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Capitolo 40

"Ma non appena svoltò il corridoio, la lasciò cadere e si chiese  come una lacrima soltanto potesse fare più rumore di un vaso che si rompe in mille pezzi."

Mettere a rischio la propria vita è un lusso che non tutti possono permettersi. Quasi nessuno sarebbe in grado di vivere fuggendo quando il pericolo è in agguato. Ma è in queste occasioni che capisci che quella è la tua strada, e che non sei nata per startene seduta a guardare. Questa era la vita di Brigitte, un continuo oscillare tra il rischio e la paura.                                                                                                          Ma nonostante questo, riuscirono a superare ugualmente l'auto che per poco non li accecava con i suoi abbaglianti. Chiunque stesse in quella macchina, sicuramente  li avrebbe riconosciuti. Ignorarono quella luce fulgente, e continuarono a correre. Per nessun motivo al mondo Jackson aveva lasciato la sua mano. Era come se insieme fossero più leggeri, scaltri. Uno dava la forza all'altro di proseguire. Come se quella stretta li ricordasse che non erano soli e che  avevano una ragione in più per andare avanti. Attraversarono il campo devastato dall'erba alta, mentre il vento invernale gli punzecchiava il viso. E anche se Brigitte non aveva mai amato il freddo, quella brezza sembrava rigenerarle i polmoni. Arrivarono a metà del terreno, e il fragore di un colpo di pistola rintronò in aria. Brigitte trasalì a causa del boato, e cadde a terra sentendo  le ginocchia bruciare.

- Ti hanno sparato? - si allarmò Jackson, mentre si abbassava accanto a lei. Per fortuna l'erba riusciva a coprirli.

- No, andiamo  - Jackson l'aiutò ad alzarsi, e ripresero a scappare fino a quando non si fossero allontanati abbastanza.  Forse fin troppo, visto che non riuscivano a capire dove si trovavano. Erano circondati solamente da alberi e di certo il buio non li aiutava.

- Torniamo indietro? - chiese Brigitte mentre camminavano senza una destinazione ben precisa. Doveva essere passata già mezz'ora da quando li avevano seminati.

- Ormai è buio - ribatté guardando la luna - E non sappiamo nemmeno dove andare, perderemmo soltanto tempo - si fermò, e si accasciò svigorito sotto un albero. Anche Brigitte fece la stessa cosa,  non avendo altra scelta. Si portò le gambe al petto e posò il mento sulle ginocchia. Anche così, però, aveva freddo. L'effetto della corsa era ormai svanito, e la temperatura sembrava essersi abbassata radicalmente. Brigitte si allungò le maniche della felpa fino a cingerle interamente le mani.

- Hai freddo? - si preoccupò,  già pronto a sfilarsi la giacca per  dargliela. Non aveva mai conosciuto una persona più premurosa di lui.

- Sì, ma tienila tu - lo anticipò lei - Sicuramente avrai freddo - ed era vero. Non vestiva molto pesante. Sotto aveva una semplice maglia di cotone. Ma lui testardo, non l'ascoltò lo stesso.  Gliela appoggiò delicatamente sulle spalle, e  si beò di quel  calore come se fosse lui ad abbracciarla. Ma che senso aveva accontentarsi di una giacca, quando lo aveva accanto? Allora si avvicinò di più, e la stese sulle gambe di tutti e due. Come si aspettava, le avvolse le spalle con il suo braccio che, come un manto, la riscaldò. E questo non era un calore qualunque, ma il suo. Brigitte affondò la testa nell'incavo del suo collo, e mentre ammiravano  insieme il cielo, sentì il tepore del suo respiro lambirle la faccia.

-  Non mi era mai capitato di soffermarmi a guardare le stelle prima di stasera - disse Jackson, accarezzandole leggermente il braccio. Come migliaia di piccole lucciole, le stelle interrompevano quell'immensa e  limpida distesa oscura che era il cielo. Praticamente era la notte perfetta.

- C'è sempre una prima volta - gli sussurrò all'orecchio Brigitte, accompagnata dal bubolare di un gufo. Era da tanto tempo che non sentiva una pace così.  Chissà se quella non fosse solamente la quiete prima della tempesta.

- Io invece lo guardavo ogni sera. Ho sempre avuto la sensazione  che mia madre abitasse su una di queste stelle - confessò con un tremito nella voce, mentre gli occhi si imperlavano della luce argentea della luna. Jackson percepì la sua emozione, e la mirò estasiato. Non aveva mai guardato il cielo perché sperava di incontrare prima la sua stella sulla terra, la luce che avrebbe fatto da guida al suo cuore. E ora era lì davanti a lui, con quei suoi occhioni azzurri che con il riflesso della luna si erano colorati d'argento. Le baciò gli occhi, e poi le guance, nutrendosi di quelle lacrime che le rigavano il viso. E poi le sue labbra scesero un po' di più, tanto da sfiorare le sue. Ma due bocche non possono stare vicine, quando si cercano continuamente,  sciogliendosi l'una nell'altra. E allora le loro lingue si intrecciarono come due mani che si stringono forte durante un cerchio, e danzano per far festa. Era così che si sentivano, come due giovani che si divertono alla sagra del paese e ballano a ritmo dei loro cuori.

- Brigitte, ti prego - singhiozzò lui - torniamo insieme - la supplicò e iniziarono a piangere, lasciando che le loro lacrime si fondessero insieme. Entrambi sentivano di aver bisogno dell'altro, e ora lo sapevano bene.                                                                                                                                                                              - Li abbiamo trovati! - gridò qualcuno da lontano interrompendoli, e subito si trovarono delle torce puntate su di loro. Volevano fuggire, ma più guardie li stavano accerchiando. Non avevano più via di scampo. Due di loro li separarono con forza, e con il viso ancora bagnato, Brigitte continuò a piangere e a strillare come se le avessero strappato un vestito di dosso. Le stavano togliendo quello che aveva più caro al mondo, l'avevano resa nuda. Jackson provò a dimenarsi, e a furia di ribellarsi, rinunciò per un attimo alla sua sorte. Si gettò su di lei, e inaspettatamente la guardia allentò la presa. Si strinsero forte, come non avevano mai fatto. Jackson le accarezzava i capelli, e le chiedeva di non piangere. Perchè anche se lo sapevano, non volevano pensare al loro amore come un addio. La guardia  la staccò di nuovo, e questa volta fu peggio di prima. Sentì un vuoto dentro di lei, come se ormai non avesse più nulla. Come se tutte le emozioni che può sentire un essere umano fossero state buttate via.  Ripresero  il tragitto per il ritorno, e nessuno osò fiatare. La sentinella era diventata la loro nuova ombra.

- Non lo rivedrai più - fece quest'ultima, una volta essere quasi arrivati al Cave. La sua voce non sembrava essere totalmente sconosciuta. Ma ora non le importava scoprire chi fosse.                                                                                                                                                                  - Lo so - rispose con una sorta di apatia.

- Mi dispiace - disse la guardia con tono rammaricato. E allora Brigitte si fermò, sentendo la curiosità montarle dentro. Si voltò, e  vide che  la luce della torcia gli evidenziava una cicatrice sul viso. Rimase interdetta a guardarlo, provando a ricordarsi di lui.

- Tu sei... - esordì la ragazza, lasciando la frase in sospeso. Era una delle tre guardie che vigilava lo studio del Capo. Ma era evidente che non fosse severa come le altre.

- Sì, sono io - si affrettò a contestare e poi la incitò ad andare avanti. C'era qualcosa che non quadrava. Era diversa rispetto a quel giorno. Non ricordava che avesse una cicatrice. Intanto continuarono a camminare, e quando ormai furono arrivati, le loro strade si divisero. Brigitte fissò per l'ultima volta il suo viso intristito, e in quel momento avrebbe voluto dirgli una raffica di cose. Che magari si sarebbero rivisti, che avrebbero disobbedito a tutti se solo fosse stato necessario. Ma non sarebbe stata sincera né con lui né con se stessa. Lo rassicurò con un sorriso, cercando di reprimere l'ennesima lacrima di quella notte. Ma non appena svoltò il corridoio, la lasciò cadere e si chiese  come una lacrima soltanto potesse fare più rumore di un vaso che si rompe in mille pezzi.









































31 dicembre 2019

Ormai mancavano poche ore al 1° gennaio. Chiunque avrebbe  festeggiato l'arrivo del nuovo anno in compagnia, aspettando la mezzanotte con un bicchiere di champagne e urlando il conto alla rovescia. Nuovo anno, nuove speranze, nuovi inizi. Sono queste le cose che la gente si aspetta, ed è per questo che tra lacrime e gioia ci si fanno gli auguri. Al Cave invece non si respirava la stessa aria di una festa. Tutti erano impegnati per la missione anche se, ormai, era giunto il momento di partire. Molti di loro non stavano più nella pelle. Gli avevano fatto credere che questa sarebbe stata la svolta, il giorno che avrebbe cambiato le loro vite.    La vita di qualcun altro invece, era già cambiata. Da quella notte, Brigitte era stata trasferita in una di quelle celle del Cave.  E sia lei che Tobias  non avevano avuto più un attimo di tregua. Il Capo gli aveva dato addosso con le sue direttive, tanto che  non avevano più tempo per fare altro se non quello di obbedire ai suoi ordini. Erano sempre sorvegliati da delle guardie, soprattutto Brigitte. Jake, la sentinella con la cicatrice, le stava sempre dietro. Non era malvagio ma nemmeno consenziente. Ad ogni modo, qualsiasi suo impegno non le permetteva di vedere Jackson. Addirittura avevano trascorso le ultime tre settimane in palestra, per continuare la fase di propaganda e addestrare parte dell'esercito. Articoli, riviste e filmati venivano bombardati ogni giorno distruggendo la coscienza delle persone. Compresa la loro. Brigitte ormai non si riconosceva più: il viso era più scarno di prima, e aveva perso così tanto peso che ormai le si vedevano le costole. A malapena riusciva a dormire, perché quegli slogan invadevano costantemente i suoi sogni. Per lei era diventata un'ossessione. Non aveva più una valvola di sfogo, un secondo per respirare. Era come se avesse vissuto tutti questi giorni in apnea. Però,  in cuor suo, dimorava ancora una piccola fiamma di speranza che le dava il coraggio di andare avanti.

- Mettevi in fila! - impose loro Tobias, per far sì che ognuno salisse ordinatamente sull'aereo. Vederlo per loro fu come sognare ad occhi aperti. Lo conoscevano soltanto grazie alle riviste del Capo, come il  " mezzo di libertà per eccellenza". Man mano che entravano, Brigitte gli consegnava uno zainetto. Agli occhi di un innocente, sarebbe potuto sembrare innocuo. E invece, era dotato di un contenuto esplosivo.  Tutti iniziarono a prendere posto sui sedili assegnati, mentre Tobias li incitava a essere più svelti. Erano così eccitati di star prendendo un aereo per la prima volta, che stavano perdendo di vista l'obiettivo.

- Ascoltatemi tutti - esordì lui, facendo tacere i presenti  - Benvenuti a bordo. Siete sul primo aereo di oggi -   altri due sarebbero partiti ogni tre ore - Godetevi il viaggio, ma ricordatevi che siete qui per un motivo ben preciso. Non dimenticatelo - i soldati iniziarono ad esultare emozionati.  Erano tutti così esaltati che non pensavano al fatto che sarebbero potuti morire da un momento all'altro.

- Possiamo partire - avvisò il pilota Tobias,  e poco prima che si chiudessero le porte, Frank vi  si intrufolò dentro.

- Sbaglio, o saresti dovuto salire sull'altro aereo? - gli domandò.

- Il Capo ha cambiato idea - rispose con aria strafottente, accomodandosi sul sedile di avanti.

- Bene - disse sforzando un sorriso - Allora, buon viaggio - e poi si diresse verso la fine dell'aereo dove Brigitte lo stava aspettando seduta. Immersa tra i suoi pensieri, guardava un punto indefinito davanti a sé. Sembrava stanca con quelle due occhiaie marcate sotto gli occhi.

- Te lo ricordi  il nostro piano, vero? - le chiese giusto per rompere il ghiaccio.

- Certo - replicò senza far trasparire alcuna emozione. Era come uno zombie che cammina, quasi  ipnotizzato da qualcosa.  Tobias guardò nella sua  stessa direzione, per capire chi la tenesse così imbambolata. Dall'altro lato dell'aereo, c'era Jackson che rideva con David. E ogni tanto il suo sguardo ricadeva su di lei. Anche se sarebbe dovuto essere contento che non stessero più  insieme, in realtà non era così. Vederla triste gli faceva male. Ogni giorno sembrava si spegnesse di più, e non c'era modo di tirarle su il morale. Era sempre austera, con quei suoi occhi azzurri ormai divenuti grigi. Perciò ora vedere Jackson ridere gli faceva saltare i nervi. Come era riuscito ad andare avanti così facilmente?                                              - Sei agitato? - gli chiese Brigitte, accorgendosi del cambio repentino dell'espressione sul suo volto. Voleva distrarsi dalla  presenza di Jackson.

- Perchè tu no? - la sfidò Tobias.

- No - controbatté con sicurezza - Sappiamo già cosa fare. Ma non mi importa se le cose non dovessero andare come previsto - continuò con pessimismo.

- Ah no? - la provocò ancora Tobias, sorridendo. Non riusciva a credere che la ragazza che aveva fatto di tutto  per fargli cambiare idea, che lo aveva svegliato dal sonno in cui aveva dormito per anni, ora invece aveva smarrito la fiducia.

- Ho già perso tutte le persone a cui volevo bene. Quindi no, non mi importa - contestò brusca.                                                                                                                                                                            - Sei sicura? - le chiese, facendo cenno con lo sguardo verso Jackson.

- Ormai si sarà dimenticato di me. Guarda come se la spassa - pronunciò con noncuranza - E poi sono certa che abbia un'altra - disse, e Tobias scoppiò a ridere.

- Lui...un'altra? - continuò a ridere - Impossibile - sembrava non riuscire a smettere. Rise così forte, che contagiò anche lei.

- Basta, Tobias - lo rimproverò ancora ridendo e scuotendogli un braccio - Si è appena girato verso di noi - affermò lei arrossendo. Era incredibile come per così poco si imbarazzasse.

- Meglio. Almeno avrà visto che non è l'unico a spassarsela - rivelò lui.

- Già - tornò ad essere cupa tutto a d'un tratto - E invece con Rose come va? - cambiò argomento e vide già Tobias sorridere lievemente  - Non crederai davvero che non mi sia accorta delle occhiate che vi scambiate - addusse, quasi con fare malizioso. Ma non era proprio semplice estrapolare qualche informazione da lui.

- Riposa ancora un po' - fece alzandosi - tra non molto saremo arrivati - disse raggiungendo la cabina del pilota. Tobias era peggio di lei con le domande. Non ne rispondeva nemmeno ad una. Però era facile capire la risposta anche solo dal suo sguardo. Per un momento immaginò i suoi due amici insieme, e l'idea la fece sorridere. Sì, sarebbero stati una bella coppia. In fin dei conti entrambi meritavano di essere felici.

- Quanto manca ancora? - si informò Brigitte, mentre sostava in piedi accanto al conducente della navetta privata. Anche lui doveva essere complice del Cave.

- Esattamente un'ora - rispose Tobias, guardando la strada. Erano scesi dall'aereo già da parecchie ore per cui adesso  non gli spettava che giungere alla vera e propria destinazione.

- Alzatevi un attimo - ordinò loro. Uno ad uno iniziarono a sollevarsi  e, per via dell'inerzia,  qualcuno per poco non perdeva l'equilibrio.

- Perfetto - commentò, passando tra i sedili e scrutando attentamente  ciascuno di loro. Tutti indossavano una divisa nera, muniti di fucile e zainetto come imposto.

- Tra meno di un'ora saremo in piazza Colonna. É stata organizzata una grande festa per il Capodanno. Quindi, ci sarà molta gente - affermò Tobias, avendo gli occhi di tutti incollati su di lui - Non abbiate paura, fate quello che abbiamo stabilito - concluse.

- Noi non abbiamo paura!  - esclamò un ragazzo dagli ultimi sedili, agitando un pugno in segno di forza - Non abbiamo paura! - ripeté qualcun altro  subito dopo, e poi a quest'ultimo seguì il resto dei soldati. Per un attimo Brigitte si commosse a vedere come nonostante tutto, fossero uniti. L'unione fa la forza, era questo su cui puntava il Capo.  Anche se era assurdo come una persona così perfida fosse riuscita a formare un gruppo grande e affiatato, mentre la sua famiglia non era stata capace di tenere unite solo tre persone. A pensarci, una lacrima le scivolò involontaria e la cacciò subito. Alzò lo sguardo e inavvertitamente si accorse che Jackson la stava fissando. Maledisse se stessa per quella lacrima, e si voltò dandogli le spalle. Non avrebbe dovuto vederla così vulnerabile. Ormai lei non era più nulla per lui. O almeno era quello che lei credeva. Si rinchiuse in se stessa e  rimase in piedi accanto alle porte del pullman. Senza pensarci, poggiò la testa sullo stipite  e guardava come piano si avvicinavano alla città. In altre circostanze, sarebbe stata felice di andare a Roma. Poteva chiudere gli occhi e immaginare di star facendo una gita con i suoi compagni di scuola. Ma ancora una volta, sarebbe stato inutile fantasticare su qualcosa che mai sarebbe avvenuto.

- Preparatevi per scendere - comunicò l'autista dopo un po', e tutti tornarono a bisbigliare e sistemarsi per andare giù.                                                                                                                                    - Sei pronta? - le domandò qualcuno dietro di lei, e mai poteva pensare che quel qualcuno fosse proprio lui.                                                                                                                                                                         - E tu? -  gli rispose girandosi un attimo e alzando un sopracciglio. Lo stava sfidando. Per fortuna le porte della navetta si aprirono in quell'istante, e si catapultò subito giù senza sapere mai la sua risposta. Non sapeva come faceva, ma ogni volta che gli stava vicino sentiva come se il cuore le fuoriuscisse dal petto. Come era  possibile sentirsi vivi con solo due parole?

Scendere da quella navetta era stato decisamente un affronto. Era da tempo che non vedeva così tanta gente riunita. Era vero, il Cave aveva organizzato alcune feste ma nessuna era paragonabile alla gioia che si prova quando stai a contatto con le persone del tuo paese. Anche se non le conosci senti che c'è qualcosa che li lega a te. E questo era il caso di tutte quelle persone che stavano per festeggiare l'arrivo del nuovo anno.  Nel frattempo Brigitte e Tobias, seguiti dagli altri soldati, attraversarono la strada. Dopo di loro ne arrivarono altri, capitanati da Frank.

- Ci siamo tutti? - fece quest'ultimo, una volta riuniti sulla piazza su cui dava il Palazzo Chigi.

- Sì - contestò Tobias - Non manca più nessuno - aggiunse.

- Che ore sono? - domandò sempre lui, guadagnandosi una smorfia da Tobias.

- Che ti costava portarti un orologio? - replicò seccato - Comunque sono le 23:55 - continuò con poco garbo.

- Okay - affermò Frank - Iniziamo a spargerci. Non parlate con nessuno, e mettetevi la maschera antigas. Tutto chiaro? - disse loro, provando a farsi sentire malgrado la musica e il baccano. Brigitte osservò attentamente la piazza, e la gente sembrava non aver fatto caso alla loro presenza. Probabilmente avranno pensato che  si trovavano lì in qualità di militari. Ma forse non avevano pensato niente, poichè troppo impegnati a divertirsi.

- Incominciamo ad andare - la tirò dal braccio Tobias.                                                                                       - E Rose? -  lo fermò immediatamente Brigitte.

- Dobbiamo raggiungerla noi - specificò - Guarda, è già lì - le disse indicando un punto abbastanza lontano della piazza. In effetti  si trovava là.

- Vai prima tu - lo incitò Brigitte mentre si guardava in giro - Io devo recuperare prima una persona - anche se era contrario, sapeva che Brigitte non avrebbe cambiato idea.

- In caso non doveste farcela, questo è l'indirizzo. Noi andremo lì - rassegnato, le diede un bigliettino che subito lei afferrò e inserì nello stivale.

- Grazie - gli riferì, abbracciandolo per un secondo e poi allontanandosi all'istante per cercarlo. Mancavano sì e no due minuti alla mezzanotte. Continuò a dare un'occhiata in giro, ma era quasi impossibile distinguerlo in mezzo a centinaia di persone. Per di più, tutti i soldati sembravano uguali con quella maschera antigas.   Ma non si diede per vinta, e frugò tra la folla beccandosi anche delle occhiatacce. Però lui non c'era. Come poteva essere scomparso così facilmente? L'unica cosa che poteva fare era proseguire con la ricerca seppure non c'era più tempo.

- Dieci -  incominciò il conto alla rovescia, e  si bloccò sbarrando gli occhi.

- Sette - Riprese a correre, e si accorse che c'era un lato della piazza che non aveva esplorato. Era il più nascosto, coperto da un televisore gigantesco.  Per come era fatto Jackson, era molto probabile che si trovasse lì. Non si sarebbe mai messo in mostra mettendosi al centro della piazza.

- Quattro - fu allora che si rese conto che sarebbe stato impossibile raggiungerlo. Eppure non voleva arrendersi,  perciò  proseguì velocemente con il suo percorso a zig zag ignorando il bruciore dei suoi polpacci. La piazza era così affollata che per sbaglio, andò contro un gruppo di adolescenti  con cui non ebbe nemmeno il tempo di scusarsi.

- Due - c'era quasi, ma si ricordò solo allora di non  avere ancora indossato la maschera. Non poteva non metterla o il gas avrebbe fatto ammalare anche lei. Aprì in fretta e furia lo zaino, sentendo subito il panico soccombere. Qualcuno la spinse e le sfuggì dalle mani facendo cadere la maschera a terra.

- Uno - la musica cominciò a rimbombare in tutta la piazza, e le persone iniziarono ad abbracciarsi e a farsi gli auguri felici. Non poteva perdere nemmeno un altro secondo. Mandò al diavolo la maschera, e continuò a farsi largo tra la gente che le stava accollata. Tre metri, e sarebbe giunta allo schermo. Ma non fece in tempo che dei forti boati iniziarono a susseguirsi uno dietro l'altro, e il suo cuore sobbalzò di scatto. Si guardò un istante attorno, e vide come gli altri avessero tutti i visi puntati verso il cielo. Sollevò anche lei il suo, e prese un respiro di sollievo quando si rese conto che si trattasse solamente di fuochi d'artificio. E fu l'ultima cosa bella che vide, visto che un fumo bianco stava venendo nella sua direzione. Alcune persone iniziarono a urlare, altre si accasciavano una dopo l'altra come birilli.

- Jackson! - gridò a pieni polmoni disperata, fino a quando avrebbe avuto ancora il respiro.

- Jackson! -urlò ancora provando a sovrastare gli strilli delle altre persone.  Ma di lui, nemmeno l'ombra. Non aveva intenzione di mollare, e ripeté il suo nome a squarciagola. Stava gridando così forte, che  sentiva la sua voce stessa rimbombarle in testa. Tuttavia anche questa svanì, e non sentì più nulla, se non un fischio nelle orecchie. E d'improvviso tutto divenne bianco come la neve,  e poi, non appena serrò gli occhi, tutto si fece più nero dell'oscurità stessa.









Buon pomeriggio a tutt*! Come va? Non so perchè ma ogni volta che devo scrivere lo spazio autrice, non so mai cosa dire. :'( Perciò ditemi voi qualcosa. Innanzitutto vi è piaciuto il capitolo? Quando ho iniziato a scrivere questa storia, avevo in mente già questa parte che tutto il resto che ho scritto fino ad ora! Quindi stay tuned, perchè ne arriveranno delle belle, ma anche delle brutte...Non vi dico altro

Kisses :*

Your Alicia

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