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Capitolo 47

"Oppure una tensione che si portava in realtà da anni perchè è quella che provi quando non ti dai pace, quando sei alla costante ricerca di qualcosa che non sai se troverai mai. E quando probabilmente l'hai trovata, la temi più di qualsiasi altra cosa."

8 giorni dopo
Erano ormai passati otto giorni da quando erano arrivati a New York, quella città che tutti sognano ma che in pochi conoscono realmente. Perché nessuno sa cosa cela davvero, quali segreti oscuri si porta nei meandri più profondi. E da giorni che Brigitte cercava di capire quale mistero nascondesse. Aveva deciso di partire per New York perché sapeva che vi avrebbe trovato qualcosa, ma fino ad ora non aveva trovato che la disperazione del mondo. - Anche oggi non hai mangiato niente - disse rassegnata Lauren, levandole il piatto solo dopo che ebbe assaggiato due cucchiai di piselli. In Italia si mangiava meglio ma non era per questo motivo che non aveva fame. - Non puoi continuare così - fece Jackson, con tono preoccupato - Lauren, per favore, riporta il piatto - ordinò a colei che li stava ospitando. Lauren era una vecchia amica di Tobias. Avevano vissuto insieme in collegio, ma ora finalmente aveva una casa tutta sua. - No, non ho fame - contestò Brigitte, senza arrabbiarsi o voler litigare. - Ma cosa ti prende? - al contrario di lui - Volevi venire a New York, ma da quando siamo qui non hai toccato cibo e poi...sei diventata un'altra - sbottò Jackson, dopo otto giorni di lungo silenzio. Sapeva che la storia di Rose l'aveva colpita, eppure non ne parlava. Non si apriva nemmeno con lui. Sfogarsi avrebbe potuto aiutarla ad affrontare quel dolore, ma aveva deciso di non farlo. - Sai cosa mi prende? - stavolta però non se ne stette zitta. Scattò e si alzò subito dalla sedia - Rose è morta. Noi siamo qui da otto giorni e non sappiamo ancora quello che stiamo cercando. Da quando c'è stato l'attentato a Roma non si capisce più nulla. Ogni giorno una sede di governo diversa viene attaccata e in molti paesi non si può nemmeno camminare per via di un nuovo virus. Pensi che tutte queste siano delle coincidenze? - confessò in un minuto tutto quello che si era tenuta dentro per tutti questi giorni. Era soltanto il 10 gennaio, ma regnava il caos nel mondo. E la cosa più brutta era che non riusciva a farsene una ragione. Voleva venire a New York, perché era certa che ci fosse qualcosa. Passava le giornate intere a pensare, a ragionare. Lei aveva la risposta, doveva avercela per forza. E intanto c'era Jackson che non riusciva a trovare le parole. Pensava che ciò che l' allibisse fosse solo la morte di Rose, ma si sbagliava. Ora capiva la sua frustrazione, ed era sempre quella di non sentirsi adeguata, di non agire, di sprecare il proprio tempo senza fare niente per salvare il mondo. - Brigitte, smettila di portarti sempre il peso di qualsiasi cosa addosso - le riferì, questa volta con tono più dolce. Essere aggressivi con la persona che si ama non serve a nulla, se non a generare altra aggressività - Non è colpa tua se tua madre e Rose sono morte. Non è per colpa tua che il mondo sta andando in rovina - proseguì, con occhi lucidi. L'aveva persa tante volte, e non voleva perderla ancora. Quella ferita che l'aveva resa com'era e che sembrava essersi rimarginata, ora si era aperta ed era più grande di prima. - Lo so, ma mi sento così inutile - replicò lei, con voce dimessa come se volesse piangere. Eppure nemmeno le lacrime le scendevano più. Forse Jackson aveva ragione. Ma da quando era nata che si sentiva in debito con il mondo, con sua madre. Come se l'attentato dell'11 settembre riguardasse soltanto lei. - Non lo sei mai stata - ribattè subito lui, lasciando scivolare delicatamente le dita sulla sua guancia - L'ho capito dal primo giorno che saresti stata diversa - disse suscitandole un sorriso malinconico. Non riusciva a convincersi delle sue parole, ma era comunque riuscito a tirarle su il morale. - Ti ricordi il nostro primo giorno? Quando ci siamo incrociati nei corridoi di scuola? - come poteva dimenticarselo. Era il 12 settembre, il giorno dopo l'anniversario dell'attentato alle Torri gemelle. Stranamente ricordava bene quella giornata. Si era svegliata dopo un sogno strano, aveva fatto una corsa e poi si era vestita per andare a scuola. Un attimo, che sogno? - Ehi, che ti succede? - le chiese, vedendo come l'espressione sul suo volto fosse cambiata in un secondo. Era come se un ricordo le fosse parso alla mente. - Forse, ho capito! - esclamò entusiasta, e dopo otto giorni finalmente Jackson la rivedeva sorridere veramente, come un arcobaleno che viene fuori dopo la pioggia - So dove possiamo andare a cercare - continuò, e per l'emozione aveva addirittura gli occhi lucidi. - Ti amo - gli bisbigliò all'orecchio, dandogli un frettoloso bacio sulla guancia. - Dove vai? - le domandò Jackson confuso, mentre scappava via. - Devo parlare con Tobias! - gli urlò, facendo le scale per raggiungere la cantina dove lui passava la maggior parte del tempo. Jackson invece, rimase ancora seduto alla tavola sbigottito. Era assurdo come fosse passata da uno stato d'animo all'altro in cinque minuti. Ma lei era sempre stata così, imprevedibile. Ed era per questo che gli faceva impazzire.









- Lo sai che questo piano è rischioso, vero? - le chiese Tobias, anche se ormai era troppo tardi per questa domanda. Erano all'ingresso di casa di Lauren, mentre aspettavano che arrivasse la polizia. - Certo, che lo so. Ma abbiamo rischiato fino ad ora, possiamo rifarlo - rispose lei, cercando di rassicurarlo. Jackson invece non si fece tanti problemi. Sapeva che qualsiasi cosa le avessero detto non sarebbero mai riusciti a fermarla. - E poi è anche un pericolo per Lauren se restiamo qui. Anzi, grazie - fece lei, ringraziandola. Lauren era una ragazza incantevole. Li aveva accolti anche se c'era il rischio che finisse nei guai.
- Per me è stato un piacere - disse semplicemente la giovane sorridendogli timidamente. E quel sorriso fu l'ultima cosa che vide Brigitte, prima che sentisse la sirena della polizia suonare. Erano stati svelti. Come biasimarli, stavano per catturare i tre più ricercati del mondo dopo il Capo, ovviamente. Una decina di poliziotti irrupero con prepotenza in casa di Lauren. Finalmente avevano trovato pane per i loro denti. Si fiondarono su di loro con una ferocità tale da sembrare animali. - Lei deve venire con noi - ordinarono a Lauren. Non se lo meritava, doveva rimanere fuori da questa storia. - Ascoltatemi un momento! - gridò Brigitte, mentre due poliziotti le mettevano le manette con impeto - Noi sappiamo dov'è il Capo! - urlò ancora più forte, vedendo che continuavano ad ignorarla. Ma questa volta non rimasero così indifferenti. - Cosa hai detto? - fece uno dei due poliziotti che la stava arrestando, stringendole il mento talmente forte da farle male. - Ho detto che so dov'è il Capo - replicò decisa Brigitte. - Spero che tu non stia scherzando - controbattè l'altro. Brigitte non stava scherzando, ma non era nemmeno totalmente sicura. - Non vorrete davvero credere a dei criminali - intervenne quello che teneva in pugno Jackson il quale tentava in tutti i modi di dimenarsi. - No, ma se avessero ragione? - rispose il primo - Lo cerchiamo da diciannove anni e non lo abbiamo ancora trovato - aggiunse. - Okay - fece un altro, che sembrava essere l'unico che prendeva decisioni tra loro - Gli daremo una possibilità. Se è vero quello che direte, sarete liberi. In caso contrario, il carcere vi aspetta a braccia aperte - diede l'ultimatum il poliziotto.
- Lasciate però Lauren. Lei non ha fatto niente - la difese Tobias. - Lasciatela stare, ora non ci serve - disse sempre quel poliziotto - Allora dove si trova? - chiese a Brigitte diffidente. E fu in quell'istante, che si pentì di quello che aveva fatto. Doveva smettere di essere così impulsiva. Aveva realizzato troppo tardi che non poteva mettere in gioco la propria vita per un sogno fatto quattro mesi prima. - In un negozio di fronte al Brooklyn Bridge - contestò lei, cercando di essere il più convincente possibile anche se il suo intento fallì miserabilmente visto che i poliziotti scoppiarono a ridere.
- Sentite, avete deciso di darci questa possibilità. Perciò, invece di prendervi gioco di noi sarebbe meglio se andassimo a controllare, no? - intervenne Tobias severamente, spezzando il circolo di risate che si era creato. - E poi ci sarà un motivo se vi abbiamo chiamato. Credete davvero che dei criminali si consegnino così facilmente alla polizia? - si intromise Jackson, usando anche lui un tono abbastanza acido. - I ragazzi hanno ragione. Facciamo quello che dicono loro e poi si vedrà - disse sempre il poliziotto che comandava, forse l'unico con più sale in zucca - Prima di andare però, voglio che gli montiate dei microfoni e delle videocamere. Chris procedi pure - ordinò a un agente, quello più silenzioso. Quest'ultimo tornò alla vettura per prendere il necessario e un minuto dopo si ripresentò con diversi fili e aggeggi. - Toglietevi le giacche - gli impose lui. E poi cominciò a sistemarli su di loro uno per uno. Per un momento si sentivano come delle celebrità che stanno per esibirsi. Probabilmente sarebbero diventati veramente famosi quando li avrebbero incarcerati. - Andiamo - disse il poliziotto che a quanto pare si chiamava Zac Brooks, quando ormai ebbero finito l'incatenamento. Avevano più fili che indumenti - E non provate a ingannarci. Ci siamo intesi? - concluse, e il tono che usò non piacque per nulla a Tobias. Di solito era lui che si comportava così e gli dava fastidio che qualcuno lo facesse nei suoi confronti. Entrarono tutti e tre nella pattuglia del poliziotto Brooks e il tragitto fu davvero straziante per Brigitte. Temeva che quel negozio non esistesse più o che forse non fosse mai esistito. Era soltanto un sogno, doveva pensarci prima di raccontare schiocchezze. Probabilmente era stato tutto frutto del suo subconscio. Ma come sempre era troppo tardi per rimediare al suo errore. E tra tutti i rischi che aveva corso da quando stava al Cave, questo era il più grande. Come le era saltato in mente? Era così felice di aver trovato una soluzione che non aveva appurato se fosse quella corretta o meno. E allora adesso le avevano dato un ultimatum: o trovava il Capo, o la sua vita poteva dirsi finita. - Questo è Brooklyn Bridge - riferì l'uomo dopo circa dieci minuti - dove si trova questo negozio? - domandò sospettoso. E fu proprio ora che soccombè il panico: Brigitte non aveva idea di che negozio si trattasse. Ricordava solamente che nel sogno vi era entrata con sua madre per prendere dei biglietti per il treno. - É una specie di edicola - rispose lei sul vago, facendo così il grossolano errore di risultare incerta - che vende anche biglietti per treni - aggiunse subito dopo, sperando di essere un po' più credibile.
- Ah ho capito - contestò il poliziotto, che era pronto a dirgliene di tutti i colori. - Lo conosce? - la voce di Brigitte si illuminò. Allora esisteva veramente una cosa del genere?
- No - ribattè lui - ma è quello lì, vero? - indicò con il dito una vetrina con su scritto The American kiosk. Brigite sbalordì a vedere che esistesse davvero e questo era un punto a suo favore.
- Sì, è quello - confermò, questa volta con sicurezza. Tobias e Jackson la guardarono con fare interrogativo, volendo sapere se fosse veramente quello. Ma Brigitte si rifiutò.              - Bene, scendiamo - fece il poliziotto - Vi accompagno all'entrata e non dimenticate quello che vi ho detto. Un errore, e lo stato americano provvederà per voi - queste parole risuonarono come una pugnalata allo stomaco per Brigitte. Scesero dalla vettura, e dietro di loro se ne fermarono altre quattro. Questa volta anche se avessero voluto scappare, non ci sarebbero riusciti. Li avevano anche impiantato dei microchip. Aspettarono che il semaforo divenisse verde, e attraversarono la strada. E per la paura, Brigitte avrebbe voluto che quel semaforo fosse per sempre rosso. Perchè la verità spaventa e fa paura a qualsiasi persona vi si ritrovi davanti. Giunsero all'entrata del negozio che aveva un aspetto parecchio malandato. Era come se stesse cadendo a pezzi. L'insegna fatta di luci, era spenta. Tutti e tre rimasero impalati davanti alla porta. Non sapevano perchè, ma nessuno sembrava avere il coraggio di aprirla. Eppure avevano fatto di peggio nella loro vita. Ma questa volta era diverso. Era come se stessero alla punta di un dirupo. Ci sarebbe voluto un solo passo per cadere a valle. Brigitte si guardò dietro, e vide come tutti i poliziotti con braccia incrociate non togliessero loro lo sguardo di dosso. Non avevano scampo. E fu allora, che si decise ad aprire quella dannata porta e pareva come se stesse spostando un macigno. Era abbastanza pesante, e il tintinnio dei tubicini dorati che solitamente si mettono sulle porte, si propagò nell'edicola. Anche l'interno non prometteva bene. C'erano solo scatoloni e fogli volanti qua e la, mentre tutti gli scaffali erano vuoti. - C'è qualcuno? - chiese Tobias, vedendo che non ci fosse nessuno. Un uomo rossiccio con una cicatrice sbucò da dietro il bancone. - Ma insomma, non avete letto il - si interruppe lo sconosciuto , che tanto sconosciuto non era - cartellino - concluse la frase scioccato. E non era l'unico. Tobias sembrava stesse mantenendo la rabbia. Aveva i pugni serrati, desiderosi di voler colpire qualcosa, o meglio, qualcuno. E a maggior ragione, questo toglieva loro ogni dubbio. - E tu, che ci fai qui? - volle sapere Tobias, e il tono come sempre, era lontano anni luce dall'essere cortese. Finalmente Brigitte aveva capito. Ecco perchè gli sembrava così familiare. Jake, una delle guardie del Capo, l'unica che l'aveva trattata bene rispetto alle altre, era anche l'uomo che aveva sognato quattro mesi prima. Come non le era venuto in mente prima. Ora tutto questo le sembrava surreale. Da quando i sogni sono veri?                             - Non potete restare qui - dichiarò lui duramente facendo scomparire il pallore dal suo viso. Era sorpreso, ma non voleva darlo a vedere. Oppure era semplicemente impaurito. Forse la seconda opzione era quella corretta. - Sappiamo che lui è qui - controbattè Tobias, con la sua stessa intensità. Era sempre andato d'accordo con Jake. Ma a quanto pare, erano tutti scagnozzi del Capo, pronti in qualsiasi momento a dare la vita per lui. - Facci vedere dov'è! - insistette alzando la voce, prendendolo per il colletto della camicia che gli faceva risaltare i muscoli. Jake aveva una corpotura più robusta di Tobias, ma non per questo era più forte.                           - Jake, per favore lasciacelo vedere. Ormai è finita - intervenne Brigitte, più dolcemente. Sperò di non dover stare a combattere anche questa volta. L'uomo mostrò una faccia rassegnata, e si liberò dalla presa di forza di Tobias. Poi abbandonò il bancone, e si avvicinò a uno di quegli scaffali vuoti posizionato sulla parete difronte all'entrata. Non ci mise nulla a spostarlo, facendo così apparire una porta. Jackson,Tobias e sopprattutto Brigitte, rimasero di stucco. Non poteva crederci. Dopo diciannove anni di sofferenza, finalmente stava per conoscere colui che le aveva rovinato la vita, strappandole senza pietà sua madre.   - Seguitemi - disse Jake, e non gli restava che varcare quella porta. Il primo ad andare fu Tobias, seguito da Brigitte e poi Jackson. Era buio, per cui iniziarono a scendere quelle scale ripide lentamente. E man mano che andavano giù, Brigitte sentì una strana sensazione nascerle dentro. Non riusciva a identificare cosa fosse. All'improvviso era come se la paura la stesse travolgendo, anzi il terrore. Forse non c'era nessuno e Jake li avrebbe fatti marcire in questo posto? Eppure non era nemmeno questo che la fermava. Quello che stava provando adesso era indescrivibile. Un mix di emozioni la stava travolgendo come un treno. Sentiva tutto il corpo sudare, e il cuore voleva uscirle dal petto. Non riusciva più a sopportare tutta questa tensione. Una tensione che si portava da otto giorni o forse da quattro mesi. Oppure una tensione che si portava in realtà da anni perchè è quella che provi quando non ti dai pace, quando sei alla costante ricerca di qualcosa che non sai se troverai mai. E quando probabilmente l'hai trovata, la temi più di qualsiasi altra cosa. Nel frattempo Tobias scese l'ultimo scalino. Ora toccava a Brigitte. Era arrivato quel momento in cui si tirano finalmente le somme. Quel momento in cui è troppo tardi per guardarsi indietro. Quel momento dove ti prendi tutto, senza lasciare più nulla al caso. Percorsero nell'oscurità una specie di tunnel che gli ricordava il Cave. Questo non doveva poi essere così diverso. E mentre si avvicinavano alla fine, riuscivano a vedere una luce anche se molto tenue. - É qui dentro - rivelò loro Jake, indicando un'altra porta. Doveva star dicendo la verità. Sembrava serio. E poi era da qua che proveniva la luce. Senza che lo ripetesse due volte, Brigitte spalancò la porta. Non era più tempo per i giochetti o per le missioni, per combattere o per uccidere. Ecco arrivato il tempo della verità. Ma forse una verità troppo crudele a cui credere. Perché quando vide chi aveva davanti, l'unica cosa che voleva fare era sprofondare. Sparire, morire, rinnegare il giorno in cui era nata.

Buon sabato mattina a tutti! Volevo annunciarvi che manca un capitolo alla fine della storia (poi ci sarà l'epilogo) ...Lo so, lo so che siete tristi. Ma il capitolo che viene è il mio preferito. Quando ho iniziato a scrivere questa storia sapevo soltanto come sarebbe finita😂 E ora sono un po' emozionata che la fine si arrivata🥺
Ringrazio tutti quelli che hanno letto il libro fino ad oggi. Perché lo so, sono pessima a pubblicare. Quindi vi ringrazio davvero di cuore ❤️

Your Alicia

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