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Capitolo 12

Quel giorno agli allenamenti feci talmente schifo che il coach mi dovette richiamare tra le quattro e le cinque volte. Non riuscivo a concentrarmi sul pallone perché la mia mente era affollata da domande senza risposta.

Come si sarebbe comportata Elizabeth dopo ciò che era successo la sera prima? Saremmo tornati alla normalità o saremmo diventati amici? Forse qualcosa in più di amici? No, non avrei potuto. Né voluto. Elizabeth era troppo... complicata. Mi vergognavo di me stesso ad ammetterlo, ma non ero pronto a subirmi il carico delle sue emozioni. Lei era un'incognita: un giorno era sprezzante, quello dopo allegra come non mai. Un giorno piangeva disperata, il giorno dopo fingeva di star bene. Un giorno prendeva sul personale ogni cosa che le dicevo, quello dopo rispondeva alle mie battutine con ironia pungente.

Tuttavia la sensazione di frenesia e farfalle nello stomaco sembrava non volermi abbandonare. Non vedevo l'ora di tornare a casa Jonson e vederla. Non sapevo come far combaciare le due emozioni contrastanti che stavo provando. 

Nella doccia, sciacquando via tutto il sudore e il fango, ridacchiai al ricordo di lei che mi rimproverava per non essermi lavato dopo gli allenamenti. Era incredibile come da un giorno all'altro non riuscissi più a smettere di pensare a lei. Aveva a che fare con il fatto che finalmente avevo lasciato andare Tiffany? O semplicemente con il contatto fisico?

Guardando indietro nei momenti passati insieme non potevo negare a me stesso che ero affezionato a lei da prima di quanto pensassi. La mia rabbia nel vederla insieme a Jason era dovuta al fatto che non sopportassi di vederlo comportarsi da falso con le ragazze, o al fatto che non sopportassi di vederlo comportarsi da falso con una specifica ragazza?

Tutte quelle domande continuarono ad assillarmi fino a quando, uscendo di fretta dallo spogliatoio, sentii Jake chiamarmi.

<<Volevo ringraziarti>> mi disse con un sorrisino, prendendomi per un avambraccio e portandomi qualche metro più avanti, dove gli altri ragazzi non ci avrebbero sentito.

Aggrottai la fronte, confuso. <<Per cosa?>>

<<Per tutto il discorso su Elizabeth>> spiegò raggiante. <<Avevi ragione, se continuo così impazzisco. E' per questo che ho deciso che oggi le dirò la verità>>

L'acqua che stavo sorseggiando dalla borraccia della scuola mi andò di traverso e iniziai a tossicchiare.

<<Stai bene?>> chiese Jake quando dopo una decina di secondi mi vide ancora in difficoltà.

Continuando a tossire nell'incavo del gomito, gli feci cenno di aspettare un attimo e annuii. Quella situazione si stava incasinando più del previsto.

<<Sei sicuro?>> domandai una volta che ripresi a respirare normalmente, provando a mantenere un tono di nonchalance. <<Insomma, lei ora sta con Jason no? Perchè sta con Jason vero? Non ho ancora capito bene tutta quella storia>>

Jake dileguò la mia curiosità nascosta in una domanda amichevole con un gesto della mano. <<Stanno insieme ma non stanno insieme, insomma niente di ufficiale ancora a quanto ho capito>>

Annuii, non sapendo cosa dire in risposta.

<<Ma non è importante, perché avevi ragione tu>> continuò lui. <<Siamo amici da quando eravamo piccoli e se non faccio qualcosa ora finirà come uno di quei film in cui i due protagonisti si rincorrono per anni senza mai trovarsi e alla fine sposano persone con cui non vogliono stare solo per dimenticarsi dell'altro e vivono per sempre infelici e io non voglio vivere infelice, voglio stare con lei>>

Mi corrucciai, perplesso dal suo flusso di coscienza in cui non aveva preso aria neanche una volta.

<<Ha invitato me e Avril da lei oggi pomeriggio, ha detto che ci deve raccontare una cosa>> spiegò. Che volesse raccontargli del padre? <<Quindi ti chiederei se a un certo punto puoi tenermi mia sorella fuori dai piedi. Che ne so, chiedile se ti aiuta con Derek o una cosa del genere. Nel frattempo io parlerò con Liz in privato e le dirò tutto>>

<<Non posso>> risposi d'istinto. Competere con Jason? Ce l'avrei fatta. Competere con Jason e Jake? Avrebbe ridotto le mie possibilità con lei a un terzo e sapevo benissimo che Lewis avrebbe avuto la meglio. <<Insomma, penso di averci parlato due volte massimo con tua sorella. Non saprei cosa inventarmi>>

Jake fece una risata. <<Avril è letteralmente la persona più socievole di questo pianeta. Se proprio vogliamo dirla tutta dovresti preoccuparti di come fare a farla smettere di parlare, non il contrario>>

Guardai il mio amico, che mi osservava con gli occhi marroni spalancati. Non riusciva a stare fermo, probabilmente già assaporando il momento in cui avrebbe detto ad Elizabeth di amarla, e mi resi conto che era proprio quello il punto. Lui l'amava. L'amava da anni e io avevo scoperto l'esistenza dei miei sentimenti per lei neanche ventiquattro ore prima. Dovevo fare un passo indietro.

<<D'accordo allora>> acconsentii forzando un piccolo sorriso. <<Distrarrò Avril in modo che tu possa parlarle da solo>>

Riuscii a vedere tutta la dentatura di Jake mentre mi tirava a sé in un veloce abbraccio, dandomi un paio di pacche sulla schiena per poi riallontanarsi. Era la definizione di entusiasmo. <<Grazie Matthews, ti devo un favore>>

Lo sbuffo che uscì dalle mie labbra avrebbe dovuto essere una risata, ma assomigliò più a una pernacchia. Jake si voltò e tornò all'interno dello spogliatoio, lasciandomi solo sul campo da calcio. Buttai la testa indietro, imprecando a bassa voce, per poi dirigermi verso il parcheggio.

Quando arrivai a casa Jonson, Katy non c'era più. Trovai Derek addormentato sul divano e mi resi conto che l'impresa di farlo stancare quel pomeriggio sarebbe stata più tosta del solito.

Il mio sguardo cadde sulla porta bianca socchiusa in corridoio. Poggiai il borsone e lo zaino all'entrata e la raggiunsi. Elizabeth era china a studiare su un libro e non si rese conto della mia presenza fino a quando non parlai. <<Come va lo studio?>>

La ragazza davanti a me sussultò, portandosi una mano al petto e lanciandomi un'occhiata di finto odio, mentre le sue labbra si inarcavano verso l'alto. I suoi occhi erano circondati da leggere occhiaie, facendomi capire che durante la notte probabilmente si era risvegliata varie volte, ma non erano sofferenti come il giorno prima.

<<Mi hai fatto prendere un infarto idiota!>> esclamò.

Risi e scossi la testa divertito. Sapevo di dovermi comportare in modo freddo per fermare i miei sentimenti prima che sfuggissero al controllo, ma ignorai quella consapevolezza. <<Visto? Questa volta mi sono lavato prima di venire qui>>

<<Ci mancava solo che tornassi sporco di fango come la scorsa volta!>>

Elizabeth si alzò e si stiracchiò leggermente la schiena. Distolsi subito lo sguardo dalla striscia di pelle che quel movimento aveva fatto intravedere tra la polo e la gonna della divisa. Con movimenti assonnati, uscì dalla stanza e iniziò a camminare verso la cucina.

<<Come stai oggi?>> chiesi mentre il sorriso mi svaniva dal viso, sedendomi sullo sgabello e appoggiandomi con i gomiti sul tavolo davanti a me.

Lizzy si riempì un bicchiere d'acqua e tenne lo sguardo basso. <<Bene>>

Bevve, continuando ad evitare di guardarmi. La osservai per qualche altro secondo, deluso dal fatto che mi stesse palesemente mentendo. Mi stava richiudendo fuori.

<<Senti, a proposito di ieri...>> iniziò giocherellando nervosamente con lo smalto che aveva sulle unghie. <<Mi volevo scusare con te>>

Mi corrucciai. Credevo che avrebbe fatto finta di niente, o al massimo si sarebbe arrabbiata con me. Ma che si sarebbe scusata? Non l'avrei mai pensato. Di solito una volta che aveva smesso di star male non tornava più sull'argomento. <<Perché?>>

Se avesse continuato a grattarsi via lo smalto non sarebbe rimasto più nulla. <<Lo sai benissimo perché. Mi sono comportata da bambina lagnosa. Tu... Sei stato molto dolce a prenderti cura di me e... mi dispiace che tu abbia assistito a quella scena>>

Per poco non tirai un sospiro di sollievo: non mi stava chiudendo fuori di nuovo, semplicemente si vergognava.

Mi alzai senza dire nulla e la vidi alzare lo sguardo dalle sue mani non appena si rese conto che mi stavo avvicinando a lei. Il suo sguardo si inchiodò nel mio e notai qualcosa cambiare nei suoi occhi.

<<Lizzy...>> mormorai a pochi centimetri da lei, rigirandomi una ciocca di capelli castani tra le dita prima di sistemargliela dietro alle orecchie. Quando riabbassò lo sguardo le misi due dita sotto al mento, inducendola ad alzare la testa verso di me. <<Non ti devi scusare, te l'ho già detto. E' stato un momento difficile per te e sono felice di essere stato lì ad aiutarti.>>

<<I-io non...>> esitò e la vidi cercare le parole giuste per continuare. <<Non avrei dovuto chiederti di stenderti con me. Mi dispiace. Non so che mi sia preso>>

Non lo disse, ma capii che si sentiva in colpa per Jason anche se tra noi due non era successo nulla in realtà.

<<Smettila di scusarti>> sussurrai. <<Sono contento che tu ti sia fidata di me e mi abbia raccontato ciò che era successo. Sapere che un mio abbraccio ti abbia fatta sentire meglio... Mi rende felice. Sono sempre qui per te, lo sai.>>

Elizabeth annuì e mi ringraziò con un filo di voce. Non distolse lo sguardo dal mio e non interruppe il silenzio che si era creato.

Nella mia mente si combattevano due parti di me: quella che voleva annullare i pochi centimetri che mi separavano da lei e quella che mi gridava di tirarmi indietro. Nel giro di poche ore Jake le avrebbe detto di amarla e lei si sarebbe resa conto di provare gli stessi sentimenti per lui. Inoltre, se l'avessi baciata, avrei dovuto prendermi le responsabilità che ne conseguivano. Volevo stare con lei? Non lo sapevo, ma se mi fossi fatto avanti lei sicuramente mi avrebbe detto che avrei dovuto prendere una decisione.

Però eravamo così vicini e lei non si stava tirando indietro e temevo che riuscisse a sentire il mio battito cardiaco tanto era veloce. Le accarezzai esitante la guancia e mi feci più vicino. Non si stava tirando indietro. Lo avrei fatto. Vidi il suo sguardo abbassarsi sulle mie labbra, leggermente schiuse. Feci per avvicinarmi ancora ma lei si schiarì la gola e abbassò la testa, guardando a terra.

Sentii un'ondata di umiliazione invadermi e mi allontanai, passandomi una mano tra i capelli e facendo vagare lo sguardo per la cucina. Volevo sparire.

<<Ehm...>> mormorai senza guardarla. <<Vado a svegliare Derek>>

Uscii dalla cucina e serrai gli occhi con talmente tanta forza che quando li riaprii il mio campo visivo si riempì di macchioline bianche per qualche secondo.

<<Imbecille>> sussurrai a me stesso.

Sentii un movimento in cucina e feci uno scatto verso il divano, dove svegliai Derek senza troppa delicatezza.

Per l'ora e mezza successiva sembrò che io ed Elizabeth avessimo fatto un patto silente dove ci dividevamo la casa: io rimanevo in salone, lei in camera. Suo fratello non mi rese le cose semplici, lagnandosi ogni due minuti. Fargli fare un minimo di compiti fu un'impresa. Le lamentele di Derek, tuttavia, mi aiutarono a scrollarmi di dosso la sensazione di disagio che mi aveva invaso in cucina, perciò in fondo gli fui grato.

Quando suonò il campanello ed Elizabeth andò ad aprire la porta ormai avevo chiuso l'accaduto in un angolo buio e nascosto della mia mente, perciò riuscii a non andarmene in un'altra stanza.

<<Ehi ciao>> sentii dire alle mie spalle.

Mi voltai e vidi i fratelli Lewis nell'atrio. Notai che Jake si era cambiato vestiti, mentre la sorella indossava ancora la divisa.

<<Ciao Liz>> salutò Avril.

Il mio amico mi lanciò un'occhiata, provando a nascondere il suo sorriso. Nonostante tutto, speravo che Elizabeth avrebbe ricambiato la sua dichiarazione, altrimenti lo avrebbe distrutto. Gli feci un cenno di saluto e lui andò ad abbracciare la ragazza davanti a lui.

Tornai a voltarmi verso Derek e i tre se ne andarono in camera della sorella.

<<Forza, finisci di ripetermi la filastrocca e poi possiamo andare a giocare>> dissi con un sospiro. Era la quinta volta che iniziava a ripeterla e si fermava a metà.

Derek si buttò indietro sul divano e si portò le mani sul viso, lamentandosi. Non capivo cosa gli succedesse, non era mai stato così faticoso lavorare con lui.

<<Derek, per favore>> mi spazientii. <<Mancano letteralmente quattro righe e hai finito. Non farmi stare qua a forzarti per un'altra ora>>

<<Mi fa male la testa!>> esclamò con gli occhi lucidi. <<Sono stanco, basta!>>

Lo osservai in silenzio per qualche istante, confuso. Mi aveva ripetuto quelle parole troppe volte per essere un semplice capriccio. Gli spostai qualche ciocca di capelli dalla fronte e provai a sentire se fosse caldo o meno.

<<Ti senti davvero male o mi stai prendendo in giro?>> chiesi non avendo la più pallida idea su quanto dovesse essere calda una fronte per poter essere definita troppo calda.

Derek non rispose, mi lanciò una di quelle occhiate che pensavo solo sua sorella fosse in grado di fare. Sospirai e mi alzai, andando verso il corridoio. Bussai alla porta di Elizabeth e la socchiusi, affacciandomi. Lei, Avril e Jake erano seduti per terra e i due fratelli la guardavano preoccupati. L'entusiasmo che riempiva gli occhi di Jake poco prima era svanito, lasciando posto a quella che sembrava rabbia.

<<Lizzy, credo che Derek abbia la febbre>> annunciai con una smorfia.

Lei chiuse gli occhi e assunse un'espressione di esasperazione. <<Ci mancava solo questa. Prendo il termometro e arrivo>>

Andò al bagno mentre io e i Lewis tornavamo in salone. Jake si appoggiò con i gomiti allo schienale del divano e diede un pizzico a Derek. <<Come stai campione?>>

<<Male>> mugugnò il bambino in risposta.

Jake fece una risata che però non arrivava ai suoi occhi, si vedeva che era ancora turbato per qualsiasi cosa gli avesse detto Elizabeth pochi minuti prima. Sospettavo si trattasse del padre.

<<Ma ti sei tagliato i capelli?>> chiese poi, passando la mano tra le ciocche castane e mosse di Derek.

<<Me li ha tagliati Ethan>> rispose lui.

Il mio amico si voltò a guardarmi e io annuii, confermando fieramente ciò che aveva detto il fratello di Lizzy. Nonostante io trovassi comico il fatto che fossi riuscito a fare da parrucchiere a una peste di quell'età, Jake sembrò infastidito.

Prima che potessimo aggiungere altro, Elizabeth tornò in salone e si mise a sedere vicino al fratello, toccandogli la fronte per sentire la temperatura.

<<Allora?>> chiesi dopo qualche secondo.

Lei scrollò le spalle e gli infilò il termometro sotto al braccio. <<Non lo so, per me tutte le fronti sono calde>>

Una piccola risata uscì dalle mie labbra: a quanto pare qualcosa in comune ce l'avevamo. I cinque minuti successivi passarono nel silenzio più totale, il che mi fece capire che avevo ragione a supporre che l'argomento della loro conversazione fosse il signor Jonson.

Quando constatò che effettivamente Derek aveva la febbre, Elizabeth gli disse di dormire e lo coprì. Decisi di lasciare i tre a parlare, senza intromettermi, perciò mi diressi in cucina. Quando mi voltai, però, vidi che loro mi avevano seguito.

<<Quindi cosa hai intenzione di fare?>> chiese la bionda rompendo il silenzio.

Elizabeth si strinse nelle spalle, passandosi da una mano all'altra il bicchiere che aveva appena riempito d'acqua. <<Non lo so, sperare che non si faccia più vedere>>

Mi appoggiai al mobile dietro di me, deciso a rimanere in silenzio. Io ero venuto a conoscenza di quella storia solo il giorno prima, loro ne avevano a che fare da anni. Sicuramente avrebbero saputo dare consigli più utili dei miei.

<<E se invece non fosse così? Se invece si ripresentasse?>> domandò Jake teso. Aveva la fronte corrugata mentre pensava al da farsi. Mi chiesi se fosse stato difficile anche per lui quando il signor Jonson se n'era andato, se anche lui si era affezionato a quell'uomo. <<Non mi piace questa situazione Liz, non mi piace proprio per niente. Non può ripresentarsi come se niente fosse. Ti ho vista soffrire, piangere, gridare... Ho paura che tu possa ricadere nella trappola>>

Aveva paura che tornasse a volergli bene come prima o che tornasse a star male? Per quanto avessi visto io, Elizabeth di sicuro non stava bene. Jake se n'era accorto? O era troppo concentrato nel vederla come la ragazza ideale per rendersi conto di quanto soffrisse quotidianamente?

Forse per me, che ero arrivato da poco e potevo vedere la situazione da un punto di vista oggettivo, era tutto più evidente. Non avevo dubbi sul fatto che Elizabeth avesse problemi a fidarsi degli altri, era stato palese fin dal primo momento. Il volersi prendere tutte le responsabilità però l'avrebbe inevitabilmente portata allo stremo e i primi segni si iniziavano già a vedere.

<<Jake, non succederà>> ribatté Lizzy con sicurezza. <<Non lo perdonerò. Era mio padre. Lo era, lo è stato. Non lo è più>>

Assunsi involontariamente un'espressione sorpresa. Dall'essere ferita e delusa all'annunciare che non fosse più suo padre c'erano di mezzo chilometri. Era una sensazione che non avrei mai potuto capire ma non la biasimavo, quell'uomo era un vigliacco.

<<Mi ricordo benissimo le volte in cui ho visto mia madre piangere o Derek chiedere dove fosse suo padre>> continuò. <<Non sono un'idiota>>

<<Non è questione di essere idioti o meno!>>. Non avevo mai visto Jake così frustrato. Non sapevo neanche se avesse mai alzato la voce in quel modo contro di lei. <<Mi...Mi fa incazzare. Mi fa incazzare il fatto che ti abbia fatta soffrire e non posso perdonarlo. Se... Se lo vedessi non saprei trattenermi>>

La maschera di decisione di Elizabeth venne crepata da quello che sembrava dolore, ma si riscosse quasi istantaneamente. <<Jake, piantala. Non c'è niente di cui preoccuparsi, so badare a me stessa>>

<<Dannazione Elizabeth, non puoi venirmi a dire che non c'è niente di cui preoccuparsi!>> gridò facendoci trasalire. Mi raddrizzai e feci per andare verso di lui per provare a calmarlo ma incrociai lo sguardo di Avril, la quale scosse leggermente la testa per dissuadermi. Gli occhi di Jake erano lucidi. Non stava per piangere, ma era palese che stesse combattendo con un caos di emozioni. <<Ti ho vista! Sono stato io a consolarti cinque anni fa! Non ti voglio rivedere in quello stato! E il fatto che tu non ti renda conto della gravità della situazione mi terrorizza!>>

Elizabeth si alzò dallo sgabello, lo sguardo perfettamente neutro. <<Jake, calmati e non parlarmi come se fossi una bambina>>

Non mi piaceva la tensione che si era accumulata in quella stanza, se avessi potuto me ne sarei andato.

<<Tu non mi hai vista ieri. Ho avuto un attacco di panico. Sono esplosa, impazzita>> proseguì lei. Non dirgli di me, non dirgli di me. <<Mi rendo benissimo conto della gravità della situazione. Ethan lo sa, stava con me ieri>>

Spostai lo sguardo su Jake e lui fece altrettanto. Rimase in silenzio, provando a sistemare i suoi pensieri. Lei non gli aveva detto nulla di particolarmente compromettente; aveva solo detto che ero presente, il che era uno dei pochi requisiti del mio lavoro. Riportò lo sguardo sulla ragazza a pochi passi da lui, che lo guardava con le braccia incrociate al petto e il mento alto.

<<Beh>> disse con una freddezza che mi fece venire i brividi. <<Allora la prossima volta che ti spezzerà il cuore vai a piangere da Ethan>>

Feci una smorfia quando la superò senza aggiungere altro e uscì dalla casa sbattendo la porta. Elizabeth rimase ferma al suo posto, gli occhi fissi nel punto in cui pochi secondi prima si trovava il suo migliore amico.

<<Credo...>> intervenne Avril schiarendosi la gola. <<Credo di dover andare... Sennò dovrò tornare a casa a piedi e... Piove>>.

La bionda mi lanciò un'occhiata interrogativa e io mi strinsi nelle spalle, non sapendo come aiutarla. Si avvicinò all'amica e le mise una mano sulla spalla. <<Gli passerà>>

Elizabeth non rispose, troppo impegnata a mordersi il labbro inferiore e a mantenere un'espressione il meno ferita possibile. Avril mi fece un cenno di saluto e seguì il fratello.

Rimanemmo soli in cucina, l'intera casa silenziosa. Mi strinsi l'interno della guancia sinistra tra i denti, non sapendo come consolarla. Jake si era arrabbiato con lei a causa mia. Capivo che fosse geloso di qualsiasi ragazzo le si avvicinasse e che era arrivato in quella casa con l'intento di dirle ciò che provava per lei, ma avrebbe dovuto percepire che non era il momento giusto per trattarla in quel modo. Il padre era appena rientrato nella sua vita dopo cinque anni, il minimo che potesse chiedere era di avere il supporto del proprio migliore amico.

<<Io...>> iniziai a bassa voce.

<<Lascia stare>> mi interruppe senza guardarmi. Si sistemò i capelli con gesti scattosi. <<Sto bene>>

Bevve l'ultimo goccio d'acqua rimasto nel bicchiere e uscì. Dopo pochi secondi sentii la porta della sua stanza sbattere. 

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