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Capitolo 39


"Il  Cave le aveva insegnato che l'ottimismo non è mai un'illusione, anzi, è l'unico modo che ti spinge a impegnarti, a non arrenderti."

Era da tanto che non si sentiva così energica. Focalizzò l'attenzione sul sacco bianco che aveva davanti e lo colpì con forza. Era in palestra già da un bel po' e a furia di dare pugni e calci, il sacco era diventato nero. Un tempo allenarsi la faceva sentire viva. Era l'unico modo che l'aiutava a non pensare ai problemi, ma ora invece non sembrava funzionare. E nonostante si accanisse come una iena, il rumore dei colpi non riusciva più a sovrastare il caos che abitava la sua mente. I cattivi pensieri erano lì, e lei continuava a colpire senza pietà fino a perdere quasi il respiro. - Fermati - un comando che le risuonava così familiare, come se l'avesse sentito di nuovo, la paralizzò. Come un fulmine a ciel sereno, si ricordò degli allenamenti con suo padre e di quante volte le ordinava di fermarsi quando perdeva il controllo. Le mancavano i momenti passati con lui, il suo sguardo severo ma in fondo amorevole. Due mani pesanti affondarono nelle sue spalle, e da come la toccavano sembravano quelle di suo padre. Questa sensazione durò solo un attimo perchè, a voltarsi, Tobias, Rose e Jackson erano davanti a lei. Cosa ci facevano tutti riuniti? E poi cosa ci faceva lì Jackson? 

 - Che è successo? - chiese Brigitte ansimando, sentendosi osservata. Nel frattempo si levò i guanti. Le mani stavano andando a fuoco, come quasi sicuramente il suo viso. Tobias si spostò, lasciando che il sacco lo nascondesse. Proprio in quella direzione doveva esserci una videocamera, ma per fortuna l'attrezzo ricopriva l'intera visuale.

 - Ho scoperto qualcosa che potrebbe esserci utile - mormorò, sapendo che se avesse alzato anche solo di poco la voce, le sue parole si sarebbero propagate in tutta la palestra per via dell'eco - Ho sentito che alle due di stanotte saranno fuori di qui - rivelò, quasi con un velo di mistero. 

 - Potremmo seguirli - disse di getto Brigitte - Anche se pensandoci...sarebbe troppo rischioso - si contraddisse, mentre allo stesso tempo si asciugava il sudore con un panno. 

 - Forse mi è venuta un'idea - intervenne Jackson - Se li spiassimo anche noi? - ipotizzò, dando un'occhiata alla videocamera appesa sul soffitto. 

 - Potrebbe funzionare - lo assecondò Tobias - Posso procurarmi io le videocamere e i microfoni - aggiunse con entusiasmo. - Io invece mi occuperò di montarli - si rese disponibile il ragazzo, guardando con la coda dell'occhio Brigitte.

 - E noi che facciamo? - domandò Rose, che sin dall'inizio non aveva aperto bocca. 

 - Venite tutti in camera mia. L'uscita si trova vicino alla mia stanza - In effetti là c'era una grande porta verde sempre chiusa a chiave. Le venne in mente come se fosse ieri il giorno in cui uscì per la prima volta dal Cave insieme a Tobias. Dopo tanto tempo si era sentita libera, viva e chissà ora quella sensazione stava tornando a galla. Finalmente stavano cominciando a reagire, e questo le immetteva una sorta di adrenalina. Il Capo non l'avrebbe passata così liscia.







Non poteva capitare migliore occasione per Rose di restare in camera da sola con due fidanzati in pausa. La tensione che c'era nell'aria era insopportabile. Entrambi giocavano a guardarsi negli occhi, e poi subito dopo ad abbassare lo sguardo. Lei invece stava in mezzo a loro due, come se fosse l'arbitro delle loro occhiate. Sperava che qualcuno avviasse la conversazione, invece di starsene zitti. Eppure l'ansia per questa missione era troppa per mettere al primo posto i loro problemi di cuore. Anche se non aveva ancora capito per quale motivo si fossero lasciati. Quando Brigitte era rientrata la sera precedente in stanza era distrutta. Aveva detto che avevano discusso ma non voleva parlarne. Come ora d'altronde, visto il loro silenzio. Rose sospirò, e per fortuna fu Tobias a rompere quell'attesa angosciante. Entrò quasi come un ladro, e senza perder tempo, tirò fuori dalle tasche almeno quattro videocamere e due microfoni che posò sulla scrivania.

 - Come hai fatto a ottenerle? - gli domandò lei visibilmente sorpresa. Sebbene non capisse niente di tecnologia, dovevano essere di ultima generazione. Erano minuscole, e somigliavano agli spioncini che si mettono generalmente sul retro delle porte. - Conoscenze - affermò quasi beffardo Tobias. Jackson si alzò subito dalla sedia, e si fiondò a dare un'occhiata. Le prese, e le analizzò come uno scienziato. Le scrutò attentamente, e poi dopo qualche minuto sembrava già aver compreso il meccanismo. 

 - Mi serve un computer - disse - Ho bisogno di installare un programma che ci permetterà di vederli da qui - aggiunse specifico. Per come ne parlava, doveva essere esperto in queste cose. Per la prima volta Tobias accontentò la sua richiesta senza fare storie. Ultimamente sembravano in pace. Nessuno dei due attacava l'altro; e questo era già un passo in avanti. Ma adesso la cosa più incredibile era che si stavano aiutando a vicenda. Jackson gli chiedeva di passargli alcuni pezzi, e lui lo faceva senza esitare. Addirittura rispondeva alle sue domande civilmente. Si trattava di una situazione d'emergenza oppure stavano iniziando ad andare d'accordo? 

 - Fatto - rivelò soddisfatto Jackson dopo un'interminabile mezz'ora. Infatti, nonostante entrambe avessero cercato di seguire le sue mosse digitali, tutti quei numeri e algoritmi le avevano mandato il cervello in tilt. Non vedevano l'ora che si sbrigasse con quell'affare. Brigitte si alzò, e dopo essersi sgranchita le gambe, si avvicinò al computer. 

 - Dobbiamo montarle adesso? - chiese a Tobias, poggiando la mano sullo schienale della sedia di Jackson. - Conosco tutti gli orari della struttura e solitamente a quest'ora non esce mai nessuno - rispose con un evidente cipiglio sulla fronte, mentre faceva mente locale. 

 - Questo è l'unico momento che abbiamo - affermò poi con sicurezza.

 - Vado io. Non ci metterò molto - Jackson prese già tutte le apparecchiature, e senza pensarci su, si fiondò verso la porta.

 - Aspetta, non puoi fare tutto da solo - lo fermò subito Tobias - Qualcuno deve venire con te - addusse, mandando un'occhiata a Brigitte che lo linciò solo con lo sguardo. 

 - Rose resta qua e io faccio da guardia - continuò lui prendendo in mano la situazione - Brigitte rimani tu - le disse esplicitamente, e lei rimase in silenzio. Tutti la osservavano aspettando una risposta che sembrava non voler arrivare. Jackson poteva cavarsela benissimo da solo. Perché voleva che lo accompagnasse? - É meglio se comincio ad andare - disse freddo Jackson, uscendo. Brigitte gli corse dietro, e poi lo stesso fece Tobias che, prima di aprire la fantomatica porta, si assicurò che non ci fosse nessuno tra i corridoi.

 - Andate, io vi aspetto qui - li spinse Tobias, aprendo la porta e dando un'occhiata in giro. Per fortuna in quel vicolo non c'erano videocamere e nemmeno all'uscita. Jackson fu il primo ad entrare, avanzando a tentoni. Brigitte lo seguiva da dietro, avendo l'ombra della sua schiena davanti. Il ragazzo si girò furtivo, e le diede segretamente una piccola torcia. Ispezionarono con cautela l'intero posto, ed era esattamente come se lo ricordava, buio e umido con una sola luce attorno all'ascensore.

 - Okay, non c'è nessuno - confermò Jackson - Allora tieni questi. Devi darmeli quando te lo dico io - le affidò le apparecchiature, mentre lui si sarebbe occupato di montarle. Brigitte gli rimase affianco, e gli consegnò la prima. Lo guardò un secondo, e vide come la luce della torcia riuscisse a rendere i suoi occhi verdi quasi brillanti. Intanto staccò rapidamente il nastro adesivo che c'era dietro la videocamera. Era così concentrato, che mentre la saldava bene alla parete dei piccoli solchi gli spuntavano tra le sopracciglia. Istintivamente l'attenzione di Brigitte si posò sulle sue labbra, che semiaperte emanavano un sospiro leggero.

 - Puoi darmi il microfono? - chiese, distraendola da se stesso. Brigitte allungò il braccio, e poggiò l'apparecchio nella sua mano. Quel lieve contatto la fece ritrarre subito. Perchè si stava comportando da sciocca? Doveva dare una mano, non imbambolarsi. Allora provò a focalizzarsi su quell'operazione, uguale praticamente a quella della videocamera. Non era difficile. - Dai, vado a mettere gli altri così ti aiuto - si diresse verso la parete opposta, e in fretta anche lei fece la stessa cosa di Jackson. Almeno così non sarebbe stata inutile. Però non sapeva perché, all'improvviso un brivido le percorse la schiena e le mani le iniziarono a tremare. Aveva un brutto presentimento. Si volse di scatto, e in quel momento stesso sentì serrare la porta. Anche Jackson se ne accorse. Gli occhi le si spalancarono per lo spavento. Delle voci iniziarono a farsi sempre più vivaci, come se qualcuno stesse per entrare. Il sangue le si raggelò tutto d'un tratto, mentre piano cominciava a trasudare paura. - Dobbiamo uscire di qui. Adesso - disse l'unica cosa che le passò per la testa, che era anche l'unica soluzione. E la via di fuga ce l'avevano proprio davanti.







Era la prima volta che disobbediva al Capo. Prima che Brigitte entrasse nella sua vita, non aveva fatto mai niente che potesse mettere in discussione il loro rapporto. Ora invece a malapena riusciva a riconoscersi. Voleva cominciare da capo, condurre una vita normale come le altre persone che vedeva quando usciva dal Cave. Non un assassino, che si macchia di sangue pur di vivere. Era vero, stava andando contro il Capo ma non più contro se stesso. Rimase vicino alla porta, con le sue solite mani in tasca. Che altro poteva fare? Controllò l'orologio, ed erano là dentro già da cinque minuti. Ci stavano mettendo troppo tempo. Voleva entrare per vedere, ma non ne ebbe la possibilità: dei passi pesanti simili a quelli di scarponi, si facevano sempre più vicini. Cercò di mantenere il sangue freddo, e chiuse a chiave il portone scattando subito in camera. Che cosa ci facevano a quest'ora? Rose iniziò a farfugliare qualcosa, ma immediatamente le fece cenno di zittirsi. Aveva il cuore a mille. Poi sentì qualcuno parlare, e a quanto pare era Frank. Solo lui poteva avere una voce così squillante. Sicuramente il motivo per cui era lì era lo stesso per cui si trovava nello studio del Capo qualche ora prima. Doveva bloccarlo immediatamente. Tobias uscì in quell'istante stesso, e per poco non apriva il portone. Non era solo. A parte lui c'erano altri cinque uomini con indosso delle divise nere e degli stivali con la suola alta. Non ci aveva mai parlato, ma li conosceva di vista. Facevano parte del gruppo degli over.

 - Frank, che ci fai qui? - gli chiese con disinvoltura, trattenendosi dall'essere scorbutico. 

 - Il Capo ci ha affidato un incarico - rispose lui, tutto fiero. A Tobias veniva voglia di spaccargli la faccia, almeno così avrebbe smesso di sorridere come un'ebete. - E come mai io non ne sapevo nulla? - gli domandò con tono quasi canzonatorio.

 - Evidentemente sono affari che non ti riguardano - lo schernì Frank, e fu difficile per Tobias riuscire a mantenere la calma. Però sapeva che non contestare alle sue provocazioni l'avrebbe mandato più in bestia di qualsiasi altra risposta. 

 - Bene, vorrà dire che avrò più tempo per me - replicò poi, aprendo la porta della sua stanza e facendo scorgere appena Rose. Forse era un colpo basso, ma sapeva che il punto debole di Frank erano le donne. E da come lo aveva guardato, sembrava un po' invidioso. 

 - Ci sono riusciti? - gli chiese Rose impaziente una volta averlo visto entrare.

 - Speriamo di sì - replicò sbattendo la porta. Sperava che fosse riuscito a convincere Frank che non era lì per interrogarlo, e che nel frattempo Brigitte e Jackson ce l'avessero fatta a scappare.

Brigitte si precipitò verso l'ascensore insieme a Jackson, e spinse il primo interruttore che trovò davanti. L'ascensore non si apriva. L'ansia le prese lo stomaco, e il cuore batteva senza controllo. Provò ancora, ma niente. Si accertò che non ci fossero altri pulsanti e infatti quello era l'unico. Continuò a premere con insistenza quel tasto, ma le porte metalliche sembravano non volerne sapere niente. Dovevano prendere per forza l'ascensore adesso, o quegli uomini sarebbero entrati da un momento all'altro. Le crisi di nervi iniziarono a crescere in lei così tanto, che si sarebbe messa ad urlare se entro un minuto non fossero finiti in quell'ascensore. 

 - Apriti, diamine! - esclamò alla fine, spingendo per l'ennesima volta quel pulsante. E finalmente, dopo una miriade di tentativi, le porte metalliche si schiusero. Si catapultarono dentro, e l'ascensore iniziò a salire. Per il momento il pericolo era scampato. Brigitte sospirò a lungo, e si mise una mano sul petto per tranquillizzarsi. 

 - Ci siamo riusciti - richiamò la sua attenzione Jackson. Guardandolo, non sembrava agitato tanto quanto lei. Giunsero in superficie, e anche se era tardo pomeriggio, il sole non c'era già più. Ormai erano a dicembre. - Rimaniamo nei dintorni. Almeno potremo vedere da vicino cosa fanno - suggerì Jackson, prendendole la mano. Per lui fu un gesto così spontaneo, che sembrò non farci caso. La stringeva come se fosse un trofeo da proteggere. Allora non era così arrabbiato come lei credeva. Intanto erano quasi arrivati all'uscita della caverna. Ma si fermarono non appena videro una luce bianca riflettersi sul versante opposto a quello dove si trovavano loro. Quasi sicuramente si trattava dei fanali di un'auto. 

 - Deve esserci qualcuno fuori - disse lui, e tirò Brigitte a sé nascondendosi sulla parete accanto all'uscita. Teneva il braccio saldo attorno al suo bacino, anche se non ce n'era alcun bisogno. 

 - Ti sembra il caso di abbracciarmi? - gli fece notare, e la sua voce riecheggiò nell'intera caverna. Forse era meglio rimanere in silenzio. 

 - Ho pensato che potessi agitarti - rispose lui, mozzando una lieve risata. Brigitte lo prese in giro, scimmiottando quello che aveva appena detto. 

 - Almeno sono riuscito a distrarti - contestò fiero, mentre lei si faceva abbindolare dai suoi lineamenti che, anche in un'occasione del genere, erano così morbidi. Praticamente non era affatto preoccupato per quello che stava succedendo. Anzi, la guardava incantato come per la prima volta. Entrambi si sentivano impacciati, come se non fossero mai stati così vicini. - Non possiamo rimanere qui - interruppe l'atmosfera Brigitte, sentendo un rumore provenire dall'ascensore. Eppure si trovavano in mezzo a un bivio: se fossero rimasti lì, gli uomini che stavano salendo li avrebbero scoperti. Ma se fossero fuggiti, quella macchina li avrebbe inseguiti. 

 - Al mio tre corriamo più veloce che possiamo - la incoraggiò Jackson. - Uno - le afferrò di nuovo la mano, e Brigitte non potè che guardarlo negli occhi decisa - Due - si affacciarono leggermente verso l'uscita - Tre - saltarono fuori, e corsero più veloce che potevano senza sapere a cosa stessero andando incontro.   







Da quando Tobias era rientrato sembrava un po' sconvolto. Anche se cercava di nasconderlo, Rose riusciva a percepire tutto il nervosismo che provava in quel momento. Senza dire niente, si sedette davanti al computer e consultò il programma che aveva installato Jackson. C'erano solamente due inquadrature, e non quattro come si aspettavano. Rose prese posto accanto a lui, che aveva lo sguardo fisso sullo schermo. Cinque uomini vestiti di nero si stavano infiltrando in una delle tre porte che c'erano lì. Purtroppo il luogo era poco illuminato e la videocamera non poteva riprendere bene tutto. 

 - Sai cosa c'è all'interno? - volle sapere Rose. Tobias doveva esserne a conoscenza. 

 - É un magazzino - rispose semplicemente, troppo concentrato a guardare. Non ci avrebbe prestato tanta attenzione nemmeno se avesse guardato un film. Nel frattempo, i cinque uscirono con in mano due sacchi. Non erano ingombranti, ma per come li reggevano dovevano contenere qualcosa di delicato. 

 - Fate attenzione - li ammonì un uomo, non inquadrato. Dalla voce sembrava Frank. Ne ebbe la conferma quando un secondo dopo avanzò nella loro direzione. Lui era l'unico a essere vestito normale. Tobias storse il naso non appena lo vide. Frank era il primo tra i suoi acerrimi nemici. E come non dargli torto: era la persona più arrogante del Cave. L'uomo si avvicinò ai sacchi e li controllò con cura senza estrarre il contenuto. Sarebbe stato tutto più facile se lo avesse fatto. - Perfetto. Possiamo andare - comunicò ai suoi assistenti, i quali si divisero in due gruppi per prendere l'ascensore. Frank sarebbe stato l'ultimo ad entrare. Rimase ad aspettare davanti all'elevatore, a braccia conserte. Poi notò qualcosa sul pavimento e si piegò a raccoglierlo. Iniziò a osservarlo ma era così microscopico, che nelle registrazioni era impossibile identificare che cosa fosse.

 - No, non può essere vero! - esclamò Tobias - Dannazione! - imprecò sbattendo il pugno sulla scrivania. 

 - No, la videocamera - accennò appena con un filo di voce Rose. Inizialmente non le era venuto in mente. Ora sì che erano nei guai. Tobias si alzò alterato, con la voglia di spaccare tutto. Cominciò ad andare avanti e indietro per la stanza e a sudare freddo. 

 - Devi calmarti, Tobias - fece Rose, avvicinandosi a lui quasi con timore. Non che fosse cattivo, ma sapeva di cosa fosse capace quando era arrabbiato.

 - Tu non capisci! - continuò a sbraitarle contro, mentre le puntava un dito. 

 - Io non capisco? - lo affrontò lei - Qui siamo dentro fino al collo tutti, non solo tu! - gli urlò, a distanza di pochi centimetri dal suo viso. Lo fissò nei suoi occhi tenebrosi, che sembrarono aver chiesto tregua solamente per un secondo. Non sapeva come faceva, ma riusciva sempre a tirare il peggio da lei. Tobias si discostò, e fiacco si andò a sedere sul letto. Con la schiena incurvata, si accarezzava la nuca con entrambe le mani. D'altronde era sempre stato così: come una bomba ad orologeria pronta ad esplodere e a distruggere tutto ciò che aveva attorno. 

 - E poi non è detto che ci scoprano. Non c'è scritto il nostro nome su quell'affare - addusse bruscamente Rose, ma lui sembrò non darle retta e rimase sulle sue. La situazione si era praticamente ribaltata. Adesso era lei ad aver esagerato a trattarlo così? Sarebbe stato meglio se lei se ne fosse andata e l'avrebbe lasciato a sfogarsi da solo. Ma lei non voleva andarsene. Esitò qualche secondo, e poi con coraggio gli andò a fare compagnia sul letto. Sollevò lo sguardo non appena la vide sedersi accanto a lui.

 - Okay, arrabbiati se vuoi - gli suggerì sottovoce - Io non ti tratterrò - continuò. - No - rispose serio - Hai ragione tu. É inutile arrabbiarsi - disse girando la testa nella sua direzione e guardandola pensieroso. Cosa lo affliggeva?

 - Dobbiamo togliere le videocamere e i microfoni al più presto - tornò ad essere finalmente ragionevole - Penso che ce la caveremo - aggiunse, e anche Rose pensava lo stesso. In fondo non era mai stata una ragazza fiduciosa, ma il Cave le aveva insegnato che l'ottimismo non è mai un'illusione, anzi, è l'unico modo che ti spinge a impegnarti, a non arrenderti.

 - Ce la caveremo - ripeté lei, e d'istinto gli strinse la mano. Senza che se lo aspettasse, anche lui ricambiò il gesto e le sorrise con gentilezza. Rose sentì subito le guance avvampare e anche se non sapeva cosa stesse realmente succedendo, quello rimaneva comunque il sorriso più bello che aveva visto in vita sua. 




Buonasera lettori e lettrici! Non so come, ma siamo arrivati al 39esimo capitolo! Se vi devo dire la verità non avrei mai pensato di arrivare fino a questo punto. Non avevo molte idee, e avevo paura che la mia storia potesse non piacere a nessuno. Invece mi sono buttata e nonostante tutto sono giunta fino a qui, e questo è anche grazie a voi. Spero che il capitolo di oggi vi sia piaciuto, e ricordate di non mollare mai <3


PS: avete iniziato la scuola? 

                                                                                                                Your Alicia

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