Capitolo 13
"Brigitte si spogliò delle sue difese come una rosa che a poco a poco si spoglia dei suoi petali."
Il mattino seguente, le tenebre che avevano avvolto Brigitte per tutta la notte, erano ancora lì ad annebbiarle i sensi. Dopo che quelle guardie l'avevano portata via con la forza, la giovane era stata rinchiusa in una stanza poco illuminata, simile alla cella di un carcere. Ogni secondo che passava, sentiva che l'oscurità l'avrebbe divorata piano piano, risucchiandole così ogni speranza. Brigitte non aveva paura del buio, eppure in quel momento, non faceva altro che martellarle la testa infondendole terrore. Non sapeva cosa sarebbe successo quella mattina stessa, quale punizione le avrebbero inflitto e soprattutto, se sarebbe sopravvissuta a quella tortura. Era di questo che aveva paura veramente. Aveva paura che il buio potesse nasconderle la realtà, privandola di quella luce che placava le sue inquietudini.
Rannicchiata in un angolo della cella, la ragazza provó a chiudere occhio almeno per un attimo. Il freddo umido però, le punzecchiava la pelle, come se tante piccole formiche stessero percorrendo ogni parte del suo corpo. Istintivamente, posò il mento sulle ginocchia che aveva portato al petto e poi circondato con le sue braccia esili, ancora violacee per i lividi procurati il giorno prima. Non sapeva quanto altro tempo sarebbe rimasta lì, ma era sicura che gliel' avrebbero fatta pagare presto. E quel momento era appena arrivato. Qualcuno infatti, stava per raggiungere la stanza della prigioniera. Si faceva sempre più vicino lo scalpitio di quei passi decisi, il cui ritmo seguiva lo stesso del cuore di Brigitte. Il battito cresceva e il timore di dover affrontare quella cruda punizione, le fece rizzare la pelle.
L'uomo prese le chiavi e le inserì nella serratura cominciando a girarle con forza. Una, due, tre volte. Finalmente la porta si aprì e un fascio di luce ribelle si insinuò furtivamente tra le tenebre della cella. Così da lontano, Brigitte non riuscì a riconoscere il viso del suo salvatore, o meglio, di colui che la stava salvando dalle sue ansie ma non dal suo rude destino.
Sebbene la voglia di uscire fosse tanta, la paura di affrontare qualcosa, a lei totalmente ignota, quasi la paralizzò. Eppure, si alzò quando vide la figura dell'uomo avvicinarsi sempre più a lei. Ora che gli stava davanti, la giovane poté notare i suoi lineamenti duri, ormai segnati dall'età, e una fronte accigliata che ispessiva il suo sguardo minaccioso. Poi, le sue mani massicce afferrarono con violenza i polsi della ragazza, che cinse con una corda di paglia. Glieli annodò più volte, procurando dolore ad ogni cappio allacciato con prepotenza. Dopodichè, le fece cenno di seguirlo e Brigitte non potè far altro che obbedire.
- Sapevo che prima o poi ci saremmo ritrovati - esordì il bruno, rivolgendole uno sguardo perverso, lo stesso di quando si erano conosciuti.
Brigitte lo guardò incredula, strabuzzando gli occhi. Era lì, che giaceva dinanzi a lui, con il cuore in gola e le gambe tremolanti. Il viso stanco ed esangue chiedeva pietà. Pietà per una ragazza innocente, pietà per una figlia che voleva rivendicare sua madre. Invece per loro quella parola non esisteva.
Si sentì quasi svenire dalla paura, la stessa che l'avrebbe aiutata a farsi forza. Non posso mollare adesso, si ripeté. Presto sarà finita, disse tra sé.
- Pensavi che te la saresti cavata così facilmente? - si approssimò a lei il ragazzo dagli occhi corvini - Ricorda, io non lascio mai niente in sospeso. Ma ogni cosa a suo tempo, giusto? - si accostò sempre più, tirandole un brutale pizzicotto sulla guancia. Fu così forte, che sembrò strapparle la pelle.
L'espressione sul suo viso passò da spaventata a dolorante. Allora, decise di giovare di quel dolore per provocare altro dolore: senza pensarci, gli pestò un piede con carica. Il giovane la mollò subito, cercando di soffocare un piccolo grido di sofferenza. Intanto, Brigitte lo mirava con soddisfazione: quanto poteva essere sciocco quel ragazzo?
- Pensavo fossi più intelligente. Avrei fatto un'eccezione per te, se solo...
- Se solo fossi stata al tuo gioco? - lo interruppe la fanciulla, con franchezza.
Il bruno non rispose, prendendo una frusta poggiata sul tavolino situato in un angolo remoto della stanza.
- Oggi non potrai scappare come hai fatto quella sera - la incastrò lui.
-Non l'avrei fatto - replicò Brigitte, provando a tenere la voce più ferma possibile. Non doveva capire che aveva paura.
Per un momento, iniettò il veleno dei suoi occhi in quelli della ragazza e senza ormai perdere tempo, le ordinò di inginocchiarsi. Prima di acconsentire, si guardò attorno quasi come se stesse cercando una via di fuga. Nel frattempo, l'uomo che l'aveva accompagnata, era andato via. Anche lei avrebbe voluto fare lo stesso.
S' inginocchiò alle sue spalle, con le ginocchia pressate sul pavimento nero e freddo. I muscoli del viso prima contratti, si rilassarono, e gli occhi prima azzurri, diventarono grigi e neutri pronti ad affrontare quel malessere.
- Ora levati la maglia - parole brevi ma difficili da sopportare. La ragazza esitò per un momento, e poi se la sfilò lentamente cominciando a sentire le guance ardere - anche il reggiseno - la sua voce risuonava così impassibile e crudele in quella stanza.
Brigitte provò a cacciare indietro le lacrime. Non poteva mostrarsi debole e soprattutto, non poteva disobbedire. Avrebbe potuto difendersi come suo solito, ma a quale vantaggio? Se continuava a comportarsi da impertinente, non sarebbe sopravvissuta a lungo. L'unica cosa che le restava da fare era resistere a quella tortura.
Le sue mani intorpidite risalirono la schiena fino a raggiungere l'attaccatura del reggiseno. Cominciò a staccarserlo, gancio dopo gancio. Poi scivolò sul pavimento, lasciando nuda la schiena della ragazza.
Brigitte si spogliò delle sue difese come una rosa che a poco a poco si spoglia dei suoi petali. Eppure, un'azione così semplice sembrò costarle la vita.
Dopodichè, si raggomitolò su se stessa proprio come un riccio che per difendersi, si chiude mostrando gli aculei. Ma Brigitte non aveva nemmeno quelli. Anzi, la sua schiena era candida e setosa, pronta ad essere colpita. Riusciva già ad assaporare il dolore della frusta sulla sua pelle.
Ad un certo punto, chiuse gli occhi talmente forte, che li sentì bruciare. Fermò le mani tremanti con un pugno e se le affiancò al viso. Anche il suo cuore vacillava, ma non poteva fare nulla per evitarlo.
Era in quella posizione da ormai qualche minuto, e quel dannato non l'aveva ancora assalita. Gli piaceva vederla soffrire, anzi, godere dell'attesa di quel momento. Sapeva che non gli sarebbe più capitato, almeno con Brigitte. A quel punto avrebbe scagliato la frusta, se solo qualcuno non avesse spalancato la porta.
- Mike, vai via. Me ne occupo io - tagliò corto Tobias, appena in tempo da salvarle la vita. Brigitte sollevò il capo una volta aver riconosciuto la sua voce. Nonostante le sue parole fossero risultate così dure, in realtà la fecero sentire al sicuro.
-Tocca a me punire i ribelli! - rispose Mike, con quel tono da ragazzo viziato, lo stesso che aveva usato la sera della festa per approfittarsi di Brigitte.
-Davvero me lo stai facendo ripetere due volte? Sai bene chi comanda qui - inveì l'uomo, soffermandosi sulle ultime parole. Il ragazzo più giovane non contestò, lasciando trasparire un velo di impeto. S' irrigidì e digrignò i denti dalla rabbia. Serrò le mani facendole diventare rosse.
- Quindi, faresti meglio ad uscire - lo incitò Tobias, ferendolo nell'orgoglio.
Mike aveva visto il suo desiderio svanire improvvisamente. Non aveva più potere su di lei. E non poteva fare nulla per impedirlo. Scaraventò la frusta per terra, e poi, lasciò la stanza senza proferire parola.
Tobias si mise a guardarla per alcuni minuti, anche se in realtà sembrarono ore. Brigitte mantenne quella posizione, aspettando quei fatidici colpi. Invece l'uomo non si mosse affatto, anzi, rimase immobile a scrutarla attentamente. I suoi occhi attraversarono cautamente sua la schiena e poi si posarono sul suo viso smorto. Nonostante le palpebre violacee e le labbra distrutte, rimaneva ugualmente bella per Tobias.
Poi, si spostò di qualche passo e si chinò accanto a lei. Con la coda dell'occhio, Brigitte potè ammirare il suo braccio muscoloso.
- Mettitelo e andiamo via di qui - le ordinò alzandosi e porgendole il reggiseno che aveva appena raccolto.
La ragazza non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi, ma si limitò semplicemente ad annuire e a recuperare velocemente la sua roba.
- Ti aspetto fuori - dichiarò l'uomo, prima di uscire dalla cella.
Non sapeva perchè, ma Tobias aveva qualcosa di familiare. Era sempre così autoritario e diffidente. Il suo sguardo tenace, e le sue parole coincise e taglienti. Lui era proprio come lei. E lo stava capendo soltanto allora.
I corridoi del Cave sembravano dei veri labirinti. Brigitte lo aveva notato sin da subito, ma in quel momento, quegli innumerevoli anditi la misero in uno stato di confusione. Tuttavia, si era affidata a Tobias, l'unico che l'aveva in pugno. Anche di spalle poteva incutere terrore. L' andatura decisa e il corpo rigido, come quello di un soldato, rivelavano l'audacia di un uomo sicuro di sè. Le braccia tese invece, lasciavano intravedere i suoi muscoli ben allenati. Doveva essere piuttosto invidiato al centro d'addestramento. Lo aveva notato guardando Mike e captando nei suoi occhi quella consapevolezza di impotenza.
Brigitte non si era accorta che erano finalmente arrivati, non appena vide la porta aprirsi. Distolse un attimo quei pensieri, e si concentrò sul posto che aveva davanti. Era una stanza abbastanza grande che assomigliava ad una sala giochi. Trovò alla sua destra un comune tavolo da biliardo e un po' più in fondo, uno spazio dedicato al bowling.
- Non sapevo vi divertiste qui - disse Brigitte ironicamente, spostando continuamente lo sguardo da una parte all'altra della sala.
- A volte fa bene staccare la spina - esordì Tobias, sedendosi su uno dei divanetti di pelle collocati al centro dell'edificio - Solitamente ci veniamo di sera. Ma è un posto...piuttosto riservato - continuò l'uomo titubante, indugiando proprio sulle ultime parole.
-Cosa intendi dire? - gli chiese incuriosita la giovane, prendendo posto accanto a lui, più precisamente, al margine del divanetto. Restare sola con Tobias in quella sala enorme e vuota, non la faceva stare tranquilla. Temeva di dover scattare da un momento all'altro, come un gatto che chiude gli occhi ma in realtà non dorme perché troppo attento a percepire i pericoli.
- Devi sapere che nessuno può sbarazzarsi del Cave. Una volta qui, nessuno può andare via - iniziò a dire l'uomo, con sguardo assente - Sono ormai tanti anni che addestriamo giovani come te. Ma non potendo più lasciare il centro d'addestramento, sono tutti costretti a farsi una vita. Lo so che può sembrare strano, ma il Cave si sta trasformando in un vero e proprio paese - continuò lui, giocherellando frettolosamente con le dita delle sue mani.
Brigitte lo guardava incredula con gli occhi spalancati. Improvvisamente, un brivido le percorse la spina dorsale pensando a quanti ragazzi avessero rapito e addestrato. Pensando che lei non avrebbe avuto un futuro, se non vivere tra le mura oscure del Cave.
Tobias si accorse subito dello sguardo accigliato della ragazza, per cui si affrettò a finire:
- Soltanto agli schiavi veterani è concesso divertirsi in questa sala. E a noi istruttori, ovviamente. I giovani devono prima conquistarsi la fiducia del Capo - concluse finalmente l'uomo, togliendole ogni dubbio.
- Che senso ha dargli la nostra fiducia? Siamo già di sua proprietà! - sbottò Brigitte, con tono disgustato, come se avesse un sapore amaro in bocca. Tobias non rispose ma i suoi occhi urlarono rassegnati. Sapeva bene quanto avesse ragione. Tuttavia, non avrebbe potuto fare nulla per cambiare le cose, se non con l'aiuto di qualcuno.
Presa ormai dal nervosismo, la ragazza scattò in piedi indispettita e si diresse verso l'uscita della sala a passo svelto. Non si rese conto però, che le sue salde mani l'avevano bloccata.
- Dimmi la verità - cominciò a dire lei, voltandosi, quasi con le lacrime agli occhi - come fai a sapere che quel maniaco ha ucciso mia madre? - pronunciò quelle parole tutte d'un fiato, temendo di scoppiare a piangere da un momento all'altro.
-Non lo sapevo...semplicemente ho origliato la conversazione con il tuo amico.
Contestò Tobias, che per la prima volta aveva usato un tono più mitigato. Non era solito essere gentile, eppure si era rivolto a lei in quel modo.
Sapeva di aver colpito un tasto dolente della sua vita; e soprattutto sapeva che sarebbe esplosa se l'avesse trattata male, proprio come un ago che scoppia un palloncino.
- Non avresti dovuto farlo! Anzi, non avresti dovuto intrometterti nella mia vita! Non avresti dovuto portarmi qui! - continuò a sbraitargli contro Brigitte, picchiettandogli il torace con dei pugni così leggeri, che non avrebbero ferito nemmeno un bambino. Sentiva le nocche delle sue mani bruciare e le sue guance ardere. Nè per lo sforzo nè per il dolore. Sembrava che il suo sangue avesse cominciato a bollire, facendo arrossare quasi ogni parte del suo corpo.
In preda all'ansia invece, il cuore acquistava battiti che continuavano ad aumentare senza mai fermarsi.
Tobias cercò di calmarla racchiudendola in un freddo abbraccio, e spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
La ragazza si arrestò a quel contatto, seppur lieve. Quel semplice tocco era riuscita a calmarla e a farla ritornare se stessa.
- Mi dispiace, okay? - prese parola finalmente Tobias - Mi dispiace per tua madre e per averti trascinato qui - si scusò lui rammaricato, sentendosi in colpa.
Per la prima volta, aveva ceduto il suo orgoglio in cambio di un po' di umiltà.
Ammirava Brigitte per il suo coraggio e perciò meritava rispetto.
- Per questo mi hai salvato prima? Soltanto per pena? - rispose con tono severo, una volta essersi allontanata da lui.
- No. Soltanto perchè ho capito che non hai nulla da perdere e quindi saresti disposta a tutto pur di perdere te stessa - disse lui, guardandola questa volta negli occhi. Brigitte avrebbe voluto controbattere, ma rimase con la bocca aperta e le parole a mezz'aria. Abbassò lo sguardo ammettendo che quel ragionamento non era del tutto sbagliato. Perché quando agisci di impulso non pensi a nessuno. Nemmeno a te stesso.
-Ecco appunto. D'ora in poi pensa prima di agire. Qui non addestriamo animali - la redarguì Tobias, ritornando ad essere il burbero di sempre. Brigitte annuí dandogli ragione. Era ormai abituata ad agire e non a pensare, perché non sapeva dove l'avrebbero condotta i pensieri. O forse lo sapeva, ed era proprio per questo che evitava di farlo.
Restarono in silenzio per qualche minuto, impalati, uno di fronte all'altro. Tobias, con le mani nelle tasche e lo sguardo sereno, non faceva altro che fissarla aspettando una sua domanda. Quando si accorse che non sarebbe mai arrivata, si voltò verso l'uscita.
- Anche lui viene a divertirsi in questo posto? - lo chiese piano, come se in quel silenzio, qualcuno oltre lui, avrebbe potuto sentirla.
- No. Lui non si fa vedere mai da nessuno - affermò Tobias, senza pronunciare quel nome. Era troppo potente e pericoloso da essere dichiarato - Ora dobbiamo andare. Non possiamo rimanere qui - continuò lui, ancora girato di spalle mentre si recava alla porta della sala. Brigitte cominció a seguirlo, nonostante avrebbe preferito non lasciare quel luogo. La pace che regnava lì l'aveva completamente travolta. Nel frattempo, l'uomo aveva raggiunto l'uscita e trattenne la mano sulla maniglia della porta per qualche secondo:
-Ti riaccompagno al dormitorio - l'avvisó lui, con tono freddo. Brigitte quasi si sentì mancare. Quello era l'unico posto dove non voleva andare.
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