Capitolo 3
Quella mattina non so se a svegliarmi fu il casino che faceva sempre Mike quando si alzava o il sole che filtrava dalla finestra, e che a ogni minuto si avvicinava placido al mio viso.
Rimasi quasi un mezz'ora ferma, immobile con gli occhi chiusi a cercare di ricordare cos'era successo la sera prima, ma l'alcol mi annebbiava la mente. Solo quando i raggi del sole arrivarono fino alle mie palpebre mi convinsi ad aprire gli occhi e ad alzarmi.
Mi guardai un attimo in torno e notai che la mia stanza era più ordinata del solito, probabilmente mia madre l'aveva sistemata quando era uscita con Paige la sera prima. Ovviamente si vedevano i segni del mio passaggio prima di andare a letto, i vestiti messi sulla sedia della scrivania alla bell'è meglio, le scarpe non molto distanti dalla porta giacevano in una posizione pericolosa per chiunque volesse entrare nella mia camera senza accendere la luce.
Mi strofinai gli occhi per cercare di svegliarmi, e quando vidi le mani nere rimasi interdetta, solitamente mi struccavo prima di andare a letto. Mi avviai verso la porta del bagno e quando alzai lo sguardo rimasi sbigottita.
Una ragazza dall'aspetto pietoso mi fissava. Le occhiaie erano enormi, ma questo non era il problema maggiore. Chiunque avrebbe capito subito, vedendomi, che non avevo passato una notte serena, era ovvio che avevo pianto per tutto il tempo. E non ero ancora sicura di ricordarmi bene il perché.
Per un attimo un'immagine mi attraversò la testa, Jeremy avvinghiato a quella puttana di Kelly. Solo che non riuscivo a capire come potesse bastare una cosa del genere a ridurmi in quello stato, in fondo era da anni che avevo accettato di non essere il tipo di Jeremy e che non saremmo mai stati insieme.
Lasciai perdere per un po' la faccenda e mi misi sotto la doccia, sperando di rinfrescarmi le idee in qualche modo. Fu davvero utile, ma non al mio scopo. Mi sentii rinascere sotto quel getto d'acqua fredda. Appena fui uscita afferrai la tovaglia e cominciai ad asciugarmi. Quando passai la tovaglia sopra la cicatrice che avevo da sempre a sinistra, all'altezza della milza cominciai a ricordare ogni cosa. Dallo strano incontro con Tyler a quando aveva cercato di dirmi la verità, e io che non gli avevo creduto. Ora mi sembrava tutto così vero, come se solo la presenza di quella cicatrice avesse avvalorato ogni sua parola. Non mi aveva mai vista prima, a quanto ne sapevo, quindi era impossibile che sapesse della sua esistenza, senza contare che era passato così tanto tempo che ormai era difficile da localizzare senza sapere precisamente dove guardare. Era così piccola e con l'abbronzatura riusciva anche a nascondersi meglio.
Buffo come una cosa che avevo sempre odiato risultava essere l'unica cosa vera di tutta la mia vita.
Non persi altro tempo, mi misi qualcosa addosso e scesi di sotto, ero pronta a fare di tutto pur di farli confessare, ero disposta a fare carte false pur di scoprire perché mi avevano mentito per diciotto anni.
Il salotto era vuoto, così andai dritta in cucina. Mia madre era ai fornelli e Mike, al suo fianco preparava i pancake che solo lui faceva così bene, mio padre, invece, seduto sul tavolo, come al suo solito stava leggendo il giornale. Mi sedetti di fronte a lui, lo fissai per qualche minuto, senza che lui se ne accorgesse, quasi sperando che questo lo avrebbe convinto in qualche modo ad introdurre l'argomento. Non ero molto propensa ad avviare io stessa la questione, avrei preferito che lo facessero qualcuno di loro, ma come potevo sperare che mi rivelassero tutto se in diciotto anni non avevano aperto bocca?
-Quanti pancake vuoi Sarah?- Mike era sempre stato così gentile con me.
-Non ho molta fame sta mattina, mi accontenterò di un toast.- Risposi riluttante, avrei sicuramente preferito non mangiare nulla, un nodo allo stomaco non era molto favorevole a farmi fare una colazione come si doveva.
Mike rimase di stucco, non dicevo mai di no ai suoi pancake, ma non aprì bocca. Mia madre, anch'essa stupita, mi mise davanti il toast che avevo chiesto e del burro, che spalmai con una lentezza teatrale.
Quando furono tutti seduti con la loro colazione davanti, capii che era il momento di dire qualcosa.
-L'altro giorno stavo cercando alcune mie foto di quando ero piccola, magari con Mike, per portarmene qualcuna al college, ma non ne ho trovate molte. Le più vecchie risalivano a quando avevo all'incirca un anno.- Buttai lì la frase come se niente fosse.
I miei si guardarono preoccupati. Mio padre, mise da parte il giornale e mi mentì guardandomi dritta negli occhi. -Tesoro è possibile che non hai controllato bene, magari sono finite in cantina dentro qualche scatolone. Posso sapere perché stavi cercando foto di quando eri così piccola?- Il modo in cui mi raccontava menzogne mi faceva paura, non batteva ciglio, mantenendo il contatto visivo, credo che se gli avessi sentito le pulsazioni probabilmente non avrei sentito nulla di strano. Penso che fosse stato così abile perché quando uno racconta una bugia per quasi metà della sua vita alla fine finisce per crederci.
-Te l'ho detto, solo per portare qualche foto con me, e cercando mi sono appunta resa conto che le più vecchie risalgono a quando avevo un anno e sono rimasta disorientata, tutto qui.- Volevo spingerli a dirmi tutto.
-Oh, capisco.- Rispose semplicemente mio padre.
A questo punto nessuno aprì bocca per i seguenti dieci minuti, finche Mike, stanco di quell'insolito silenzio non tirò fuori uno dei suoi stupidi argomenti, quelli che adottava ogni qual volta che la situazione pareva farsi critica.
Io, stanca della loro ipocrisia, e senza assaggiare il mio toast, mi alzai dal tavolo e me ne andai. Stavo salendo le scale quando decisi di tornare indietro. Con il passo felpato che mai avevo avuto la necessità di usare, e senza provocare alcun tipo di suono che potesse essere udito da altre orecchie se non le mie, ridiscesi le scale fino ad arrivare in cucina. Mi nascosi dietro il muro che separava il salotto dalla cucina e rimasi immobile, acuendo i sensi il più possibile.
Mia madre parlava sottovoce, ma nonostante questo riuscii a sentire ogni parola. -Kevin, te lo avevo detto che avrebbe cominciato a sospettare qualcosa prima o poi, avremmo dovuto dirglielo.-
-No, invece. Sai benissimo cosa succederebbe se lo facessimo.- Rispose convinto mio padre.
-Ma..-
-Niente ma. Eri d'accordo anche tu fino a qualche giorno fa, non è il momento giusto per dirle la verità.-
-So che non è il momento giusto,- concordò mia madre. -È ancora così giovane, e io non sono ancora pronta a perderla, ma non credi che abbiamo sbagliato? Se le avessimo detto la verità fin dall'inizio, forse non sarebbe voluta andare via, forse sarebbe rimasta con noi nonostante tutto.- Ribatté con la speranza che trapelava dalla sua voce.
-Non puoi saperlo cara. Non puoi sapere cosa sarebbe successo. Non possiamo controllare il passato, ma il futuro invece sì, e sai perfettamente che non è ancora abbastanza matura da comprendere la situazione.-
-Sì, lo so..- Cercò di continuare mia madre.
Non riuscii più a stare solo ad ascoltare, in fondo avevo ottenuto quello che volevo, una confessione, anche se non spontanea e volontaria del loro errore. In realtà non avevo veramente messo in dubbio le parole di Tyler, solo che sentivo il bisogno che questa storia venisse confermata, in un certo senso sembrava troppo folle per essere vera.
-Quando sarei stata pronta a sapere la verità per voi? Mi avete mentito per tutta la vita e ancora continuate a credere di non aver sbagliato, di aver fatto tutto questo solo per me. Siete solo degli ipocriti. Mi avete cresciuta dicendomi che la sincerità era la cosa più importante e poi vengo a sapere che tutta la mia vita è solo una menzogna. Avete costruito un rapporto basato sulle bugie, e sapete una cosa? Rapporti del genere non durano, finiscono per crollare come castelli di sabbia, basta un'onda un po' più forte per buttarli giù.
Tyler aveva ragione dicendo che avevate paura che me ne sarei andata una volta saputa tutta la verità. Beh, i vostri timori stanno per realizzarsi, da oggi in poi voi non siete più niente per me. Questa non è più la mia casa, anzi, vado a fare subito i bagagli non ho intenzione di rimanere in questo posto più del dovuto.-
Fu il discorso più difficile della mia vita, ma appena ebbi finito mi sentii finalmente leggera, mi ero liberata di un peso enorme, un peso che mi opprimeva da più di quanto potessi immaginare.
Loro mi guardarono impauriti e pentiti. Avevano le lacrime agli occhi, proprio come era successo a me la sera prima quando mi veniva rivelata la verità. È questa la reazione che causa la sincerità, la maggior parte delle volte ferisce le persone a cui vuoi bene, ma se non aspetti tutto questo tempo, se sei sincero fin dall'inizio farà sicuramente meno male che dopo anni di menzogne.
I miei avrebbero dovuto capirlo prima, mi avrebbero risparmiato il dolore atroce che provavo, e magari saremmo anche potuti rimanere in buoni rapporti.
A quel punto girai i tacchi e mi diressi verso la mia camera. Mi chiusi a chiave e tirai fuori la valigia.
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Ciaoo a tutti! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, fatemelo sapere commentando. Aggiornerò presto ;)
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