Capitolo 31
Erano già le sei e venti del mattino. Avevo appena finito di fare la doccia e mi stavo preparando per andare a lavoro.
Appena ebbi indossato i vestiti, radunai le mie cose e mi diressi in cucina. Ovviamente era vuota. Credevo che Tyler stesse ancora dormendo nella sua camera, così presi le chiavi e uscii di casa, facendo il minimo rumore possibile.
Mentre scendevo le scale ripensai al giorno prima, e la prima cosa che mi venne in mente fu che la notte precedente non avevo sentito Tyler rincasare. Immaginai che avesse fatto più tardi di me e che avesse cercato di non fare troppo baccano per non svegliarmi.
Improvvisamente mi resi conto che nel mobiletto accanto alla porta dell'appartamento, quando avevo preso le mie chiavi, le sue non erano lì accanto. Mi convinsi che doveva esserci una spiegazione plausibile. Magari le aveva portate in camera senza accorgersene, anche se mi sembrava alquanto improbabile, dato che non era mai successo prima. Oppure era già uscito...
Quello era il giorno della sua partenza, forse era dovuto uscire per sbrigare delle faccende urgenti prima di lasciare Chicago.
Non mi andava più di pensare a questa faccenda, c'erano troppi vuoti, troppe carte coperte, senza le quali non potevo andare avanti. Se avessi continuato a pensarci, sarei finita con l'immaginarmi anche l'impossibile, diventando così troppo paranoica.
Stavo camminando da quasi dieci minuti, ero solo a metà strada, quindi dovevo impegnare la mente con qualcos'altro. Non so come, ma finì col ricordare quello che era successo al bar dopo che Evelyn si era allontanata. Ripensai al ragazzo bellissimo, lo stesso cliente fisso della caffetteria, che mi aveva parlato. Solo in quel momento mi accorsi che era stato veramente strano incontrarlo. Chicago era molto grande, quante probabilità c'erano che nella stessa sera fossimo andati nello stesso bar?
Pochissime, quasi nulle. Eppure era successo. Era stato solo un caso o c'era qualcosa sotto?
Basta! Mi stavo facendo troppe paranoie. Nell'ultimo periodo mi veniva così difficile pensare lucidamente.
Dopo che lui se n'era andato, comunque, Evelyn, che lo aveva intravisto a malapena, aveva continuato a farmi domande su domande. Io, ovviamente, non sapendo cosa rispondere, avevo deviato il discorso sul ragazzo con cui si era appartata lei. Fortunatamente il mio piano aveva funzionato, e la mia amica si era dimenticata del ragazzo misterioso.
In fondo cos'era se non un ragazzo misterioso? Neppure io sapevo il suo nome, anche se lui mi aveva assicurato che io ne ero a conoscenza, non riuscivo proprio a capire. Direi che questo era il più grande interrogativo al momento...
Varie sirene della polizia interruppero il filo dei miei pensieri. Alzai lo sguardo per vederle sfrecciare, non molto lontana da dove ero io. Mi fermai un attimo preoccupata. Mi chiesi cosa poteva essere successo per aver scomodato così tanti agenti.
E come tutte le domande che mi stavo facendo quel giorno, non avevo una risposta, e rassegnata al fatto che quasi sicuramente non l'avrei mai avuta, continuai a camminare.
Nel giro di un paio di minuti arrivai alla caffetteria. A quel punto entrai sorridente, mi ero lasciata tutto alle spalle, non mi andava di tormentarmi con quesiti irrisolti anche durante il lavoro.
-Buongiorno!- Dissi raggiante a Jessica ed Emmett.
Loro mi sorrisero cordiali e tornarono al loro lavoro.
Nemmeno un'ora più tardi faceva ingresso il solito ragazzo. Con i suoi soliti capelli neri apparentemente disordinati, si diresse al suo tavolo. Io, vedendolo entrare, ero corsa subito a preparare il suo caffè, per rispettare il patto fatto il giorno prima non ero andata a prendere l'ordinazione.
Quando mi avvicinai a lui con il vassoio, lui, come sempre, alzò lo sguardo dal suo quotidiano, e mi rivolse un sorriso magnifico. -Buongiorno, Sarah.-
-Buongiorno...- Mi bloccai incerta.
-Non ricordi ancora il mio nome, non è così?-
Ricordare? Perché ci eravamo già incontrati prima? -Non ricordo di averlo mai saputo, in realtà.- Cercai di scusarmi io, ma lui non ci fece troppo caso.
Lui prese la tazza tra le mani e bevve un piccolo sorso. -Non fa niente.- Disse alla fine. -Prima o poi ti verrà in mente. Almeno spero.-
Io, non risposi, presi il vassoio e tornai a lavoro. Non sapevo mai cosa dire quando si trattava di lui, e preferivo fuggire, e rifugiarmi nella scusa di dover tornare a servire i tavoli.
Nemmeno dieci minuti più tardi mi fermai un attimo, e soffermai il mio sguardo su di lui. Da lì non poteva vedermi, ero al sicuro, potevo spiare i suoi movimenti in tutta tranquillità.
Lo guardai mentre passava le dita tra i capelli. Sembrava frustrato. Continua a leggere il giornale e un' espressione prima sorpresa poi sconvolta gli comparve sul volto. Lo vidi alzarsi in fretta e furia, e con gli stessi movimenti fluidi con cui era entrato, corse a pagare e uscì velocemente. Questa volta non si soffermò per voltarsi a guardarmi. Era successo qualcosa, qualcosa di grave, qualcosa che lo aveva spinto ad andare via prima del solito.
Avrei voluto tanto sapere cosa, ma non potevo, così tornai al mio lavoro, cercando inutilmente di dimenticare quello che era successo.
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Eccomi di nuovo! Questa volta sono riuscita ad aggiornare in settimana, e considerati i miei innumerevoli impegni, questa è una soddisfazione personale. Comunque sia spero che questo capitolo vi abbi incuriosito.
Secondo voi cosa è successo? Cosa può aver spinto il ragazzo misterioso a comportarsi in quel modo?
Alla prossima!! :)
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