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Capitolo 2

Salii velocemente, poi mi guardai intorno senza sapere bene dove andare, in quel piano c'erano solo i bagni, che escludevo a prescindere, non poteva essere salito solo per questo, il resto dello spazio era occupato da una saletta con dei divanetti in cui si poteva stare a parlare più appartati e da una cucina che non veniva usata in serate come questa.

Oltrepassai quindi i bagni, e percorsi il corridoio, dritta verso la saletta privata, ma quando svoltai l'angolo ciò che vidi mi lasciò impreparata. Fossero stati due ragazzi qualsiasi non mi avrebbero impressionata più di tanto, li avrei superati tranquillamente, ma vedere Jeremy, ubriaco per quanto poteva essere, baciare in quel modo una ragazza.. non potevo reggere quella vista. Quando poi mi accorsi che la ragazza in questione era quella stronza di Kelly, il mondo sembrò crollarmi addosso.

Lentamente indietreggiai e corsi di sotto, volevo dimenticare tutto, affogando i dispiaceri nella tequila. E così feci, andai a prendere due bicchierini di tequila, poi li portai con me verso la pista, decisa a trovare Paige e a brindare alla mia splendida vita sentimentale.

Non fu facile trovare la mia amica, adesso soprattutto che i ragazzi si accalcavano sempre di più verso il palco, dove una band a me sconosciuta stava suonando qualche pezzo rock. Paige aveva proprio fatto del suo meglio per organizzare la serata.

Quando finalmente riuscii a raggiungere la mia amica, lei mi squadrò dalla testa ai piedi prima di lanciarmi una delle sue occhiate eloquenti. -Su, dimmi cos'è successo.- Mi gridò all'orecchio per sovrastare la musica.

-Come sai che è successo qualcosa?- La interrogai io stupita dalla sua perspicacia.

-Per quale altro motivo altrimenti dovresti avere due bicchieri vuoti?- Odiavo le sue domande retoriche, però devo dire di non essermi resa conto di averli bevuti entrambi prima che lei me lo facesse notare. Credo che in quel caso fui più sorpresa io stessa dal mio comportamento, Paige, invece, mi conosceva tanto bene da aver inquadrato la situazione all'istante.

-Direi che adesso hai trovato un motivo più che valido per ubriacarti. Cos'ha fatto quello stronzo?- Il suo sguardo premuroso e allarmato mi inchiodò con i piedi per terra.

-Preferisco non parlarne in questo momento.- Cercai io di tagliare corto, ma lei non sembrò far caso alle mie parole.

-Sai, dovresti lasciar perdere con lui. Jeremy non è il ragazzo per te, puoi avere di meglio. E in questo momento dovresti solo pensare a divertirti e non tormentarti per uno stronzo che non ti merita.-

Sapevo perfettamente che Paige aveva ragione, ma non per questo riuscii a togliermelo dalla testa. Non c'ero riuscita per anni, come potevo sperare di riuscirci in pochi minuti?

Fortunatamente mi sbagliavo, non sarebbe stato così dura smettere di pensare a lui, almeno non in quella notte.

Cominciai a ballare con Paige senza rendermene conto. Poi un ragazzo, di cui non ricordo nemmeno il viso mi si avvicinò e cominciò a ballarmi in torno e io senza alcun ritegno mi avvicinavo al suo corpo e mi muovevo in un modo pericolosamente seducente. L'alcool aveva fatto effetto come mai prima di quel momento.

Appena la mia amica se ne accorse non perse un secondo per tirarmi fuori da quella situazione, mi portò vicino al bancone, mi fece sedere sulle scale per verificare che fossi ancora in me. -Ti porto un bicchiere d'acqua, tu non muoverti di qui. D'accordo?-

Annuii.

Lei si allontanò velocemente, e nel giro di un minuto tornò con in mano un enorme bicchiere che mi costrinse a bere fino in fondo. -Sto bene,- dissi più per tranquillizzarla che per altro. -Ora torna a ballare, non voglio rovinarti la serata.-

-Non posso lasciarti qui da sola.-

-Certo che puoi.- E per dimostrarle che adesso stavo bene mi alzai e la spinsi verso la pista da ballo. Paige, constatando che riuscivo a reggermi in piedi mi sorrise e tornò a ballare come solo lei sapeva fare.

Io mi resi piacevolmente conto che mi ero ripresa veramente, anche se non del tutto.

Ritrovandomi da sola cominciai a pensare a quello che avevo visto al piano di sopra e a quanto mi aveva fatto sentire male, non potevo credere che Jeremy appartenesse a quel genere di ragazzi, quelli che se la fanno con tutte, soprattutto con puttane come Kelly.

In fondo erano fatti per stare insieme, uno più stronzo dell'altra.

Non pensavo veramente quelle cose, avevo sempre reputato Jeremy come uno dei ragazzi più dolci che conoscessi, eppure quella sera non potevo fare a meno di convincermi del contrario. Era il modo più semplice per affrontare la situazione. Convincermi che fosse uno stronzo era molto più facile di persuadermi che avesse trovato una ragazza più carina.

Se ripensavo ai miei primi giorni al liceo e a come era stato gentile nei miei confronti tutto si complicava.

Lui era stato il primo ad avvicinarmi, ero così timida allora, stavo sempre per i fatti miei, respingendo qualsiasi tentativo di amicizia da parte di chiunque. Poi, però, vedendo che un ragazzo così carino e popolare si allontanava dai suoi amici per passare dieci minuti con me e convincermi che in realtà il liceo non era così male, non riuscivo a resistergli.

Mi inculcò quella sicurezza che poi mi avrebbe spinto a fare amicizia con Paige e a dare una possibilità anche agli altri. In un certo senso mi aveva aiutata ad aprire il mio cuore anche agli altri.

Cosa che se ora ci ripeso, non avrei dovuto fare. C'era un motivo se non mi fidavo di nessuno, era perché non c'era alcuna persona che meritasse la mia più completa stima.

A quanto pare il mio sesto senso aveva avuto ragione fin dall'inizio, peccato che l'ho capito troppo tardi. Ormai non conta più ciò che è successo nel passato, o almeno così credevo, se lui non fosse entrato così nella mia vita non avrei avuto bisogno di rivivere il mio passato per prendere una cazzo di decisione. Mi sarebbe bastato andare avanti con la mia vita e dimenticarmi tutto il resto.

Stavo tenendo d'occhio Paige quando improvvisamente vidi il ragazzo misterioso di prima avvicinarsi a lei. Non riuscivo a fidarmi di lui, non era per il suo aspetto o che so altro, ma per qualche starno motivo il dubbio si stava insinuando dentro di me. Qualcosa mi diceva che dietro quella facciata da ragazzo curato che si veste bene e che vuole solo flirtare come ogni persona normale della sua età, c'era dell'altro, un segreto così grande che a forza di mentire finiva per crederci anche lui.

Poi, però, ricordandomi il modo in cui ci fissava, e il fatto che ci avesse offerto da bere, cominciai a convincermi che in fondo voleva veramente solo flirtare. Forse ero semplicemente gelosa che fosse stata la mia amica e non io ad attirare l'attenzione di un ragazzo così affascinante.

Quando lui le fu abbastanza vicina da poterle parlare, lei si voltò, e sorpresa ma per niente intimorita, cominciò a rispondere alle sue domande. Adesso, però, c'era un che di insolito nel suo comportamento, non si sentiva più a suo agio, come se le parole di lui la turbassero.

Non so come feci, ma riuscii ad alzarmi e con una sicurezza e una calma che non mi erano mai appartenute cominciai ad avvicinarmi a quei due, cercando di non farmi notare. Il modo in cui lo feci, la naturalezza che scaturiva da quei movimenti, come se fossi nata per fare la spia, mi sconvolsero.

Mi accostai a loro quel tanto che serviva per sentire quello che dicevano, ma non abbastanza per farmi scoprire. Da lì potevo vedere abbastanza bene il sudore sul collo di Paige dovuto a tutto quel movimento e forse un po' anche all'agitazione causata dall'estraneo. Lui, invece, era calmo, completamente padrone della situazione.

Non mi ero resa conto di quanto fosse carino, i capelli corvini erano disordinati come dopo una rissa e gli occhi verdi fissavano la mia amica con quella speranza che hai paura di deludere. I lineamenti del viso erano dolci, ora più che mai, sembrava che stesse raggiungendo lo scopo della sua vita.

E la sua voce, anche quella lasciava senza fiato, come tutto di lui. -Quindi sei tu oppure no?-

-Non ti dirò niente se non mi dici cosa vuoi.- Paige sembrava preoccupata.

-Ho bisogno di parlare con lei, ma non so chi sia, cioè, non la vedo da così tanto tempo che non sarei nemmeno in grado di riconoscerla.- Qui la voce di lui s'incrinò per un secondo.

-Non mi hai ancora detto chi sei tu.- La mia amica era così tenace, non si lasciava intimidire tanto facilmente.

-Non ha importanza. Devo solo sapere se Sarah sei tu o è quell'altra ragazza con cui sei arrivata.-

Quando sentii pronunciare il mio nome il tempo parve fermarsi. Un mare di pensieri mi attraversarono la testa. Per quale motivo stava cercando proprio me? E perché era così deciso a trovarmi? Ma soprattutto lui chi era? E come poteva dire che non mi vedeva da tanto tempo se io non lo conoscevo?

Per qualche minuto rimasi immobile, non sapendo cosa fare, come comportarmi. Non fui nemmeno in grado di continuare ad ascoltare la loro conversazione.

Appena mi ripresi capii che non potevo stare impalata lì ad aspettare chissà cosa, così, decisi di allontanarmi. E con la stessa destrezza di prima attraversai la folla fino a tornare alle scale. Da lì potevo gestire meglio la situazione, avevo una visuale completa della stanza, ma purtroppo anche loro potevano vedermi. Infatti, non mi meravigliai quando Paige mi indicò e lo sconosciuto si voltò verso il luogo in cui mi trovavo fino a posare lo sguardo su di me. Mi fissò per qualche secondo, sorpreso ma allo stesso tempo compiaciuto, come se non avesse potuto aspettarsi niente di diverso.

Quando mi resi conto che stava venendo verso di me era troppo tardi per scappare. Mi guardai intorno, valutando la situazione e cercando inutilmente una scappatoia o un modo per sfuggirgli.

In breve mi raggiunse e a quel punto capii che non potevo evitare il problema, e allo stesso tempo mi resi conto che in fondo non era quello che volevo fare. L'unica convinzione che avevo in quel momento era di fare tutto il possibile per scoprire la verità.

-Finalmente ti ho trovata.- Stava parlando tra se. L'emozione sembrò travolgerlo per un attimo, vidi che si stava avvicinando come per abbracciarmi, ma poi si fermò e mi tese la mano.

-Io sono Tyler comunque.- Era ovvio che non sapeva come comportarsi. E se non lo sapeva lui, figuriamoci io, che in quel momento ero più confusa che dopo un esame di matematica.

E agitata com'ero per tutta la situazione, ovviamente mi sono comportata nel modo più stupido che potesse passarmi per la testa. Gli strinsi la mano e ingenuamente mi presentai, come se fossimo degli sconosciuti, cosa che in realtà eravamo, almeno per quanto riguardava il mio punto di vista.

-Piacere, io sono Sarah..- Subito dopo aver detto quelle parole me ne pentii. -Ma questo tu lo sai già. O forse mi sbaglio?- Era strano con lui, in quel momento mi sentivo come se potessi dire tutto quello che volevo. Era una sensazione magnifica, che provi solo con le persone che tengono davvero a te, persone delle quali sei certa che ti ameranno sempre e comunque.

-No, non ti sbagli. Dovrei chiederti come facevi a sospettare di me, di tutta questa situazione, ma per tua fortuna conosco già la risposta.- Adesso sembrava più che compiaciuto, come se tutte le sue speranze si fossero appena realizzate.

-Di cosa stai parlando?-

-Niente, poi magari più avanti ti spiego, forse è meglio cominciare dal principio, non credi?-

-L'unica cosa che credo è che voglio sapere la verità adesso, e non fra qualche giorno o più avanti. Ora. Tutta questa attesa è snervante, soprattutto il modo in cui tu cerchi di prendere tempo. Penso di avere il diritto di sapere perché mi stavi cercando e chi sei veramente.- Buttai lì tutto d'un fiato, e la cosa migliore è che per me fu come una sorta di sfogo dopo tutta la tensione della serata.

-Certo. Hai completamente ragione. Solo che questo non è il posto né il momento migliore per raccontarti tutto.- Il modo in cui si scusava era adorabile.

-Tu proprio non capisci. Devo sapere la verità ora, non posso più aspettare.- Mai parole più vere mi erano uscite dalla bocca prima di quel momento.

-D'accordo, allora andiamo in un posto in cui possiamo parlare con calma e senza la preoccupazione che qualcuno possa ascoltarci.-

Mi rilassai visibilmente quando gli sentii pronunciare quelle parole, ma contemporaneamente ero agitata e impaziente. -Seguimi.-

Salimmo le scale con una lentezza impressionante. Con tutta la calma che mi serviva per decidere dove andare, anche se alla fine furono i miei piedi a fare tutto il lavoro. Mi ritrovai, infatti, davanti la porta che conduceva al tetto senza quasi essermene resa conto. Provai a girare la maniglia, ma era chiusa a chiave.

Tyler stava per farsi avanti, quando io, non so perché tirai fuori una forcina. -Ci penso io.-

Non so da dove mi venne in mente o come ne fui capace, ma in qualche modo riuscii ad aprire quella maledetta porta. Alla fine non so se la più sorpresa ero io o Tyler che alle mie spalle mi guardava sbalordito.

Uscii di scatto senza riflettere. Fui travolta da una ventata d'aria gelida, un po' insolita per il periodo, che quasi mi fece venire voglia di tornare indietro. E dico quasi perché ormai niente mi avrebbe più fatto cambiare idea, ero più che decisa a scoprire la verità.

-Sarah, avrai capito che quello che devo dirti è molto importante, è una questione un po' delicata e io non so se saprò usare le parole giuste. È da così tanto tempo che ti cerco che quasi non ci credevo più di trovarti, ora infatti mi ritrovo qui davanti a te senza sapere da dove cominciare. Forse l'unica opzione possibile è partire dal principio... Beh, dopo la morte dei tuoi io sono rimasto scioccato, non sapevo cosa fare, avevo solo sei anni..- Tyler s'interruppe improvvisamente, forse aveva visto qualcosa che non andava nella mia espressione. -Sarah, cos'hai?-

Io non riuscivo quasi a spiccicare una parola. -Che significa la morte dei miei? Com'è successo? Sta mattina stavano bene sembrava tutto così normale..- Non riuscii a finire di parlare, gli occhi mi si stavano riempiendo di lacrime, la vista mi si appannava e mi veniva male a pronunciare una frase di senso compiuto.

Tyler sembrò intuire ciò che stava succedendo e una rabbia cieca gli montò improvvisamente.

-Oddio, non ci posso credere. Non ti hanno detto niente? Come hanno potuto? Potevo capire se non ti parlavano di me, ma nasconderti tutto. Sono stati dei vigliacchi, avevano paura di perderti non è così? Temevano che una volta che avresti saputo tutta la verità te ne saresti andata, non è forse vero?-

Io non riuscivo a capire di cosa stesse parlando, sembrava comunicasse con un'altra lingua. E soprattutto non riuscivo a comprendere perché fosse tanto infuriato.

-Tu sei maggiorenne, no? Hai già compiuto diciotto anni?-

-Sì, certo, ma ora cosa c'entra?-

-Avevano il dovere di dirti tutto,- sembrava quasi che non mi stesse più a sentire, come se riflettesse su cosa era meglio fare. -Mi sentiranno, non gliela farò passare liscia.-

Intanto i miei occhi non smettevano di lacrimare. -Vuoi spiegarti? Non ci sto capendo niente, anzi mi stai confondendo ancora di più.-

Lui sembrò ritornare in sé, come se si fosse risvegliato da un incubo, e solo in quel momento si stesse rendendo conto di cosa era successo nel frattempo. Appena si rese accorse che stavo ancora piangendo si avvicinò, mi afferrò le braccia e cercò di attirare la mia attenzione per farmi calmare.

-Sarah, mi hai frainteso. Le persone che tu credi siano i tuoi genitori in realtà non lo sono, e benché siano dei completi imbecilli loro sono vivi.-

-Ma tu mi hai detto..-

-Quello che ti ho detto poco fa, purtroppo è vero. I tuoi veri genitori sono morti più di diciassette anni fa, in un incidente. Tu all'epoca non avevi nemmeno un anno. Ci hanno portati entrambi all'orfanotrofio, ma quando ti hanno adottato io non ho potuto fare niente. Quel luogo non faceva più per me così sono scappato, volevo cercarti, ma ero così piccolo, non era una missione adatta a un bambino. Tu però, devi credermi. Io non ti ho mai dimenticata. Ripensavo spesso alle faccine buffe e sbalordite che facevi quando ti mostravo delle cartoline che trovavo in giro. Il modo in cui guardavi curiosa la cicatrice che ti avevano fatto appena nata a causa di alcuni problemi alla milza. Tu eri l'unica cosa che mi era rimasta di loro.-

Non riuscivo più ad aprire bocca, adesso sì che la situazione si era fatta strana.

Non potevo credere a una sola parola di quell'estraneo, come potevo fidarmi di lui? Non lo avevo mai visto prima d'ora e improvvisamente si presentava davanti a me con la convinzione che io potessi credergli.

Non riuscii a stare lì un attimo di più. Indietreggiai lentamente e, arrivata alla porta, corsi di sotto. Avrei indubbiamente preferito non perdere tempo con quell'insulsa storia, specialmente quella sera. Avrei dovuto spassarmela, divertirmi con i miei amici e invece si presentava quello a rovinare tutto.

Volevo tornare da Paige e fu quello che feci. Provai a divertirmi, a dimenticare tutto quello che mi aveva detto. Bevvi qualche altra tequila per aiutare la mia mente a fare quello che volevo. A dimenticare.

Fu tutto inutile, tutt'altro, l'alcool mi faceva diventare paranoica, mi faceva passare per la testa idee a dir poco assurde. Mi convinsi che in fondo poteva anche essere vero quello che mi aveva raccontato, soprattutto se tenevo conto dello strano comportamento dei miei negli ultimi tempi.

Per un momento mi immaginai in un'altra città, con una nuova vita, a trascorrere le serate chiacchierando con Tyler, chiedendogli di parlarmi dei miei.

Capii che non potevo continuare così. Mi allontanai dalla pista da ballo, recuperai il mio giubbotto e uscii senza avvertire nessuno.

A quel punto mi resi conto che non potevo tornare a casa a piedi, era troppo lontano e per di più era notte fonda e io era stanca e ubriaca, così feci l'unica cosa che potevo fare, chiamai mio fratello.

-Mike, puoi venirmi a prendere?-

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Ecco un altro capitolo! Spero che le novità siano di vostro gradimento, fatemi sapere la vostra opinione. Probabilmente aggiornerò domani.

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