L'inizio- Cap. 6 :
Adoro confidarmi con Francesca: è sempre sopra le righe su queste cose. Chiuse in camera possiamo parlare con calma, anche se, di calma non ne ho.
Mi siedo sul letto e incrocio il piede destro sotto la coscia sinistra. Le mie dita torturano l'orlo dei jeans.
«Allora cosa avete fatto?» domanda Franci, passando subito al sodo. Accarezza con lo sguardo i puzzle di tramonti e cavalli selvaggi appesi alle pareti sorpresa come se fosse la prima volta in cui li vede.
La osservo aggirarsi per la camera con i suoi pantaloni bianchi a vita alta appiccicati a un fondoschiena perfetto e le cuffiette nelle orecchie. Francesca è la sportiva del gruppo e si nota, con la sua coda alta a metà pomeriggio e le adidas rigorosamente ai piedi. Tutto quello che indossa la valorizza o forse è lei a valorizzare tutto quello che indossa.
Ricordo ancora quando si prese, senza alcuna fatica, il ragazzo di Eleonora. Francesca è una buona amica, ma le piace la competizione con le altre donne, credo che le piaccia più dei ragazzi, che poi scarta in fretta.
«Non abbiamo fatto niente, ci siamo visti e abbiamo preso un apericena insieme» ribatto ridendo. So a cosa punta, ma mi piace farla attendere.
«Dai su, spara» continua certa che ci sia dell'altro da raccontare: «ci sa fare?»
Io rido imbarazzata e arrossisco subito, ma rispondo:
«Sì»
«E....»
Lei sa come provocarmi e sa che muoio dalla voglia di raccontarle tutto.
«Bacia da Dio!»
«Ed è pure un figo da paura» aggiunge facendomi il verso. «Ce l'avrà pure un difetto» continua ridendo, «magari nascosto...»
«Franci!» strillo divertita fingendomi scandalizzata.
Anche lei scoppia a ridere, così superiamo l'imbarazzo e riprendo a raccontare.
«Ha la pelle liscia e abbronzata. E poi ha le spalle così larghe. Sono certa che fa palestra perché ha muscoli, anche qui dal collo alle spalle»
«Si chiamano trapezi» mi insegna subito, «e quelli sicuramente li fa in palestra».
«E poi...»
«Ti prego evita di parlarmi dei pettorali che quelli li ho notati già» dice, sollevando gli occhi al cielo e unendo le mani in preghiera con una mimica ridicola: «Arriva al dunque».
Si getta supina sul letto al mio fianco, afferra Trudy, il mio cagnolino di peluche, lo stringe con tutte e due le mani e se lo preme sul viso, simulando un bacio appassionato.
«Mwah, Mwah, Chu, Chu» continua.
Scoppio a ridere. Prendo il cuscino e tenendolo dagli angoli del lato corto, la colpisco fino a farglielo sfuggire di mano.
«Il mio Trudi!» urla disperata per gioco, poi cerca di strapparmi il cuscino per difendersi e finiamo a contenderci il possesso del pupazzo per la stanza.
«Sara è innamorata! Sara è innamorata!» prende a canzonarmi, ma non mi fa arrabbiare è solo un gioco.
Alla fine, ci sdraiamo supine con il fiato corto sul letto, guardando il soffitto azzurro e le stelline fosforescenti che ho nascosto tra le nuvolette bianche che io stessa ho dipinto.
«E adesso? Come siete messi? Quando vi vedete?»
Bella domanda, ma una risposta non ce l'ho.
***
La risposta arriva presto, un messaggio veloce:
-Ti va una serata al bowling mercoledì? -
Sorrido leggendolo e accarezzo il telefono con il pollice, perché non si spenga e possa continuare a rileggerlo all'infinito.
Vuole stare con me, a divertirci come una coppia e non solo a baciarci al buio. Significa che gli piaccio?
***
Ho passato quasi tutta la mattina a pensare a come vestirmi. Alla fine ho scelto qualcosa di molto sobrio: un paio di jeans a palloncino e una maglietta bianca corta, ma non scollata. Per giocare dovrò inchinarmi e non voglio diventare il vero panorama del locale.
Ho avuto sempre il problema di controllare il mio seno troppo abbondante rispetto alle mie compagne. Ricordo che quando giocavamo a pallavolo, nelle scuole medie in squadre miste, i ragazzi mi alzavano sempre la palla sotto rete anche se era evidente che, con la mia statura, non mi sarei mai elevata abbastanza per schiacciare. Lo facevano unicamente per vedermi saltare con tutta la "roba".
Un pomeriggio, al compleanno a casa di una mia compagna, avevano spento le luci improvvisamente e al buio mi ero ritrovata una mano sconosciuta proprio lì. Non avevo scoperto chi fosse stato, ma per il resto dell'anno li avevo tenuti tutti a debita distanza.
Tutti tranne uno: Marco.
Era il più carino della classe e per me anche della scuola. Mi aspettava sempre al passaggio pedonale sotto il cavalcavia del provinciale. Invece di andare a casa mi accompagnava alla mia, con la scusa che quell'ultimo tratto di strada era meglio non percorrerlo da sola.
Così un giorno, al cavalcavia ci eravamo dati il primo bacio.
Un bacio vero, non a sfioro! Sorrido al solo ricordo. Quanto bello è il primo bacio?
Credo fosse stata anche la sua prima volta visto l'imbarazzo tra di noi.
Baciarci divenne facile e ogni giorno più bello. Tutto il resto invece era strano. Soprattutto come in classe mi evitasse e anche come avesse parole ruvide per me di fronte agli altri e dolci con le ragazze più carine.
Più aumentavano i nostri incontri e le sue richieste, più lui diventava sicuro e sfrontato a scuola con tutte, tranne che con me.
L'ultimo giorno dell'anno avevo preso il coraggio a due mani e mentre stava giudicandomi per quanto fossi tonda e poco agile nel saggio di ginnastica finale, gli avevo detto pubblicamente pensando di imoliarlo:
«Non mi pare che io ti faccia tanto schifo quando stiamo soli».
Invece Marco si era messo a ridere e, per niente a disagio con gli amici, aveva ribattuto:
«Vorrei vedere chi si tirerebbe indietro con due tette così!»
Mi ero sentita morire. Evidentemente tutti i suoi amici sapevano di noi e non perché fosse una bella cosa. Aveva distrutto tutto il mio mondo e le sue illusioni.
Nel mio cellulare, regalo dei miei tredici anni per non isolarmi dal gruppo classe, avevo cambiato la memorizzazione del suo contatto da "Marco figo" a "Stronzo biondo", perché ai miei occhi non meritava che ricordassi il suo nome, ma il mio cuore voleva rimanesse lì: l'ultima dura lezione di vita delle scuole medie.
***
Sto andando al bowling con l'auto di papà: "il profilato". Abbiamo soprannominato così la vecchia Escort Laguna nera con i profili metallici chiari ripara-portiere. Il posto l'ha scelto lui e sta al confine tra Bergamo e Milano.
Nunzio mi ha scritto che mi aspetta vicino alle porte d'ingresso. Mentre avanzo dal parcheggio, lo sorprendo a rimirare le ragazze che entrano. Le più meritevoli le squadra anche nel lato b. Loro non disdegnano.
Sono sicura di uscire con un ragazzo così sfacciato? Cosa penserà di me? Non posso fare a meno di domandarmi.
Appena mi vede però, non ha occhi che per me. Allunga la mano nella mia direzione, la prendo ed entro nella sua aurea di seduzione, rapita dal suo sorriso magnetico e dalla sua pelle liscia e profumata. Ambisco ad assaporare di nuovo quelle labbra carnose, sempre un po' schiuse, che paiono superare in malia la bellezza dei suoi occhi.
Presa dai miei pensieri sussulto quando, infilando il braccio sotto il giubbino, mi sfiora la nuda pelle della schiena. Quel semplice contatto inaspettato risveglia istinti nascosti: saranno stati i racconti di Francesca.
Il locale è frequentato pur essendo un giorno della settimana. Oltre alle piste da bowling, ci sono i tavoli verdi da biliardo, flipper e videogiochi.
Ci prenotiamo per una pista e nell'attesa beviamo qualcosa al bancone del bar. Appoggia il giubbino sullo schienale dello sgabello. Ammiro il suo corpo perfetto dentro una semplice maglietta bianca aderente. Il mio sguardo scorre sul tatuaggio a due linee che ha sul braccio.
«Ha un significato particolare?», gli chiedo per riempire la conversazione.
«In realtà l'ho fatto per coprirne un altro.»
«Ecco perché non ho tatuaggi», commento sorridendo.
«Ho sempre avuto paura di pentirmene, prima o poi.»
«Mi sono pentito solo di quello», afferma con lo sguardo nella birra. Beve un sorso e poi riprende: «Era brutto, me lo ero fatto da solo con gli attrezzi di un amico».
«E cos'era?», indago.
Nunzio aggrotta le soppraciglia e risponde ruotando il bicchiere tra le dita.
«Mi ero tatuato il simbolo di uno spinello.»
«Ah...», commento imbarazzata.
Nunzio spezza quel disagio aggiungendo: «era un periodo così...stupido vero?» afferma commentandosi da solo e sollevando lo sguardo su di me.
Evito di parlare, non so che pensare. Non posso dire di non averne vista di quella roba. Le scuole superiori ne erano piene. Tra gli studenti che ogni giorno attraversavano la stazione dei mezzi pubblici, per arrivare in città dalle valli bergamasche, era un'epidemia. Mai nessuno però, era stato così spregiudicato da dichiararne l'uso stampandoselo sulla pelle.
Ci salviamo da quella conversazione con il turno di gioco.
È divertente stare con lui. Si rilassa completamente e si toglie il costume da Latin Lovers. Ora è Nunzio "più figo che stronzo".
Mi piace tutto di lui. Ammiro la sua ampia schiena mentre raccoglie la palla e poi si china per lanciarla. Permetto al mio sguardo di scivolare in basso senza pudore, sui suoi jeans chiari, morbidi, arricciati al fondo e così simili ai miei.
Quando ritorna al mio fianco, solleva una palla e mi sfida assotigliando gli occhi e arricciando le labbra. Ricambio usando la stessa mimica.
I nostri sguardi si incrociano e le nostre mani si sfiorano. Nunzio si china verso di me per passarmi la palla e si inumidisce le labbra allontanandosi. Sto iniziando a imparare come alcuni dei suoi gesti non siano finti, ma spontanei e ne rivelino i pensieri.
Mi sorride a distanza e mi fa sentire il centro del suo universo. È come se fossimo soli dentro il locale.
Mi sento così sicura di me che, conoscendo bene la vista di cui si gode alle mie spalle, temporeggio il lancio per provocarlo.
Mi piace la piega che questa serata sta prendendo, penso ironica.
Continuiamo con questi scambi. A volte ci battiamo il cinque, altre volte ci sfidiamo, fingendo una rivalità che non c'è.
Poi, il nostro tempo giunge al termine. Ci avviamo insieme alla riconsegna delle scarpe. Nunzio regge il mio giubbino, assieme al suo, su di un braccio e con l'altro mi cinge la vita. Io mi occupo delle scarpe.
Sono ancora carica di adrenalina e strepitosamente felice, anche se ho perso.
Sono così leggera che potrei ballare "Lo schiaccianoci". Canticchio il ritornello della canzone che riempie il locale: mi sento pure io una giovane Wannabe.
Restituite le scarpe, c'è da fare la fila per la cassa. Nunzio si offre di tenermi giubbino e borsa, io opto per il bagno nell'attesa.
«Pago e ti aspetto qui.»
Io annuisco e mi avvio.
Avrei dovuto tenermi la borsetta e sistemarmi un po' , rimugino in uscita dal wc, guardandomi allo specchio e constatando di non essere più perfetta come a inizio serata.
Mi rinfresco con una velina per le mani. Ravvivo i ricci, scompigliati. Infine, avanzo verso l'uscita cercando di rubare agli specchi l'ultima immagine a figura intera, quando sento la voce di Nunzio che, appena fuori, chiacchera con un ragazzo.
«Con chi sei qui?», chiede lo sconosciuto.
«Con una ragazza del Paradise», risponde.
«Quale la bionda?»
«No, quella mora.»
«Quella un po' grossa?», dice lui con un tono che non mi piace per niente.
Mi sporgo. Devo assolutamente vedere la reazione di Nunzio. Sorride e annuisce.
In quel momento una ragazza mi urta per uscire e si lamenta ad alta voce del fatto che stia proprio in mezzo al passaggio. I due si girano insieme e si accorgono di me. Lo sconosciuto mi studia, poi lo saluta e si allontana prima che mi avvicini. Nunzio evita i miei occhi e come non fosse successo nulla, mi roconsegna le mie cose. Usciamo fuori all'aperto. La magia è rotta.
«Cosa facciamo adesso? Andiamo a bere qualcosa?», domanda.
Lo guardo delusa: davvero vuoi continuare questa serata?
Quanto vorrei dirglielo, ma taccio il mio disappunto. Invece, fingo interesse per l'orologio.
«Domani lavoro presto, devo andare», ovviamente non è vero, non è così tardi e lui e lo sa.
Mi accompagna fino all'automobile in silenzio, seguendomi come un cane bastonato. Apro la portiera e mi accingo a salutarlo in fretta.
Nunzio scuote la testa. Si fa avanti e mi prende il volto con entrambe le mani.
Conosce solo un linguaggio: quello del corpo. Fissa i suoi occhi nei miei, poi li chiude.
Il suo bacio è da brividi. Le sue labbra avvolgono completamente le mie. La sua lingua mi penetra in profondità con passione, muovendosi lentamente intorno alla mia. Le sue mani prima delicate, ora scorrono sulla mia nuca e la trattengono con forza. È immerso dentro di me, con una passione che mai avevo immaginato esistesse e si potesse esprimere solo con un bacio.
Tremo abbandonata tra le sue braccia, sognando contatti proibiti. Il mio corpo segue i voli della mia mente, regalandomi sensazioni sconosciute.
Ci stacchiamo, ma trattiene il mio volto con le dita.
«Ci sentiamo», afferma deciso lasciando solo un pugno di distanza tra le mie iridi e le sue.
Persa in quel mare caraibico, annuisco con le labbra ancora aperte e i sensi confusi. Solleva il labbro da un lato e si allontana sereno, lasciandomi sconvolta ad ammirare le sue spalle ampie e la sua figura esile.
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