Capitolo 33
"Perchè a volte dormire aiuta a scappare dai problemi, e quando ti addormenti speri soltanto di sognare cose belle."
Senza perdere nemmeno un altro minuto, Brigitte si avviò verso la sua stanza. Sperò soltanto che Rose non fosse lì. Non voleva sentirsi dire ancora che era stata meschina con tutti. Non sarebbe riuscita a sopportarlo. Quello che stava per fare era forse da pazzi, ma in fondo, era l'unica speranza che giaceva in lei. L'unico modo per rimediare ai suoi errori. Entrò velocemente e per fortuna non c'era. Si fiondò verso il comodino di truciolato che aveva accanto alla branda dove dormiva, e aprí con un colpo secco il primo cassetto. Sentiva già l'adrenalina espandersi nel corpo. Tirò fuori l'unica cosa che c'era, una pistola nera lucida. Era proibito possedere armi in stanza, eppure aveva deciso comunque di trasgredire questa regola. La accarezzò una volta, e controlló se fosse carica. C'erano ancora dei colpi, anche se solo uno sarebbe bastato. Mise la sicura e se la infiló in tasca. Si recò verso l'armadio, e prese una maglia nera larga che indossò subito. Si guardò frettolosamente allo specchio, accertandosi che la t- shirt coprisse completamente l'arma. Era tutto a posto. Sbucò piano dalla camera, e poi buttando un occhio a destra e a sinistra, si assicurò che nessuno stesse passando da lì in quel momento. In lontananza però vide qualcuno, e rientrò socchiudendo di scatto la porta e facendo meno rumore possibile. Sentì dei passi sempre più vicini, e dopo qualche secondo, furono già lontani. Chiunque fosse, era andato via. Questa volta uscì per davvero, anche se la sua destinazione era ignota. Solo una persona poteva conoscerla. E quella persona era Tobias.
Era piuttosto in ansia. Adesso le avrebbe raccontato tutta la verità anche se avrebbe dovuto dirgliela sin dall'inizio, ma ogni momento gli sembrava inadeguato. Sperò soltanto che Brigitte potesse perdonarlo. Esitò qualche secondo prima di bussare, e dopo un lungo sospiro picchiettò la porta. Si passò nervosamente una mano tra i capelli, e non ricevendo alcuna risposta, bussò ancora. Forse si era addormentata. Aspettò ancora per poco, ma l'ansia lo stava divorando. Spalancò la porta e non vi trovò nessuno. Se non era lì, dove poteva essere andata? Nella sua camera no, dato che ci era appena stato. Forse era aveva fame, e si era fermata a mangiare qualcosa. Ma la sala pranzo era chiusa a quest'ora. Anche se il Cave era grande, erano pochi i posti in cui andare. Qualcosa stava succedendo, e sicuramente non era qualcosa di buono. E fu allora che capì dove potesse essere. Come non gli era venuto in mente prima? Tobias era l'unico con cui Brigitte aveva dei problemi. Improvvisamente una scintilla di rabbia gli attraversò la spina dorsale. Anche solo pronunciare il suo nome gli faceva ribrezzo. Perciò sarebbe stato meglio non perder tempo e andare a vedere la situazione. Non avrebbe permesso a quell'essere spregevole di ferirla ancora.
Era già da un po' che se ne stava nascosta in uno dei vicoli che si trovavano vicino al corridoio della camera di Tobias. Se fosse uscito, lei lo avrebbe visto passare. Quindi solo due potevano essere le opzioni: la prima, che non si trovasse in camera; e la seconda, che semplicemente non era ancora uscito. Ormai stanca di aspettare, si accasciò a terra accostandosi alla parete. Si portò le gambe al petto, poggiando il mento sulle ginocchia. Faceva sempre così quando era triste. E se fino a un momento prima l'adrenalina le scorreva nelle vene, adesso la stessa sembrava essersi trasformata in tristezza. Pian piano chiuse gli occhi, quasi addormentandosi sul pavimento. Perchè a volte dormire aiuta a scappare dai problemi, e quando ti addormenti speri soltanto di sognare cose belle. Ma non passò nemmeno un minuto, che l'eco di una voce femminile la fece sussultare.
- Ti rendi conto che per colpa tua ho litigato con la sola e unica amica che ho qui? - la voce era di Rose. Era davvero andata da lui per dirgliene quattro? - Colpa mia? - disse incredulo Tobias ridendo - Be' , se ci hai litigato la colpa è solo tua. Non mi sembra di averti costretto a dirle qualcosa che non volevi - ribatté lui con tono saccente. La situazione si stava mettendo male. Brigitte si alzò e aveva le gambe indolenzite. Lentamente si avvicinò al corridoio che portava alla stanza di Tobias, rimanendo all'oscuro in un angolo. Rose si ammutolì, comprendendo chiaramente che non era stato lui l'artefice della loro lite.
- Io ti avevo solo avvertito - continuò Tobias, puntandole un dito contro - E se ci hai litigato, è solo perché in qualche modo ti sei sentita ferita - le confessò con tono dimesso, quasi indifeso, avvicinandosi di più a lei. Rimasero in silenzio entrambi, e Brigitte notò bene come Rose fosse tesa. Era evidente che ci fosse imbarazzo tra loro. Quindi le piaceva Tobias? Come era potuto accadere? Il solo pensiero fece spuntare un sorriso sulle labbra di Brigitte. Ma allo stesso tempo riemerse il senso di colpa. Rose aveva ragione, lei non c'era mai per la sua amica.
- E ora se me lo permetti - tornò a essere duro Tobias - devo andare via - concluse evitandola e percorrendo come sempre il corridoio a testa alta. Brigitte sgattaiolò nuovamente nel vicolo in cui si era rifugiata poc'anzi, non pensando al suo cuore che batteva a cento all'ora. Si appoggiò di nuovo alla parete, facendo aderire bene la schiena al muro. Si mise in punta di piedi per slanciare maggiormente la sua figura, anche se fortunatamente l'ingresso del vicolo riusciva a coprirla comunque. L'uomo passò e, nonostante non l'avesse vista, sarebbe stato abbastanza rischioso seguirlo. Infatti, Rose gli corse dietro e per una volta Brigitte desiderò che la sua amica si volatilizzasse.
- Tobias, aspetta! - urlò Rose e Brigitte provò a muoversi nella sua direzione. - Non ho tempo di ascoltarti, ho delle faccende importanti da sbrigare - disse Tobias dileguandosi bruscamente come suo solito.
- Perfetto - rispose freddamente Rose, incrociando le braccia e superandolo. L'uomo rimase confuso per qualche secondo e poi proseguì anche lui. Finalmente era arrivato il suo momento. Cominciò a pedinarlo a grandi distanze, sapendo quanto fosse furbo Tobias. Ma la cosa durò poco, visto che si fermò improvvisamente. D'istinto si nascose in un altro corridoio, sentendo l'agitazione saltarle addosso. Perchè diamine non continuava a camminare? Si affacciò di poco, e vedere con chi stava parlando la fece ritrarre immediatamente. Jackson era lì, con Tobias. Perché erano insieme? Qualunque fosse il motivo, la loro conversazione non era amichevole.
- Sai dov'è, vero? - gli chiese Jackson urlando. - Non so di chi stai parlando - rispose beffardo Tobias. - Sai bene di chi sto parlando. Allora, l'hai vista? - ribatté lui minacciosamente. Brigitte si voltò per poco, ed era bello anche da furioso. Non era più sicura di voler fare quello che aveva in mente. - No, non l'ho vista - replicò di nuovo l'uomo con arroganza. Con quell'atteggiamento avrebbe fatto saltare i nervi anche a lei.
- Spero per te che sia così. Perchè in caso contrario.... - gli rivolse il dito contro Jackson. - Perchè in caso contrario che mi faresti? - lo provocò Tobias, non sapendo che la risposta di Jackson l'avrebbe colpito in pieno.
- Perchè in caso contrario - riprese la frase il ragazzo - sarai colpevole se dovesse succederle qualcosa - disse quasi ringhiando, riuscendo a spegnere in un secondo la sua insolenza. - Ti ho detto che non l'ho vista - ripetè Tobias, questa volta per difendersi e risolvette andandosene subito. Anche Jackson fece lo stesso e la cosa le diede un attimo di sollievo. Poteva continuare a seguirlo. Prima però, una lacrima le fuggì dalla guancia. Jackson non meritava quello che stava per fare. Eppure solo così avrebbe risolto la metà dei problemi, se non tutti. Si ricompose, e provò a dimenticare per il momento Jackson. Doveva concentrarsi su Tobias: continuò a pedinarlo e fortunatamente non si accorse di nulla. L'unica cosa che desiderava era che andasse dal Capo. In realtà Tobias non aveva compagnie all'interno del Cave, quindi passava la maggior parte del tempo nello studio di quel manipolatore. Dopo circa dieci minuti, giunsero in un altro vicolo e alla fine di quest'ultimo c'erano due guardie armate. Allora Brigitte si limitò a osservarlo. I due sorveglianti fecero un cenno a Tobias e quest'ultimo varcò un foro rotondo, simile ad un tombino, situato sul pavimento. Sembrava esserci una scala che lo avrebbe portato ad un luogo sotterraneo. Era assurdo come esistesse un posto ancora più in profondità di quanto già si trovassero. Ora era sicura che si trattasse del Capo. Se no, per quale motivo avrebbero scavato così in fondo? Aspettò che Tobias scendesse, e per raggiungerlo avrebbe dovuto usare le maniere forti. Se stava sacrificando la sua vita doveva farlo bene. Non avrebbe ripetuto lo stesso errore di prima: non avrebbe chiesto aiuto per poi mettere nei guai chi amava. Non le interessava più se quello che stava per fare poteva danneggiare la sua vita, l'importante era ridare ai suoi cari la vita che volevano e c'era solo un modo per farlo: uccidere il Capo. Lo avrebbe fatto senza mezze misure e senza piani sciocchi e stupidi, perchè un solo colpo sarebbe bastato. Si armò di coraggio, e iniziò a procedere nonostante tremasse tutta. Se suo padre fosse stato lì, l'avrebbe rimproverata per la sua impulsività. Le avrebbe detto di smettere di fare la melodrammatica, e che rischiare la vita per risolvere un litigio non sarebbe stata la soluzione. Questo lo sapeva perfettamente. Ma ormai era stanca di vedere come quell'uomo controllasse la vita di migliaia di persone. Intanto chiuse gli occhi e emanò un lungo sospiro. Anche se il cuore tornava a battere veloce, la sua mente doveva essere abbastanza lucida per proseguire. Sfilò dalla tasca la pistola, e la impugnò cominciando a familiarizzare con essa. Insieme erano una cosa sola, e l'arma era ormai diventata un prolungamento della sua mano. Ora doveva essere rapida: si affacciò di poco al vicolo, e puntando la pistola prima a destra e poi a sinistra, sparò alle guardie. Furono sufficienti due colpi a farli accasciare sul suolo, permettendo così a Brigitte di andare avanti con la sua missione. Le sembrava quasi un videogioco, e il primo livello era andato. Si catapultò raggiungendo il punto in cui giacevano distesi i sorveglianti che, da lontano, sembravano dei birilli. Li guardò un attimo, e non sapeva dire con certezza se fossero solamente feriti. Non si soffermò nemmeno a vedere dove la pallottola gli aveva colpiti. L'importante era che non avrebbero potuto darle filo da torcere. Si abbassò un attimo, e raccolse i fucili che avevano fatto cadere nel tentativo di difendersi. Dopo tanto tempo, non si era mai sentita così potente. L'amore e le armi erano le uniche cose che riuscivano a farla sentire viva. Allontanò l'ansia e tutte altre emozioni che avrebbero potuto mandare all'aria il suo piano. Allora spense il cuore, e attivò il cervello: doveva essere freddamente razionale. Prima di scendere, osservò oltre il foro: era tutto buio, ma l'eco sordo di numerosi passi frettolosi si sentiva fino sopra. Avrebbe rischiato se fosse andata giù, ma non poteva ritirarsi proprio adesso. Si cinse la spalla con i due fucili e cominciò a scendere la scala lentamente. Dopo qualche gradino, iniziò a procedere di lato e, mentre teneva una mano appoggiata al corrimano, l'altra sosteneva l'arma. Aveva il cuore in gola, ed era sicura che sarebbe esploso se l'avessero attaccata. Il pericolo era in agguato. Continuò a scendere, come se fossero un milione di scalini. E verso quasi la fine, vide una luce, forse quella di una torcia. E poi sentì uno sparo, e una fitta lancinante le invase il braccio con cui si teneva stretta alla scala. Il dolore fu tale da farle perdere la presa, e per un attimo immaginò già di trovarsi a terra completamente a pezzi. Per fortuna riuscì ad aggrapparsi con l'altra mano, recuperando finalmente l'equilibrio. Cominciò a respirare affannosamente, sentendo che le mancava l'aria. Cercò allora di non farsi prendere dal panico e sparò di rimando , dato che la luce era ancora puntata su di lei. Udì un grido disperato e nonostante questo decise di continuare a scendere gli ultimi gradini rimasti. Una volta a terra, si ritrovò altre quattro guardie con i fucili rivoltati nella sua direzione. Brigitte sgranò gli occhi spaventata ma allo stesso tempo puntò anche lei l'arma su di loro. La teneva così stretta che iniziò a sentire le mani madide di sudore.
- Lascia le armi o morirai - la avvertì la guardia del centro, avvicinandosi piano piano per intimorirla.
- Potremmo già ucciderla - disse quella accanto - non penso che il Capo accetti chi trasgredisce le sue regole - concluse ridendo sarcasticamente.
- Perché sei qui? - domandò infine il sorvegliante di sinistra, con tono meno severo rispetto agli altri. Non sembrava volesse minacciarla, era come se volesse rimproverarla per aver osato tanto. - Voglio vedere il Capo - rispose a voce alta Brigitte, con l'aria di una ragazzina sfacciata e smorfiosa che ottiene tutto ciò che desidera. La guardia del centro scoppiò a ridere, ma la sua risata fu così breve tanto da essere finta. Sapeva che incontrarlo sarebbe stato come voler raggiungere la luna: impossibile.
- Prima di tutto, posa le armi - ricominciò a dire la stessa - poi vedremo cosa fare di te - aggiunse con sguardo truce, quasi come se glielo stesse chiedendo con gli occhi e non con le parole. Brigitte si guardò attorno per un secondo, ma non aveva via di fuga: era circondata. Se avesse fatto come le avevano chiesto, non avrebbe incontrato il Capo e molto probabilmente sarebbe morta. In caso contrario, sarebbe morta ugualmente. Eppure volle ascoltare al suo istinto, provando ad andare fino in fondo a questa storia. Ora più che mai doveva stare attenta, perché quattro persone stavano osservando ogni suo movimento. Allora annuì alla richiesta della guardia, e improvvisamente il suo volto si intristì. Alcune lacrime le rigarono il viso, e per quanto desiderasse che fossero finte, in realtà erano reali. Doveva provare a distrarli, e in questo modo riusciva a sfogare lo stress che aveva accumulato. Cadde lentamente sulle sue ginocchia e si sfilò entrambi i fucili che aveva attorno alla spalla. Rimase così seduta fissando il pavimento mentre l'uomo iniziò a dirigersi verso di lei per strapparle le armi. Con la coda dell'occhio, Brigitte potè notare la l'espressione fiera sul suo viso. Come se fosse sicuro di aver vinto, e di esser riuscito ad avere la situazione sotto controllo. Gli permise di fare un paio di passi in avanti, aspettando che si avvicinasse abbastanza per agire. Il rumore delle scarpe sul pavimento scandiva, come il ticchettio delle lancette di un orologio, l'istante giusto per agire. E infatti, fu proprio quando l'uomo si abbassò per prendere i fucili, che Brigitte ne afferrò uno e con la forza dettata dall'adrenalina, gli sparò nello stomaco. La guardia perse conoscenza, e prima che potesse cadere su di lei, si alzò per sostenerlo e farsi così da scudo. Subito, colpì a quella di accanto e lasciò per ultimi le due guardie laterali. Entrambi gettarono le armi in segno di pace, mentre la giovane quasi con gli occhi iniettati dal sangue continuava a puntarglieli addosso. Il respiro riprese ad essere pesante e aveva il braccio destro quasi paralizzato.
- Fatemi entrare - fu l'unica cosa che disse, con un filo di voce spezzato dal pianto. I due sorveglianti non fecero nulla, perchè proprio in quel momento Tobias uscì dallo studio del Capo. Brigitte si catapultò nella sua direzione, pretendendo di voler varcare quella porta.
- Che ci fai qui? - le chiese stupito, e non più con quello sguardo furioso che le aveva rivolto negli ultimi giorni.
- Fammi entrare! Tobias, devi lasciarmi entrare! - urlò Brigitte piangendo. Non le importava se potessero sentirla, tutti dovevano sapere come quel bastardo le aveva rovinato la vita. Iniziò a picchiare forte la porta, dandole pugni e calci. Ormai non sentiva più niente e non sapeva nemmeno se stesse vivendo un incubo o la realtà. Sapeva solamente che doveva entrare in quella stanza e ucciderlo. Non ci voleva molto, solo un colpo. Tobias l'afferrò da dietro, anche se Brigitte cominciò a dimenarsi come una bestia inferocita. Fammi entrare continuava a blaterare, sembrava non sapesse dire altro. Saltava, piangeva, urlava come se non ci fosse un modo per contrastare quell'agonia che si portava dentro. Era impossibile fermarla, ma nonostante questo Tobias ci provò stringendola forte a sé. Cercò di calmarla accarezzandole il capo, ma sembrava una molla impazzita. Non c'era tregua per lei. Le lacrime che versava erano infinite, e nemmeno il tocco leggero delle dita di Tobias sulle sue guance sarebbe riuscito a fermarle. Provò ad asciugarle il viso, e si accorse che era coperto di sudore. Poggiò la mano sulla sua fronte ed effettivamente scottava. Aveva la febbre, stava delirando. Un attimo dopo si rese conto di avere le mani leggermente macchiate di sangue, e l'unica che poteva essere ferita era lei. La controllò rapidamente dalla testa ai piedi, fino a quando il suo sguardo si posò sul suo braccio destro. Tobias sgranò gli occhi, e si guardò intorno notando tre corpi a terra. Velocemente la prese tra le braccia, e lei smise di piangere. Posò la testa sul suo petto, e lentamente chiuse gli occhi. Tobias si fece prendere dal panico, non riuscendo a pensare al fatto che potesse essere morta.
- Jake vieni qui! - lo chiamò Tobias, tentando di mascherare la sua disperazione.
- Controlla il battito cardiaco! - la guardia, che le aveva rivolto inizialmente la parola, le prese il polso e poi le mise due dita sulla parte sinistra del collo.
- Il battito c'è, ma è debole - constatò il sorvegliante.
- Portiamola subito in infermeria! - ordinò duramente l'uomo, e chiese aiuto alle due guardie affinché salissero la scala. Dovevano fare presto. Gli era capitato tante volte di vedere persone morire solo perché dissanguate, o per via dell'infezione causata da un proiettile. Non fu facile trasportarla, ma tre persone furono più che sufficienti. Una volta su, Tobias la prese di nuovo in braccio e dopo aver evitato gli altri due cadaveri a terra, corse subito in infermeria. Avrebbe fatto di tutto per salvarla. Anche se era stata lei l'aveva ferito, non voleva perderla. La sua era una ferita momentanea che col tempo avrebbe potuto guarire. Mentre quella di lei l'avrebbe portata direttamente alla morte. Ogni tanto la guardava, sperando che potesse svegliarsi. In mente aveva solo il suo sorriso, gli occhi azzurri come il mare e quelle labbra morbide che, almeno per un secondo, aveva avuto l'opportunità di assaporare. Non sarebbe stato disposto a rinunciare a tutto questo. Si affrettò ancora di più, ignorando le facce stupite di chi incontrava nei corridoi. Al momento non era importante il parere altrui.
- Proiettile nel braccio destro - disse Tobias, una volta giunto in infermeria.
- Signor Tobias, la lasci sul lettino - rispose un'infermiera dai capelli castani - ce ne occupiamo noi - provò a rassicurarlo con un sorriso genuino la donna, vedendo l'espressione preoccupata sul suo viso. L'uomo uscì dalla stanza, per evitare di esplodere lì dentro. Era furioso. Perché era così imprudente da mettere in pericolo la sua vita? Non se lo riusciva a spiegare. L'impulsività ha poco a che fare con la razionalità e non sempre si può giustificare. Eppure l'unica cosa che voleva adesso era che si riprendesse, perchè ora più che mai la sua presenza era necessaria. Era troppo presto per andarsene. Da solo non poteva farcela, aveva bisogno del suo aiuto. Forse solo così ce l'avrebbero fatta, e probabilmente di tutte quelle ferite ne sarebbero rimaste solo delle lontane cicatrici.
Buongiorno a tutti! Ecco qua il 33 capitolo. Spero vi piaccia ;)
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro