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Capitolo 42




"Ora sapeva perché non sentiva freddo. La sua presenza bastava a darle calore."

Qualcuno aveva detto che avevano subito un brutto colpo. O almeno, era quello che Brigitte aveva origliato mentre dormicchiava. Anche se era sveglia, gli antidolorifici dovevano  averla intorpidita. Faceva fatica ad aprire gli occhi, come se avesse le palpebre incollate e le altre parti del corpo staccate. Eppure la mente era completamente vigile. Non riusciva a spiegare il perché, ma ricordava tutto di quella serata. Per un momento pensò si trattasse di un incubo, perché non poteva credere che fosse successo veramente.

- L'esplosione deve averli destabilizzati - affermò una donna, mentre le prendeva un braccio. Aveva una voce quasi mascolina. Era curiosa di vedere che aspetto avesse.

-È un miracolo se sono ancora vivi - intervenne un altro uomo, e sentì un leggero punzecchio invaderle la parte superiore del braccio. Le dovevano aver fatto un'iniezione. Lo aveva capito dall'odore pungente dell'alcol che le irritava le narici. Fortunatamente però non aveva sentito quasi nulla per via dell'anestesia. Era da quando era piccola che gli aghi la traumatizzavano. Non ne conosceva in realtà il motivo. Ma solo a pensare a quell'affare sottile e allo stesso tempo affilato che le perforava la pelle, le veniva il terrore.                                                                                                        -No, non penso - rispose la donna - Non sono messi così male. Vedrai, si riprenderanno presto - proseguí insolente, e la ricoprí con un leggero lenzuolo. Dopodiché non udì più nessuno. Non sapeva se si stesse addormentando, o fossero davvero andati via. Allora cercò di svegliarsi, ma ogni volta che provava ad aprire gli occhi le  sembrava di aprirli ma in realtà li teneva sempre chiusi. Li strizzò fino a quando non li sentì bruciare, e piano piano provò a spalancarli. Sbatté più volte le palpebre per farli aprire completamente. Come sospettava, si trovava in ospedale. Più precisamente, in una di quelle stanze bianche che senti freddo soltanto ad entrarci. Stranamente però, stava bene. Girò la testa, e sull'altro lettino c'era Jackson che dormiva ancora. Ora sapeva perché non sentiva freddo. La sua presenza bastava a darle calore. Tentò di mettersi a sedere e, anche se si sentiva abbastanza fiacca, non ebbe problemi. Mise le gambe giù una alla volta, e  per la prima volta dopo tanto tempo, sentì di nuovo il contatto con il pavimento freddo. Fece qualche passo, ed era come se non camminasse da mesi. Stava quasi per cadere, ma si resse al letto di Jackson. Si appoggiò a fianco a lui, e vide che aveva delle croste ancora sanguinanti sul naso e la bocca. Gliele sfiorò leggermente con le dita, per paura che le sentisse bruciare. Lo guardò, e sospirò. Dopo tutto quel caos, stavano ancora insieme. Incredibile. Nemmeno il destino voleva che si separassero. Gli prese la mano, e si mise a gingillare con le sue dita. Sebbene quel tocco la rilassasse, non riusciva a non ignorare quello che stava accadendo là fuori. Ma soprattutto, non riusciva a disfarsi del senso di colpa. In fondo era anche lei colpevole. Tuttavia cosa avrebbe potuto  fare per impedire la missione? Niente, ed  era questo che la frustava di più. Si alzò, e tornò nella sua branda. Fino a quando Jackson non si sarebbe svegliato avrebbe fatto finta di dormire. Anche perché era sicura che i medici sospettassero di qualcosa. Lo aveva percepito dal tono in cui parlavano. Come se fossero stati pronti a scagliarsi contro di loro una volta svegli. E forse sarebbe capitato veramente se non si fossero dati una mossa.























A volte la vita è ingiusta perché ti dà le cose migliori nei momenti peggiori. Era questo che pensava Tobias mentre la guardava dormire. Si chiedeva come il destino l'avesse potuta fare così sporca. Conosceva Rose da anni ormai, e si era innamorato di lei quando era sul punto di perderla. Probabilmente non la meritava. Perché quando ti innamori davvero, pensi di non meritarlo mai. Rimase imbambolato a fissarla, come se volesse registrare questo momento nella sua mente. Non avrebbe mai voluto dimenticare il suo viso angelico mentre dorme, o i suoi capelli scompigliati sul cuscino. Sorrise nel sonno, e Tobias rivide la Rose di un tempo, quella che si era appena trasferita al Cave. La ragazzina che nessuno voleva, perché troppo fragile per essere un soldato. Ricordava ancora il momento in cui l'aveva conosciuta. Era appena arrivata, e già strillava e piangeva. Come risposta alla sua indole ribelle, le disse di non comportarsi da bambina. Perché al Cave le ragazze  come lei erano bandite. E ora invece, di quella Rose non era rimasto quasi niente. Il  Cave le aveva tolto tutta la sua ingenuità. O almeno quasi. Eppure, non è mai troppo tardi per tornare ad essere umani, come  era successo a Tobias. Le spostò una ciocca di capelli che le scendeva sul viso, e si alzò.  Ormai non sarebbe più riuscito a prendere sonno. Andò vicino alla finestra, e vide come il cielo si colorava delle prime luci dell'alba. Non sapeva come, ma un nuovo giorno era cominciato. Chiuse la tendina grigia risalente almeno a cinquanta anni prima, per evitare che Rose si svegliasse, e si recò in cucina.

- Certo che tu non dormi mai - esclamò Alexander senza dargli nemmeno il tempo di entrare.

- Lo stesso potrei dire di te - disse Tobias scherzando mentre apriva l'armadietto sopra il lavandino per prendersi un bicchiere - E comunque, buongiorno -  lo salutò e dopo averlo riempito  d'acqua, se lo portò al tavolo.

- Non hai voglia di parlare? - aggiunse, vedendo che  la televisione fosse già accesa. Conosceva Alexander. Era sempre stato un uomo loquace, e quando non desiderava chiacchierare guardava la tv.

- Non sai cosa è successo in città? - gli domandò quasi arrabbiato l'anziano. Improvvisamente un brivido gli attraversò la schiena - Guarda - fece, indicando con il dito tremante il telegiornale che era appena iniziato.

- Forte esplosione di una bomba in piazza Colonna - esordì la giornalista, mostrando i resti della piazza. Era irriconoscibile. Se non sapesse che quella fosse piazza Colonna,  non sarebbe mai riuscito a capirlo da solo. Della colonna non era rimasto più nulla, e uno strato nero ricopriva la superficie. In quell'attimo stesso il cuore gli andò in frantumi come i cocci di quel monumento. Non c'era più nulla.

- Trecento i feriti e cinquanta i morti. Al momento non si è ancora trovato il colpevole - continuò  la donna. Tobias voleva morire. Bevette tutto d'un sorso l'acqua, e si levò di scatto dalla sedia. Non voleva ascoltare più nulla, gli bastava già quello che aveva sentito - Sembra che la maggior parte dei feriti sia  affetta da un virus - Udì, quando era ormai sulla soglia della porta. Ma, quello che venne dopo lo sconvolse. Lo schermo si fece improvvisamente nero come se non ci fosse alcun segnale. Per pochi secondi rimase così, ma poi arrivò la parte peggiore.

- Buongiorno a tutti. Anche se, a dire la verità, non penso sia un buongiorno per voi - ora sì, che sarebbe morto veramente. Quello strafottente di Frank era in collegamento dal Palazzo Chigi, dove solitamente presiedeva le conferenze il Presidente del Consiglio. Chissà perché non ne era sorpreso - Non  voglio dilungarmi. Tuttavia, voglio che sappiate che da oggi sarò io a governare questo paese - annunciò autoritario, ma in realtà sembrava solo un pazzo.  Questo era lo scopo della missione? Il Capo, tanto desideroso di potere, stava dando la fama a qualcun altro? Non riusciva a crederci. Maledisse se stesso, perché lo conosceva da tanti anni ma in realtà era come se non lo conoscesse affatto. Il video scomparve così come era apparso, e tornò la sigla del telegiornale. Era sempre più confuso e non era l'unico. Il povero Alexander era rimasto a bocca aperta. Cos'altro stava architettando? Tobias tornò in camera e scaraventò la porta. Era preso da così tanta rabbia che nessuno sarebbe stato capace di  controllarlo. Avrebbe spaccato tutto quello che aveva davanti, persino le sue stesse ossa. Ma la faccia di Rose lo calmò di colpo. Doveva mantenere il controllo almeno per lei. Già un'intera piazza era stata distrutta. Non avrebbe permesso che distruggessero anche lui.

















Non riusciva a starsene buona nel letto pensando a tutto il caos che c'era fuori. Disgraziatamente la missione del Capo stava dando già i suoi frutti. Poteva sentire il viavai di gente persino dalla sua stanza. Infermieri e medici sembravano scappare da una sala all'altra, senza avere un attimo di pace. Non era più un ospedale ma un campo di battaglia. E da quando le avevano fatto quella iniezione, nessuno si era fatto più vivo. Non sapeva se fosse un bene. Jackson dormiva ancora e lei era già da qualche ora che si esercitava a camminare appoggiandosi alle sbarre dei lettini. Era riuscita anche ad andare in bagno. Infatti man mano che i minuti passavano, diveniva sempre più sciolta. Sembrava che stesse tornando la stessa, come se non fosse stata mai avvelenata da un gas o  ferita da un'esplosione.  Ma questo non serviva a niente se Jackson non si risvegliava. E se fosse morto? Si approsimò a lui, e tese l'orecchio sul petto, più  precisamente a sinistra. Batteva, il cuore batteva ancora. Ma proprio in quel momento, Jackson iniziò a tossire e Brigitte sobbalzò per lo spavento. Si guardò in giro, e per fortuna riuscì a trovare un bicchiere d'acqua. Glielo avvicinò alla bocca, e per poco non gliela sputava in faccia.

-Stai bene? - gli chiese, ma ricominciò a tossire senza un domani. Era diventato tutto rosso. Avrebbe dovuto chiamare un' infermiera, ma poi le venne un' idea. Nei film lo facevano sempre quindi doveva pur servire a qualcosa. Approssimò la sua bocca a quella di lui, e gli soffiò dentro. Ma subito lui l'afferrò per il braccio e la tirò verso di sé, trasformando quel tentativo di salvezza in un delicato bacio.

-Non stavi soffocando per davvero! - si inalberò Brigitte, dandogli un schiaffetto  sulla guancia.

-Prima sì - rivelò con un mezzo sorriso - Poi ti ho vista e ho approfittato della situazione - continuò ridendo.

-Sei uno stronzo-  fece finta di offendersi,  incrociando le braccia e girando la testa dall'altra parte.

-Uno stronzo che stava quasi per morire - rispose Jackson - Ma poi una principessa mi ha salvato - enfatizzò, prendendola in giro.

-Sì, come no- disse lei con il broncio - Parliamo di cose serie - cambiò argomento un secondo dopo. Avevano scherzato fin troppo per i suoi gusti - Tu come stai? - gli domandò schietta.

- Ora che tu sei qui con me, bene - ribatté subito, come se quella frase gli fosse venuta talmente spontanea da non averla pensata nemmeno.                                       -Jackson, non sto scherzando - lo rimproverò Brigitte.

- Neanche io - replicò guardandola negli occhi, come solo lui sapeva fare.

-Allora andiamo via di qui- disse di getto, dopo aver esitato per qualche istante.

- Hai un piano? -  si rivolse a lei un po' contrariato.

-No- contestò,  ma c'era sicuramente dell'altro - Devi solo fidarti di me - addusse, sbrigativa. Dovevano raggiungere al più presto Tobias e Rose.




















Quando aveva detto di non avere un piano, non pensava che non lo avesse davvero. O meglio non credeva che fossero usciti semplicemente dalla porta. Anche se effettivamente non c'erano molte alternative. La finestra era serrata, e l'unica opzione era uscire come se niente fosse.

-Accanto ai bagni c'è un magazzino - gli sussurrò piano all'orecchio - Andiamo lì - Jackson non capiva. Sarebbero usciti da un magazzino? Non fece in tempo a chiederle spiegazioni, che Brigitte era già andata avanti. Alzò pure lui il passo, notando che ci fosse parecchia tensione nell'aria. Vedeva persone riposare sulle sedie nei corridoi e infermieri che litigavano per dare i comandi tra loro. L'unica cosa positiva era che erano troppo impegnati per vederli.

- Eccoci - gli disse una volta arrivati. Si guardò attorno scrupolosamente, e poi sfilò dalla tasca una chiave.

- Come fai ad averla? - le domandò sorpreso, anche se ormai non sarebbe dovuto più esserlo.

- Lunga storia - tagliò corto lei, e bastò un giro che furono subito dentro - Prendi - non gli diede nemmeno il tempo di entrare, che si trovò qualcosa di stoffa  in faccia. Se lo tolse, e la vide già indossare un semplice camice. Le donava il bianco. Forse in un'altra vita sarebbe potuta diventare un medico. Chiuse la porta, e se lo infilò. Erano stati fortunati a trovarli. Anche perché, a parte qualche secchio e  detersivo per pulire, non c'era molto.

- Come facevi a sapere che c'erano dei camici? - gli chiese ancora, una volta già fuori di lì.

- Non penso sia il momento di fare domande, Jackson - lo redarguì affrettandosi a camminare.  Aveva le mani nelle tasche del camice, e guardava sempre dritto. Sembrava essere entrata nella parte - E comunque, lo fanno vedere sempre nei film - rispose, e quasi gli venne da ridere. Peccato che loro non erano in un film. Evitò di domandarle altro, e la seguì soltanto. L'ospedale era grandissimo, e l'uscita doveva essere ancora lontana.

- Mi scusi - sentì una voce dietro di lui. Il sangue gli si raggelò immediatamente, ma continuò a camminare - Dottore, si fermi - disse di nuovo, e non poté che girarsi. Tirò un sospiro di sollievo quando vide che era una signora.

- Mi sa dire dov'è il reparto di terapia intensiva? - volle sapere la povera donna, e non seppe che rispondere.

- Primo piano, seconda porta a destra - lo anticipò Brigitte, vedendolo in difficoltà. La signora li ringraziò, e continuarono con la loro farsa.

- Mi dispiace per lei che non troverà mai il reparto a quel piano - rivelò Brigitte con nonchalance, mentre si fermava ad un ascensore - Dovremmo fare più veloce così - disse, e spinse il pulsante. Aspettarono un paio di minuti, e le porte si aprirono. C'erano tre medici dentro. Forse non era stata proprio una buona idea. Indugiarono per qualche secondo, ma vi entrarono facendo finta di nulla. Entrambi si misero di spalle, e Jackson allungò la mano per premere il tasto che portava al piano terra. Rimase teso perchè, anche se non poteva guardarli, sentiva il loro fiato sul collo.  Sembrava che se si fosse mosso anche solo di un centimetro, li avrebbero scoperti.

- É da poco che lavorate qui? - intervenne la donna dai capelli rossi spezzando il silenzio che si era creato. Jackson notò Brigitte irrigidirsi di colpo, e il volto diventare bianco cadaverico. Qualcosa non andava decisamente.

- Sì, è da poco - si limitò a rispondere lui, senza dare troppe informazioni. Meno parlava, meglio era. Si sa che chi parla tanto ha qualcosa da nascondere.

- E cosa gli è successo in faccia? - insistette la donna, questa volta con sospetto. Se fino a un momento prima poteva pensare che  fosse una domanda innocente, adesso non lo era più. Forse li aveva riconosciuti.

- Non penso sia abbastanza professionale fare domande così personali ad un collega che non si conosce neanche, non crede? - controbattè Brigitte con una punta di arroganza ma  mantenendo comunque un tono tranquillo.                                                                                                      - Sono d'accordo con lei dottoressa... - rispose altrettanto la donna, tentennando sull'ultima parola - Mi perdoni, ma sul suo cartellino non c'è scritto il suo nome - disse facendo la finta dispiaciuta. Per fortuna o forse per sfortuna, le arrivò una chiamata e tutto tornò come prima. Jackson guardò  a che piano fossero giunti. Ancora un altro. Il che voleva dire un altro minuto di sopportazione.

- Come non ci sono più? - alzò la voce la donna. Per poco non gli rompeva un timpano - Hai controllato nei bagni? - insistette ancora. Sembrava preoccupata. E se stessero parlando di loro? Jackson iniziò a sudare freddo, e Brigitte che era solita giocherellare con le mani quando era nervosa, se le poggiò sui fianchi. Finalmente arrivarono al piano terra: un passo, e sarebbero stati fuori.

- Aspettate! - ordinò loro la dottoressa che era ancora al telefono prima che varcassero la soglia. Afferrò Jackson dalla spalla, ma non lo fece tanto forte da trattenerlo - Blocca le uscite ora! - urlò alla persona con cui stava parlando, e entrambi  iniziarono a correre per raggiungere l'uscita. Gli altri due medici che erano nell'ascensore cominciarono a inseguirli, ma loro furono più svelti. Uscirono in tempo, e un minuto dopo, non c'era più alcuna traccia  di loro. Sembrava come se fossero stati inghiottiti dalla terra.

-Avvertite la polizia che sono scappati - ordinò la donna alla sicurezza - Non la passeranno liscia - disse quasi tra i denti, e tutti le obbedirono. Brigitte e Jackson non lo sapevano ancora, ma era ora che sarebbe cominciata la vera missione.

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