9. In trappola
Nei giorni che seguirono feci come mi aveva detto Jader: dimenticai. O almeno, provai a dimenticare.
Dapprima avevo deciso di non andare più in palestra, non ero sicura di voler stare nella stessa stanza dove c'era anche lui. Ci ero rimasta malissimo. Poi però, pensai che così facendo avrei dato troppa importanza alla cosa e non volevo assolutamente dargliela. Avrei fatto finta di niente; in fondo ci eravamo solo baciati.
Il fatto che diventasse sempre più bello non aiutava di certo. Aveva smesso di radersi e la barba scura gli dava un'aria da cattivo ragazzo che gli donava molto.
Un giorno ero arrivata in anticipo per la lezione e lo avevo visto battersi con un ragazzo sul ring. I miei ormoni erano impazziti. Non ero mai stata attratta così da un ragazzo, mai. Jader emanava potenza e sensualità, tutto sudato, con la pelle che luccicava e i muscoli delle braccia e delle spalle che si flettevano ad ogni suo movimento. Pensieri lascivi erano andati formandosi nella mia mente e più lo osservavo più immaginavo cose che non avevo mai osato immaginare prima d'ora. Mi ero sentita arrossire e avevo lasciato in fretta e furia la stanza.
Jader in palestra mi evitava. Victoria, a cui avevo raccontato tutto, continuava a dire che mi guardava in continuazione soprattutto se mi vedeva parlare con qualche ragazzo. Mi mandava in bestia. Se lui mi aveva detto di dimenticare era perché non aveva nessun interesse nei miei confronti. Allora perché lei si ostinava? La odiavo quando faceva così. Mi metteva in testa delle cose assurde.
Una volta avevo persino provato a vedere se avesse ragione. Jader era entrato nella sala degli attrezzi e non aveva nemmeno fatto caso a me. Io mi ero subito messa a parlare con un ragazzo che in quel momento stava facendo pesi per le braccia al mio fianco. Gli avevo chiesto da quanto tempo frequentava la palestra e stupidaggini simili e nel frattempo, con la coda dell'occhio, avevo osservato Jader. Lui non aveva mai posato lo sguardo su di noi. Anzi, dopo un po' era uscito dalla sala con Camilla.
A lezione mi rivolgeva la parola solo se era strettamente necessario ed evitava qualsiasi tipo di contatto.
Nel frattempo io, Vicky e Salvatore avevamo sostenuto l'esame e lo avevamo superato brillantemente. Ci eravamo concessi un fine settimana di puro divertimento, terminato con una festa a casa di amici di Salvatore. Tre giorni senza pensieri, solo amici, persone simpatiche, tante risate e alcool. Fiumi di alcool. Avevo solo dei vaghi ricordi di quel week-end. Il lunedì ero ridotta ad uno straccio. Promisi a me stessa che non avrei mai più bevuto così tanto. All'università non riuscii a prendere una riga di appunti e in palestra faticai a stare al passo con gli altri. Quel giorno Jader mi aveva guardata a lungo, il suo solito sguardo indecifrabile, e alla fine degli allenamenti mi si era fatto vicino.
‹‹Divertita questo fine settimana?›› mi aveva chiesto.
Io avevo incontrato il suo sguardo e avevo visto una certa inquietudine serpeggiare in quelle bellissime pozze verdi. ‹‹Abbastanza››, avevo risposto.
Lui mi aveva sorriso, aveva aperto la bocca per parlare ma poi l'aveva richiusa e si era diretto a grandi passi verso gli spogliatoi degli uomini. Una conversazione stranissima, ma l'unica che avevamo avuto dal giorno in cui mi aveva detto di dimenticare. E non si era ripetuta più.
***
Seduta ad un tavolino del bar dell'università sorseggiavo il mio tè caldo ai frutti di bosco e rileggevo gli appunti che avevo preso poco prima, correggendo qua e là qualche frase che aveva poco senso. Victoria si sedette di fronte a me e poggiò sul tavolino la sua tazza di tè. Chiusi il quaderno e lo infilai in borsa. Lei si tolse il cappotto e tirò su le maniche della maglietta.
‹‹Che caldo fa qui dentro.››
Era stata fuori a telefono con Daniele.
‹‹Quando torna Daniele?››
Vicky bevve un sorso di tè. ‹‹Presto. Stasera andiamo a cena fuori, siamo state invitate.››
La guardai, perplessa. ‹‹E da chi?››
‹‹Da amici.››
‹‹Quali amici?››
‹‹Tu stai tranquilla e pensa solo a farti bella.››
‹‹Vicky, cos'è tutto questo mistero? Non vengo da nessuna parte se non me lo dici.››
‹‹E dai, è una sorpresa.››
Sorpresa? E se avesse organizzato una cena con Daniele e Marco? Mi si annodò lo stomaco al solo pensiero. Lei non sapeva quello che era successo. Forse avrei dovuto dirglielo.
‹‹Non è che dobbiamo uscire con Daniele e Marco? Non ho alcun interesse per quel ragazzo e non mi va di passarci la serata.››
Vicky fece un sorriso. ‹‹Ma quale Marco e quale Daniele. Non è niente di romantico, saremo in tanti.››
Mi rilassai un poco. ‹‹E perché allora non mi vuoi dire dove andremo?››
‹‹Perché mi piace tenerti sulle spine›› mi osservò sorridendo, ‹‹e non continuare a chiedermelo, tanto non te lo dirò.››
Sbuffai esasperata. Non mi piaceva questo gioco e speravo solo di non dovermi pentire di essere uscita.
Una folata di vento gelido mi investì non appena misi piede fuori dall'auto di Victoria, scompigliandomi i capelli e facendoli finire in abbondanza sul lucidalabbra che avevo appena messo. Li scostai con cautela, per evitare che il lucidalabbra mi finisse su tutto il viso. Faceva freddissimo e rimpiansi di non aver indossato dei comodi e caldi jeans invece di quel vestitino rosso e quelle calze velate nere che mi stavano facendo sentire nuda. Ci trovavamo in una zona periferica della città, vicino ad una casetta anonima con le pareti grigio scuro e delle piccole lanterne ai lati della porta. La prima cosa che notai fu la Giulietta bianca parcheggiata al lato dell'abitazione.
La Giulietta di Jader.
Il cuore cominciò a galoppare.
Vicky si stava sistemando il vestito e i capelli dall'altro lato della macchina. Mi avvicinai.
‹‹Adesso me lo puoi dire. Di chi è questa casa?››
Lei notò la mia agitazione. ‹‹Andiamo.›› Si avviò verso la porta.
La fermai. ‹‹No, aspetta! Dimmi prima chi ci sarà lì dentro.››
Lei sospirò. ‹‹Jader.››
Anche se cominciavo a sospettarlo, fu uno shock. ‹‹Cosa? Ma sei impazzita?››
‹‹Dafne, è solo una cena tra amici.››
‹‹Io me ne torno a casa.››
‹‹Oh, per l'amor del cielo, Dafne, smettila di comportarti come una ragazzina! Ho organizzato tutto questo per te.››
Sgranai gli occhi. Sì, probabilmente mi stavo comportando da ragazzina e non me ne fregava un bel niente. Non volevo andare a cena a casa di Jader dopo quello che c'era stato tra di noi. Perché Vicky non lo capiva? Perché si ostinava a voler fare di testa sua?
‹‹Nessuno te lo ha chiesto.››
‹‹È vero, ma adesso siamo qui. Fagli vedere cosa si sta perdendo.››
Mi fece l'occhiolino e mi abbracciò forte. Gran parte della tensione andò via e ricambiai l'abbraccio. Il suo ragionamento non mi convinse, ma decisi di entrare. Che potevo fare? Oramai si aspettavano che sarei stata lì, se me ne fossi andata avrei fatto una figuraccia. Ci avvicinammo alla porta e lei suonò al campanello.
‹‹E sorridi›› aggiunse prima che la porta si aprisse.
Jader comparve sulla soglia e il mio cuore mancò un battito. Perché doveva essere così irresistibile? Aveva una maglietta blu e grigia e dei pantaloni blu scuro, i capelli leggermente scompigliati e aveva accorciato la barba. Ci sorrise e ci invitò ad entrare.
Dentro, l'appartamento era bellissimo. Un salone con due divani e un televisore enorme si estendeva subito dopo l'ingresso. La parete di fronte, dove c'era la tv, era di mattoncini che andavano dal rossiccio al marroncino. Un piccolo corridoio portava alla cucina, da cui proveniva un profumino delizioso, e alle camere. Francesco si affacciò dalla cucina e ci salutò. Vicky corse da lui. Io mi guardai intorno e sbottonai il cappotto.
‹‹Puoi darlo a me.››
Guardai Jader negli occhi. Ero certa che vi avrei trovato indifferenza o un pizzico di imbarazzo, invece lui sembrava felice. Tolsi il cappotto e glielo passai. Lo prese e fece scorrere il suo sguardo su tutto il mio corpo, poi i suoi occhi tornarono nei miei.
‹‹Torno subito.›› Si infilò in una porta sulla sinistra.
Andai in cucina, da dove provenivano le risate di Victoria e Francesco. Stavano bevendo del vino bianco vicino al piano cottura.
‹‹Ciao Francesco.››
‹‹Ehi, ciao Dafne.››
Vicky si girò a guardarmi e mi sorrise. Jader entrò subito dopo di me. La cucina era piccolina ma carinissima. I mobili e le sedie erano bordeaux, sulla parete di fronte alla porta c'era una portafinestra che affacciava sulla strada, proprio dove avevo visto la Giulietta parcheggiata.
‹‹Posso offrirti un bicchiere di vino?›› mi chiese Jader.
‹‹Sì, grazie. Dove sono gli altri?››
‹‹Gli altri? Siamo solo noi››, disse Francesco.
Guardai Victoria in cagnesco. Lei scrollò le spalle e bevve un sorso dal suo calice. Che stronza! Mi aveva detto che saremmo stati in tanti. Jader mi portò il bicchiere e lo ringraziai.
‹‹Ragazze accomodatevi a tavola, così iniziamo a cenare.››
Mi sedetti di fianco a Victoria. Francesco, dopo aver portato i piatti in tavola, si sedette di fronte a lei e Jader di fronte a me.
‹‹Chi ha cucinato?›› chiese la mia amica.
Davanti a me c'era un piatto di pennette alla vodka dall'aria invitante.
‹‹Jader. È molto bravo.››
Lo sguardo che ci scambiammo era carico di tensione. Era quasi palpabile. Mi versò del vino, questa volta rosso, senza staccare gli occhi dai miei e ne versò un po' anche nel suo bicchiere. Fece lo stesso con Vicky e Francesco.
Pian piano, merito anche del vino, mi lasciai andare e cominciai ad apprezzare la compagnia di quelle persone. Francesco era simpaticissimo, raccontò molti aneddoti su lui e Jader, come si erano conosciuti, le stupidaggini che avevano fatto da ragazzi. Anche io e Victoria raccontammo qualche storiella su noi due.
Jader mi guardava trasognato. Era curioso, volle sapere molte cose di me. Non avevamo mai avuto una conversazione del genere e io ringraziai Victoria silenziosamente per aver reso possibile tutto ciò.
Subito dopo il dolce, Francesco si alzò.
‹‹Ragazzi, mi dovete scusare ma adesso devo andare. È stata una piacevole serata, dobbiamo ripeterla.››
Salutò prima me poi Vicky e andò via. Jader lo accompagnò alla porta. Vicky prese la borsetta e controllò il cellulare.
‹‹Andiamo via anche noi?›› chiesi.
‹‹Ehm... io tra poco devo vedermi con Daniele.››
‹‹Ma non mi avevi detto che era a Milano?››
‹‹È tornato stasera.››
Jader entrò in cucina. ‹‹Volete un altro po' di dolce?››
‹‹No, grazie›› rispose Victoria, ‹‹io devo andare. Potresti riaccompagnare Dafne a casa?››
Che? ‹‹Ma no, vengo con te... mi accompagni a casa e te ne...››
‹‹Per me non c'è problema›› rispose Jader, con un sorrisetto.
‹‹Ti accompagna Jader.››
La supplicai con lo sguardo, non volevo rimanere da sola con lui! Ma lei fu irremovibile, infilò la giacca e salutò Jader. Io mi alzai e la raggiunsi vicino alla porta. Mi diede un bacio sulla guancia.
‹‹Ci sentiamo domani, Dafne. Buona serata.››
Se ne andò.
Mi voltai per tornare in cucina, Jader era dietro di me con le mani in tasca e quel sorriso dolce che mi mandava fuori di testa.
‹‹Vuoi che ti accompagni adesso?››
Sì... No. Al diavolo, no! Non volevo tornare a casa. Volevo trascorrere ancora del tempo con lui, volevo parlargli, volevo perdermi nei suoi occhi e sentire le farfalle nello stomaco.
‹‹Ti aiuto a sparecchiare›› dissi, e mi incamminai in direzione della cucina.
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