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26 luglio 2012
Cara Kelly,
Oggi mr. Brown ha cercato di violentarmi. Non so il perché, non so niente, ma so che aveva brutte intenzioni e in più era ubriaco fradicio. Non sapevo come fare. Nel panico ho preso una padella e l'ho lanciata contro il suo petto. Mi veniva da piangere e ho reagito cosi, ora non so cosa mi aspetta, ma di sicuro una punizione che non mi dimenticherò mai. Mi chiedo ancora il perché ce l'abbia con me, ma non trovo una risposta che abbia un senso logico. Vorrei tanto avere una famiglia sorridente e felice, ma il mio papà è sempre arrabbiato e a volte triste, ma specialmente frustato. Secondo me ha qualche rotella che non funziona, ma non so niente, oppure ha un passato difficile da dimenticare, quasi come il mio. Vorrei tanto chiedergli cos'ha, ma l'ultima volta che gliel'ho domandato mi sono beccata tre calci sulla pancia e un pungo sulla mia guancia destra. Ha qualcosa che non va nella sua vita e io lo devo sapere. Una volta mentre stavo studiando mi ero recata nel suo ufficio. Ho trovato un documento e diceva che era scomparso qualcuno della famiglia. Non mi ricordo il nome, ma so che è un bel ragazzo. Diceva che era scappato di casa senza preavviso e l'unico biglietto che c'era sul tavolo narrava che non sarebbe tornato mai più. Sinceramente io, non l'avevo mai visto in casa e non sapevo neanche che ci fosse, ma secondo me lo tenevano rinchiuso. Per qualche strano motivo lo tenevano chiuso in una stanza, forse la stanza che era sempre chiusa a chiave o lo scantinato, oppure la soffitta. Fatto sta che io non l'ho mai visto. Diceva che era scappato di casa un mese fa, quasi. Non voglio sapere la storia completa, ma almeno un piccolo pezzettino della, solo per darmi una piccola e plausibile spiegazione del perché mi tratta cosi. Ma non posso averla perché...
"Posso entrare?" chiese una voce femminile da fuori mentre ritornavo nel mondo reale.
Mi alzai e aprii la porta sorridendo a Mary e dandole successivamente un bacio sulla guancia.
"Come stai?" chiese entrando nella mia stanza e sedendosi sul letto.
Scossi la testa.
Non andava affatto bene quella situazione. Per niente.
"Cosa è successo?" gli occhi preoccupati e scuri di Mary mi scrutavano per capire cosa stesse succedendo.
"Oggi... Io... Non ce l'ho fatta" dissi e il suo sguardo di delusione mi colpi come un pugno nello stomaco o uno schiaffo in pieno viso. Forse il dolore fisico faceva meno male di quello interno. Un uragano di pensieri negativi mi annodò lo stomaco. Se ora non mi avrebbe mai più perdonata? Se ora mi cacciasse di casa?
Scossi la testa per far volare via quei pensieri.
Il panico prese il possesso del mio corpo. Sentii come se l'aria si fosse azzerata in quella stanza. Come se qualcuno avesse messo delle mani ghiacciate intorno ai miei polmoni. Il cuore a pezzi e lo sguardo perso. Avevo perso anche Mary: l'unica persona che era in grado di capirmi come se fosse nella mia testa.
"Va tutto bene" disse dolcemente. "Quando sarai pronta me lo dirai. Ora sospendiamo ancora un po' le lezioni in una scuola pubblica. Chiamerò una ragazza che verrà a casa ogni giorno okay?" chiese il suo sguardo andò nel panico quando dissi di no.
"I... io so che... Ce la posso... Fare" evitai il suo sguardo.
"Se non ti senti pronta, per noi non è un proble-".
La interruppi.
"Sono prontissima" e questa volta lo dissi con più sicurezza.
Annuì e poi si voltò dietro dalla sua parte sinistra. Prese il diario e il mondo mi crollò addosso.
"Come mai lo stavi leggendo?" mi domandò, lo sguardo attento.
Scossi la testa e glielo presi dalle mani per paura che leggesse qualcosa che il mio psicologo non sapeva.
Ovviamente sapeva un po' di cose di me, ma non gli avevo raccontato tutto perché mi vergognavo. Mi vergognavo ad esporre la vera me agli altri per paura di non piacere a nessuno.
Mi alzai dal letto e aprii il cassetto del comodino e poi lo richiusi subito dopo averci messo dentro il diario.
"Sasha, se c'è qualcosa che devi dirci... Dilla pure o a noi o allo psicologo. Non tenerti tutto dentro, soffrirai di più" disse uscendo dalla camera e chiudendo la porta anche se si fermò sulla soglia qualche secondo aspettandosi una mia risposta. Ma non gliela diedi. E se ne andò.
La mattina seguente non sapevo come comportarmi con i professori e dirgli il perchè non ero andata a scuola.
Misi le scarpe e andai in cucina dove trovai come al solito Taylor ai fornelli.
Mi sedetti sulla sedia e quando il biondo si voltò, mi notò e subito mi porse il toast insieme al bicchiere con del succo d'arancia al suo interno.
"Buongiorno" disse baciandomi la fronte.
Sorrisi e abbassai lo sguardo sulle mie mani con le unghie smaltate di nero.
"Oggi ci andrai a scuola, vero?" chiese e socchiuse gli occhi come per leggermi dentro.
Annuii vigorosa e arrossii.
"Tra due settimane andrai dallo psicologo... Non voglio discuterne" sorrise debolmente.
Annuii ancora e poi aggiunsi "non servirà a niente... Il mio passato non... potrà migliorare attraverso uno psicologo" dissi e mi alzai prendendo lo zaino e andando verso la porta.
"Sasha" urlò lui dalla cucina.
Sbattei più forte possibile la porta di casa e iniziai ad incamminarmi verso la scuola.
Quando arrivai, gli studenti erano pochi e la maggior parte maschi.
Aprii la mia cartella e presi fuori un libro che leggevo da piccola.
'La storia del cavallo':
E quando il mondo mi crolla addosso, io rimango schiacciato.
Era una storia che da piccola mi aveva affascinato talmente tanto che a volte, quando dovevo fare scelte difficili, rileggevo quel racconto. Era emozionante, coinvolgente e dava lezioni di vita.
Dieci minuti dopo il liceo era strapieno di studenti, il che, significava che era quasi l'ora di entrare.
Quando suonò la campanella andai subito in classe ignorando gli sguardi interrogativi degli insegnanti e degli studenti.
Arrivai all'aula e buttai lo zaino sul banco dalla frustrazione.
Mi sedetti e quando entrò la professoressa, subito mi chiese di presentarmi.
"Forza e coraggio" mi disse con un ghigno sulla faccia e in quel momento, come altre milionesime volte, non sapevo parlare.
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