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L'inizio- Cap.18:

Entriamo nella birreria dai lunghi tavoli di legno con la vernice lucida consumata e graffi incisi qua e là. Scivolo sulla panca cercando di non strapparmi le calze. Al mio fianco si infila una ragazza dal nome lungo quanto la sua finta coda bionda che si elettrizza nello strisciare lo schienale, mentre Nunzio si posiziona di fronte a me.

Le ragazze parlano di film, attori americani contro attori inglesi, registi stranieri e registi italiani. Cerco di inserirmi con qualche commento di tanto in tanto per non rimanere completamente esclusa.

La cameriera arriva per l'ordine. Nunzio mi passa una lista e tende la mano verso di me a palmo in su. Mi allungo, prendo il blocchetto plastificato e come fosse un gesto naturale, sovrappongo l'altra mano alla sua. Il mio cuore accelera timoroso delle reazioni altrui quando Nunzio mi accarezza lentamente con il pollice.

Lascio i miei occhi liberi di vagare oltre le righe tutte uguali di ingredienti e allergeni, e ritrovo i suoi fissi. Il respiro diventa più profondo e il desiderio di baciarlo ora, subito, diventa impellente. Nunzio si passa la lingua sulle labbra che brillano per un attimo: sono certa che i nostri pensieri siano gli stessi. Dischiude la bocca in un sorriso bianco lucido mentre rilascio il respiro che avevo trattenuto.

La cameriera irrompe e si blocca alle sue spalle chiedendo le nostre ordinazioni a voce alta. Nunzio solleva le sopracciglia con fare interrogativo e nasconde una risatina dietro la mano a coppa mentre sfoglio e risfoglio le pagine senza capire cosa ci sia scritto: mi sono completamente dimenticata di leggere la lista.

«Prendiamo due Panachè?»

Mi suggerisce, per aiutarmi. Annuisco grata, mentre sceglie anche il mio panino.

Quando arrivano i vassoi, l'aria si riempie dell'aroma pungente e intenso del malto d'orzo, solo le nostre profumano di zucchero e gazzosa.

La cameriera le serve per prime, non passano inosservate dinanzi a Stefano, che sta seduto a una ragazza di distanza da Nunzio.

L'argomento riprende dal cinema d'autore e si scombussola tra le menti appannate, fino a diventare una discussione sterile di gusti di trame e generi tra i più disparati mai girati.

Mi inserisco nel vociare stridulo:

«Avete mai notato che la traduzione del titolo di alcuni film stranieri viene completamente stravolta di significato?»

Non credevo, ma ho apparecchiato una vera e propria diatriba. I risolini e gli urletti si alzano di tono e diventiamo troppo chiassosi per il locale. Le cameriere ci osservano inferocite.

La musica si alza con l'arrivo di un gruppo rock live. Le ragazze fremono per avvicinarsi al piccolo angolo dedicato agli artisti, così i ragazzi le accontentano.

Nell'alzarmi in fretta e furia, il bordo della gonna si solleva e una parte del pizzo delle autoreggenti rimane in vista. Mi guardo attorno per capire se qualcuno se ne sia accorto e sorprendo gli occhi camomilla di Stefano su di me.

Mentre Nunzio avanza per farmi spazio, Stefano si avvicina e mi sussurra alla nuca: «Nunzio non è quello che vedi. Non farti mettere nei guai».

-Ma come si permette? Dopo che Nunzio mi ha riferito i suoi commenti, direi che è lui quello diverso da come appare, o almeno da come mi era apparso con Lorena-

Nunzio si gira e inarca un sopracciglio, ma io avanzo sorridente.

-Non sarà uno stupido a mettermi strane idee in testa...-

***

Finalmente lasciamo la compagnia per rientrare a casa da soli. Nunzio è tutto mio, ma purtroppo è piuttosto tardi.

Parcheggia fuori casa. Solo la strada deserta ci separa dal portoncino. Lascia il motore acceso e allunga una mano spostandomi i capelli fino a circondare il mio collo. Con un movimento delicato mi invita ad avvicinarmi. Inclina la testa di lato e socchiude le labbra, mentre i suoi occhi luccicano come un prato illuminato dalla luna, su cui vorrei distendermi.

Mi accontento del suo sapore zuccherino sulla mia lingua. Offro il mio collo a quella dolce tortura. La mia salivazione aumenta e mi appare così naturale contraccambiare le sue effusioni cercando di farmi spazio nella sua camicia, ma mentre le mie dita cercano di insinuarsi tra i vuoti che circondano un bottone di madre perla, Nunzio mi ferma la mano.

-Pensavo volessimo la stessa cosa...oddio...- penso imbarazzata.

Nunzio la prende, se la porta alla bocca e me la ricopre di baci finché non trovo il coraggio di guardarlo dritto nelle pupille.

Me la accarezza con il pollice e tira un sospiro prima di parlare.

«Abbiamo corso un po' la scorsa volta, non credi?»

-No, non credo, se sei lo stesso Nunzio spavaldo che ho conosciuto a febbraio- vorrei ribattere, ma rimango in silenzio a fissarlo come se lo vedessi per la prima volta.

Cala lo sguardo e si struscia la guancia sulla mia mano, mi sorride e torna a studiarmi.

«Credo che ci voglia un posto più comodo per certe cose, più comodo di un'auto...»

Si aspetta un commento, ma so solo annuire senza riuscire a distendere le dune della fronte.

«Ci ho pensato in questi giorni, potremmo andare...da qualche parte: un paio di giorni, solo io e te.»

«Un paio di giorni?» ripeto lentamente.

«Sì, puoi chiedere delle ferie?»

-Ferie, non ci avevo neanche mai pensato-

«Sì...credo di sì, ma...»

«Potremmo andare al lago di Garda, sarebbe divertente!»

Sorrido all'idea di noi due a passeggiare sul lungolago, e poi è maggio e non dovrò mettermi il costume!

Nunzio sorride rilassato, intreccia le dita della mano con le mie e si avvicina per assaggiare la mia guancia.

Il faro di una bicicletta oltre le sue spalle richiama la mia attenzione: il mio vicino sta tornando a casa ubriaco. Pedala in modo incerto e troppo appresso al cordolo del marciapiede. Mi irrigidisco presagendo la caduta, invece a sorpresa, imbocca il cancello aperto e riesce a raggiungere l'ingresso di casa.

«Mio padre...» sussurro.

«Dove?» risponde Nunzio girandosi nella mia direzione e osservando il curioso personaggio di mezz'età scendere dal sellino.

Comprendo l'equivoco e muovo la testa in un diniego.

«No, no, lui è solo il mio dirimpettaio.»

Nunzio mi guarda senza capire.

«Mi ha fatto pensare a mio padre», infilo una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Molte volte mio padre aveva difeso l'operato di quell'uomo, che sosteneva alzasse il gomito solo il fine settimana per rilassarsi dalle fatiche quotidiane. Ma io avevo frequentato le scuole con il figlio che era stato bocciato già alle elementari per difficoltà con il linguaggio e mi ero più volte rammaricata pensando alla ragione del suo essere sempre zitto e sporco. Io e mio padre non eravamo d'accordo su quasi niente, anche se lui non lo sapeva.

-Come posso spiegare a Nunzio come "funziona" a casa mia? -

«Mio padre, devo chiederglielo, é complicato...non lo so...» chino la testa abbattuta.

«Hai diciannove anni, venti a settembre, non sei una bambina...»

«Non ti conosce...»

«Meglio così! Non faccio bella impressione ai genitori, non sono il tipo casa e chiesa e neanche un futuro dottore» pronuncia stortando il labbro con disprezzo pensando di essere il problema.

«Non è questo, è che non gli ho detto di te ...»

«Allora non dirglielo! Digli che te ne vai con le amiche» ribatte ostentando  indifferenza, mentre le sue ciglia sbattono un paio di volte a ripetizione.

Cerco di sorridere a quell'idea malsana, ma non mi riesce bene: mi mordo l'interno delle guance da entrambe le partin prima a sinistra e poi a destra.

«Devo andare» annuncio infine, dopo aver controllato l'ora sul display dell'autoradio.

Nunzio si protende verso di me e mi regala uno di quei baci che danno valore a tutto il tempo speso con lui.

Scendo e mi giro a salutarlo con un cenno della mano. Sollevo lo sguardo verso il primo piano come d'abitudine e mi pare di intravedere un riflesso luminoso tra le tapparelle della cucina.

Spalanco gli occhi stanchi e scruto nel buio, ma forse è stata solo la mia immaginazione. 

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