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25. Promettimi che sarà presto

Aprii gli occhi e per una frazione di secondo non riconobbi la stanza.

Il letto era vuoto accanto a me. Io ero in posizione trasversale, con la testa appoggiata sul cuscino che occupava Jader quando avevo chiuso gli occhi.

Dov'era ora?

Non sentivo nessun rumore in casa.

Provai a mettermi dritta, i muscoli indolenziti protestarono: ero stanca di stare a letto, così mi alzai.

Il bagno era piccolino, con le mattonelle azzurre in mosaico e il pavimento blu. Mi metteva tranquillità. Avrei tanto voluto fare un bagno e rilassarmi. Per la prima volta dopo la sparatoria mi guardai allo specchio. I capelli erano tutti arruffati e pieni di nodi. Gli occhi spenti e il colorito pallido completavano un quadro pietoso. Presi il pettine e cercai di districare i nodi.

Uscita dal bagno cercai dei vestiti puliti nella borsa che mia madre aveva preparato per me. Mi si contrasse lo stomaco al pensiero di tutte le bugie che stavo raccontando ai miei genitori ultimamente. Ma erano necessarie, erano per il bene di Jader.

Fuori dalla camera da letto trovai un salottino vivace, con le pareti giallo scuro, un divano rosso e una libreria in legno che occupava tutta la parete di fronte a me. Sulla mia destra, costeggiando la scrivania, si entrava in cucina. Avevo fame, così aprii il frigorifero. La mia intenzione era quella di farmi del latte caldo con i biscotti ma trovai solo del succo di frutta all'arancia e delle bottiglie di birra. Presi il succo. Mi riempii un bicchiere e mentre lo sorseggiavo tornai in soggiorno e mi accostai alla biblioteca. Oltre ai classici, scorsi diversi libri poesie. Uno in particolare attirò la mia attenzione. Era un libretto di poche pagine e rilegato alla buona. Stava adagiato sopra gli altri libri e sembrava intonso. Sulla copertina appariva un titolo stranissimo: " Per te, che sei la mia luce." Lo aprii, sempre più curiosa e anche un po' timorosa di scoprire qualcosa che non avrei dovuto sapere. Aveva tutta l'aria di essere una piccola raccolta di poesie. Ebbi un attimo di esitazione. Mi sembrava di violare la vita privata di Jader. E se si trattava di un regalo di una delle sue precedenti ragazze? Lo sfogliai rapidamente, fino ad arrivare all'ultima pagina.

Ricordami, era il titolo della poesia.

Tu ricordami quando sarò andata

lontano, nella terra del silenzio,

ne' più per mano mi potrai tenere,

ne' io potrò il saluto ricambiare.

Ricordami anche quando non potrai

giorno per giorno dirmi dei tuoi sogni:

ricorda e basta, perché a me, lo sai,

non giungerà parola ne' preghiera.

Pure se un po' dovessi tu scordarmi

e dopo ricordare, non dolerti:

perché se tenebra e rovina lasciano

tracce dei miei pensieri del passato,

meglio per te sorridere e scordare

che dal ricordo essere tormentato.

La porta di casa si aprì e Jader entrò con dei sacchetti della spesa in mano. Chiusi di scatto il libretto e lo rimisi a posto. Dovevo avere un'aria colpevole stampata in faccia ma Jader non sembrò farci caso. Quella poesia mi aveva turbata un poco.

Lui mi sorrise e raggiunse la cucina, poggiando le buste sul tavolo. Io lo seguii e guardai subito cosa ci fosse dentro.

‹‹Sei in piedi›› mi disse, sfiorandomi il braccio. Si avvicinò e poggiò le labbra sulla mia testa.

‹‹Non ce la facevo più a stare distesa.››

Non trovai niente di buono per la colazione ed abbandonai la mia ricerca. Incontrai il suo sguardo. Gli occhi erano cerchiati da profonde occhiaie. Era esausto ma sembrava felice. Mi porse un sacchettino di cartone.

‹‹Ti ho preso le ciambelle con lo zucchero. So che ti piacciono tanto.››

Prima ancora che terminasse la frase ero tra le sue braccia. Lo baciai, ignorando il dolore al fianco quando lui mi strinse a sé.

‹‹Grazie.››

Presi la busta e ne estrassi una. La addentai ed emisi un verso di piacere.

Jader rise e scosse la testa. Gli passai l'altra ciambella e mi sedetti. Lui prese due bicchieri e li riempì di succo, me ne allungò uno e si sedette accanto a me. Per un po' rimanemmo in silenzio a guardarci e sorriderci.

Ripensai alla conversazione che avevamo avuto la sera prima. Ero stata pronta a dirgli addio mentre adesso conoscevo tutta la verità su di lui e avrei dovuto mantenere il segreto con tutti. Per chissà quanto tempo. I miei sentimenti per lui non erano cambiati quando avevo creduto che fosse un criminale. Ora, erano ancora più forti.

Faticavo ancora a credere che la sparatoria non fosse frutto della mia immaginazione ma la ferita al fianco non mancava di ricordarmelo. Era tutto reale.

Ed era così fottutamente grave che mi veniva voglia di urlare per la frustrazione. Non c'era niente che avrei potuto fare per cambiare le cose.

Mi sarei fatta da parte e lo avrei aspettato, come mi aveva chiesto.

‹‹Quanto tempo credi che possiamo stare qui?›› domandai.

L'idea di dovermi separare da lui mi faceva male. Volevo trascorrere con Jader più tempo possibile prima dell'inizio della fine.

Lui si fece serio. Passò la lingua sulle labbra per pulire lo zucchero rimasto appiccicato e mi fissò. ‹‹Poco. Domani passerà di nuovo Gigi a controllare la ferita e se è tutto a posto tra un paio di giorni ti toglierà i punti. Dopodiché sarai libera di andare.››

‹‹Ma io non voglio andare. Voglio...››

‹‹Devi›› mi interruppe. ‹‹Non posso rischiare che ti succeda qualcos'altro. Non rimarrei così calmo se dovesse succederti qualcos'altro.››

Aprii la bocca per parlare ma la richiusi subito. Mi alzai e cominciai a tirare fuori la roba dai sacchetti. Non ero arrabbiata e nemmeno delusa. Ero solo... triste.

Jader tolse i bicchieri dal tavolo e li sciacquò.

‹‹Ascolta, Dafne: quando ti riporterò a casa dovrai dire a tutti che tra me e te è finita. Ok?››

Annuii. Le lacrime mi rigarono il volto e le asciugai in fretta. Jader mi prese il viso tra le mani.

‹‹Ehi. Perché piangi?››

‹‹Ho paura, Jader.››

‹‹Non devi averne. Io tornerò da te, lo sai.››

Lasciai che mi avvolgesse e nel tepore delle sue braccia sussurrai "ti amo". Lui mi strinse ancora di più.

‹‹Abbiamo ancora qualche giorno. Non pensiamo a queste cose adesso.››

Mi baciò con passione e dimenticai tutto il resto.

***

Era giunto il momento di separarci.

Non sapevo se e quando lo avrei rivisto. Quei giorni trascorsi insieme erano stati intensi. Mi ero nutrita di ogni attimo, di ogni suo gesto, avevo cercato di immagazzinare tutto e di fare incetta per potermi sfamare nel momento in cui la sua assenza si sarebbe fatta sentire.

Lo abbracciai e lo tenni stretto il più a lungo possibile. Era difficile non pensare al peggio dopo gli ultimi avvenimenti ma Jader mi aveva fatto promettere che non mi sarei fatta prendere dalla negatività e così cercai di non piangere e di non supplicarlo di restare. Di non lasciarmi.

Jader sorrideva. Lo faceva per tranquillizzarmi. Mi riempiva di baci e mi teneva le mani. Le parole erano superflue in quei momenti. Bastavano i nostri sguardi intrecciati. Sapeva a cosa stessi pensando, non avevo fatto niente per nasconderlo nei giorni precedenti. Continuava a rassicurarmi, a mostrarsi sicuro ma anche io sapevo cosa provava nel profondo: temeva di non farcela. Solo il giorno prima lo avevo trovato sul divano a fissare i pungi stretti in grembo e quando mi aveva sentito arrivare era scattato in piedi e si era infilato in bagno. La notte dormiva pochissimo, si sedeva sul bordo del letto con la testa tra le mani e ogni tanto si girava a guardarmi e mi sfiorava il viso se mi trovava sveglia.

Ci trovavamo nella sua auto, a due passi da casa mia.

‹‹Devo darti una cosa›› disse. Mi lasciò le mani e aprì il cruscotto. Una strana inquietudine mi serpeggiò dentro quando vidi quel libretto bianco che avevo sfogliato qualche giorno prima a casa sua. Le giornate che erano seguite erano state piuttosto intense e io me ne ero quasi dimenticata. In quel momento, mi ritornò alla mente quella dolce e malinconica poesia di Christina Rossetti.

‹‹Cos'è?›› chiesi quando me lo porse. Rilessi il titolo e sorrisi. Ero la sua luce? Lui era tutto il mio universo.

‹‹Una raccolta di poesie. L'ho fatta per te.››

‹‹Davvero?›› non volevo rovinare quel momento con pensieri negativi, quindi non gli dissi che avevo già trovato quel libro e avevo letto l'ultima poesia, che aveva tutta l'aria di un addio. Le lacrime mi pizzicarono gli occhi e Jader dovette scambiarle per commozione. Mi sorrise dolcemente e mi accarezzò il viso. ‹‹Jader... è bellissimo. Grazie.››

‹‹Leggilo prima e poi mi dirai. Ti chiamo appena posso.››

Premetti le labbra sulle sue. ‹‹Promettimi che sarà presto.››

Annuì con la testa e mi diede un altro bacio.

Tristezza, rabbia e amore facevano una lotta dentro di me, cercando ognuna di sopraffarmi.

Raccolsi le mie cose e lo guardai un'ultima volta. Dov'erano finiti quei giorni in cui ci sorridevamo con quella leggerezza nel cuore che appartiene solo agli innamorati? Ora il mio era troppo pesante e il sorriso non arrivava agli occhi.

Aprii lo sportello dell'auto ma Jader mi trattenne per un braccio. ‹‹Ehi, quando tutto questo sarà finito niente e nessuno potrà impedirci di essere felici. La prima cosa che farò sarà venire sotto casa tua ad urlare a squarciagola che ti amo, te lo giuro.››

Mi strappò un sorriso. ‹‹Non ti azzardare a farlo. Mi basta che torni.››

‹‹Torno.››

‹‹È una promessa?››

‹‹Sì. Ora vai, altrimenti non ti lascio andare più.››

Un abbraccio ancora e un bacio, e due secondi dopo non c'era più. 

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