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Capitolo 8

La telefonata giunse a pomeriggio inoltrato e totalmente inaspettata.

Quando Terry accettò la chiamata da parte di quel numero sconosciuto non si aspettava di certo che si trattasse dell'ospedale: una signora dalla voce bassa e gentile l'avvisava che Marcus Fremont era stato ricoverato in rianimazione in seguito a una brutale aggressione.

Il cellulare sfuggí di mano alla donna e cadde a terra con un rumore sordo, che lei non udí minimamente.

Terry non si fermò a pensare. Prese le chiavi della macchina, che aveva lasciato sul tavolo della cucina, e abbandonó la villa in fretta e furia. Fortunatamente i giardinieri erano andati via una mezz'ora prima, altrimenti avrebbe dovuto dare spiegazioni che non si sentiva di fornire.

Guidò come una pazza e solo grazie a un'immane dose di fortuna non venne fermata per eccesso di velocità.

Arrivata in ospedale, parlò in maniera concitata all'infermiera dell'accettazione, che si mostrò empatica e cortese. Diede il numero della camera a Terry e le disse di raggiungere il terzo piano: la donna non se lo fece ripetere due volte e corse immediatamente verso l'ascensore.

Entrò e premette il pulsante col numero 3 in modo talmente frenetico che pregò non si rompesse. La salita fu rapida e Terry riuscì a trovare la camera di Marcus al primo colpo.

La porta era aperta. Lei si fermò sulla soglia e le lacrime,che aveva trattenuto fino a quel momento, esondarono: il suo migliore amico giaceva su un letto bianco dall'aria scomoda, con un tubo in gola e bende che gli coprivano la maggior parte del torace. Il volto era pieno di graffi e aveva un occhio nero.

Terry si avvicinò a lui in punta di piedi e gli posó una mano sulla guancia, in un pezzetto di pelle sana e intonsa.

«Marcus... che ti ha fatto?» mormorò la donna, abbassandosi per dargli un lieve bacio sulla fronte.

Le molteplici macchine che attorniavano il letto le dicevano che Marcus era vivo, però lei voleva vedere i suoi occhi aprirsi e la sua bocca sorriderle in maniera dolce e irritante come faceva spesso. Solo allora avrebbe trovato un po' di pace.

Con una mano, gli strinse le dita inerti e fu colta da un senso di consapevolezza che quasi la tramortí: non poteva vivere senza Marcus al suo fianco.

Il suo cuore perse un battito mentre la sua anima metteva insieme i pezzi. Non aveva mai capito quanto amava Marcus finché non l'aveva visto indifeso e malconcio in quel letto d'ospedale.

La donna si avvicinò nuovamente all'uomo sopito e gli sfioró le labbra screpolate con le sue, in un evanescente bacio, per poi asciugarsi le lacrime con dita tremanti.

«Questa storia deve finire» affermò in tono deciso, uscendo dalla stanza di Marcus.

Fece il percorso a ritroso, a passo spedito, pronta ad andarsene dall'ospedale per fare una lunga chiacchierata con Peter, però venne fermata da un giovane infermiere. Il ragazzo, dai capelli chiari e lo sguardo gentile, gli porse un sacchetto trasparente, dove vi erano contenuti alcuni effetti personali del suo migliore amico.

Terry lo ringraziò e si sedette in un angolo della grande sala d'aspetto, posta accanto all'accettazione. Aprì il sacchetto e controlló il contenuto: vi era il portafoglio, il cellulare e poco altro.

La donna recuperò il telefonino e provò ad accenderlo. Seppur malridotto, il cellulare prese vita con una lieve vibrazione: Terry diede una veloce scorsa al registro delle chiamate, ai messaggi invitati, a tutto quello che poteva aiutarla a capire cos'era accaduto al suo amico.

«Beccato» sussurró non appena ascoltò un vocale che aveva registrato Marcus poco prima dell'aggressione.

L'uomo le aveva lasciato un messaggio in cui raccontava in maniera dettagliata tutto ciò che aveva scoperto nella cittadina di FortHill. Terry capì che il colpevole era Peter, anzi Albert, e che lei si era comportata da stupida.

Se non si fosse invaghita di Peter White, una persona che nemmeno esisteva, Marcus non si sarebbe trovato in fin di vita in ospedale.

Tocca a me sistemare le cose!

La donna, col sacchetto stretto in mano, abbandonó l'ospedale e prese la macchina: direzione FortHill.

Giunse in quella cittadina quando il sole ormai era calato e le strade erano meno trafficate. Ascoltò più di una volta, il vocale che aveva registrato Marcus: un po' per risentire la calda voce dell'uomo, un po' per capirsi meglio fra quelle vie sconosciute.

Arrivò a casa di Peter senza intoppi. Parcheggió l'auto accanto a un albero che la nascondeva e rimase a bordo. Dalla casa, infatti, stava uscendo una persona, che lei riconobbe come il suo finto fidanzato, quindi attese nel veicolo finché l'uomo non fu scomparso all'orizzonte.

Solo allora scese e si presentò alla porta di casa. Bussó un paio e una donna dagli abiti eleganti venne ad aprirle.

«Buonasera. Posso essere d'aiuto?» le chiese, con un incerto sorriso in volto.

«Forse posso esserle d'aiuto io» replicó Terry, stringendo le mani a pugno e facendosi coraggio «Si tratta di Albert.»

La padrona di casa si fece da parte e Terry poté entrare in casa. L'abitazione era splendida, riccamente arredata e colma di foto di famiglia. Una fitta al cuore fece fermare Terry: non poteva distruggere la felicità di quella donna, raccontandole la verità sull'uomo con cui condivideva la vita.

«Io...» esordí la signorina Sweet, arretrando di un passo, confusa e indecisa su come procedere.

Proprio quando stava per fare marcia indietro, la porta si spalancó e Peter, alias Albert, si palesó, facendo sobbalzare Terry di paura mista a determinazione.

«Ciao, Peter» disse lei, con un ghigno in viso «Mi mancavi così tanto che sono venuta a trovarti.»

La donna sconosciuta ferma alle sue spalle trattenne il fiato e fissó Albert a bocca aperta, senza capire appieno cosa stava succedendo. L'uomo, dal canto suo, si trinceró dietro una maschera di impassibilitá e allungò una mano verso Terry, prendendole un polso in una morsa d'acciaio.

La donna ansimó di sorpresa e tentó di liberarsi senza successo, dando iniziò a una sorta di tiro alla fune. Albert strinse i denti e diede uno strattone, sbilanciando Terry che si trovò quasi a terra: solo la forza dell'uomo le impediva di cadere.

Albert la trascinó fuori di casa e la sbattè contro un albero. Non disse nulla, ma ormai non servivano le parole: era tutto finito.

Terry non riuscì a trattenere un sorriso di vittoria, cosa che fece infuriare l'uomo, che trasse dalla tasca un coltello serramanico. La signorina Sweet scappò lontano da lui, però nel buio non riuscì a ritrovare la sua macchina e sbaglió direzione, ritrovandosi nel bel mezzo del boschetto che circondava casa Stone.

Nell'oscurità della notte, si udiva solo il respiro affannoso della donna.

Un fruscio l'avvisó dell'arrivo dell'uomo, che le si scagliò addosso con tutta la potenza derivata dalla disperazione: Albert sapeva che ormai la sua vita era finita, ma voleva eliminare la causa di tutti i suoi guai.

Terry si difese con tutte le sue forze e i due rotolarono in quella piccola radura, cercando di sopraffarsi a vicenda. La donna vide un bagliore argenteo dirigersi verso la sua gola esposta così allungò entrambe le mani, strinse con sorprendente forza il polso maschile che trovò e lo storse.

Un singulto di sorpresa e lei si liberò del peso immane di Albert.

L'uomo cadde a terra, riverso sul fianco, con il manico del coltello ch gli sporgeva dal petto, ora immobile.

Adesso sì che è tutto finito!

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