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Qualcosa di cui parlare:

"Nunzio era nato per fare il leader,

aveva sempre fatto

di tutto pur di stare sul podio,

per essere considerato il migliore"

«Ciao.»

«Hey Sara, ciao.»

Mi avvicinai alla sua auto. Nunzio aveva la portiera aperta. Una gamba era stesa sul marciapiede, mentre l'altra ripiegata saltellava seguendo il ritmo della radio accesa. Come sempre ci incontravamo al parchetto della piazza, tra il parcheggio del supermercato e quello della palestra.

«Potrei iscrivermi anche io» dissi sovrappensiero, osservando le giovani che avanzavano borse in spalla e tappetini arrotolati.

«Non ne hai bisogno, sei perfetta così.»

Sorrisi felice, ma tornai a guardarle, salire le scale mobili verso le ampie finestre a vetri del piano superiore.

«Un po' di attività adesso che sto sempre seduta, mi farebbe bene però.»

«Se ci tieni...» sollevò le spalle e le lasciò ricadere.

Inspirai a pieni polmoni e rigettai l'aria senza emettere alcun suono. Avrei voluto chiedergli di unirsi a me. Andare in palestra sapeva di normalità. Stavo meditando su quale nuova meta inserire nel nostro rapporto, ma una iscrizione annuale mi pareva un impegno eccessivo.

Nunzio cambiò argomento in gran fretta:

«Cosa fai stasera?»

«Te l'ho detto, salgo al bar a salutare e ritirare l'ultima paga e i contanti per le ore extra.»

«Proprio di venerdì?»

«Ha deciso Sabrina. Stasera potevo salutare anche Marika e Manuela che erano a servizio insieme.»

«E poi...?»

«E poi sentirò se le ragazze sono ancora in giro, e se le troverò berremo qualcosa insieme da qualche parte. È tanto che non le vedo!»

Nunzio abbassò la testa e iniziò a toccarsi l'orecchino, mentre i suoi grandi occhi verdi roteavano tutto intorno.

«Proprio di venerdì...e se non dovessi trovarle che farai?»

«Non so...tornerò a casa... Che domande fai?»

La mia voce tremò nel rispondere, sapevo dove voleva arrivare e cosa volesse insinuare. Chissà se gli avessi confessato di quella serata passata con Cristian. Non osavo immaginare la sua reazione, se avesse scoperto dell'influenza delle sue parole e della loro rilevanza nel nostro rapporto. Non avrebbe mai sopportato che potessi provare tanta stima per un'altra persona.

Nunzio era nato per fare il leader, aveva sempre fatto di tutto pur di stare sul podio, per di essere considerato il migliore.

«Che c'è? Tu non esci stasera?» gli domandai.

Si sfregò il naso, lo strinse, poi con la mano aperta si toccò il leggero pizzetto, novità degli ultimi giorni.

«Aha...»

«Non ho capito...esci o no?»

«Si può essere.»

Ero seduta sulle sue gambe. Gli accarezzai la guancia, mentre giocava con i bottoni dell'alzacristalli.

«Perché eviti gli amici? C'è Saverio con te» affermai per testare il problema.

«Saverio è con loro.»

«Loro, voi...non ha senso. Siete sempre usciti tutti insieme.»

«Non posso guidare.»

«Ma cosa dici? Non ti hanno tolto la patente. Non c'è legge in Italia che tolga la patente a chi si cura per scelta.»

«Non capisci.»

«No, infatti... spiegami!»

«Non si fidano di me, mi guardano come fossi...»

Lo interruppi per non dare voce al suo blues.

«Come cosa? Se pensi sia il caso, può sempre guidare Saverio. Non sarà certo un dramma per una volta o due.»

«È un dramma per Saverio. Non voglio metterlo in imbarazzo davanti a tutti. Te li vedi lì a fare la figura di non voler salire in macchina con me alla guida?»

Ruotai la sua testa prendendola con entrambi le mie mani, guardai nell'immensità dei verdi prati frastagliati delle sue iridi.

«Non lo fai per lui, a lui non importa. Sei tu che non vuoi vedere le loro facce. Avere una difficoltà e fare un passo indietro non è la fine del mondo. Lo sapevano già tutti, l'hai detto tu.»

«Quando le cose arrivano alle famiglie e tutti sussurrano alle tue spalle, ti cambia il mondo intorno. Nessuno vuole farsi più vedere con te.»

Nunzio scosse la testa e strinse i denti. Mi avviluppò in un abbraccio solo per riuscire a strapparsi le pellicine delle unghie ancora sporche di grasso, nonostante fossero pregne dell'intenso profumo di limone della pasta abrasiva utilizzata per ripulirle.

«Non puoi cancellare le cose, Nunzio. Lo sai che è così. Devi affrontarli a testa alta. Tutti hanno i loro scheletri nell'armadio, se sono amici capiranno, e se non sarà come prima sarà una cosa nuova, magari migliore.»

Non capivo a fondo la complessità del problema. Io non ero mai stata una trascinatrice, ma solo un'ombra in più nei gruppi. Dialogavo di cose mai provate e con fermezza mai usata.

Ma Nunzio per la prima volta, mi aveva lasciato parlare fino in fondo senza contraddirmi: aveva bisogno di credere alle mie parole.

Lo abbracciai stretto, ignorando i suoi tic nervosi. Godevo della durezza delle sue forme maschili e della tenerezza dei suoi modi delicati e gentili. Mi pareva il ragazzo che avevo agognato: pendeva dalle mie labbra e si lasciava stringere come un peluche.

***

Francesca mi corse incontro appena mi vide. Sorrisi alla sua coda alta svolazzante, mi era mancata quando aveva optato per un caschetto corto.

Lorena si girò verso di me. Stava in compagnia di un uomo sulla trentina all'ingresso del locale.

Lui cercò di richiamare la sua attenzione circondandole la vita con un braccio, che lei evitò subito scrollandosi. Il suo sguardo divenne truce, si girò in fretta e si diresse verso di noi senza una parola. L'uomo rimase a fissarla a bocca aperta. Non era stata molto carina, ma era Lorena, era fatta così: più gli uomini facevano i provoloni e più facilmente venivano affumicati all'istante.

«Ciao come stai?» disse Francesca abbracciandomi stretta e baciandomi entrambe le guance.

«Bene, grazie!» risposi rincuorata dalla sua accoglienza. Mi sentivo sempre un po' in colpa con loro, perché le trascuravo senza aver mai condiviso le mie ragioni.

Anche Lorena mi abbracciò per poi ripulirmi subito dalla traccia di rossetto che mi aveva lasciato. Mi studiò attenta per cogliere ogni mia espressione. Temevo potesse leggermi tra le righe, così come aveva imparato a fare con sua madre, da quando era stata ricoverata per depressione.

Mi ero sempre chiesta come avesse potuto bersi l'apparente tranquillità di Nunzio. Gli effetti della dipendenza da droga non erano tanto lontani da quelli per farmaci. Lei avrebbe dovuto essere più preparata di me, ma credo che la risposta fosse nel suo odio per gli uomini: non era disposta a vedere in loro la stessa fragilità umana che sapeva riconoscere nelle donne.

Entrammo insieme nel locale e scegliemmo un tavolino in un angolo tranquillo. Il locale aveva due piani e il nostro posto era in quello superiore vicino alla vetrata che affacciava sulla passeggiata del centro. Lorena aveva una gonna a tre quarti con un profondo spacco sulla coscia, che indusse più di un ragazzo a fermarsi sotto i portici ad ammirarla. Lei non si ritrasse minimamente, si limitò a fulminare ogni commentatore con i suoi occhi di ghiaccio.

«Allora come va con il bel tenebroso?» disse Francesca rigirando la cannuccia nel Cuba libre. Gettò il cappotto all'indietro sulla sedia e si sistemò meglio la pashmina al collo.

«Bene, bene...» risposi vaga cercando di deviare l'argomento: «è stato strano tornare al bar stasera, in fondo ci ho lavorato così a lungo».

«Infatti, è vero parlaci del nuovo lavoro. Come sono i colleghi?» riprese Francesca ammiccante.

«Hai saputo della morte di quel ragazzo che si occupava dei bagni pubblici, lì vicino al tuo bar?» disse Lorena appoggiando i gomiti sul tavolo e incrociando le mani di fronte a sé.

Il sorriso mi sparì all'istante. Richi non era mio amico, neanche potevo sostenere di conoscerlo, ma le storie che avevo sentito mormorare su di lui, mi ci avevano fatto affezionare. In qualche modo mi ero immaginata che la vita che avevo lasciato potesse rimanere come congelata, invece era in trasformazione, un alito di vento da inseguire o da precedere. Né Sabrina, né le altre cameriere me ne avevano parlato. Si trattava solo di una vita scomparsa in sordina, che non faceva neanche più scalpore, un epilogo scontato a una triste vicenda di comune quotidianità.

«Mi spiace per lui, cosa gli è successo?»

«L'hanno investito. Era ubriaco, in bicicletta sulle mura, al buio...»

«Perché non parliamo di cose più allegre?» irruppe Francesca.

«Sì, meglio...» sussurrai. L'immagine di Richi con il cagnolino nella cassetta della frutta sopra il porta bagagli della bicicletta, che sbandava nella fatica della salita anche quando non era ubriaco, bruciava nella mia mente. Quante volte l'avevo superato in macchina! Chissà se il suo cagnolino lo aveva seguito al cimitero o se lo aspettava ancora accanto alla bicicletta. Di lui forse qualcuno si sarebbe accorto e preso cura senza pregiudizi.

«Fidanzati in vista? Aggiornatemi!» chiesi cercando un po' di ilarità.

«Lorena si è appena mollata, per questo non è in vena stasera. Questa volta ha fatto il record. È durata un mese credo» buttò lì Francesca.

«Francesca frequenta un ragazzo non fidanzato questa sì che è una notizia!» ribatté acida Lorena.

Sgranai gli occhi e la bocca come se recitassi a teatro.

«Ma no, non ci credo!»

Lei arrossì e abbassò lo sguardo sul tavolo.

«Studia in seminario» si affrettò a ribadire, «se cambiasse idea i miei mi ripudierebbero».

Il sorriso mi si smorzò a metà. Guardai Lorena: non aveva avuto per niente tatto nello sviscerare la cosa. Era un bel problema. Le mie amiche erano più scombussolate di me e io ero stata assente per loro.

Per la prima volta Francesca aveva risposto con un tono affranto e non c'era la concorrenza di una donna di mezzo, il ragazzo doveva interessarle davvero, ma i suoi erano profondamente cristiani non avrebbero visto di buon occhio la cosa. Che assurdità! Per anni aveva nascosto le sue intricate vicende amorose e ora che aveva perso la testa per il compagno ideale da presentare in famiglia, il destino si prendeva gioco di lei. Non c'era una soluzione facile alla cosa.

«Devi affrontarli se è quello che volete entrambi. Ce la puoi fare Francesca.»

Era strano vederla riflettere in silenzio, sentivo qualcosa che mi si lacerava dentro. Le sfiorai le mani e lei intrecciò le dita con le mie.

«E tu quando affronterai i tuoi?»

Lorena si era rivolta a me. Non aveva i suoi soliti modi da mammina, faceva quasi paura la sua insensibilità.

«In che senso?» risposi scocciata.

Lorena ruotò lentamente le lunghe ciglia e allargò le narici con un profondo respiro prima di rispondere:

«Ti ho chiamata a casa un mesetto fa perché non sapevo più i tuoi turni, non rispondevi al cellulare. Tua madre mi ha trattenuta, mi ha detto che era preoccupata per te, che eri stata a trovare Nunzio in ospedale, che è stato a casa molto tempo dal lavoro, ma non è stato operato. Mi ha detto che gli corri così dietro, da cercare un impiego dalle sue parti e mi ha pregata di starti vicino perché non facessi delle scelte sbagliate.»

La mano che Francesca mi stringeva iniziò a sudare. Lorena mi fissava, non potevo più mentire. Non avrei mai immaginato che mia madre avesse elaborato delle considerazioni tanto vicine alla realtà, né tantomeno che si interessasse a me. Anche Francesca mi guardava attonita.

Avevamo tutte qualcosa di cui parlare. Bevvi un sorso della mia birra rossa, la rimisi sul tavolo e allungai la mano a Lorena, che ricambiò la stretta.

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