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Loop

"Ascoltami bene ragazzino, nulla va come previsto in questo mondo non scordarlo mai.
Più invecchi e più realizzi che la vita è contraddistinta da dolore, sofferenza e futilità.
Ovunque ci sia luce ci sono anche ombre e qualsiasi cosa facciamo è una realtà alla quale non ci si sottrae.
Finché ci saranno dei vincitori ci saranno anche dei vinti, anche questo è inevitabile.
È il desiderio egoistico di ottenere la pace che fa esplodere le guerre che affliggono la nostra esistenza, l'odio stesso nasce per proteggere l'amore."


All'inizio sei stato grato del nuovo allettante obiettivo, ha ridato un senso al tuo miserabile vegetare. L'aspirazione desertica ha riempito il guscio vuoto e spezzato che sei. Ha tamponato l'inesorabile corrosione del risentimento che ti consuma dall'interno. Il giusto ristoro per essere cresciuto troppo in fretta.
Hai presente la differenza, adesso? Itachi non ha bisogno d'infarcirsi con le idee di qualcun altro, ha avuto tutto chiaro da subito e non esce dal binario dei suoi obiettivi. Non gli servono sostegni.

Non ha bisogno delle altrui conferme.

Cosa cercavi, Obito, da quell'uomo? Perché credi si sia preso la briga di salvarti la vita se non per meri scopi personali? Il tuo essere cieco davanti alle sue mire è l'ennesima dimostrazione della tua codardia. Non hai saputo accettare il cambiamento, le perdite che hai subito e il ruolo che la nuova condizione ti avrebbe imposto, così hai rivoluto il passato a tutti i costi.

Ma la vita è mutevole, Obito, pretendere che tutto resti uguale o, addirittura, torni indietro per consentirti di fossilizzarti comodo in un fermo immagine è pura ipocrisia. Pigrizia. Ottusità mentale.

Vince chi si adatta e va avanti trasformando il dolore in forza.

Vince chi guarda a scopi ben più grandi del suo misero corpo, e vede un futuro molto più anteriore della sua insulsa vita terrena.

Vincono coloro che danno il massimo per migliorarlo, questo mondo, e non demordono pur sapendo di non poter usufruire del bene ottenuto.

Tu hai perso, Obito.

Sei talmente vigliacco da preferire la falsa interfaccia di una felicità fittizia, anziché il mondo reale, vivo, scalpitante, comprensivo anche di bassezze e nefandezze. Perché fanno parte della vita.

E ora ti mancano quelle emozioni, vero? Ti stai pentendo di aver scelto il veleno piatto e facile delle illusioni.

Sei vivo, il tuo cuore batte, il tuo sangue scorre. Come tutti gli uomini hai bisogno di essere scosso da turbamenti, di essere preso a pugni in faccia.

Ti stai accorgendo che la pietanza di cui ti nutri è davvero troppo insipida.

Nessuno è programmato per vivere in un mondo di sogni.

Il mondo da te desiderato, Obito, conduce presto alla follia.


Sempre più disgustato dal suo cedere alle emozioni, Obito trova difficile mantenere il controllo. Restare in bilico tra Kamui e realtà è faticoso se l'unico occhio è gonfio, dolorante e velato di lacrime.

Sebbene Kakashi gli torni in mente ogni giorno, rivanga ora per la prima volta la loro discussione dopo il rapimento di Rin. Kakashi, malgrado il fastidioso millantare sul rispetto delle regole, forse quel pugno non lo ha meritato. A far scattare Obito è stata l'insistenza di Kakashi nello snocciolargli il loro addestramento ninja appena concluso. Mostrare emozioni è un grave errore, porta a sbagliare e a dare nuovi spunti al nemico.

Quanta verità! Ecco perché Kakashi si è accaparrato Itachi come sottoposto durante il periodo ANBU. Itachi ha sempre avuto quello in cui Obito è carente. Freddezza, lucidità, determinazione e l'ambita capacità di tenere sepolte le emozioni.

Obito è sopraffatto dalla pena, non sa trovare uno stratagemma per impedirlo. Come farebbe Itachi per restare impassibile in un caso come quello? Magari non prova niente davvero.

Il dolore fisico sembra sfiorare appena Itachi anche adesso che crede di essere solo. Però, qualche particolare lo tradisce: il letto disfatto, mantello, scarpe e gambali lanciati alla rinfusa sul pavimento. Il pasto che si è fatto servire in camera appena sbocconcellato e abbandonato sul comodino. Obito intuisce che Konan ha assecondato l'apparente capriccio senza replicare.

Lui e Kisame sono di stanza ad Amegakure sempre più spesso, è una prassi che negli ultimi mesi si ripete dopo ogni missione. Le accorate proteste da parte della altre squadre sono già pervenute, le armi scarseggiano e molti materiali iniziano a essere inservibili. Pain li zittisce senza chiarire come mai Itachi e Kisame siano, a prima vista, dei privilegiati. Il malcontento dilaga, Hidan non si premura più di dissimulare il malanimo che da sempre nutre verso Pain.

L'astio di Deidara nei confronti degli utilizzatori di sharingan si sta dilatando a dismisura.

Impedire a Itachi di scorgere il luccichio e la distorsione dell'immagine diventa arduo per Obito, la straziante immagine che gli si palesa davanti lo sfinisce.

Itachi è accartocciato su una sedia, lo sguardo perso oltre il vetro della finestra, dentro il grigiore compatto del cielo. Un gomito sul davanzale, il palmo sorregge la fronte fradicia di sudore, rivoli gli colano lungo le guance per gocciolare dal mento. I capelli scomposti, incollati sul viso e sul collo madido. La divisa, che probabilmente non ha tolto per rotolarsi senza pace nel letto, è spiegazzata e cosparsa di gore. Il petto si agita squassato dal respiro affannoso.

Un sacchettino di pelle giace slacciato e floscio sul davanzale, il mucchietto di pillole bianche che ne è uscito forma una scia. È chiara la fretta di Itachi nell'aprirlo, l'urgenza di assumerne il contenuto.

La mano che sorregge la fronte di Itachi si stacca per allungarsi di malavoglia, il sospiro e la breve compressione della labbra svelano la sconfitta. Le dita lunghe con le unghie pitturate di viola afferrano un'altra compressa, Itachi si porta alle labbra il bicchiere d'acqua mai abbandonato dall'altra mano. Deglutisce con difficoltà, poi si rimette in attesa con il viso nascosto in entrambe le mani.

Itachi soffoca colpi di tosse usando entrambi i palmi, sono stizzosi, respira con un sibilo sinistro. Obito memorizza macchie rosse sia sulle mani che sul fazzoletto con cui Itachi si ripulisce. Una stilettata troppo amara affinché il delicato equilibrio del Kamui rimanga stabile, Obito zoppica emergendo un istante, per sbaglio, dalla superficie.

Il rosso dello sharingan di Itachi balena un momento. Obito gela, intuisce di essere stato scoperto. Itachi non sobbalza, non si scompone, non si volta neanche verso la parete in cui si nasconde Obito per sincerarsi se sia andato via o no. Continua le sue flemmatiche azioni sciorinando indifferenza verso l'uomo che lo spia.

Obito ne è ferito a morte. Si sarebbe aspettato una reazione, cattiverie sibilate tra i denti, uno sguardo tagliente. Persino un feroce genjutsu lo avrebbe tramortito meno della disaffezione che, a quanto pare, Itachi cova nei suoi confronti. Tuttavia, cosa avrebbe potuto aspettarsi da un ragazzo a cui ha contribuito a rovinare la vita?

Sebbene Obito sia perfettamente in grado di andarsene e proseguire per la sua strada, per qualche astruso motivo non demorde. Sente che nessuno può essere sbagliato fino in fondo e che a tutto si può tentare un rimedio.

Itachi si alza, recupera qualcosa dentro il mantello, poi si avvia verso il bagno con una lentezza estenuante senza sgombrare il pavimento dai pezzi dell'uniforme. Sebbene Itachi non si sia più girato verso il muro, Obito sa che con la coda dell'occhio non lo molla.

Obito rientra nel Kamui, Itachi lascia dietro di sé un grido silenzioso, un invito a seguirlo. Potrebbe accadere di tutto, magari stavolta Itachi è risoluto a smembrarlo, ma Obito sente di non potersi tirare indietro. Non può sottrarsi all'ultimo gesto di Itachi, cancellarlo dalla coscienza significherebbe non avere più pace. Deve scoprire cosa ha appena raccolto Itachi dal mantello, la delusione per il mancato effetto delle medicine è palese.

Obito si libera di maschera e guanti, poi si ferma ritto, inspira piano nel silenzio assoluto. Intorno a lui frammenti di ossa e brandelli di vestiti sparsi qua e là. Uno scheletro intero, forse morto di paura prima di essere assalito dagli stenti. Obito non ricorda chi siano e perché li abbia fatti fuori, si consola pensando che non sono tutte sue vittime. Anche Kakashi ne usufruisce. Chissà perché la dimensione è venuta così orrenda, forse non è altro che il riflesso delle loro anime aride e sbagliate.

Obito si materializza nel bagno, alle spalle di Itachi. Il sottoposto non si degna di voltarsi, non gliene frega niente dell'intruso. Ha i pantaloni calati e la gamba destra appoggiata sul lavandino, armeggia abile il tanto che basta per non farsi cogliere dallo sharingan di Obito.

Lo specchio rivela due dita che pizzicano la coscia, il viso di Itachi sbuca nel riflesso pallido e noncurante al raddrizzarsi della schiena.

Obito lo raggiunge in tempo per intercettarlo mentre si infila una siringa nella gamba.

"Ma che stai facendo?" Obito grida mentre gli agguanta una spalla per girarlo.

La siringa cade, ormai vuota. Obito ansima di apprensione, lo scruta scandalizzato. Itachi lo fissa con quegli occhi affascinanti rifiniti da lunghe ciglia nere, magnetici anche se ormai velati da una patina grigia che prende sempre più piede. Resta lì, con i pantaloni abbassati e un rivolo di sangue scuro a scendergli corposo e lento lungo la gamba.

"Non sono affari tuoi, Obito" la voce di Itachi è già impastata, la mascella è molle e il controllo fa poca presa sui muscoli facciali. Ostenta quel nome, suole ripeterlo tra le striminzite frasi che si scambiano in solitudine, tuttavia non sono mai andati oltre le mere direttive lavorative.

Però si conoscono da tanto, da quando Itachi aveva otto anni e Obito gli ha ammazzato l'amico davanti. Maschere e finzione sono inefficaci al cospetto di Itachi.

"Invece sì!" Obito lo scuote così forte da mandarlo quasi a sbattere sullo specchio.

La testa di Itachi ciondola sinistra, Obito si ferma per non spezzargli il collo.

"Prendi questa roba per non pensare?" Obito scuote la testa nel vano tentativo di allontanare da sé la stronzata appena detta. Deve smetterla di illudersi che Itachi provi sentimenti.

Non è da lui porre certe domande, interessarsi della salute degli inferiori di cui si serve.

"Non sai niente di me, Obito" malgrado si regga in piedi a stento, Itachi si tira su i pantaloni ormai troppo larghi e si stacca dal lavandino per fargli un passo incontro "Il Kotaro non è una droga di piacere, se non lo assumessi sarei già morto da un pezzo."

Obito abbassa lo sguardo sconfitto, sa perché Itachi insiste a mantenersi forzatamente in vita. L'unico riscatto per Sasuke sarà l'illusione della vittoria quando lui gli morirà davanti, e Itachi lo ha in progetto da quando è arrivato lì. Se Itachi non avesse pianificato il percorso di Sasuke si sarebbe già consegnato alla morte e alla tanta agognata pace.

Obito si avvicina cauto a Itachi, gli cinge la vita per sorreggerlo poiché traballa. Itachi lo lascia fare, tiene le braccia abbandonate lungo i fianchi, sta lì senza trasporto, come sempre. Tuttavia, il Kotaro deve avergli minato l'autocontrollo o non avrebbe mai confessato così tanto di sé; quella breve spiegazione, per Itachi, equivale a un miracolo.

Forte della corazza di Itachi provvisoriamente assottigliata, Obito continua a tenerlo tra le braccia. Lo guida a compiere un passo indietro. Itachi non reagisce quando il viso di Obito gli affonda nell'incavo della spalla, non lo allontana. Obito continua a respirargli tra i capelli, assorbe avido il profumo di Itachi pescandolo dietro la linea della sua mascella. Gli acchiappa le natiche solo per alzarlo e sederlo sul lavandino. Obito continua a nascondere il viso tremante sulla spalla di Itachi. È vero, i sentimenti confondono, sconvolgono, fanno a pezzi. Ecco perché la necessità di trasformarsi in macchine per non sentirli più.

"Cosa ti spinge a spiarmi giorno e notte, Obito?"

Preso in contropiede, Obito si alza di scatto. Soppesa Itachi minaccioso, gli stringe una mano sul collo: "Non ti conviene beffarti di me."

L'orgoglio arde impedendogli di ammettere l'evidenza. Persuaso di averla fatta franca durante le ripetute intrusioni nella stanza di Itachi, sia in carne ed ossa che tramite Kamui, Obito sente bruciare ben due sconfitte. Quella di essere stato pizzicato come l'ultimo dei maldestri, e l'altra, la più bruciante di sempre, il suo essere schiavo delle emozioni. Anche adesso si sta facendo trascinare dall'impulsività.

Itachi è sempre uno scalino sopra di lui, parecchio più avveduto e per questo non c'è rimedio.

"Tu vuoi sapere perché ritorno spesso" Obito aumenta la pressione delle dita sulla carotide di Itachi, inutile ormai fingere di non aver assistito alle sue disparate crisi notturne "Forse protesti aiutarmi a capire meglio certi aspetti della mia vita e accettarne altri della tua. Sono abbastanza esperto di maschere da riconoscere quando non ha senso indossarle."

"La tua vita? La mia? Da quando consideri importante un qualunque essere umano su questa terra?"

Niente inflessioni nella voce suadente, nessuna espressione, zero movimenti. Un campione nell'arte di far innervosire il prossimo. E ora, Itachi ha trovato la preda ideale, quella completamente priva di autocontrollo.

Reso furente dai giochetti psicologici, Obito si lascia sfuggire un lieve ringhio, salvo poi sorprendersi a sperare che Itachi non lo senta. Non può impedire all'occhio sano di assottigliarsi. Lo scontro introspettivo da cui è destinato a uscire perdente lo fa impazzire, e Itachi non sta usando nessun genjutsu, non ha neanche lo sharingan attivo.

"Similitudine di esperienze, niente di più. Non mi interessa l'affinità caratteriale" Obito è abbastanza generoso da consentire ancora a Itachi di respirare "La nostra vita è finita quando eravamo bambini, siamo cresciuti spezzati, in prigioni differenti diventando gusci vuoti. Disintegrati. Disprezzati. Abbiamo imparato a nascondere lo schifo che siamo fingendoci qualcun altro. Non abbiamo niente da perdere a parte la terra bruciata dietro di noi. E adesso, nega ancora l'evidenza, Itachi."

Obito capta le pulsazioni di Itachi sotto le dita, non sono per niente alterate. Lui, invece, trema di turbamento.

Ma come cazzo fa, dannazione?

"Hai dimenticato chi sei, di essere vivo. Hai diciannove anni e vegeti nella ristrettezza dei tuoi obiettivi senza avere altro. Io ti sto obbligando a guardarti, riconoscerti e accettarti" Obito calcola bene la stretta sul collo di Itachi, gli fa girare la testa senza condurlo allo svenimento. È consapevole che Itachi potrebbe liberarsi in qualunque momento se solo volesse, perciò il suo fermarsi in tempo ha anche la funzione di non subire smacchi. Meglio evitare di essere messo al tappeto da qualche potente tecnica "Questo ti spaventa, vero, Itachi? Credi che soffrirai se smetti di essere un burattino, giusto? Ormai il limite lo abbiamo superato da un pezzo, non possiamo tornare sui nostri passi. Che senso ha continuare a fingere anestetizzando le nostre personalità?"

"Lo stesso vale per te, Obito. Abbi il coraggio di guardarti in quella mostruosa faccia, ogni tanto. Mostrala agli altri. Presentarti con il tuo vero nome. Non eleverai la tua pochezza facendoti scudo con l'identità di Madara."

Le labbra di Obito si incurvano in un tenue sorriso mentre Itachi si divincola, agile, dalla sua presa. Gli instancabili raggiri psicologici di Itachi non lo abbattono, Itachi coglie perfettamente quello che intende, si intuisce dalle frecciatine mirate che gli ha appena lanciato.

Obito non smette di sorridere, osserva Itachi scendere dal lavandino e uscire dal bagno.

Itachi non andrà più lontano della sua stanza, non è in condizioni.


A Itachi non sono mai sfuggite le tue frequenti irruzioni nella sua stanza, sai benissimo perché udirlo dalla sua bocca ti ha scombussolato così tanto.

Tieni a lui, vero Obito? Anche se a modo tuo.

La prima volta che lo hai sentito tossire nel cuore della notte era solo un diciassettenne, avevi sbirciato i documenti di Pain un anno prima e, da allora, sei sempre rimasto allerta. Sembrava stesse per vomitare i polmoni e tu sei entrato solo per vedere come stava, non avevi interesse per la sua fiera bellezza, le mani con cui hai sfiorato l'agile corpo ancora acerbo non avevano niente di inopportuno o curioso.

Lo hai trovato a letto talmente imbottito di farmaci che non credevi potesse accorgersi della tua presenza, gli hai accarezzato i capelli e lo hai coperto per bene.

Abbi il coraggio di affermare che è stato tutto privo di significato. Mero rispetto del dovere?

Ah! Evidentemente no. Gesti decisamente poco professionali.

Anche perché tu sei stato là in ogni occasione, dillo che transitavi davanti alla sua stanza con le orecchie tese al massimo in ogni tuo scampolo di tempo libero.

Una volta hai trovato il bagno inzaccherato di sangue da cima a fondo, la scia iniziava dalla doccia, passava dal lavandino per finire nel water, ancora oggi non riesci a capire come avessero fatto gli schizzi sulle piastrelle ad arrivare così in alto. L'odore acre ti ha rovesciato lo stomaco, nonostante tu abbia sentito un sacco di volte l'effluvio del sangue, il suo aveva un fetore corrotto. Hai impiegato diversi secondi per riprenderti dalla scena scioccante, ti sei smosso perché lui era raggomitolato nel letto e tremava di febbre. Ti è sembrato incosciente mentre gli bagnavi la fronte. La mattina successiva è uscito per una nuova giornata infagottato nel mantello come niente fosse, dietro di sé ha lasciato il bagno immacolato e profumato di candeggina.

Che succede, Obito? Non avresti mai creduto possibile un nuovo attaccamento verso qualcuno, vero? Quando capita non chiede certo il permesso.

E, si sa, il nuovo ardente legame finisce sempre per scardinare quelli più antichi.

E sai il motivo, Obito?

Perché lui, come te, è ancora vivo.


"Va meglio?" Obito mormora la domanda all'orecchio di Itachi.

Sono nudi, Itachi si è lasciato spogliare senza smuoversi dalla posizione che ha adesso. Seduto tra le gambe di Obito, appoggiato indolente al suo petto.

Sebbene il Kotato abbia molto abbassato le barricate di Itachi, Obito lo ha sgombrato dell'uniforme troppo larga restando alle sue spalle. L'incontro degli sguardi potrebbe riaccendere l'ostilità.

I polpastrelli di Obito accarezzano lievi le cosce slanciate di Itachi, avanti e indietro. Percorrono ghirigori e semicerchi senza senso.

"Non ci vedo, ma passerà a breve. È un effetto collaterale del Kotaro" la risposta di Itachi suona alterata dalla sostanza, ma l'amarezza è sempre presente. Forse anche un pizzico di odio rivolto all'uomo che sta sfruttando il momento di debolezza.

Sfruttare. Obito sembra non saper fare altro. La mesta consapevolezza gli strappa un sospiro.

Obito potrebbe sentirsi orribile, un mostruoso profittatore. Però far comprendere a Itachi che nessuna sciagura ha il diritto di trasformare una persona in un automa è la sua priorità.

"Vieni. Rimarrò qui finché la vista non ti torna" le braccia si stringono intorno alla vita di Itachi, Obito lo solleva un poco per spostarlo e stringerselo più vicino al corpo.

Accarezza la folta coda corvina, la maneggia tuffandoci in mezzo le dita. È morbida e pesante, Obito la poggia su una spalla di Itachi per far affiorare il collo sottile e candido.

Le labbra di Obito si posano lievi sulla nuca di Itachi, i baci percorrono fitti e delicati la spalla, poi tornano indietro per fermarsi al centro delle scapole. Obito trema insieme al suo respiro. Ha il corpo di Itachi sempre afflosciato apatico sul petto. Non ha mai sentito una pelle più calda.

"Ritieni tutti indegni e incapaci di capirti, vero?" le labbra di Obito si posano ancora sull'orecchio di Itachi "Eppure, la vita ci ha impartito le stesse lezioni."

La bocca di Obito scende, percorre la schiena di Itachi fino a quasi metà. Il corpo magro del giovane ha un brivido, Itachi esala il primo, impercettibile, sospiro. Obito se ne avvede, torna sull'orecchio dopo aver concesso una carezza a Itachi. Sfiora quella testa che, di solito, sbuca a malapena dal mantello. Il cuore di Obito va in pezzi ogni volta, Itachi riesce ad annientarlo con il solo metodo di coprirsi la testa.

Obito indovina perché Itachi lo fa, si tratta di un gesto inconsapevole, l'ultima disperata barriera per impedire a ulteriore dolore di lacerarlo. Troppo tardi, il corpo di Itachi è ormai irrimediabilmente compromesso.

Rievocando la straziante immagine, una lacrima traditrice solca la guancia destra di Obito. S'insinua nei tortuosi binari delle cicatrici senza chiedere tante autorizzazioni.

"Come i tuoi, i miei sogni erano ben lontani dalla mia situazione attuale, sono stati annientati. Tutti." Obito abbraccia ancora Itachi affinché le parole abbiano maggior enfasi "Ma perché dobbiamo soffocare quella briciola di umanità che ci resta? Abbiamo poco da vivere, lo sappiamo entrambi. Niente cambierà nei nostri scopi. Comprendere una persona simile a te non significa diventare debole."

Itachi non reagisce, forse per lui niente di tutto questo ha un senso. Magari non si ritiene simile a Obito ed è inorridito dal solo accennarsi dell'eventualità.

Le mani di Obito si accendono di brama, palpano le cosce di Itachi a palmi aperti, si prendono tutta la circonferenza delle gambe ben tornite. Stringono, spingono la carne giovane e turgida. Seguono le forme dei muscoli soffermandosi su quelli dell'interno coscia, non sono potenti o esagerati, scolpiscono il corpo di Itachi perché non contrastati dal grasso. Obito non ha mai sperimentato una pelle così liscia. Le dita risalgono fino all'inguine, ma si arrestano appena incontrano i peli pubici di Itachi. Morbidi, non c'è niente di ispido, la consistenza ricorda i capelli.

Obito è immobile in attesa, pur non comprendendo bene di cosa. Forse di una reazione di Itachi che, però, non arriva. Resta passivo a ogni stimolo. Il materasso è ormai avvallato sotto il peso dei loro corpi.

I baci ripartono dalla scapola di Itachi, oltrepassano la spalla, Obito gli si porta di fronte affinché possano cospargere la clavicola sporgente. Il bassoventre di Obito si infiamma di voglia, l'erezione gli esplode così potente da farlo mugolare. Quella striscetta di osso, spia del malessere che avvelena Itachi un giorno dopo l'altro, eccita Obito come non dovrebbe fare. La lecca, le labbra schioccano sull'avvallamento che si crea a ridosso del collo di Itachi. Il giovane indossa solo la collana, un pezzo di bigiotteria ma, chissà perché, sembra possedere un elevato valore affettivo. Orrenda, poco più di tre bulloni, ma su Itachi dona così tanto che sarebbe impossibile immaginarlo senza.

Obito si stacca da quella pelle del cui profumo si abbevererebbe per sempre, guarda Itachi negli intensi occhi che non perdono il carisma pur essendo danneggiati. Stavolta non c'è malizia nel suo sorriso, Obito non ricorda di averne mai offerti di così sinceri.

Il viso di Itachi è impassibile, altero e bellissimo. Obito allunga le dita leggermente tremanti per sfiorargli l'infossamento degli occhi, negli ultimi due anni si è accentuato a causa della salute precaria. Intenerito, Obito inclina la testa.

"Mi vedi ora, Itachi?" un soffio lieve, rauco.

"Sì."

Col dito, Obito prova a far passare le ciocche più lunghe dietro le orecchie leggermente prominenti di Itachi, un pretesto per accarezzarlo. Il sorriso gli si accentua vedendo i capelli sfuggire ancora.

Si lancia a capofitto sui pettorali appena accennati di Itachi, quando gli mordicchia i capezzoli rosa pallido, Obito lo sente gemere.

Itachi ha gli occhi chiusi, le straordinarie ciglia gli sfiorano quasi gli zigomi. Le labbra morbide sono dischiuse, reclina la testa all'indietro mentre Obito gli bacia il ventre piatto.

Itachi inarca la schiena di scatto, Obito non resiste al suo ombelico e lecca, succhia, bacia. Beneficia della posizione e dello sciogliersi di Itachi per guidarlo a stendesi sulla schiena, lo sostiene finché non si adagia sulle lenzuola aggrovigliate.

Le mani di Obito si riempiono dei fianchi di Itachi, li ghermiscono e li sollevano per accostarsi alla faccia la nera losanga di peli. Si posa le natiche di Itachi in grembo, ha le sue gambe poggiate sulle spalle, ora Obito è libero di aspirare il profumo inebriante con la faccia sepolta tra la soffice sacca dei testicoli e i glutei. Poi Obito sale per stimolare quell'erezione che inizia farsi strada, dapprima soffice, si ricopre ben presto di vene sempre più gonfie. Obito cosparge di piccoli baci il glande di Itachi, sono ritmici e appena accennati. Il cuore di Obito accelera all'impastarsi delle labbra con le goccioline salate del piacere del suo subalterno, ansima di eccitazione, esplode di calore ma resiste alla tentazione di autostimolarsi

Le gambe di Itachi scattano fulminee e inaspettate, Obito si ritrova il collo serrato tre le sue cosce. Con una forza straordinaria, Itachi lo tira giù fino a costringerlo bocconi sul materasso, Obito lo asseconda per non ritrovarsi con la schiena spezzata. Una spinta di bacino e Itachi lo penetra in bocca. I muscoli di Itachi sono tesi, a un passo dal soffocare Obito, il suo sesso conficcato in gola gli lascia pochi millimetri giusto per continuare la sua misera vita. Un filo d'aria per continuare ad aspirare il profumo eccitante.

Obito non può alzare la testa stretto in quella morsa, neanche girarsi, al massimo può concedersi di abbassare le mani per afferrarsi l'erezione dura e dolente.

Itachi gli dà o nega la possibilità di respirare, decide lui quando e come.

Itachi inarca la schiena, fa leva fino in fondo. Obito vorrebbe sentirsela addosso la pressione delle sue natiche, peccato che a Itachi non freghi niente.

Obito si ritrova con i capelli artigliati e strappati a ciuffi, la faccia schiacciata con forza sul pube di Itachi. Riesce a mugolare, sente il sangue in gola, a furia di spingere Itachi deve avergli rotto qualche capillare. È talmente sconnesso dal malessere e dal Kotaro che Obito realizza l'eventualità che Itachi possa fargli male sul serio, persino ucciderlo.

Chissenefrega, la morte più eccitante del mondo.

Obito riesce ad alzare lo sguardo, finalmente ammira Itachi nella sua egoistica cavalcata solitaria. Il viso è pallido e sfatto, la mascella molle, i capelli gli ondeggiano intorno. Le iridi rosso fuoco registrano ogni particolare dell'imprevista sottomissione del superiore, Obito ci si smarrisce incantato. Piega gli addominali e contrae le cosce con eccezionale vigore.

La stretta è ormai una ghigliottina, Obito respira a fatica e si sente esplodere la testa. Il panico non gli impedisce di udire il sospiro tremante di Itachi. L'ultima tirata di capelli, Itachi arcua il corpo sinuoso per poi restare immobile. Un secondo dopo Obito sente la cascata calda del suo orgasmo scendergli nell'esofago; siccome Itachi desidera vederlo inghiottire, gli lascia uno spiraglio d'aria.

A giudicare dal suo diletto davanti al viso attonito di Obito, la vista gli è tornata del tutto.

Obito non è venuto, si alza in piedi con stizza per farlo capire a Itachi. Ma il giovane abbandona con flemma il letto, se la prende comoda per rivestirsi e sistemarsi i capelli. Il respiro ansante e la pelle lucida di sudore sono le uniche tracce rimaste su Itachi della recente unione. Incontro che, comunque, il giovane ha fretta di concludere incurante di Obito che non riesce a scollare lo sguardo dalle sue spalle rosso in viso e disorientato. Tuttavia, al più anziano non rimane che infagottarsi di nuovo nell'uniforme in un inaspettato pudico gesto dettato dall'inattesa frustrazione.

"Non fai altro che mentire, Obito" la voce di Itachi gli giunge alle orecchie, calma, con quel caldo timbro monocorde che, però, ha il potere di pietrificare all'istante con stilettate di ghiaccio. Itachi gli fa la grazia di voltarsi, gli occhi sono neri ma si fanno taglienti per sottolineare il monito "Il dolore ci accompagna da sempre. Tu, come me, affermi di puntare alla pace, ma abbiamo ben poco in comune. Tu desideri sguazzare nel mondo che hai in mente, beneficiarne per primo a scapito degli altri, coerente col tuo egoismo. Io mi accontento di lasciarlo alle nuove generazioni nella forma migliore possibile. Tu ostenti te stesso, sbraiti perché vittima innocente di atroci ingiustizie. L'odio ti corrode rendendoti insensibile davanti a qualunque forma di vita. Io sono talmente disgustato da me stesso che vorrei diventare invisibile per risparmiare agli altri la mia presenza, merito il male poiché finisco per distruggere la vita di chiunque incontri e per questo non ho scusanti. Smetteremo di assomigliarci lo stesso giorno in cui ti stuferai di questo sfizio."

A Obito non resta che scappare per rifugiarsi sullo spoglio cubo su cui ha lasciato maschera e guanti, raccatta i suoi vestiti dal pavimento senza perdere tempo a indossarli. Vigliacco. Non basta non riuscire a sostenere lo sguardo di Itachi o perdere un confronto con lui. Non è più sufficiente essergli inferiore. No, ora emerge anche l'incapacità di ribatterlo a parole. L'inadeguatezza di affrontare la verità.

Obito crolla seduto con la testa tra le mani, si detesta perché è ridotto a frignare lì, tra resti di cadaveri e con i suoi stracci appallottolati sulle ginocchia. Forse ha spedito lì quei poveracci per lo stesso motivo: lo infastidivano e lui non riusciva a gestirli, a fronteggiarli con valide motivazioni.

Le lacrime gli strisciano il petto, il muco gli pende dal naso. Perde la cognizione del tempo immaginando tutto quello che non ha mai avuto, gli sarebbero bastate le braccia di Itachi strette al collo mentre lo trasportava in braccio per due chilometri verso Amegakure. Uno sguardo, per una volta, non carico di livore. La verità sulla sua malattia e il Kotaro.

Per Itachi è solo sesso, uno sfizio come lui stesso lo ha definito. Una mera soluzione per non morire vergine, per sperimentare, capire se davvero il sesso è come lo descrivono. Insomma, basta congetture, Itachi è stato fin troppo schietto. Un lato di Itachi che Obito ha sempre detestato, questo suo metodo di sbattere in faccia la verità privo di clemenza, senza mai lasciare aperta una speranza a chi ha davanti.

Tuttavia, Itachi è crudele a tal punto solo con Obito, non manca mai di esternagli tutto il suo disprezzo. Itachi lo aborrisce, non lo nasconde mai, lo grida anche solo con lo sguardo. Con i gesti. A volte gli è sufficiente anche solo un sospiro.

Quegli occhi affascinanti. Obito ama la sua umiliazione, ne ha bisogno. Potrebbe restare lì a morire.

Ma se morisse lì, non lo vedrebbe più. Non potrebbe più dimostrare a Itachi che non mente.

Si alza, si veste e si rassetta, pronto a rischiare di ripetere tutto daccapo senza arrivare a niente. Nessun problema, la maschera coprirà le ultime lacrime. 

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