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Capitolo 34

Non si aspettava una mia risposta, anzi non si aspettava proprio una risposta, ma la ottenne ugualmente. -Dovrai passare sul mio cadavere prima.-

Udii quella voce familiare e rassicurante, almeno per le mie orecchie, un attimo prima di sentirmi strappare di dosso Mark.

Nonostante il buio e la testa che girava un po', vidi una figura cominciare a picchiare Mark, stendendolo a terra e poi prendendolo a calci. Sulle costole, in faccia. Ovunque.

Io cominciai a piangere in modo isterico. Non per la "rissa" a cui stavo assistendo, anche perché non poteva essere chiamata così, dato che l'unico pugno che Mark aveva tentato di dare era andato a vuoto. Ero ancora sconvolta per quello che avevo passato, per quello che stava per succedere, e che non avrei potuto impedire se quello sconosciuto non mi avesse salvata da una situazione in cui ero praticamente spacciata.

Lo sconosciuto, vedendo la mia reazione, si staccò da Mark e si mosse cauto verso di me. In un altro caso, probabilmente, avrei dovuto temere di essere potuta finire dalla padella alla brace, ma per qualche motivo sapevo di potermi fidare di lui, e non solo perché mi aveva appena salvata. Non mi opposi quando lui mi fu davanti e mi abbracciò forte, tenendomi stretta tra le sue braccia.

-Va tutto bene. Ora ci sono io qui. Nessuno ti farà più del male.- Gli credetti, sapevo di potermi fidare. Poggia la testa sulla sua spalla destra, e solo allora cominciai a sentirmi meglio, al sicuro tra le sue braccia. Era strano sentirmi piccola e indifesa, non era da me, ma sapevo che con lui non avrei corso più alcun rischio, lo capivo dal modo in cui mi stringeva protettivo e dal tono della sua voce quando mi sussurrava continuamente:"Tranquilla. Andrà tutto bene." , e contemporaneamente mi accarezzava dolcemente i capelli.

Quando Mark mi aveva intrappolata mi ero sentita indifesa, ma non era stata una cosa volontaria, ora, in un certo senso lo era. Le mie barriere erano crollate davanti a quello sconosciuto, ma non era qualcosa di male, perché lui era lì per proteggermi, e potevo anche abbandonarmi a lui e dimenticare tutta la forza che normalmente possedevo. La stessa forza che però era venuta meno quando Mark mi aveva imprigionato tra le sue braccia. Avevo perso il controllo in quel caso, la paura aveva avuto la meglio.

In quel momento, però, tra le braccia forti di quello sconosciuto, non avevo più paura, in qualche modo riuscì a calmarmi. E solo allora, dopo aver ripreso il controllo su di me, riuscii a riconoscere la sua voce.

Mi allontanai un attimo per verificare di avere di fronte lo sconosciuto della caffetteria, ma quando mi ritrovai a pochi centimetri del suo viso, qualcosa scattò nella mia memoria. Effettivamente era veramente lo sconosciuto del caffè, lo stesso che avevo visto poco prima dentro quello stesso bar, ma quegli occhi, avevano qualcosa di strano adesso. Li avevo già visti, ancora prima che nella caffetteria dove lavoravo, ci avrei messo la mano sul fuoco. Quella volta, il giorno in cui lo avevo incontrato, mi erano sembrati così scuri e profondi, adesso, in quel buio quasi assoluto, mi parvero di nuovo come quel giorno. Allora, quando lo avevo visto la prima volta, non mi ero resa conto del vero colore, era stato solo un gioco di luci e ombre a farli sembrare neri, ma adesso era tutto così chiaro. Ricordai esattamente la situazione, la musica jazz in sottofondo, il Long Island che stavo bevendo, la sua bellezza che mi aveva colpita dal primo istante in cui era entrato in quel club in cui mi aveva portato Tyler per poter parlare con alcune persone.

-Sam...- Dissi soltanto.

Lui mi guardò come se fosse la prima volta, con i suoi occhi color nocciola, sapevo che tonalità avevano, anche se non riuscivo a vederli chiaramente in quel momento. Riuscii a scorgere la sua bocca che si incurvava in un ampio sorriso. -Finalmente ci sei arrivata.-

Sì, ero riuscita a comprendere la sua identità, anche se non era successo proprio nel migliore dei modi.

Più tardi, quando Sam capì che ormai ero tornata in me, allontanò le sue braccia e le fece tornare lungo i suoi fianchi. Il freddo tornò ad impossessarmi di me. In quei pochi minuti, che mi erano sembrati un'eternità, avvolta dal calore di Sam mi ero dimenticata che avevo addosso solo un leggero vestitino ed eravamo ancora fuori.

Mi venne la pelle d'oca, solo uno strano calore nelle guancie mi colse impreparata. Ringraziai che non ci fosse abbastanza luce perché Sam potesse vedermi arrossire. Era già abbastanza imbarazzante essere stretta in quel modo da lui, quando avevo appena realizzato di conoscere il suo nome. Per giorni avevo creduto che l'unica cosa che sapessi di lui erano i suoi gusti in fatto di caffè, anche se in realtà non era del tutto sbagliato. Non potevo ancora dire di conoscerlo.

Vedendo che stavo letteralmente congelando, Sam mi condusse all'interno del bar. Prese le mie cose e mi portò di nuovo fuori, questa volta dall'uscita principale, verso la sua auto.

Quando fummo dentro mi sentii di nuovo a sicuro. -Possiamo fare un giro prima di riportarmi a casa?-

Non disse una sola parola e cominciò a guidare, probabilmente non sapeva nemmeno lui dove stavamo andando, e mi resi conto che era una cosa nuova per Sam. Non era abituato a non avere un posto dove andare, si capiva dalla tensione con cui stringeva il volante, anche se dubitavo che fosse solo per quello. Immaginavo che fosse uno di quei tipi che non riesce a vivere il momento, uno di quelli che avevano sempre bisogno di avere dei progetti.

-Posso farti una domanda?- Non aspettai che aprisse bocca, vidi appena un cenno che mi permise di continuare. -Perché l'altra sera, quando te l'ho chiesto, non mi hai detto il tuo nome?-

Si girò un attimo per guardami, ma non rispose prima di tornare a fissare la strada davanti a se. -Te l'ho detto. Già lo conoscevi, non capisco perché avrei dovuto dirtelo di nuovo.-

-Non era più semplice dirmelo? Cioè, la prima volta non ci siamo veramente presentati, avrei anche potuto non capire il tuo nome.- Non riuscivo proprio a comprendere il suo comportamento.

-Ma non è stato così. Sapevi come mi chiamavo. Dovevi solo ricordartelo.- Sembrava così sicuro mentre pronunciava quelle parole, ma era ancora teso dalla guida.

-Io... Okay. Avevi ragione tu, lo sapevo in fondo, ma per qualche strana ragione non sono riuscita a collegare le due cose, per qualche motivo avevo momentaneamente rimosso quella serata dai miei ricordi.- Quell'inaspettata sincerità lasciò più perplessa me che lui. Non era da me aprirmi in quel modo, forse però, era l'effetto dell'alcool che avevo ancora in circolo.

-Avrei dovuto immaginarmi una cosa del genere, altrimenti avresti dovuto riconoscermi subito. Comunque non so perché ho voluto che ci arrivassi da sola. Sapevo che prima o poi ce l'avresti fatta, anche se devo dire che temevo ti fossi completamente dimenticata di me.- Anche il suo fu un gesto di quell'estrema sincerità che raramente si dona volentieri.

-Non sarebbe mai potuto succedere.-

Forse stava per rispondere, non so, ma vedendo che mi rannicchiai contro il sedile dell'auto e chiusi gli occhi, credo che preferì lasciar cadere il discorso. Ero così stanca, avevo tanta voglia di tornare a casa e coricarmi sul mio comodo letto, ma non riuscivo più ad aprire la bocca, nemmeno per dire a Sam l'indirizzo di casa mia.

Nel buio delle mie palpebre mi tornarono in mente i ricordi di quello che mi era successo. Avrei solo voluto smetterla di pensare a quello che era capitato quella sera e dimenticare tutto.

Non era affatto facile smettere di pensare, provai a concentrami sul respiro leggermente irregolare di Sam e in qualche modo riuscii a riprendermi un po' e a tornare ad essere più lucida.

Dopo qualche minuto, mi resi conto che aveva posteggiato l'auto, e aprii gli occhi. Ci trovavamo davanti il mio palazzo. Rimasi immobile per un istante, non riuscivo a capire come fossimo arrivati lì se non gli avevo nemmeno detto dove abitavo. Mi accorsi di essere troppo stanca e decisi di lasciar correre, l'unica cosa che contava in quel momento era tornare tra la sicurezza delle solite quattro mura che stavano diventando sempre più familiari ai miei occhi.

Mi aiutò a scendere dall'auto e mi condusse fino alla porta principale dell'edificio, mi mollò lì e prima di tornare nella sua auto, mi posò un caldo bacio sulla fronte.

Io rimasi ferma nella stessa posizione per un po', cercando inutilmente di metabolizzare tutto, e solo quando decisi di rimandare la questione al giorno dopo riuscii a muovermi. Mi voltai ed entrai nel palazzo, e solo quando ebbi chiuso la porta alle mie spalle sentii l'auto di Sam allontanarsi.







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Eccomi di nuovo!

Che dire, vi aspettavate un risvolto simile? Pensavate che per lei fosse tardi, che Mark ormai l'avrebbe stuprata oppure continuavate a sperare che non fosse così?

Non ho altro da dirvi, perché ho fretta e devo andare, però mi sento in dovere di promettervi che aggiornerò il prima possibile. 

Bye bye. ;)

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