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Capitolo 30

"A volte è necessario sacrificare la libertà stessa per ritornare ad essere liberi davvero."

É proprio quando pensi che tutto sta filando liscio, che ti ritrovi a scivolare. Brigitte e Jackson continuarono a correre più veloce che potevano, sentendo attivarsi ogni loro muscolo. Era come se stessero vivendo un déjà vu. Quante altre volte si sarebbero dovuti trovare una situazione del genere? Procedettero per qualche altro vicolo, senza sapere che il pericolo fosse in agguato. Ad un certo punto, sentirono innumerevoli passi svelti avvicinarsi sempre più a loro e per quanto potessero correre non avevano via d'uscita: cinque guardie gli stavano alle calcagna. Si fermarono immediatamente, quando una di loro, con grido spietato, ordinò loro di non proseguire o in caso contrario avrebbero sparato. Come avevano fatto a trovarli? Evidentemente quei colpi di pistola avevano attirato la loro attenzione. I due giovani si voltarono, e in effetti, cinque uomini vestiti di nero avevano un'arma puntata su di loro. Brigitte sarebbe esplosa da un momento all'altro, non riuscendo più a trattenere la tensione che aveva accumulato da quando era entrata in quella cella. E ora che finalmente erano riusciti a scappare, non li lasciavano in pace. La guardia più grossa si avvicinò a lei e cominciò a strattonarla prendendola per il gomito.

 - Devi venire con me - fu l'unica cosa che riuscì a dire l'omone, con una voce che sembrava provenisse dall'oltretomba . Brigitte iniziò a scatenarsi come una furia, urlandogli di lasciarla stare. Saltava come una bambina che fa i capricci perchè non ha ottenuto quello che vuole e un po', era così. Bramava la tanto e amata libertà, quella che aveva ormai perso da tempo, ma che in una circostanza come questa, non l'avrebbe portata molto lontana. A volte è necessario sacrificare la libertà stessa per ritornare ad essere liberi davvero. Cieco dalla rabbia, Jackson provò ad accanirsi sull'uomo che le stava facendo male. Lo colpì alla testa, ma non fu abbastanza dato che subito, altre due guardie si avventarono su di lui con dei calci e poi, gli afferrarono i polsi e li incrociarono dietro la schiena, come se fosse un carcerato. La prima glieli legò con una corda più simile ad un filo spinato, eseguendo in fretta due nodi, uno più doloroso dell'altro. Era sicuro che quella stringa gli avrebbe lasciato dei segni rossi per quanto premesse sulla sua pelle. Cercò di reprimere una smorfia contrariata e rivolse un tenue sorriso a Brigitte che intanto, si era girata per guardarlo. La seconda invece, lo minacciò puntandogli una pistola sulla tempia destra per fargli capire che quel metallo freddo avrebbe potuto dare fuoco se solo si fosse ribellato. Brigitte serrò la mascella per evitare di urlare ancora, e cacciò indietro le lacrime. La vita era forse stata ingiusta con loro sin dall'inizio, e non riusciva a darsi pace per questo. Le era ormai chiaro che in quel posto vigeva la cattiveria e nessuno si sarebbe posto il problema di sparare o semplicemente ferire l'altro se ne fosse stato necessario. Allora entrambi si zittirono e continuarono a camminare insieme a quelle guardie che facevano loro ombra. Dove li stavano portando? Un'altra punizione, un'altra cella? Eppure non fecero nemmeno due passi, che sentirono qualcuno avvicinarsi rapidamente. Brigitte sollevò il capo che aveva tenuto chino per quei pochi minuti e si ritrovò la figura imponente di Tobias davanti. Aveva uno sguardo così austero, mai visto anche quando faceva il duro. I lineamenti del viso erano tutti perfettamente tirati, tranne quelli sulla fronte che si accigliavano a formare innumerevoli solchi. Brigitte lo guardò con pietà, una pietà che non aveva mai mostrato a nessuno e che probabilmente era anche inutile dinanzi a tanta indifferenza. Gli occhi della giovane iniziarono ad allagarsi di lacrime, e poi tornò a scuotersi e a gridare affinchè ottenesse una sua reazione. 

 - Per piacere Tobias, fai qualcosa! - gli supplicò addolorata mentre inghiottiva le sue stesse lacrime. La distanza che li separava era davvero minima, e se fossero stati vicini, Tobias avrebbe ricevuto quei pugni sul suo petto al posto di quello della guardia. Lui rimase fermo, anzi quasi immobilizzato, e fu allora che Brigitte pensò che il suo amore per lei non fosse reale. Se ami davvero una persona, sei disposto a lasciarla andare per il suo bene. Le guardie li costrinsero a camminare e, quella che stava guidando Brigitte, nell'arco di un secondo estrapolò l'arma e gliela spianò contro la tempia per farla ammutolire. - Sta' zitta o sparo - la minacciò quell'individuo burbero. - Lasciateli a me - sentenziò Tobias una volta che si fossero appena allontanati, con una voce che non sembrava nemmeno la sua. Era vuota, senza nessuna punta di rabbia o tristezza. Una voce come tutte le altre.

 - Ne è sicuro? - chiese voltandosi l'uomo che stava trattenendo Brigitte.

 - Potete andare. Me la vedo io con loro - e fu allora che poté notare una briciola di arroganza, come se le stesse facendo un favore solamente perchè l'aveva implorato. I cinque uomini vestiti di nero, lo fissarono per un attimo e poi mollarono subito la presa andandosene. Finalmente Brigitte si sentì libera dal peso di quella guardia che le opprimeva la schiena. Eppure sentiva un altro peso, ed era quello che aveva sul petto. Inchiodò i suoi occhi in quelli di Tobias, aspettando che emanasse la loro sentenza. Continuò a stare immobile con le braccia incrociate e questo la stava mettendo in soggezione. Non poteva sostenere il suo sguardo così severo, almeno non adesso.

 - Vi voglio in palestra esattamente tra un'ora - li avvisò soltanto, mantenendo lo stesso atteggiamento inquietante. Dopodichè, alzò i tacchi lasciandoli da soli. Brigitte sentì una fitta di rimorso per averlo ferito. Non avrebbe voluto arrivare fino a questo punto. Quella che lei aveva inteso come amicizia, o quasi come protezione, non era la stessa che aveva inteso lui. In tutta la sua vita non aveva mai giocato con i sentimenti di nessuno e ora si sentiva estremamente in colpa per averlo fatto. Intanto tirò fuori un sospiro, scaricando tutta l'agitazione che aveva avuto fino a quel momento. Si voltò immediatamente verso Jackson, e s'incamminò verso di lui. Lo guardò un po' imbarazzata e poi, con un coltello che portava sempre in tasca, cercò di tagliare la corda che gli imprigionava i polsi.

 - Stai bene? - domandò lui, mentre sentiva piano piano allentare la stringa.

 - Tu? - ribatté subito Brigitte senza nemmeno pensarci. Lui era stato rinchiuso in una cella, lui stava quasi per essere ucciso e sempre lui aveva adesso dei segni rossi incisi sulla pelle. Allora una piccola risata roca gli venne fuori e per Brigitte fu come sentirsi a casa. Si ricordò della volta che gli aveva tirato un pugno nel cortile della sua dimora e di come poi erano scoppiati  a ridere. Jackson non era la persona che conosceva da più tempo ma sicuramente quella che conosceva meglio. Intanto continuò ancora a fendere la corda, questa volta mettendoci più forza visto che era abbastanza spessa. Dopo qualche altro tentativo, riuscì a spezzare completamente il cappio che gli stava facendo male, suscitandogli così un sospiro di sollievo. 

 - Grazie - replicò dolcemente Jackson, incastrando i suoi occhi in quelli azzurri di lei. Erano cambiati. La prima volta che l'aveva vista, erano accesi, fatti di odio e rivincita, come se fossero gli unici sopravvissuti a quella catastrofe chiamata vita. Invece ora erano vispi e pronti al pericolo, non più in cerca di vendetta ma di un modo per sviare da essa. Fece scivolare delicatamente le sue dita sulla guancia di lei, come per ristabilire quel contatto che aveva perduto  durante tutto quel tempo. Brigitte non si scostò, rimanendo quasi imbambolata da quella carezza così leggera  che sembrava di seta. E poi le sue dita continuarono a scendere, scorrendo soavemente lungo la scia del suo collo e poi lungo la spalla e il braccio, fino a sfiorare lentamente la sua mano per intrecciarla. Brigitte chiuse gli occhi, beandosi di quel tocco tenue sulla sua pelle nuda che le nutriva refrigerio. Le trasmetteva pace, ma le conferiva contemporaneamente una nuova energia che la faceva sentire estremamente bene. Strinse anche lei la mano, cominciando a disegnare piccoli cerchi sul suo palmo. Era come se stessero riacquistando la connessione interrotta tra loro, riprendendo così a dipingere la loro tela. Si guardarono ancora negli occhi, come se lui avesse bisogno di rinfrescarsi in quell'enorme distesa d'acqua e lei invece, di godersi la pace della natura verdeggiante. 

 - Non sai quante volte ho sperato arrivasse questo momento - le bisbigliò avvicinando la bocca al suo orecchio e fu come respirare un'aria diversa per lei. Brigitte si limitò a sorridergli e l'abbracciò forte, rendendosi conto che le mancava tutto di lui, il suo profumo delicato anche se inconfondibilmente maschile, e soprattutto confortevole. Lui era il suo porto sicuro.

 - Mi sei mancato - confessò ad alta voce Brigitte, con il capo poggiato sul suo petto come se fosse uno scudo. Le accarezzò i lunghi capelli neri che sapevano di pesca, ed erano così morbidi che non pensava avrebbe potuto toccarli di nuovo e sentire ancora una volta il loro profumo. 

 - Anche tu - le rivelò sorridendo e le parole finirono lì. Raccolse quel suo viso minuto dagli occhi grandi tra le mani e lo avvicinò al suo, azzerando la distanza che li aveva separati per tutti questi giorni. Ora non esisteva più nulla se non due labbra che si erano cercate irrimediabilmente e che finalmente, si erano ritrovate. Brigitte cominciò a sentire le farfalle svolazzare, e non solo nello stomaco, ma in tutto il corpo fino ad avvolgerle ogni organo. Si sentiva leggera, viva, con il battito del cuore che si amplificava e risuonava in tutto il corpo come campane in festa. Poggiò la sua mano sul cuore di lui, per sentire come battevano alla stessa frequenza, proprio come due uccellini che cantano all'unisono. E invece, le mani di Jackson come violini sui suoi fianchi, cercavano più contatto per assicurarsi che quello che stava vivendo non fosse un sogno, perchè non si possono provare certi brividi mentre si sogna. E intanto le loro lingue si ricongiungevano e respingevano allo stesso tempo in una danza, come due magneti che finiscono soltanto per attrarsi e stare vicini. E fu in quell'istante che capirono di amarsi veramente, perché, anche se non sapevano nulla dell'amore, sapevano come loro due s'incastrassero bene insieme, come due pezzi di un unico puzzle. Poi si divisero, e quel bacio così intenso ma breve, si chiuse lì. Eppure anche se separati, riuscivano a sentire ancora il calore dell'uno e dell'altro sulle proprie labbra, come se si fossero siglati quel bacio su di loro. 

 - Abbiamo un'ora prima di conoscere la nostra sorte...che facciamo? - chiese imbarazzato Jackson, grattandosi la nuca e poi passandosi una mano nervosamente tra i capelli. Sembrava stupido dire una cosa del genere dopo tanto romanticismo. A volte preferiamo pensare al futuro invece di goderci il momento. Ma in questo caso, come biasimarlo? Era appena stato a un passo dalla morte. Il giovane sbuffò sonoramente facendo trasparire quella preoccupazione che lo attanagliava almeno da due giorni: che ne sarebbe stato di lui?

 - Ehi, non preoccuparti - cercò di incoraggialo premurosamente, prendendo entrambi le mani e facendole dondolare lievemente - andrà tutto bene - gli disse con voce un po' tremante e guardandolo fissamente negli occhi. Non era certamente convinta di quello che aveva detto, ma non aveva altre opzioni. Sperò soltanto che Jackson non avesse intuito la sua insicurezza. Cosa avrebbe dovuto dirgli, che era in ansia anche lei? Che moriva dalla paura di perderlo un'altra volta, di vederlo andarsene proprio come aveva fatto quel giorno? Scacciò una lacrima fuggitiva per quel macabro pensiero, e sfoggiò un sorriso forzato. Lo ricambiò anche lui, ma non era sincero. Entrambi avevano paura di doversi separare di nuovo senza che lo volessero veramente e questo timore non gli dava pace.










Da quando Brigitte gli aveva detto chiaro e tondo che non l'amava, non si sentiva più lo stesso. In fondo doveva immaginarselo, sapeva che stava con un altro. Eppure era stato tanto sciocco da pensare che potesse innamorarsi di lui, idiota. E ora gli aveva lasciato campo libero, un'ora tutta per loro. Aveva notato perfettamente come lo guardava quel bastardo, con quel dannato ghigno di soddisfazione sul volto, mentre la sua ragazza lo implorava di lasciarli andare, che bastardo. Lo avrebbe strangolato con le sue stesse mani, anzi, lo avrebbe bruciato vivo se avesse potuto. Tuttavia sarebbe stato troppo crudele far soffrire una ragazza che ha patito tanti drammi nella vita. Non poteva farlo, ma solo per lei. Intanto, con la rabbia in corpo, s'incamminò verso la sua stanza. Chissà che avrebbe fatto. Era indeciso se prendere a pugni il sacco o se spaccare qualsiasi cosa si sarebbe trovato attorno, o peggio, buttare giù l'intera stanza. Forse questa opzione era la più indicata. Proseguì ancora, ma si sentiva pesante con tutta quella furia addosso da smaltire. E sapeva che sarebbe scoppiato, eccome se lo sapeva. Imboccò il penultimo corridoio e poi sarebbe finalmente arrivato. O almeno questo credeva, perché improvvisamente sentì delle urla che dovevano provenire dalla fine del vicolo. Corse più in fretta della luce e strabuzzò gli occhi incredulo per quello che stava vedendo. Rose si stava dimenando con tutta se stessa per liberarsi dalla presa di quella guardia che doveva controllare la cella di Jackson. Se non ricordava male doveva chiamarsi Erik. In un attimo capì tutto, ma non era momento di pensare a come fossero andate le cose . Si catapultò su quel maniaco che la stava toccando impropriamente, prendendolo dalla camicia e scaraventandolo per terra. 

 - Tobias, basta - gli disse impaurita Rose. Si chinò su di lui e con una ferocia inaudita cominciò a prenderlo a pugni. Ormai accecato dall'ira, non vedeva più nulla se non come aveva ridotto quel volto adesso rosso e gonfio. Non aveva idea di come sarebbe diventata la sua faccia all'indomani. Sicuramente non avrebbe avuto un bell'aspetto, ma non gli interessava. Solo dopo si rese conto che forse aveva sbagliato ad usare la violenza. Eppure la violenza provoca altra violenza, no? Credeva che farsi una senza il suo consenso l'avrebbe reso un uomo? No, non si era pentito affatto di quello che aveva fatto.

- Tobias, basta! - gli urlò l'ennesima volta Rose afferrandolo dalle spalle sperando che almeno così la sentisse. Non le aveva dato il minimo ascolto, era troppo concentrato a picchiarlo per darle retta. Però questa volta si volse, respirando pesantemente e con una faccia rossa da far paura. Sembrava il diavolo in persona. Eppure ora si sentiva così libero per essere riuscito a sbollire la rabbia senza far a pezzi la sua camera. 

 - Non c'era alcun bisogno di essere così violenti - lo rimproverò con le lacrime agli occhi, e una voce così sottile che rispetto a come era solitamente, sembrava camuffata dal pianto.

 - Tu, ora, vieni con me - sbottò Tobias, fregandosene delle sue lacrime e prendendola per il gomito. Rose provò a scuotersi come aveva fatto prima con la guardia, ma non ci riuscì. Era troppo forte per lei. - Tu non sei normale! - gridò Rose - Lasciami stare! - proseguì con le urla. Tobias non fu più in grado di trattenerla e la prese dalle gambe gettandola su di lui come se fosse un sacco di patate. Sarebbe stata una scena comica se solo stesse scherzando. E invece lui faceva sul serio. - Non vai a vedere nemmeno se è ancora vivo? - tentò di distrarlo Rose, a testa in giù. Ora non stava più piangendo. - Si riprenderà. Gli ho solo dato qualche pugno, non l'ho mica buttato da un precipizio - affermò come un cavernicolo Tobias, anche se Rose potè cogliere una punta di ironia in ciò che aveva detto. 

 - Be', c'eri quasi! - gli suggerì la ragazza, che si era ormai arresa a stare quella in posizione. Sarebbe stato impossibile liberarsi da quelle braccia possenti e poi, non voleva fare la stessa fine di Erik. Fortunatamente non ce ne fu il bisogno visto che la gettò goffamente al centro del letto una volta entrati nella sua stanza. Si mise a sedere per poi alzarsi, ma Tobias si parò davanti a lei, e affondò le sue mani nel piumone circondandola ai lati, come se stesse costruendo un recinto attorno a lei per non farla fuggire. Rose chiuse un attimo gli occhi impaurita e pensando subito al peggio. Ma, quando li riaprì, si accorse che non era così. I suoi occhi neri, così penetranti, la fissavano talmente da vicino che non era capace di reggergli lo sguardo.

- Ora tu mi spieghi - sibilò con voce ferma - cosa avete architettato tu, e quella che tu reputi tua amica - e Rose non aveva più scampo, soprattutto dinanzi a quello sguardo intimidatorio. Si morse il labbro inferiore e sapeva perfettamente che non l'avrebbe passata liscia. Non le rimaneva che dire la verità. 




Buonasera a tutt*! Okay, sì lo so  questa volta ho esagerato con le smancerie :) spero  però che abbiate apprezzato l'ultima parte. Che dite, cosa succederà? Io prevedo una tempesta e voi? Fatemi sapere, un bacio :*

                                                                                                                    Yours Alicia 

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