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23. Spari

 Rimasi immobile per quella che sembrò un'eternità. Lo sguardo fisso in quello di Jader. Ero sicuramente sbiancata. Ancora non conoscevo tutta la verità? Possibile che il nostro rapporto era basato interamente sulle bugie?

‹‹C'era qualcosa di vero nel nostro rapporto?››

Lo sguardo che mi rivolse Jader era duro. ‹‹I sentimenti. Quello che provo per te.››

Sbuffai. ‹‹Ma per favore, Jader. Come si fa a mentire così spudoratamente alla persona a cui dici di tenere?››

‹‹Dannazione Dafne, ma non lo capisci che è proprio perché ti amo che ho fatto tutto questo?››

Ti amo.

Non me lo aveva mai detto prima. E, cazzo, no, non lo capivo perché se veramente mi amava avrebbe dovuto dirmi tutto fin da subito. Non riuscii più a sostenere quello sguardo di fuoco e mi avvicinai alla macchina. ‹‹Andiamo.››

Jader estrasse le chiavi dalla tasca e fece scattare la serratura. Ma non feci nemmeno in tempo a poggiare la mano sulla maniglia che un'auto arrivò a tutta velocità e si fermò davanti al garage, sgommando. Ne uscirono tre ragazzi, l'aria minacciosa stampata sui loro volti. Non li avevo mai visti prima. O forse sì, forse qualcuno lo avevo visto al Trentacinque... ed in effetti lo riconobbi quando mi guardò e sorrise: era lo stesso che mi aveva bloccata davanti alla porta prima di entrare e aveva voluto sapere cosa cercassi da Jader.

‹‹Il capo ti cerca›› disse quello alla guida. Aveva gli occhi color ghiaccio, completamente rasato e un tatuaggio sul collo. Metteva i brividi. Istintivamente, feci un passo indietro.

Jader sembrava calmo. ‹‹Accompagno la ragazza e sono da lui. Non c'era motivo di venire fin qui, potevate chiamare.››

‹‹Il capo ti vuole adesso. Devi venire con noi.››

‹‹Ho detto che accompagno...››

Il ragazzo si avvicinò a Jader ed estrasse un coltello dalla tasca del jeans. Soffocai un urlo e mi guardai intorno, in cerca di una via di fuga. Purtroppo ero bloccata nel fondo del garage e non avrei potuto chiedere aiuto senza essere vista. Gli altri due ragazzi si scambiarono un'occhiata allarmata e poi guardarono me. Sentii il cuore pompare forte e un'ondata di panico mi travolse. Jader rimase immobile mentre quello gli puntava il coltello all'altezza dello stomaco. Non riuscivo a vederlo in volto ma dalla sua postura rigida percepii rabbia.

‹‹Forse non mi sono spiegato bene. Sali in macchina. Adesso. Della ragazza non ci interessa. È libera di andare.››

Jader non si mosse. ‹‹Dafne, entra in macchina.››

La sua voce mi fece venire i brividi, era fredda e controllata. Rimasi dov'ero, troppo terrorizzata per battere anche solo le ciglia.

Con un movimento rapido Jader piantò un pugno in piena faccia al ragazzo. Questi arretrò e si portò una mano sul naso, dal quale iniziava a colare del sangue. Jader gli tolse il coltello dalle mani, lo afferrò per la maglia e lo batté con forza sul cofano della macchina, puntandogli il coltello alla gola. Mi portai le mani davanti al volto e chiusi gli occhi. Quelli erano i momenti in cui mi rendevo conto di non conoscere affatto Jader.

‹‹Giulio›› il ragazzo che prima mi aveva sorriso si avvicinò a Jader. ‹‹Accompagna Dafne a casa.›› Rivolse di nuovo la sua attenzione a quello che teneva per la gola.

‹‹Non ti azzardare mai più a rivolgerti a me in questo modo.›› Lo lasciò andare. ‹‹Muoviti.›› Il ragazzo lo guardò torvo e si mise alla guida. Jader venne verso di me e mi prese il viso tra le mani.

‹‹Jader, non andare.››

‹‹Non preoccuparti, Dafne. È tutto a posto. Fa come ti dico, torna a casa con Giulio.››

‹‹No, no, no, no. Ti prego. Torna a casa con me. Ho una brutta sensazione.››

‹‹Non posso. Devo andare. Ti chiamo stasera, ok?››

Scossi la testa. Non potevo lasciarlo andare. Gli strinsi le mani. ‹‹Non andare›› sussurrai.

‹‹Ti chiamo dopo›› fu la sua risposta definitiva. Mi lasciò andare e diede le chiavi dell'auto a Giulio.

Lo guardai allontanarsi. Giulio mi sorrise e mi venne incontro con fare gentile. ‹‹Stai tranquilla, è tutto a posto. più tardi lo sentirai.››

Una seconda macchina si fermò davanti al garage. Camilla scese di corsa, nella mano destra stringeva una pistola e la puntò contro Jader. Aveva i lineamenti del viso stravolti dalla rabbia e la mano le tremava. In quel momento faticai a credere di essere perfettamente cosciente e non in un qualche universo onirico. Che diavolo stava succedendo? E per quale motivo doveva capitare proprio quando c'ero io? Dio, ero terrorizzata.

Jader la guardò dritta negli occhi. ‹‹Metti giù la pistola.››

‹‹Sei uno schifoso bastardo! Come hai potuto? È vero? Dimmelo, cazzo, dimmelo!››

‹‹Non so di cosa parli.››

Un altro ragazzo, che era in macchina con lei, si avvicinò e guardò Jader con profondo dispiacere. ‹‹Camilla, calmati. Sono sicuro che sia solamente un malinteso. Jader è uno di famiglia.››

‹‹Zitto, tu. È tutta colpa tua, sei stato su a portarlo in casa nostra.››

Il fratello. Quello doveva essere il fratello di Camilla. Aveva il suo stesso colore di capelli e gli stessi lineamenti del viso.

Camilla fece un altro passo verso Jader. Giulio estrasse la sua pistola e la puntò contro Camilla, intimandole di abbassare l'arma. A quel punto anche suo fratello si mise in mezzo, puntando la sua pistola contro Giulio.

In quel momento Camilla mi vide. Era stata troppo concentrata su Jader da non notare la mia presenza.

‹‹Graziano, ragazzi, diamoci una calmata.›› Era stato Jader a parlare. Ma Camilla puntò l'arma verso di me.

‹‹E lei? Che ci fa lei qui?››

Istintivamente, Jader fece qualche passo nella mia direzione, frapponendosi tra me e lei. ‹‹Stava andando via. Abbassa questa cazzo di pistola, Camilla. E anche voi altri. Stavo giusto venendo a casa vostra. Vorrei sapere cosa diavolo sta succedendo.››

‹‹Stai ancora con lei?››

Intanto tutti avevano abbassato le armi da fuoco. Io mi sentivo svenire, non vedevo l'ora di uscire da quel garage che diventava di minuto in minuto più piccolo e affollato, opprimente.

‹‹Non sono affari tuoi.››

Il fratello, Graziano, la prese per un braccio. ‹‹Dai, andiamo. Jader viene in macchina con noi.››

‹‹Lasciami. Voglio sapere che cazzo ci fa quella stronza qui.››

‹‹Ehi. Il tuo atteggiamento francamente mi ha stancata. Si può sapere cosa vuoi da me?›› dissi io. Ne avevo abbastanza dei suoi insulti gratuiti. Jader voleva me e lei doveva farsene una ragione. Non volevo essere troppo aggressiva, aveva sempre la pistola in mano, puntata di nuovo verso me, ma non mi stava bene il modo in cui parlava di me. In mia presenza, per giunta.

‹‹Io ti ammazzo.››

‹‹Camilla, non fare la stupida.›› Il fratello cercò di trascinarla verso la macchina, ‹‹lascia stare la ragazza e andiamo a casa.››

Accadde tutto in un secondo. Lei si divincolò e premette il grilletto, Jader si gettò su di lei per disarmarla e Giulio mi scaraventò a terra per evitare che la pallottola mi colpisse. Andai a finire contro la portiera e urlai. Sentii altri tre colpi, rumore di vetri frantumati e urla. Non vedevo molto bene ma capii subito che Giulio era stato ferito. Si accasciò terra e si tenne la mano sullo stomaco mentre la maglietta si tingeva di rosso scuro. Sentii la voce di Graziano.

‹‹Merda, Camilla! Guarda cosa cazzo hai combinato! Dobbiamo andare via di qui, prima che chiamino la polizia.››

Io mi alzai, incerta sulle gambe e vidi i due ragazzi salire in macchina. Anche Camilla e Graziano fecero lo stesso, Jader invece si inginocchiò accanto a Giulio e controllò la ferita. Mi faceva male il fianco destro. Lo toccai per cercare di alleviare il dolore ma aumentò. Sentii qualcosa di caldo e denso sulla mano. Abbassai lo sguardo, c'era del sangue. Era mio. Ne avevo tantissimo anche sulla maglia. Ma come mi ero ferita? Dove?

Sentii Jader afferrarmi la mano.

‹‹Ti sei fatta male?››

Guardò anche lui la maglia e per una frazione di secondo incrociò il mio sguardo. Io ero confusa e shoccata, ma lui... lui era spaventato. Mi sollevò piano la maglia e imprecò. Non avevo il coraggio di abbassare lo sguardo, ma lo feci. C'era un foro, dal quale usciva parecchio sangue. Sentii le forze venirmi meno e le braccia forti di Jader sostenermi.

‹‹Oddio. Mi hanno sparato›› biascicai.

‹‹Dafne, Dafne, apri gli occhi. Devi rimanere sveglia, ok?››

‹‹Jader...››

Lui aprì lo sportello della macchina e mi fece sedere. Il dolore divenne ancora più forte e urlai, mentre sentivo il sangue colare e inzupparmi i pantaloni.

Jader si strappò la maglia e la premette sulla ferita. ‹‹Ascolta›› mi scosse le spalle. ‹‹Ehi! ascoltami. Ci penso io, non ti preoccupare. Però devi mantenere premuto qui.›› Mi mise la mano sul pezzo di stoffa e fece una leggera pressione. Cercai di fare come mi aveva detto. Lui andò da Giulio, lo aiutò ad alzarsi e lo accompagnò fuori dal garage. Lo sentii dirgli di tenere duro, che stava per arrivare un'ambulanza.

Cominciai a sentire freddo, tanto freddo. Tremavo. Jader corse da me e mi aiutò a sistemarmi meglio per poter chiudere lo sportello. Aveva il telefonino vicino all'orecchio e imprecava. ‹‹Rispondi, rispondi, cazzo!››

Partì di corsa. Io non avevo più forze e non riuscivo a mantenere il panno sulla ferita. Avevo anche gli occhi chiusi e Jader mi scuoteva. ‹‹Ti prego, non mi lasciare›› mi sussurrava piano ‹‹apri gli occhi, amore.››

‹‹Jader...››

‹‹Ci siamo quasi, andrà tutto bene. Tieni duro.››

‹‹Jader, anche io ti amo.››

Se la mia vita stava davvero per finire, lui doveva sapere quello che provavo. Mi strinse la mano e se la portò alle labbra. ‹‹Non chiudere gli occhi. Resta con me, parlami.››

‹‹Sono stanca›› dissi.

Non volevo morire, volevo vivere la mia vita con lui, essere felice con lui. Chiusi un attimo gli occhi, ogni parte del mio corpo era avvolta in un languido torpore. Quasi non sentivo più dolore. Jader parlò con qualcuno al telefono, ma era così lontano... la mano che tenevo sulla ferita cadde lungo il fianco. Desideravo quella pace che mi stava aspettando. Niente più dolore, niente più angoscia. Solo pace. Sentii Jader chiamarmi, scuotermi, ma non avevo più la forza per riemergere e mi lasciai avvolgere dall'oscurità.

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