Capitolo 10
"Eppure, in quel posto così simile all'Inferno, l'unico peccato era quello di salvare se stessi e uccidere l'altro. Non avevano alternativa, se non quella di morire"
Brigitte avrebbe voluto annientarlo soltanto con lo sguardo. Ma quel ragazzo era troppo accecato dall' odio per farsi intimorire dai suoi occhi.
- Cosa aspettiamo allora? Spostiamoci sul ring! - esclamò Tobias entusiasta, mentre con una mano fece cenno ad una parte dell'androne a lei ancora ignota.
La giovane seguì il movimento dell'uomo, posando lo sguardo sul ring in fondo alla sala. Tutto ciò che le stava capitando le sembrava assurdo. Non si capacitava all'idea che si sarebbe dovuta scontrare con un ragazzo il doppio di lei, su un vero e proprio campo da combattimento. Tutti quegli anni passati ad allenarsi con suo padre, in quel momento le servirono per mostrare che valeva; e che nonostante i suoi difetti e il suo carattere, era capace di fare qualcosa per se stessa. Allora però, il combattimento non era più una valvola di sfogo, ma si era trasformato in un obbligo di sopravvivenza.
Fu lei a fare il primo passo, rivolgendosi sicura verso qualcosa che non conosceva, che non aveva mai provato. Fu proprio la paura a spingerla.
Fu lei a dirle di prestare attenzione e di non mostrarsi debole perché in quel caso, avrebbe fallito. Non era più il momento adatto per essere sensibili e altruisti, se davvero voleva salvarsi la pelle.
Tutti la seguirono come sedotti dal suo fascino, ma in realtà ciò che li attraeva davvero, era la voglia di sangue. Quel piacere di vedere uno dei due schiantarsi contro il suolo e gemere per il dolore. Brigitte rabbrividì soltanto al pensiero, ma non poteva essere negativa. Non in quel momento.
Salì velocemente sul ring seguita dal suo avversario, che non vedeva l'ora di farla fuori. Uno di fronte l'altro, occhi contro occhi. Gironzolavano sul campo, aspettando che uno dei due facesse la prima mossa. Due corpi sull'attenti, così concentrati che avrebbero respinto qualsiasi colpo.
I respiri erano tornati affannosi come bisognosi di ossigeno, i cuori palpitanti, alimentati da una scarica di adrenalina.
- Allora, ci muoviamo? - Intervenne Tobias, smorzando la tensione come appesa ad un filo.
Le parole di quell'uomo svegliarono Brigitte dal suo inconscio, portandola a sferrare un pugno dritto dritto sulla guancia del rivale.
Il combattimento era ufficialmente cominciato.
Jackson non si rese conto di come quelle parole erano pesate sulla povera Brigitte, non appena la vide sul ring. Non faceva altro che provare odio per quel Tobias, che ormai lo aveva capito perfettamente. Ogni tanto, gli gettava uno sguardo sperando di suscitare una sua reazione. Una reazione legata al rimorso per aver fatto pagare a lei un conto che avrebbe dovuto saldare lui. Si sentì in colpa per tutto: per averla coinvolta in quel piano e soprattutto per essere finita lì, mettendola in pericolo. Gli era ormai chiaro che quella ragazza non era come le altre, ma non avrebbe mai smesso di proteggerla. Sapeva ciò che voleva e non se lo sarebbe fatto sfuggire.
Intanto, Brigitte fu la prima a sferrare il colpo non appena udì le parole di Tobias. L'avversario non accettò il fatto di esser stato colpito per primo, per cui tentò di tirarle un calcio nel ventre. Sicuramente Brigitte non era alla sua altezza, ma con uno spostamento repentino riuscì a sventare la sua mossa.
Nel farlo però, perse l'equilibrio e cadde sul pavimento del ring.
Cercò di rialzarsi velocemente, ma un calcio le arrivò in pieno viso scaraventandola violentemente per terra.
Solo allora, poté assaporare il sangue che le sgorgava dal naso, insieme ad una piccola lacrima che le rigava la guancia e che si versava sul ring come in un lago. Ma non sarebbe stato quel colpo a impedirle di reagire. Avrebbe fatto di tutto per difendere il suo sangue da quel brutto verme. Tirò fuori il peggio di sé, trasformandosi in una bestia pronta a tutto. Non era più lei, ma soltanto una leonessa che dava la vita pur di sfamare i propri figli.
Rotolò velocemente, allontanandosi dal nemico il quale provò ad aggredirla nuovamente. Questa volta riuscì ad alzarsi, trovandosi di fronte Corrado. Allora non esitò un secondo a tirargli una ginocchiata nella pancia, che lo fece indietreggiare di qualche passo. Si portò per un attimo le mani all'addome, come se lo avessero aiutato a placare il dolore.
Subito dopo, seguì un pugno di Brigitte nel suo occhio. Ci mise tutta la forza che aveva in corpo, insieme all'odio e alla rabbia, sentimenti così nemici che in quell'istante però, si allearono a lei.
Il ragazzo preso dall'isteria e dal dolore, l'afferrò facilmente dai capelli e scagliò brutalmente la sua testa sul pavimento. Tutta quell'adrenalina che aveva in corpo sembrò svanire in un attimo. Non riusciva ad alzarsi neppure volendolo. Il dolore la invase pian piano e poi completamente, senza risparmiare nessuna parte del suo corpo. La testa le pulsava con intermittenza, perciò si portò le mani vicino al capo per cercare di placare quelle pulsazioni.
Poco a poco, la povera bestiola si abbandonò a se stessa, e a differenza di quelle bestie che si sacrificavano per i loro cuccioli, Brigitte invece si sacrificava solo per se stessa: l'unica persona a lei cara rimasta. Non aveva più nessuno su cui davvero contare. Avrebbe dovuto reagire, alzarsi e dimostrare che non era vulnerabile, che nonostante il suo passato lei era riuscita a vivere, anzi a sopravvivere a quella che era la sua vita. Ogni giorno per lei era una sfida, quasi come se dovesse far i conti con il dolore causato dalla perdita di sua madre. Fu proprio in quell'attimo, che chiuse gli occhi liberando tutte quelle lacrime trattenute dai singhiozzi. Non le interessava che cosa Tobias e i suoi nuovi compagni avrebbero pensato di lei: quella ragazza lì stesa che piangeva era lei, e non poteva farci nulla se il fato aveva deciso che non doveva essere come tutte le altre e che doveva rivendicare sua madre. Ma forse era più di questo. Poi però, pensò a Jackson che l'aveva sostenuta in ogni momento e a Rose, che aveva conosciuto poco prima. Entrambi come lei, erano vittima della mafia. Quel pensiero avrebbe dovuto aiutarla a reagire, ma non lo fece. Il suo corpo era talmente schiacciato dalla disperazione e dal malessere, che non era in grado di ribellarsi.
Poi, non sentì più nulla. Finalmente la quiete dopo la tempesta. I suoi pensieri, il dolore, l'odio, l'adrenalina l'avevano lasciata in pace.
Il respiro tornò ad essere regolare insieme al battito del suo cuore, e il viso era ormai inumidito dalle lacrime. Gli occhi ancora chiusi si beavano di quel raro silenzio. Nessuno l'aveva toccata più. Nessuno aveva provato a sfiorarla. Nessuno tranne il buio che, dolcemente, la trascinò con sé.
Jackson si pentì sempre più di averla lasciata andare su quel ring. Forse avrebbe dovuto opporsi e offrirsi al suo posto. Ma questo avrebbe peggiorato soltanto le cose. Eppure, i sensi di colpa aumentavano ogni qualvolta che quel maledetto la colpiva. Non riusciva a sopportare come quel tipo non avesse nessuna pietà di lei, tanto da trattarla come un inutile giocattolo. Allo stesso tempo, non capiva da dove prendesse tutto quel coraggio Brigitte. Una virtù che non tutti potevano permettersi, ma che lei sembrava padroneggiare al meglio. Purtroppo, la sua audacia non la aiutò a fronteggiare la situazione: quel verme aveva scaraventato ferocemente la sua testa sul suolo del ring.
Quella scena lo fece rabbrividire, raggelandogli il sangue. Potè percepire nelle orecchie il rimbombo del suo capo schiantarsi per terra.
Una parte di lui voleva urlare, sfogare tutta la sua rabbia contro quel bastardo di Tobias che li aveva portati fin lì e quel vigliacco di Corrado che gli stava soffiando l'unica persona a cui teneva realmente.
Non ci pensò due volte, e preso dall'istinto, irruppe sul campo da combattimento. Non gli importava andare contro le regole di quello stupido centro di addestramento, ma doveva impedire a quell'animale di farle ancora del male.
Intanto, Corrado stava tentando di dare il suo colpo decisivo, quello che gli avrebbe assicurato un'ingiusta vittoria. Giaceva lì in piedi, con il suo sguardo assassino, pronto a pestarla. Tuttavia, non lo fece perchè Jackson lo sorprese da dietro, e con una mossa di arti marziali, lo catapultò sul suolo. Subito, si chinò su Brigitte per verificare che non le fosse successo nulla. Invece era lì, così vulnerabile, che si sarebbe ferita persino con un pezzo di carta.
I capelli arruffati erano sparsi per terra, mentre gli occhi semiaperti lividi e le labbra screpolate rosee erano tinte dal sangue che le traboccava dalla ferita sulla bocca e dal naso. Jackson vi passò delicatamente il pollice sopra, come se quel leggero tocco potesse ucciderla. Il rosso del sangue si contrastava con la pelle candida della ragazza. La violenza sulla faccia dell'innocenza.
Il ragazzo non se l'avrebbe mai perdonato. Non avrebbe mai dovuto lasciarla in balia di quel maniaco. Cercó di prenderla tra le braccia, ormai priva di sensi, per portarla via da lì o perlomeno da quel ring che, a poco a poco, la stava massacrando. Aveva agito facendo quello che per lui era giusto, disinteressandosi altamente delle conseguenze.
Ad un tratto, il giovane si sentì soffocare: alle sue spalle, due mani gli stringevano con forza il collo. Corrado aveva recuperato le forze e stava facendo di tutto per fargliela pagare.
Jackson non riusciva a respirare e il suo viso assunse un colorito violaceo.
Per un attimo, quasi rimase immobilizzato da quelle mani possenti. La vista si fece sempre più cupa e la forza sempre più debole. Poi però, la stretta intorno al suo collo si allentò e Jackson approfittò di quel momento per prendere fiato, proprio come quando si riemerge dall'acqua, e per menarlo, allontanandolo definitivamente.
L'avversario balzò a terra, e i suoi occhi iniettati di veleno catturarono quelli di Jackson. Avrebbero dovuto intimorirlo. Tuttavia, entrambi rimasero impassibili. Per un istante, il mondo sembrò fermarsi. Non c'era nulla all'infuori di loro tre, all'infuori della loro rabbia.
Poi, all'improvviso, il buio smorzò tutto. Non c'era più un combattimento, non c'era più un vincitore. Ma solo l'oscurità, che suscitò un gran clamore tra la folla. Doveva esserci stato un blackout che aveva rapito la luce, ma non la speranza di uscirne vivi.
- Dichiaro terminati gli allenamenti per oggi. Ognuno ritorni nelle proprie camere - affermò solennemente Tobias, sovrastando il vocio di quei marmocchi.
Nessuno provò a contestare. Anzi, ad uno ad uno si recarono silenziosamente verso l'uscita, con le torce dei cellulari illuminate, assomigliando a quelle fiammelle descritte da Dante,che celavano i peccatori.
Eppure, in quel posto così simile all'Inferno, l'unico peccato era quello di salvare se stessi e uccidere l'altro. Non avevano alternativa, se non quella di morire.
Non sapendo cosa fare, Jackson prese tra le braccia Brigitte, seguendo la luce fioca delle altre torce. Non aveva la minima idea di cosa stesse succedendo. Avrebbe voluto soltanto fuggire da quel posto, ma ormai era nei guai fino al collo.
Si unì anche lui a quella massa di ragazzi che procedeva lenta verso i corridoi del dormitorio. Si sentì smarrito, visto che non poteva rivolgersi a nessuno. Poté confortarsi guardando Brigitte dormire beatamente. Finalmente poteva averla vicino, e sentire che era al sicuro tra le sue braccia.
Ad un tratto, una mano urtò la sua spalla. Si voltò, sorprendendosi di chi aveva davanti. La ragazza con cui si sarebbe dovuta scontrare Brigitte, lo aveva appena fermato, rivolgendogli un cordiale sorriso un po' preoccupato.
-Vieni con me. Sarebbe meglio portarla nella nostra stanza - gli suggerì la giovane. Era chiaro che fosse la sua coinquilina. Solo allora Jackson comprese il gesto di Brigitte. Avrebbe preferito affrontare qualcun altro anziché pugnalare la sua nuova amica.
-Andiamo - rispose semplicemente lui.
La seguí sboccando da un andito all'altro e giungendo finalmente alla camera in cui aveva visto entrare Brigitte quel mattino.
La poggiò delicatamente su quella specie di letto, prestando attenzione soprattutto alla testa. Poi si chinò alla sua altezza e le accarezzò lentamente i capelli. Ma la voce di quella ragazza lo richiamò:
-Se vuoi ci penso io a lei. È meglio se te ne torni in camera. Purtroppo il regolamento non ammette visite - gli consigliò gentilmente la giovane.
-Non mi interessa cosa dice il regolamento. Io rimarrò qui - dichiarò bruscamente Jackson, senza indugiare. Non avrebbe lasciato Brigitte in quelle condizioni, e in quel momento non si fidava di nessuno.
Rose gli dedicò uno sguardo intenso per capire le sue intenzioni: non sarebbe andato via nemmeno se lo avesse obbligato. Dopodiché fece spallucce, andandosene in bagno e tornando con un panno inumidito d'acqua. Si sedette accanto alla sua amica, e cominció a passarglielo con cura sul viso, levandole il sangue ormai seccato.
-Posso farlo io? - le chiese Jackson, come un bambino che non fa altro che imitare le azioni della madre. Rose rispose porgendogli semplicemente l'asciugamano.
Il ragazzo le accennò un sorriso per ringraziarla, e le posò teneramente il panno sulle labbra sfregiate. Continuava a dormire serenamente e un piccolo sorriso le spuntò sulla bocca. Era curioso di sapere come nonostante tutto, fosse riuscita a ritrovare la tranquillità dentro di sé.
Eppure, guardandola, si promise di non lasciarla mai più. Non l'avrebbe messa in pericolo un'altra volta.
-È stato lei a farmi chiamare? - domandò Tobias entrando nell'ufficio del Capo, ovvero il luogo più cupo della struttura. Era praticamente vuoto, non c'era nulla, se non una grande scrivania collocata al centro. Una lampada rossa faceva luce al viso del Boss, risaltando i suoi lineamenti ormai segnati dalle rughe.
-Certo. Ti ho chiamato perché volevo parlarti della nuova ragazza che mi avete portato - dichiarò pacatamente il Capo, mentre si accendeva un sigaro - Ho assistito all'intero combattimento. La trovo sensazionale - continuó lui, pronunziando con enfasi le ultime tre parole.
Intanto, Tobias lo guardò di sottecchi cercando di capire se fosse ironico. Sicuramente quella ragazza aveva qualcosa che le altre non avevano, e se la cavava abbastanza bene con il combattimento, ma non a tal punto da sconfiggere Corrado.
-È stato lei a togliere la luce, vero? - Intuì l'uomo, ripensando a quanto successo precedentemente.
-So già quello che stai pensando. Mio caro Tobias, non importa quanta forza hai, se non hai il coraggio. E quella ragazza ce l'ha avuto - rispose il Boss, come leggendogli nella mente. Tobias seguì a fissarlo negli occhi, aspettando che finisse di parlare.
- Farai un bel lavoro con lei, ne sono sicuro. Ora puoi congedarti - gli assicurò il Capo, lasciando che il fumo invadesse l'intero studio. Tobias lo guardava sempre più strano, non capendo l'atteggiamento che aveva nei confronti di quella ragazzina.
Certamente, in qualità di allenatore, l'avrebbe formata al meglio, così come aveva fatto con tutti gli altri. Era la prima volta che il Boss mostrava un certo interesse per uno dei suoi schiavi. Li chiamava così, perché amava l'idea di sentirsi padrone ma innanzitutto amava l'idea di avere il controllo su tutto.
Intanto, l'uomo si voltò per andarsene via ancora sbalordito, ma si fermò non appena il Capo pronunciò l'ultima frase:
-Ah e non farla uccidere la prossima volta. La voglio viva.
Soltanto alla fine di quel discorso, Tobias uscì sbattendo la porta e lasciandosi le parole del Capo alle spalle. Aveva bisogno di risposte. Ma soprattutto, aveva bisogno di scoprire cosa stava tramando.
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