferito.
Lei coglie subito la provocazione, inarca un sopracciglio e si imbroncia.

«Non credo di aver capito bene, mi stai forse dando il permesso?»
«Esatto, hai il mio permesso.» Confermo, senza guardarla in faccia anzi, la scaccio con un gesto della mano. Lei si inververa, com'era prevedibile e scatta in piedi su tutte le furie.
«A me non serve il consenso di nessuno, se avessi voluto me ne sarei potuta andare in qualsiasi momento e...»
Mi basta un'alzata del capo per farla tacere, penso che il mio sguardo dica tutto, ma ciò nonostante, preferisco chiarirle il concetto, in modo tale che rimanga impresso in quella sua testolina in maniera perenne.
«No, io non credo. Se ti do un ordine tu esegui e siccome ora inizi a darmi fastidio, non hai solo il mio permesso, ma l'obbligo di lasciare questa stanza all'istante.»

Spalanca occhi e bocca, lo sconcerto la fa da padrone su quel viso da bambina incorniciato da una massa folta di riccioli disordinati che la rendono, ai miei occhi, ancora più tenera e piacevole. Ma tutto vuole tranne che essere dolce: è arrabbiata anzi, infuriata, il suo corpo è caldo e tutto il sangue è concentrato nella zona del viso. Sta per sbottare e lo fa.

«Non puoi ordinarmi alcunché e comunque non rimarrei qui un minuto di più.» Mi punta un dito contro e alza la voce. Potrei farglielo ingoiare se volessi, o meglio, se potessi, ma mi limito a guardarla con un sorrisetto beffardo.
«Eppure sei ancora qui.» Affermo per sfidarla, sono curioso di vedere quale sarà la sua reazione.
Mi fissa incredula delle mie azioni e scuote la testa, la sua delusione è palpabile. Sbuffa dal naso, fa per parlare, ma ci ripensa, serra le labbra in una smorfia che è un misto disgusto e rabbia e, infine, mi volta le spalle e se ne va con un'andatura degna di un soldato in marcia. Sbatte con violenza la porta dietro di sé e la sento correre su per le scale.

Una dolce e fragile bestiolina che tenta di raggiungere la sua tana per sfuggire al predatore. Se solo sapesse quanto è inutile la sua fuga, se avessi ancora voglia di divertirmi potrei salire, tormentarla fino a farla impazzire, ma in fono non è quello che voglio. Piano piano dentro di me si fa strada un altro tipo di pensiero nei suoi confronti e il mio cervello si mette in modo verso una nuova consapevolezza. Forse posso sfruttare la sua permanenza qui a mio vantaggio, diventerà davvero il mio svago, la mia distrazione da un'eternità di giornate tutte uguali, scandite solo dal lento passaggio dal giorno alla notte.

Lei, così diversa dalla maggior parte delle donne che ho conosciuto, non ha perso la testa per me, non ha paura di me, mi tiene testa e questa cosa mi fa impazzire, mi innervosisce eppure mi da anche soddisfazione.
È un gioco pericoloso il mio, ma sono pronto a testare i suoi limiti così come i miei. Mi chiedo se la sua mente sarà in grado di sopportare tutto questo. Chissà se è davvero forte come sembra, o la sua è solo una maschera per nascondere le sue fragilità che io sono intenzionato a scovare e sfruttare.

Dormi tranquilla bestiolina, il mio gioco è appena iniziato e per ora ho tutte le carte a mio vantaggio.


Ciao a tutti, come state ?

Spero che questo capitolo sia stato abbastanza intenso e che vi sia piaciuto.

Finalmente Veicht ha potuto suonare di nuovo, ma come sempre riesce in fine a rovinare le cose.

Qualcuno si chiede se sia bipolare, in un certo senso, sì lo è.

Ho creato un personaggio complesso e non è facile entrare in empatia con lui, ma vedrete che a tutto c'è una spiegazione.

Noi ci vediamo al prossimo capitolo con il punto di vista di Ratri.

Un besito a tutti 😘

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