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12 - Il diversivo


Iolanda porta la tazza di caffè alla bocca, mentre visualizza il primo messaggio di una giornata che si prospetta molto laboriosa. Quando legge che il mittente è Leopoldo, sbraita tra sé: questo idiota alle nove di mattina già rompe i coglioni.

Poi spalanca gli occhi incredula mentre legge: mi sono sbagliato, non ci sono talpe alla nord. Devono averlo minacciato. Pensa, Non dovevo fidarmi di un tale imbecille.

Prima di digitare una minaccia aperta che lo farà cacare sotto, si sporge e resta a fissare il cortile. C'è movimento. Un movimento sospetto.

Le vedette sono tre, e stamattina corrono da un capo all'altro del Quadrilatero come avessero i razzi nel sedere.

Dal balcone della cucina, Iolanda osserva una vedetta bussare forsennata alla serranda di donna Tina, un'altra infilarsi nel market di Italo, e l'ultima sta citofonando a lei.

Si affretta claudicante a raggiungere l'apparecchio all'ingresso, e lo strappa di mano a suo marito che stava rispondendo. Spinge un tasto e permette alla vedetta di salire, sarebbe imprudente chiacchierare al citofono.

«Che succede?» Chiede Romano, in mutande. «Pure in un giorno di festa! Ma chi è a quest'ora del mattino?»

«C'è fermento, Gustavo ha mandato le vedette» dice lei, lapidaria.

Romano sbianca: «Sarà per la festa che inizia alle diciotto?»

Iolanda sospira sonora e non risponde.

Spalanca la porta blindata e l'ascensore tonfa sul piano, il ragazzino zingaro mandato da Gustavo è arrivato.

Iolanda fa un passo avanti e suo marito la segue. Mentre si domanda se sia il caso di farlo entrare in casa col rischio che quella noiosa svizzera si svegli e lo veda, il ragazzino romeno si avvicina a lei e, in un italiano stentato dice: «Smantellare i tunnel. Entro le tredici.»

Iolanda ha un colpo al cuore che per poco non le fa perdere l'equilibrio. Afferra per la maglietta il ragazzino e lo tira fino al suo mento: «Che cazzo vorrebbe dire?».

«Ci ha contattato l'uomo che abbiamo al Comune: per le tredici è prevista la derattizzazione» spiega lui.

Romano tuona alle sue spalle: «Porca puttana!»

Iolanda sussurra incarognita tra sé: «A chi cazzo è venuto in mente di ordinare la derattizzazione?» e subito si volta furente a guardare suo marito, «se scopro che è colpa di tua nipote, quella demente fissata con l'ACEA, giuro su Dio che l'ammazzo con queste mani» tira su i palmi e li mostra a Romano.

Lui insorge: «Ma che dici, donna! Ma che c'entra la ragazzina! Le derattizzazioni per gli impianti fognari le ordina il Comune!»

Peccato che loro al Comune abbiano tre funzionari corrotti che mai avrebbero permesso di derattizzare i tunnel. E le viene in mente quel grassone che ha accompagnato Anna da loro.

«Lei e quel maledetto funzionario che le lecca il culo dall'inizio...» spinge via il ragazzino e suo marito con due manate sincroniche, e corre nella sua camera da letto per agguantare dal comodino il cellulare delle emergenze, un usa e getta di vecchia generazione, che stabilisce una linea diretta con Gustavo.

Pochi squilli e Adrian passa la chiamata a Oscus che la passa a Roman che infine la passa a Gustavo.

«Cosa diavolo vuoi?» la voce bassa e baritonale del capo la butta in ansia come nessuno al mondo.

«Derattizzazione?» dice solo.

«Ho già allertato donna Tina, fate sgombrare i tunnel, lei a nord, tu a sud» replica lui, con voce ferma.

«Non possiamo smantellare! Abbiamo carichi enormi per via della festa, che tra l'altro inizia alle diciotto di oggi!»

«Immagino che la polizia prepara un blitz, e inizia prima della festa con la scusa della derattizzazione» spiega Gustavo, senza verbi e senza inflessioni accorate, con una voce sussurrata, e un accento inquietante.

Iolanda riflette nel panico, non può essere: un blitz?

Guarda caso proprio a pochi giorni dall'arrivo di quella ficcanaso nelle loro vite.

Cerca di trovare una soluzione, e nella sua mente arriva l'idea.

Con un ghigno e un sospiro annuncia: «Gustavo, non ti preoccupare, oggi al Quadrilatero non ci sarà nessuna derattizzazione. Credo di aver trovato il modo di liberarmi di due problemi con una sola mossa» così dicendo, chiude la comunicazione e ghigna tra sé, fissando dalla finestra la piazza con i banchi allestiti e ancora coperti dai teli.


«La smetta di tampinarmi, Alberti» il Ministro fa cenno alla sua guardia del corpo di non preoccuparsi, e lascia che lui si accosti al suo fianco.

«Ha rischiato che la prendessero a pugni» aggiunge il Ministro, riferendosi alle sue guardie. Sulla soglia del portone che conduce in Parlamento, lo guarda sbuffando: «Alberti, si rende conto che mi sta chiamando dalle due del mattino e che si è presentato qui senza invito? Che le prende? È sempre stato un funzionario integerrimo, e ultimamente è diventato petulante in modo quasi insopportabile... mi scusi un momento» la predica si interrompe con l'arrivo di una chiamata.

Il Ministro fa qualche passo per allontanarsi da lui, e parla al cellulare assumendo un minuto dopo l'altro, smorfie di incredulità. Quando mette via l'apparecchio, resta immobile qualche istante a fissare le proprie scarpe, prima di decidersi a tornare verso di lui.

«Allora...» gli dice nervoso, «cosa voleva dirmi di tanto urgente?»

Alberti si fa forza: «Vorrei chiederle di bloccare la derattizzazione prevista per le tredici al Quadrilatero, ordinata dall'antidroga per dare il via a un blitz che...»

Il Ministro alza il palmo e lo blocca: «Non so cosa le freghi di un blitz in un quartiere di criminali, Alberti, ma a quanto pare la questione non dipende più dall'antidroga.»

Alberti è spiazzato: «Che... che significa? E da chi dipende?»

Il Ministro fa per entrare e gli parla di spalle, mentre svanisce nell'atrio dell'edificio: «Dalla omicidi.»

La omicidi? Alberti ha un mancamento e si appoggia contro il muro esterno del palazzo. Che diavolo avranno combinato laggiù, stavolta?

Forse per Anna non c'è più speranza.

Si accascia.

 Ha dormito sì e no due ore, è a pezzi. Uscito dalla doccia fissa il suo petto nudo nello specchio: «Maledizione» sussurra nervoso, «quel dannato microfono» osserva il segno lasciato dall'adesivo che gli ha portato via pelle e peli. «Peggio di una ceretta» lo afferra, e in un sospiro se lo rimette addosso, sperando che non gli procuri altre abrasioni. Non fa in tempo a infilare l'auricolare, che ascolta una conversazione accesa tra due o tre voci sovrapposte.

«Hanno transennato la zona, e le uscite dai tunnel sono piantonate!» ringhia uno.

«Maledetti criminali bastardi!» urla un altro.

«Abortire! Abortire!» ordina un altro ancora.

«Via, via» ora riconosce la voce di Gelsi. «Fate tornare indietro il camion degli operatori, non devono avvicinarsi alla scena del crimine!»

David è sconvolto: ma che sta succedendo? Gli operatori? La scena del crimine?

Pigia le dita contro la chiocciola auricolare per ascoltare meglio, una serie infinita di interferenze gli impediscono di capire ogni parola.

Poi un fischio lo stordisce e una voce allarmata urla: «Cazzo, la comunicazione era aperta!»

Si sono accorti di lui, David trattiene il respiro, poi il suono si interrompe e nell'auricolare non sente più nulla.

Infila in rapidità una maglia, vuole approfittare di quella tregua dall'intercettazione, per raggiungere la sua famiglia, e si fionda verso la scala interna che conduce al negozio di sua madre.

Le urla di Alfredo si ascoltano dal corridoio.

Lo trova a gridare inferocito sulla faccia di sua madre.

«Te lo giuro! Non sono stato io!»

Donna Tina lo spinge via e gli punta contro la forbice da lavoro, affilata al punto che nella penombra della sartoria risplende. «Ti avevo detto ti rompergli un osso, non di tagliargli la carotide!»

Il cuore di David accelera. Si fa avanti e dice: «Che cazzo è successo?»

I due si voltano a guardarlo: suo fratello col volto atterrito, sua madre rossa e chiazzata per i nervi tesi.

In quel momento un suono gli fischia nell'orecchio: stanno ripristinando la comunicazione con lui, non deve per nessuna ragione far ascoltare alla polizia le discussioni della sua famiglia.

«Me lo dite dopo!» e si dilegua tenendosi la pancia, come uno che corre in bagno.

Ma corre a infilarsi la tuta: deve entrare nel tunnel e raggiungere il cortile, poi fingerà di essere appostato per loro, e nel frattempo cercherà di capire cosa diavolo sta succedendo stamattina al Quadrilatero e a poche ore dalla festa.

Appena fuori da una delle siepi, nell'aria si avverte un susseguirsi di cantilene provenire dalla muraglia che circonda il quartiere. David osserva il cortile e capisce che si tratta di sirene, tante sirene. Ambulanze, autopattuglie, autocivetta, blindati.

Prosegue solerte verso l'entrata al Quadrilatero e si affaccia sconvolto a osservare la strada che divide il suo quartiere dal campo nomadi, e che ora è presa d'assalto da un mucchio di gente ed è asserragliata da nastri gialli che delimitano il perimetro e poliziotti che vanno avanti e indietro.

Non ci mette molto a inquadrare dei numeri a terra e un lenzuolo che copre un corpo.

Fa per avvicinarsi ancora, quando la voce di Gelsi gli tuona nell'orecchio: «Edmond Dantés, dimmi, lo hai ucciso tu, quel poveraccio?»

I passi di David si arrestano all'istante. «Chi?» sussurra guardandosi intorno, per assicurarsi di non essere visto a parlare da solo.

«Come chi? Ci hai fatto le ore piccole a minacciargli pure la sorella» ridacchia Gelsi.

David non replica, è sconvolto.

«Immagino di no, che non sia stata opera tua» riprende Gelsi. «Tu al massimo lo avresti ucciso a librate in testa, e quello ha la gola tranciata.»

Leopoldo. Morto. Ma come... chi...

Gelsi riprende: «Avete vinto una battaglia, ve lo concedo, con la omicidi tra le palle, per un po' non fregherà un cazzo a nessuno dei vostri panetti di coca, ma non vincerete la guerra. Dillo a quegli assassini dei tuoi vicini di casa.»

Una mano si posa sulla sua spalla facendolo sussultare.

«Povero Leo, in fondo era un brav'uomo.» Italo gli parla di lato, osservando la scena.

David indaga temerario, pur sapendo di essere registrato, convinto che la polizia in ascolto sappia già quello che deve sapere, e in fondo, se dalla conversazione uscisse fuori che è stato Italo, a finire dentro avrà quel che si merita, dato che è un pedofilo e un trafficante.

«Hanno ammazzato Leopoldo? Chi è stato?» domanda a Italo.

Nel suo orecchio, la voce di Gelsi gongola: «E bravo coglione, vedi che quando ti impegni fai le domande giuste e diventi utile?»

Italo sbuffa, nell'atto di infilare le mani nella tasca del grembiule. Poi gli rivolge un'occhiata divertita: «L'ufficio d'igiene voleva derattizzare le cantine» racconta come fosse una fiaba per un bambino, «e serviva un diversivo per farli tornare a casa. Oggi c'è la festa, se facevano la derattizzazione, ci rovinavano tutte le torte.»

David finge di annuire e sorridere, ma dentro ha il gelo: un diversivo. E se davvero fosse stato suo fratello a uccidere Leopoldo?

Poi torna indietro col ragionamento ed esclama sconvolto: «Volevano derattizzare?».

Italo fa per andarsene, vuole raggiungere la folla di curiosi che si accalca attorno ai nastri, e intanto dice: «Ebbene, sì. Volevano liberare i tunnel dai ratti. Ma mamma Iolanda non era d'accordo, c'è la festa, e lei per andarci ha comprato l'abito buono; perciò, ha trovato un diversivo per farli stare tutti fuori dalle balle, 'st'infamoni.» indica il cadavere e la gente radunata a scattare foto mentre la mortuaria cerca di tenere lontani i curiosi. «Vedi? Mica si può pensare ai ratti, mentre è morto un uomo... pure un brav'uomo!» finisce così come ha cominciato, e svanisce nella folla.

Iolanda? È stata lei...

Molto furba, pensa David. Ha scaricato il morto fuori dalle mura, così adesso nessuno entra e nessuno esce... e la gente farà festa indisturbata.

David deve solo sperare che Leopoldo, prima che gli tagliassero la gola, non abbia vuotato il sacco sul loro incontro notturno, o il prossimo a finire sgozzato sarà lui. E prova pena per Leopoldo, ucciso per evitare la derattizzazione. Il blitz si avvicina.

Mentre torna indietro per raggiungere la sartoria, David parla sottovoce: «Ti avverto, Gelsi, non lo puoi fare il blitz, se prima non ritrovi mio padre.»

Nel suo orecchio Gelsi ride. «Oh Cazzo. Tu mi avverti!» ride, ride... poi diventa serio, «se credi che ti mando l'invito al blitz, ti sbagli, coglione. Sarà una sorpresa anche per te.»

David si ferma davanti al portico, e ringhia basso: «Se non ritrovi mio padre, sarai tu ad avere una sorpresa, Gelsi.»

Nell'auricolare sente un urlo: «No! Fermo, cazzo!».

E con un colpo da lanciatore, David frantuma lo specchio che nasconde la telecamera attaccata al palo della luce, e di seguito, con altre due sassate, spacca l'occhio che ora era orientato proprio su di lui.

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