Capitolo 35. -M
Sono rimasta a casa sua fino a sera. Subito dopo... beh, quello, abbiamo riso per mezz'ora, senza un motivo apparente. Siamo rimasti abbracciati, i nostri corpi nascosti tra le sue lenzuola.
"Quindi non sono il primo?" mi ha chiesto, mentre faceva su e giù con le dita sul mio braccio.
"No" gli ho risposto, con un sorrisetto compiaciuto.
Lui mi ha lanciato uno sguardo truce. "Potrei essere geloso".
"Di persone che non vedo da anni?".
Ha aggrottato le sopracciglia. "Aspetta. In che posizione sono, esattamente?".
"Sei... sdraiato" gli ho risposto, indicandolo. Mi ha guardato con le palpebre leggermente calate, a commentare la mia pessima battuta, mentre io ho sogghignato. "Sei il terzo".
"COSA?" ha esclamato lui, sgranando gli occhi. "Sono passato a credere di essere il primo ad essere il terzo?!". Ho annuito, compiaciuta dalla sua espressione. "Dio mio" ha aggiunto poi, guardandomi con sguardo di rimprovero. Per cosa, poi? Lui può avere relazioni e io no? "Non penso riuscirò mai ad abituarmi a questa tua non innocenza".
Ho sospirato, roteando gli occhi esasperata. "James, è molto semplice: ho avuto due storie serie nella mia vita e con tutte e due sono arrivata fino in fondo. Non penso ci sia nulla di male a farlo con la persona con cui condividi tutto il resto".
"Scusa e la nostra di relazione dove l'hai lasciata?" mi ha chiesto, severo.
"Qui" gli ho risposto, indicandomi il cuore. "Ed è dove resterà per sempre".
Mi ha continuato a guardare, come se gli avessi fatto qualcosa di brutto. Così mi sono avvicinata al suo orecchio. "Sarai anche il terzo ma sei stato il migliore". Gli ho dato un bacio sul collo, per poi guardarlo in viso. La sua espressione si era notevolmente addolcita e mi ha baciata più e più volte. "Comunque ne ero certo" mi ha sussurrato poi, uscendo dalle lenzuola e infilandosi i boxer. "Vado a prendere da mangiare. È ora di pranzo".
"Mel?".
"Lasciala perdere, è nel mondo dei sogni".
"Ma è strana...".
"Indovina perché...".
Sbatto le palpebre un paio di volte, mettendo a fuoco quello che mi circonda. Sono al solito pub a pranzare con i gemelli, ma mi sono persa nei ricordi. Il suo di dietro fasciato dai boxer fa fatica a lasciare i miei pensieri. Non sono cose a cui dovrei pensare, è imbarazzante e... imbarazzante. Leo mi guarda con un sorriso compiaciuto. Agatha sposta lo sguardo da me a Leo, senza capire. Non reggo lo sguardo indagatore di Leo e guardo il mio piatto, sorridendo timidamente.
"Aha!" esclama Leo. "Lo sapevo!".
"Senti, era normale che..." comincio io.
"No, tesoro, era ora. Cristo, se avessi io un fusto del genere come ragazzo, mi ci fionderei dopo una settimana" mi dice, gesticolando con la forchetta in mano.
Scoppio a ridere, coprendomi la faccia con le mani, dalla vergogna.
"Allora?" mi chiede lui, rizzandosi sulla sedia, sorridendomi maliziosamente. "Come è stato?".
I miei denti si scoprono in un sorriso e mi guardo attorno, a disagio. "Leo, fatti gli affari tuoi" dico infine, sbuffando.
"No, voglio sapere!".
"Leo, se Mel non vuole parlarne non spingerla a farlo. Non tutti si sentono a proprio agio con certi discorsi".
Entrambi ci voltiamo verso Agatha, sorpresi. Ha un lieve rossore sulle guance e si vede che è intimidita da qualcosa.
"Sta' tranquilla, finché devo dirlo a voi non c'è problema...".
"Allora diccelo" ne approfitta subito Leo.
"È stato grandioso!" esclamo a voce troppo alta, facendo girare qualche altro cliente. La riabbasso. "È stato completamente diverso. È stato come farlo per la prima volta. Insomma, qualsiasi cosa con lui è come farla per la prima volta. Dio, sono stata così bene..." aggiungo, scuotendo la testa. Leo mi guarda con fare compiaciuto, per poi battere veloce le mani, con un grido soffocato. "Non c'è bisogno di fare tanta scena".
"Tu lo ami!" mi canzona lui, facendomi andare di traverso la Coca Cola.
"No!" esclamo.
"Sì!".
"No!" insisto. "No, Leo. Sono innamorata, sì, ma non lo amo" dico, allargando le braccia. "C'è differenza" . Poi aggrotto le sopracciglia. Effettivamente, non so cosa voglia dire amare qualcuno. So cosa si prova ad amare la propria famiglia, i propri amici, ma non un ragazzo. L'ho sempre immaginato come qualcosa di enorme, come la Torre Eiffel in confronto ad un palazzo di tre piani. E sono sicura di non provare ancora qualcosa di così grande per lui. Anche lui, sicuramente, non prova niente del genere per me. Ma non mi offendo. Sono cose che vanno al di là delle scelte. Non puoi scegliere di amare una persona. La ami e basta. Quei pensieri mi mettono una confusione tale da farmi venire un mal di testa.
"Tata, che hai?" chiede Leo alla sorella.
"Niente" risponde sbrigativa.
Mi guarda, confuso. "Devi dirci qualcosa anche tu?".
Subito la fisso, concentrata. Quei discorsi di solito non mettono a disagio Agatha, nonostante lei sia vergine. Ma sta volta sì.
"No!" esclama.
"Non è successo niente con Jun?".
"Dio santo, no!" risponde, infastidita.
Alla fine lei e il cameriere, Jun, si sono messi insieme. Stanno benissimo e pendono uno dalle labbra dell'altro.
Leo sospira, arrendendosi. "Sei peggio di un muro. Sono tuo fratello, certe cose potresti anche dirmele".
Lei sbatte un pugno sul tavolo, facendomi sobbalzare dalla sorpresa. "Ti ho detto che non è successo niente e non devi sempre sapere tutto, ho il diritto di tenermi qualcosa per me!".
Persino Leo la guarda a bocca aperta, offeso. Lei si alza e si allontana dal tavolo, lasciando me e Leo a scambiarci occhiate incredule.
"Hai visto?". Annuisco.
"Le passerà" lo tranquillizzo. "Sicuramente è per qualcosa che abbiamo detto. Insomma, adesso che ha un ragazzo, probabilmente pensa che certe cose prima o poi succederanno. È normale un po' di nervosismo".
"No" mi dice, appiattendo le labbra. "Ha il ciclo".
"Oh beh" commento. "Adesso ha tutto più senso".
Lui sospira. "Beh, devo andare a preparami" dice, controllando l'orologio.
"Ah, sì?" chiedo, incuriosita. " E che fai di bello?".
"Devo... andare ad una mostra".
"Una mostra?".
"Sì, sai. Quei posti dove degli artisti espongono le loro opere...".
"Sì, ho presente" dico, alzando gli occhi al cielo. "Intendevo: non pensavo che ti piacessero le mostre d'arte".
"E invece sì".
"Mmm". Questa volta sono io a guardarlo indagatrice. "E con chi ci vai?".
"Da solo" mi risponde, bevendo un sorso d'acqua. Alzo un sopracciglio, non credendoci minimamente. "Con Derek", cede alla fine.
"Chi è Derek?!" esclamo entusiasta.
"È solo un amico. È etero" dice, con fin troppo fastidio. "Mi ha chiesto di accompagnarlo".
"Capisco".
Lui alza le sopracciglia con un sospiro. "Ci sentiamo, stronza" dice, alzandosi e dandomi un bacio sulla guancia. Mi lascia i soldi sul tavolo, prima che io glieli possa restituire. Scuoto la testa, vendendolo uscire. Così, mi dirigo alla cassa, pagando solo la mia parte.
A farmi pagare è Jun, che saluto con un sorriso. "Cosa gli è preso ad Agatha?" mi chiede, preoccupato.
Alzo le spalle. "Sai quel certo periodo del mese...".
"Oh" dice, aggrottando le sopracciglia confuso. "Sei sicura che sia solo quello? Forse dovrei andare a controllare...".
"Forse" dico, stringendomi nelle spalle, in modo vago, sperando dentro di me che la segua. Lo saluto ed esco dal ristorante, diretta verso un preciso luogo.
Sorrido. È arrivato il momento: ho aspettato fin troppo.
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