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Capitolo 48

Era arrivata l'ora della verità,
delle carte scoperte,
di un fiore calpestato
da tutta la vita.

Il fuoco aveva infiammato il terreno, inaridito quel poco che era rimasto del loro giardino. Un giardinetto a dir poco misero, ma unico nella sua semplicità. Non un giardino di fiori come tutti gli altri, ma di rose rosse come il sangue che si riversa sul loro stelo verde. L'umano che si scontra con la natura, un omicidio che decapita la purezza. Quel giardino non esisteva più, ormai  bruciato da vortici di fuoco che incandescenti, si erano avventati sul suo prato, sulle sue foglie verdi, e poi sulle sue spine e sugli steli di quelle rose che avevano bisogno solo di amore. Anche loro erano state incenerite. E cosa vi era rimasto, se non il crepitio delle fiamme che vivido andava man mano scemando, e aumentava di nuovo. Senza pietà, senza tregua. E poi, subito un boato e poi, subito il silenzio.  E cosa vi era rimasto, se non un misero salto nel nulla, la morte.             - Papà... - una sola parola o semplicemente due emissioni di suoni che vennero fuori innaturali dalle labbra di Brigitte. E come una goccia che essuda in una pozzanghera, una lacrima le scalfì il viso. E bruciava, bruciava come non mai. Sentiva quel fuoco zampillare in corpo, tanto da impedirle di parlare. Tutta la sua vita era stata un'eterna menzogna, una fiaba per mocciosette senza lieto fine. Come poteva essere suo padre anche lo stesso che aveva ucciso sua madre? Non riusciva a darsi pace per questo. Anni buttati a cercare la vendetta, a cercare il responsabile della sua sofferenza, quando in realtà lo aveva sempre avuto davanti.                                                                          - Vedo che alla fine siete riusciti a trovarmi - affermò lui quasi soddisfatto, al contrario di sua figlia, ormai rimasta impassibile. Lo scrutò intensamente mentre ondeggiava su quella sedia girevole che avrebbe voluto spaccare in due. Era lo stesso di quattro mesi prima, ma con l'unica differenza di essere anche il Capo. Lo fissò con disprezzo come se avesse avuto un mostro davanti. E forse lo aveva davvero. Poi però, abbassò lo sguardo. Non ebbe il coraggio di guardare in faccia quell'uomo egoista che le aveva dato la vita per poi riprendersela.               - Perchè  tu sei qui? - si sforzò di domandargli Brigitte. Sapeva già qual era la risposta. Eppure non voleva credere che suo padre fosse il Capo. Era  impossibile.                                                        -  Ma come, sono l'uomo che hai sempre cercato per anni. L'uomo che hai addirittura tentato di uccidere - rispose lui, facendo il finto dispiaciuto. Non lo aveva mai sentito parlare con un tono del genere. Quell'uomo che conosceva da diciannove anni non era mai esistito - Che poi, come si fa a voler uccidere un padre? - si chiese tra sè, troppo concentrato ad accendersi quella sua solita sigaretta. E Brigitte avrebbe voluto saltargli addosso. Aveva sempre odiato il fumo, e lui lo sapeva - Ma non fa niente, vuol dire che ti ho addestrato bene - trasse le sue conclusioni, portandosi alla bocca quel veleno che l'avrebbe presto ucciso. Era vero, era rimasto uguale, ma la voce era identica a quella di un vecchio fumatore accanito.                                                                              -Vuoi davvero venire tu a parlarmi di uccidere? - scoppiò Brigitte. Non si sarebbe mai fatta fermare dal fatto che fosse suo padre. Anzi, per lei ora non lo era più - Tu, che hai ucciso tua moglie! Tu, che hai ucciso migliaia di persone e continui a farlo! - ormai era diventata una iena. Non riusciva a restare calma. Aveva voglia di piangere e urlare, urlare e piangere  di nuovo. Ma dovette reprimerla. Ora era il momento di sbollire la rabbia contro colui che l'aveva creata - E poi dove era finito quell'uomo che voleva ricominciare, che non era stato in grado di darmi un'infanzia felice perchè troppo impegnato a fare il vedovo addolorato, o perchè troppo ferito per le guerre in Afghanistan? -  sbottò Brigitte tutto ad un fiato, come se non riuscisse più a trattenere quelle parole che aveva tenuto sulla punta della lingua - Ah, già. Tu non sei mai stato in guerra. Tu, hai fatto la guerra - aggiunse questa volta rallentando. Si era resa conto soltanto adesso di come le avesse sempre mentito - Mi fai schifo -  gli disse chiaro e tondo, con voce più decisa che mai e iniettando tutto il suo odio negli occhi del padre. Tra tutte le incertezze della vita, questa era l'unica sicurezza. L'unica cosa che non fosse una menzogna.                     - Su, dai, ora non fare la melodrammatica - gli rispose composto, come se tutti i suoi commenti non lo avessero toccato minimamente - Non sei poi così innocente come credi. Dimmi, come sei giunta fino a qui? - la provocò, e lei non si degnò di ribattere - Te lo dico io: hai ucciso e ferito un sacco di persone. Alla fine non siamo poi così diversi - la punzecchiò, ma Brigitte rimase immobile. Aveva ragione, si era comportata come lui. Aveva fatto di tutto pur di conoscere quel farabutto che aveva distrutto le Torri Gemelle. Ferire, uccidere, lottare. Ma non per questo poteva insinuare che fossero uguali. Loro due non avevano mai combattutto la stessa battaglia.                - Noi due non siamo uguali - replicò ringhiando, proprio come un cane che sta per abbaiare.                      - Ah no? Andiamo, sei mia figlia. Sangue del mio stesso sangue -  disse, tirando un'altra boccata - Se sei così oggi è soltanto grazie a me, altrimenti saresti stata una frignona come tutte le altre - aggiunse orgoglioso - Anche se, c'è abbastanza ingenuità in quello che fai. Infatti è sempre grazie a me se sei qui oggi - affermò.      - Che cosa intendi dire? - gli chiese confusa.        - Devo dire che cercare di sedurre tuo fratello quel giorno in hotel per estorcergli informazioni non è stata una mossa intelligente -  tirò in ballo William Smith con un sorriso furbo disegnato sulla faccia.                                 - Mio fratello? - ribadì Brigitte più confusa di prima. Guardò Tobias e il suo volto non avrebbe fatto invidia nemmeno a un cadavere. Come poteva essere suo fratello? - Non dovresti interrompere tuo padre mentre parla Brigitte. Te l'ho sempre detto - le rispose, e avrebbe voluto veramente prenderlo a pugni come aveva fatto quell'undici settembre. Non le importava un tubo delle sue lezioni di Bon Ton adesso. Voleva sapere la verità.                     - Allora dicevo...ah, che non mi hai lasciato altra scelta. Era l'unico modo che avevo per addestrarti e tenerti vicino. Pensi che saresti ancora viva se non fossi stata mia figlia? Per tutte le cose che hai combinato, saresti già morta - finì di dire lui,  accompagnato da una risata sarcastica.                - Uccidimi adesso se proprio ci tieni - lo sfidò Brigitte. Sapeva quanto odiasse anche lui essere provocato. Ma se le condizioni erano queste, non poteva evitarlo - Hai compiuto tanti crimini. Macchiartene di  un altro non ti cambierà la vita, no? - gli chiese con tono saccente.                       - Be', sarebbe un peccato ucciderti proprio adesso che stavo per proporti qualcosa - contraccambiò lui, e avrebbero continuato all'infinito se qualcuno non li avesse fermati.         - In realtà non me ne frega niente di quello che vuoi propormi - reagì lei sempre sulla difensiva - Ma ti lascio parlare - aggiunse con nonchalance.                                                                   - Allora parlerò con l'altro mio figlio. Quello che mi ha sempre ascoltato e obbedito fino a quando non sei arrivata tu - stavolta sembró essere più aggressivo. Eppure nemmeno  la strafottenza di Brigitte gli impedì di continuare il suo discorso.
- Quello che voglio dirvi è che da domani il potere sarà nostro - sentenziò convinto lui, accartocciando la sigaretta ormai spenta. - Nostro? - rispose Tobias, con tono intimorito. Non aveva mai avuto paura di niente lui. Eppure se c'era qualcuno che lo aveva sempre terrorizzato, quel qualcuno era il Capo. - Hai capito bene. Come ben saprete, fino a oggi sono riuscito ad assediare dieci paesi. L'Italia, la Spagna, la Francia, l'Inghilterra, la Germania, la Russia, la Turchia, la Cina, l' Egitto e la Tunisia sono tutti sotto il mio possesso - disse, proiettando sulla parete alle sue spalle una carta geografica. Le nazioni conquistate erano state evidenziate da dei pallini rossi.
- Tutti tranne uno - lo anticipò Brigitte. Sapeva già doveva voleva andare a parare. Ormai non era più così imprevedibile come credeva che fosse. Era solo un vecchio rimbambito che bramava il dannato potere. Ma non sapeva di averlo già perso - Tutti tranne gli Stati Uniti.
- Brava Brigitte, vedi che mi conosci bene. Domani 11 gennaio, ci sarà l'attacco finale a Washington, alla Casa Bianca. Poi, il mondo sarà nostro - concluse facendo riecheggiare una stupida risata malefica nel suo studio.
- E da noi cosa pretendi? - lo troncò Tobias con una punta di irritazione.
- Dopo l'attentato di domani, voglio che voi due prendiate il mio posto. Siete sempre stati dei leader, non sarà difficile per voi portare avanti quest'incarico - i tre si scambiarono delle occhiate che andavano dallo spavento allo stupore. Tranne quella di Brigitte che era ferma, come se avesse un muro davanti.
- No - ribatté secca, ricambiando tutti quei no ricevuti da bambina. La sua vita era stata piena di no. Ed era arrivata l'ora che ne ricevesse anche lui qualcuno - Tanto non ce la farai mai.
- Sapevo che avresti risposto così. Tu sei...
- Non mi interessa sapere cosa sono. Ora le domande le faccio io - lo interruppe bruscamente Brigitte - Spiegaci, perché hai detto che Tobias è mio fratello? - chiese Brigitte, domandando quello che tutti volevano sapere.
- Avrei ripreso questo punto più tardi ma vedo che siete impazienti di sapere - contestò divertito - Allora, devi sapere che molti anni prima che mi sposassi con tua madre avevo un'altra ragazza. All'epoca andavamo al liceo. Lei rimase in cinta e i suoi erano contrari alla nostra relazione. Perciò la costrinsero a partorire e a dare via il bambino - finì di dire lui. Non sembrava né triste né felice. E poi chissà se stava dicendo la verità.
- E quel bambino sono io? - si chiamò in causa Tobias.
- Sì, e tua madre è Jane Johnson.
- Jane Johnson? - ripeté Jackson, che era stato dall'inizio in silenzio. Si erano ritrovati da cercare un delinquente criminale a fare una riunione di famiglia - Ma è mia madre... - continuò Jackson, più sorpreso che mai.
- Tua...madre? - ripeté titubante Tobias voltandosi nella sua direzione. Anche Brigitte si girò guardandolo scioccata. Non potevano crederci. Jackson e Tobias, che si erano odiati a morte dal primo istante che si erano conosciuti, ora avevano scoperto di essere fratelli. O questa era una fottuta bugia, o un incubo dal quale non riuscivano a svegliarsi.     - Io non ci credo - ribatté Jackson - Ti stai inventando tutto - aggiunse digrignando i denti. Stava sballando tutto con le sue miserabili verità.
- Quindi mi starei anche inventando che io ho ucciso tuo padre - Jackson rimase di stucco. Lo sapeva che era stato il Capo, ma sentirselo dire direttamente da lui gli fece un brutto effetto.
- Eh già - proseguì William Smith vedendo l'espressione sul suo volto - Ricordo ancora quel giorno. Io, tu, tua madre e Brigitte stavamo tornando a Palermo con il mio jet privato. E proprio quando stavamo per partire è arrivato tuo padre - rivelò, iniziando a sfogliare dei fogli. Si stava già scocciando di parlare? - Non si rassegnava al fatto che Jane lo avesse lasciato per stare con me. Urlava, piangeva. Insomma, era patetico. Allora l'ho fatto fuori - concluse la sua storiella, con tanta di quella disinvoltura che non sembrava stesse raccontando di aver ucciso un uomo. Anzi, un padre con un figlio. Quante vittime aveva fatto in tutta la sua vita?
- Sei un bastardo - ringhiò di nuovo Jackson. Brigitte lo conosceva. Vedeva come si stava trattenendo. Era sicura che non sarebbe durato a lungo così. Infatti nemmeno il tempo di dirlo, che si avventò sul Capo avvinghiandogli le mani attorno al collo. Il rossore iniziò a spargersi sul viso dell'uomo, ma questo non lo fermò: tirò fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni la pistola e gliela puntò contro. Ancora poco e non gli avrebbe sparato. D'istinto, Brigitte corse verso di loro per separarli e lo stesso fece Tobias. Ma quando raggiunse la scrivania, si accorse di qualcosa che non aveva visto prima.
- Sparagli, e io sparo a te - pronunciò severamente Brigitte, dirigendo l'arma contro il padre che ormai si era liberato grazie a Tobias. Anche se tutti volevano che morisse, non potevano farlo. Dovevano consegnarlo intero alla polizia.
- Potrei non sparare a lui, ma potrei sparare a  te - replicò, spostando anche lui la pistola verso di lei. Padre e figlia, uno contro l'altra. Un colpo, e uno dei due sarebbe morto. Ma chi sarebbe rimasto vivo?
- Dai, sparami. Ora che puoi vendicarti non lo fai? - la pungolò lui. Intanto Brigitte stringeva l'impugnatura della pistola così forte, che le mani iniziarono a sudarle. Poteva già immaginare quanto fossero bianchi i polpastrelli delle sue dita. Spostò l'indice e piano piano lo portò sul grilletto. Iniziò a tremare come una foglia infreddolita davanti a lui. Aveva ragione, poteva vendicarsi adesso. Quante volte lo aveva maledetto e aveva pianto per tutto quello che le aveva fatto. Tante volte si era ritrovata a immaginare di ucciderlo, ma ora che ce l'aveva davanti, qualcosa lo bloccava. Ma non sapeva cosa. Forse il fatto che fosse suo padre, la tratteneva. Anche se lui non aveva mai avuto pietà per lei, o per gli altri. Ma Brigitte non era suo padre. Lei aveva un cuore, lei aveva dei sentimenti.
- Fallo tu - rispose lei, con voce ballerina. Una lacrima le rigò il viso, e dopo quella, un'altra ancora. L'aveva messa davanti a un bivio: se da un lato ucciderlo equivaleva a salvare l'umanità, dall'altro, significa uccidere suo padre. Era vero, non le aveva mai dato tutto quell'amore che meritava. Eppure non poteva dimenticare quelle esplorazioni che facevano insieme nelle campagne palermitane, o gli addestramenti nel cortile di casa sua. I consigli, le ramanzine che le faceva prima di uscire. Non poteva scordare quanto premuroso diventasse quando si ammalava e le diceva all'orecchio che sarebbe guarita presto perché era forte. E allora una marea di lacrime le inondarono il viso. No, non poteva farlo.
- Lo sai che piangere è da bambine. Pensavo che tu non fossi come le altre - e furono queste parole a spezzare l'incantesimo, a riportarla alla realtà. Per un attimo aveva creduto di salvare suo padre, ma lei non aveva mai avuto un padre. Ammazzarlo voleva dire far fuori un'idea sbiadita che aveva in mente di padre. Perché un genitore ti protegge, non ti butta in un branco di lupi affinché tu ne esca viva per fortuna. Non ti dice di non piangere perché è da femminucce, ma perché semplicemente sa che bisogna avere un certo fegato per mostrare le proprie vulnerabilità. E poi ti dice che sei speciale, ti da un bacio in fronte prima di andare a dormire quando sei piccolina, e tu ti addormenti con l'idea di avere accanto l'eroe che ti ha salvato la vita non quella di un mostro che te l'ha rovinata. Ma forse era arrivato il momento di distruggere questa idea. Doveva farlo per lei, per Tobias, per Jackson e per tutti. Lo fissò per l'ultima volta: gli occhi neri di suo padre  la scrutavano, come se volessero incitarla ad agire. Ormai conosceva bene quello sguardo. Per semplificare le cose, serrò gli occhi e deglutì. Il dito ormai era sul grilletto. Avrebbe contato fino a tre e poi avrebbe sparato.
Uno... il sudore iniziò a colarle anche dal viso.
Due... stava per premere il grilletto. Respirò a fondo per calmarsi, proprio come le  aveva insegnato lui. Non per questo che si ricordò del giorno in cui aveva sparato per la prima volta in quella foresta.  L'ansia e il desiderio l'avevano resa libera. Ma ora era libera davvero?
E improvvisamente un colpo secco gli andò direttamente al cuore, dando fuoco a quella pietra che aveva al posto del cuore. Brigitte aprì gli occhi e non sapeva quanto vederlo potesse essere doloroso. Era come se l'avessero ferita. Un fiotto di sangue iniziò a sgorgare dalla parte sinistra del petto. La pistola cadde, e lui dopo di lei si accasciò morente come la rondinella di Pascoli, che portava in becco la cena dei suoi rondinini. I suoi occhi divennero vitrei, ma ormai spaccati in mille pezzi.
Era morto, però il dito di Brigitte non si era mosso affatto dal grilletto. Era rimasto lì, sospeso, ancora indeciso se sparare o meno.
Eppure era morto.
William Smith, il Capo della compagnia terroristica più criminale di  sempre, era finalmente morto.


Buon pomeriggio! Ecco a voi l'ultimo capitolo di questa storia. In realtà non so cosa dire. Non mi sarei mai immaginata di scrivere un "libro". Tutto è cominciato nel 2020, quando le nostre vite si erano fermate, e cercavo un modo di evadere dalla solita routine casa - DAD. Era il periodo in cui non si capiva niente, e mentre vedevo una serie tv mi sono venute in mente varie idee. E allora mi sono detta: "Posso scriverci una storia, perché no?". Da lì è cominciato tutto. Devo dire la verità, non pensavo di portarla a termine perché sono davvero pessima nel portare a termine le cose. Più volte non mi sono sentita incoraggiata, o mi dicevo che non avrei dovuto continuare a scrivere perché non ne ero capace. Perché diciamoci la verità: scrivere è un casino, e io non so se l'ho fatto bene 😅. Perciò ora che la storia è finita voglio chiedervi: Vi è piaciuta? A parte refusi, errori di ortografia, vi ha trasmesso qualcosa? Ho sempre ritenuto importante riuscire a trasmettere emozioni tramite la scrittura o anche degli insegnamenti. Ad esempio il messaggio di questa storia è questo: non vi fate abbattere da nessuno. Non vi fate abbattere da chi vi dice che siete troppo emotivi e sensibili. Siamo umani fatti di sentimenti, emozioni ed è questo che ci contraddistingue e ci rende speciali. Che altro dire, mi sono dilungata troppo😁 Colgo l'occasione per ringraziarvi tutti!! Probabilmente se non esistesse quest'app non avrei mai scritto una storia. Quindi grazie, grazie, grazie dal primo all'ultimo!!! Vi voglio bene❤️❤️

PS:questo è l'ultimo capitolo, ma presto ci sarà l'epilogo. (Quindi non abbandonate ancora la storia😉)

Kisses

Your Alicia

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