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XVIII. ROUGE

24 luglio 2022, Red Bull Ring, Austria 🇦🇹

<Rouge papa, ROUGE>

La manina di Clarice indica una macchina rossa passare velocemente davanti ai suoi occhi. Non si tratta di un qualsiasi auto da corsa di Formula 1, ma della più ambita, la più bella, la più elegante e teoricamente la più veloce. Un capolavoro di tecnologia ed ingegneria, un'opera d'arte made in Italy, la macchina per cui ogni pilota farebbe carte false. La macchina rossa.

La Ferrari.

<L'hai vista Cice?> le domanda il padre, alzando il capo verso l'alto. La bimba è sulle sue spalle già da qualche minuto, emozionata per via di quelle auto che di solito corrono in televisione e per cui i suoi fratelli escono fuori di testa e che, ora, può guardare dal vivo.

Annuisce, anche se non è sicura di essere vista <Un giorno Charlie e Tutur guideranno la macchina rossa?> domanda, ingenuamente, avvicinandosi all'orecchio del padre.

Hervè non sa bene come rispondere, non vuole dare alla piccola false speranze, ma nemmeno deludere le sue aspettative. Sorride leggermente e sospira <Lo spero, per ora è solo un sogno> spiega, prendendo tra le sue mani le manine della figlia.

<Secondo me ci riusciranno e saranno suuuper veloci> afferma la piccola, con gli occhi che brillano al solo pensiero <E noi due saremo al muretto ad urlare "Forza Ferrari" e poi sotto il podio ad applaudire e poi...>

<Cice, mon cœur, non è così facile diventare un pilota, ma se anche uno solo di loro ci riuscirà, ti prometto che noi due seguiremo le gare dal muretto>.

E suo padre le promesse le mantiene, sempre.

<Cosa ci fai qui alle tre del mattino?>

Sussulta, abbandonando il cucchiaino dentro la tazza della sua camomilla. Si volta lentamente incontrando di nuovo i suoi occhi azzurri.
Non risponde, osserva la sua espressione corrucciata e segue le sue mosse.

<Sei in ogni posto in cui vado> continua Max, sedendosi al suo fianco sul divanetto della hall dell'hotel in cui sono, poco distante dal circuito austriaco.

Da quando il weekend è iniziato non sono riusciti ad evitarsi, nonostante entrambe abbiano cercato di fare il possibile per non ritrovarsi in situazioni sconvenienti. Eppure, si inseguono come due farfalle che volano vicine, senza mai toccarsi.

Clarice sospira, lo sguardo perso dentro la tazza quasi a cercarne ancora il contenuto, ormai esaurito <Non riuscivo a dormire, sono scesa per farmi fare una camomilla e pensare> spiega, giocando con il cucchiaino <E poi, sei tu quello che ha una gara domani> aggiunge, quasi infastidita dalle insinuazioni del pilota.

<A cosa pensavi?> domanda, realmente interessato ad ogni suo piccolo cambiamento d'umore. Ed è questo che Clarice ama di lui, perché per la prima volta dopo tanto tempo si sente ascoltata, ma soprattutto compresa.

Sorride leggermente, lasciandosi scivolare sullo schienale <Ad una delle prime volte in cui ho visto un gran premio dal vivo> mormora, chiudendo gli occhi.

L'atmosfera a Montecarlo è sempre stata magica, ma ció che la rendeva davvero speciale era il suo posto d'onore sulle spalle di Hervè e il modo in cui commentavano insieme ogni sorpasso, ogni auto, ogni pilota. Passare del tempo insieme, come padre e figlia, ma soprattutto come famiglia, creava un'atmosfera felice. La morte, ancora una volta, ha cambiato le carte in tavola trasformando quel weekend - che adorava - in qualcosa che si trova costretta ad evitare ogni anno, cercando un modo per essere così occupata da non pensarci.

<Fa male vederli correre senza la presenza di mio padre> continua, allungando la mano verso il corpo di Max <Mi aveva promesso che sarebbe stato con me al muretto, aspettando insieme la fine della gara per andare a congratularci, come abbiamo sempre fatto>.

Il pilota non risponde subito, aspetta di capire se vuole aggiungere altro a quel racconto. Osserva il suo volto, avvicinandosi a lei per posare lo sguardo su quelle labbra carnose che desidera baciare ardentemente.

Quando Clarice riapre gli occhi trova il viso di Max a pochi centimetri dal suo. Si allontana leggermente, senza smettere di guardarlo.
<Tu a cosa pensavi?> domanda, la voce più bassa, la mano che sfiora la sua.

Scrolla le spalle, facendole così scontrare con quelle della ragazza <Non riuscivo a dormire, pensavo a te, alla gara, a mio padre> confessa, posando il suo sguardo sulle loro mani, così vicine che ormai due delle loro dita sono quasi intrecciate.

<Ho visto il documentario Max, mi spiace, meritavi qualcosa di diverso> mormora, cercando le parole giuste per una situazione tanto delicata.

Il ragazzo, però, l'anticipa annuendo poco convinto <Ho avuto Diana> confessa, in un sussurro <E le ho impedito d'amare, l'ho delusa senza nemmeno accorgermene>

Diana è stata, ed è ancora, la madre che Sophie non è mai riuscita a essere, e il padre che Jos non è mai voluto essere. Il suo sorriso, dolce e luminoso, l'ha accompagnato per tutta l'infanzia. Era lei a portarlo a scuola e sempre lei lo andava a riprendere, lo seguiva nei compiti, cucinava per lui, leggeva le storie della buona notte e qualche volta le inventava, lo coccolava quando aveva le febbre e, nonostante la sua severità, ha sempre cercato il dialogo.

E Max cos'ha fatto? Ha quasi distrutto la sua felicità mettendola davanti ad una scelta, costringendola a tagliarsi le ali pur di non farla volare via da lui. L'ha capito troppo tardi che amare significa anche lasciar andare, perchè chi ti vuole bene non si allontana mai davvero.

<In che senso?> domanda Clarice, il solito broncio confuso dipinge il suo volto facendo sorridere il pilota. La sua mano si muove automaticamente ricercando la guancia della ragazza intrappolandola dolcemente tra le sue dita.

<Hai ragione Clarice, hai sempre avuto ragione, non so cosa sia l'amore e prima di incontrarti non pensavo di poterlo capire> ammette, il tono della voce sempre basso, rauco e sincero. I suoi occhi azzurri sembrano due pozze d'acqua, luccicano sotto la luce artificiale. Lei ci si perde dentro mentre cerca un modo per salvare quella scintilla nella sua iride.

Non risponde, avvicinando lentamente le sue labbra a quelle del ragazzo, un po' sorpreso e un po' compiaciuto della sua iniziativa. Vorrebbe potersi fermare, frenare il suo istinto, ma la sua mano si muove da sola alla ricerca dei capelli del pilota, trovando in quel bacio qualcosa che non sa, forse quasi un dolore, per convincersi di quanto sia sbagliato.

Eppure, quando si allontana, non riesce a controllarsi. Il suo odio, la sua repulsione verso Max, si trasformano in attrazione e bisogno di sentirlo addosso, di sentirlo dentro, di sentirlo accarezzare ogni piccola porzione del suo corpo e della sua anima.

<Ti odio> mormora sulle sue labbra. In un gesto ben calcolato afferra la sua mano con una tale irruenza da non lasciare al ragazzo il tempo di reagire, di fermarla o di fare qualsiasi altra cosa al di fuori del seguirla fino all'ascensore dell'hotel, dove lei lo spinge contro la parete senza nemmeno premere il tasto che la porta alla sua camera.

Lo bacia, ancora e ancora, con veemenza quasi come se volesse annientare il sentimento che prova. Amore ed odio si intrecciano, non riesce più a distinguerli. Rabbia e passione sono la stessa cosa. Vuole possederlo e lasciarsi possedere. Vuole graffiare la sua schiena e accarezzare la sua guancia. Vuole amarlo ed odiarlo, come non ha mai fatto con nessuno.

Attorno a lei c'è solo rosso.
Vede solo rosso.

Poi l'ascensore si muove, costringendola a tornare alla realtà. Le labbra gonfie, i capelli spettinati e il corpo che si allontana velocemente da quello del ragazzo. Anche lui ha le guance arrossate per lo sforzo e le labbra così rosse che da qualche parte forse c'è persino del sangue.

Respirano affannosamente, lui appoggiato sulla parete opposta alla sua. Si guardano negli occhi, in un silenzio quasi insopportabile. Lo spazio tra loro ora sembra infinito e non è certo la presenza di Arthur, svelata dalle porte dell'ascensore che si aprono, a riavvicinarli. Anche perchè non si accorgono di nessuno, il rosso attorno a loro riesce a farli affogare in un mare di insicurezze e paure.

<Che cosa stai facendo Verstappen?> domanda il fratello, interrompendo quel momento di pace e tormento. Clarice sussulta, si volta giusto in tempo per vederlo afferrare Max per la maglia bianca e sbatterlo, senza delicatezza, contro la parete. Le porte dell'ascensore si chiudono nuovamente, ma sono in tre questa volta.

L'olandese lo guarda con aria contrariata e, per risposta, brandisce il pigiama del ragazzo cercando di spingerlo verso la parete opposta. Arthur è furioso, con le mani che prudono per la voglia di sferrare un pugno sulla faccia da schiaffi del pilota.

<Arthur> esclama Clarice, stringendo come meglio può il suo braccio <Arthur, sei impazzito? Lascialo andare immediatamente> ordina, con un tono di voce troppo tremolante per essere convincente.

<Quale parte di non devi avvicinarti a mia sorella ancora non ti è chiara Verstappen?> domanda il monegasco, ignorandola completamente. Max mugugna qualcosa di incomprensibile, probabilmente in olandese, prima di liberarsi definitivamente della sua presa spingendolo a terra.

<Lei non ti appartiene e tu non sei suo padre>

Silenzio.

Clarice, confusa dall'intera situazione, fa rimbalzare il suo sguardo tra i due piloti senza sapere cosa fare.

Attorno a lei, adesso, è tutto nero.

Arthur, scuro in volto, si rialza lentamente e soprattutto silenziosamente. Nella sua mente c'è un solo pensiero e basta per eliminare ogni traccia di buon senso e sferrare quel pugno sulla guancia sinistra del campione del mondo prendendolo di sorpresa, fregandosene di ogni possibile conseguenza.

<Nostro padre non devi nemmeno nominarlo> mormora, a denti stretti, pronto ad ogni possibile risposta dell'olandese.

A mettersi in mezzo, questa volta con più prepotenza, è Clarice; poggia una mano sul suo petto e lo spinge lontano da Max, lontano da ogni possibile conseguenza. Non lo guarda, anzi si cura di sapere come sta il pilota, che insicuro si tocca il punto colpito.

<Tuo padr->

<Basta ti prego, esci di qui> lo interrompe la ragazza <Ad Arthur ci penso io, tu vai a metterti del ghiaccio e prega che domani nessuno noti nulla> ordina, schiacciando il pulsante per far aprire le porte.

Max non ama quando gli viene detto ciò che deve o non deve fare, ma decide di non replicare ascoltando la ragazza, forse perchè i suoi occhi verdi tremano di paura e di rabbia e lui vuole vederli brillare solo di felicità.

Si allontana, lasciandoli soli, ma prima di farlo riserva al monegasco un'occhiata di fuoco; segno che quella sfida tra loro due ancora non è finita, anzi non è nemmeno iniziata. Si massaggia per l'ultima volta la mascella, più per scena che per vero dolore, lasciandosi alle spalle il rosso dentro cui stava affogando solo pochi minuti prima.

Le porte dell'ascensore si chiudono, nascondendo da occhi indiscreti l'espressione contrariata di Clarice <Tu sei completamente fuori di testa> esclama, passandosi una mano tra i capelli <La tua reazione è esagerata, ma soprattutto non ho alcun bisogno di essere difesa, so farlo benissimo da sola>.

<Lui provoca solo danni, deve starti lontano, punto> ribatte, schiacciando il pulsante che porta al quinto piano, nelle loro stanze.

La sorella si volta verso di lui, gli occhi fuori dalle orbite, le pupille dilatate e lo sguardo perso <E se fossi io a non volerlo lontano?> domanda, esasperata dai suoi stessi sentimenti.

Arthur prova ad afferrarle il braccio, ma lei si divincola <Voglio stare sola> mormora, più a se stessa che al fratello <Tu, per favore, datti una regolata> aggiunge, poco prima che le porte dell'ascensore si aprano e le diano la possibilità di fuggire nella sua camera.

Lontano da Arthur, lontano da Max, lontano da ogni sua emozione.

Lontano dal rosso della sua anima.

--- 16 ore dopo ---

<Il predestinato vince il Gran Premio d'Austria con una gara incredibile, con una sofferenza incredibile, Charles Leclerc - diciannove anni dopo Schumacher - porta la Ferrari, di nuovo, a sul gradino più alto del podio>

Il muretto esplode in un urlo di gioia che si unisce a quello che Clarice sente nelle cuffie, la voce di Charles si espande in tutto il suo corpo facendola tremare d'emozione. Guarda quel pallino rosso sullo schermo mentre i ricordi riaffiorano, più forti e travolgenti che mai.

<Ho mentito> confessa, lasciandosi scivolare lungo il muro bianco dello spogliatoio <Non avevo mai mentito, non a mio padre>.

<Clarice, l'hai fatto per il suo bene, per non farlo soffrire e non fargli capire che sarebbe...>

Altea si ferma, poggia una mano sulla sua spalla e sospira. Non vuole pronunciare quella parola, sa quanto male potrebbe farle, però è la verità.

<Non è quello e poi lo sapeva già che sarebbe morto, era malato non stupido> ribatte, stizzita. Si passa una mano tra i capelli e respira profondamente. Vorrebbe piangere, ma le lacrime si rifiutano di uscire.

<E allora su cosa hai mentito?>

<Mi ha chiesto se è vero che Charles andrà in Ferrari il prossimo anno e mi ha fatto promettere di esserci quando gareggerà, quando vincerà la sua prima gara, se mai vincerà a Montecarlo o se diventerà campione del mondo>

<Tuo fratello ha un contratto in F1 per il prossimo anno?>

Clarice scuote la testa e si porta le ginocchia al petto <No, ha mentito e mi ha chiesto di mentire per lui> spiega, poggiando il mento tra le gambe <Io ho detto di no, ma papà era così felice ed io...>

<Non c'è l'hai fatta a dire la verità> conclude Altea per lei accarezzandole dolcemente la guancia.

<Ho anche promesso che avrei lavorato sulla mia paura per andare alle gare, in breve l'ultima volta che ho parlato con mio padre l'argomento era una grossa bugia>

Altra sorride dolcemente, abbracciandola come meglio può <Chi lo sa, potresti non aver mentito> la rassicura, cercando di pensare positivo <Magari Charles guiderà una Ferrari e tu lo vedrai vincere>.

<Clarice, petite, ci sei?>

Lorenzo la strattona leggermente, cercando il suo sguardo per riportarla alla realtà, in Austria, con Charles vincitore alla guida di una Ferrari.

<Ci sono> mormora, guardando i capelli del fratello scombinarsi maggiormente per via del vento <Che devo fare?> domanda, confusa.

Attorno a lei il rumore e il frastuono di quella festa, già iniziata, si fa spazio nella sua dimensione strappandola da quel giorno per riportarla al presente.

<Tieni, prendi un fazzoletto> le dice, sfilandosi il pacchetto dalla tasca per poi porgerlo con la sua solita gentilezza.

Clarice è confusa, ha lo sguardo puntato verso la mano del fratello e un sopracciglio alzato.
<Perchè?>

Lorenzo sorride leggermente inclinando la testa <Perchè stai piangendo petite> spiega, quasi felice di vederla così emozionata.

Si tocca le guance in automatico per capire se suo fratello sta mentendo o meno. Le sente bagnate, con le lacrime che ancora scorrono, e sorride.

<Non sono lacrime che vanno asciugate queste> mormora, poco prima che Arthur irrompa in quel momento come al suo solito.

<Andiamo, Charles sta arrivando> esclama, prendendo la sua mano per trascinarla al parco chiuso. Lorenzo, travolto da quella energia, si lascia trascinare a sua volta.

I tre si ritrovano, così, dietro ad una transenna ad attendere l'arrivo della macchina rossa. La più ambita, la più elegante, la più bella. E al suo interno, in una tuta altrettanto rossa, Charles.

Suo fratello Charles, lo stesso ragazzino che ha visto correre con un kart in una pista qualsiasi per vincere una coppa qualsiasi, ma che continua ad averlo lo stesso sguardo e lo stesso sorriso di sempre.

L'ha visto cadere, l'ha visto crollare ed ora lo vede splendere mentre esce dall'abitacolo della morte da vincente e sale su quell'auto, la stessa che scorgeva quando urlava quel rouge da piccola, la stessa che suo fratello ha sognato ogni giorno da quando ha memoria.

Un pugno in aria, poi la rincorsa e il salto verso i meccanici, verso quel team che rappresenta un sogno realizzato, ma anche una bugia trasformata in verità. Un peso nel petto che scompare.

Charles guida una Ferrari in F1.
Lei è lì, lo guarda correre, festeggia le sue vittorie.

Lo osserva levarsi il casco e sorride, nonostante le lacrime scorrano ancora sul sul volto portandosi via quel senso di colpa che l'ha accompagnata per troppo tempo.

Charles abbraccia Andrea, Joris, Lorenzo e Arthur. Lo fa con calma, godendosi il momento. Poi si ferma davanti a Clarice, le sorride dolcemente e accoglie tra le sue mani il volto della sorella. Asciuga le lacrime con il pollice, le lascia un delicato bacio sulla fronte e mormora <Visto mon bijou? È per te>.

<Bravo, pins à roulettes>

Le mani di Charles scivolano dal suo volto, i suoi occhi tremano al suono di quel soprannome. Erano anni - per l'esattezza dall'ultima gara a cui suo padre ha partecipato - che non veniva chiamato così dopo una vittoria.

Clarice sorride, allunga il braccio e sposta i capelli sudati dalla fronte di Charles. Dalla sua espressione capisce di aver colpito un punto molto delicato, ma è una promessa la sua e non può fare altrimenti.

<Merci d'être ici aujord'hui> mormora, quando riesce a trovare la voce per farlo <Je t'aime mon bijou> aggiunge abbracciandola. La stringe forte come se volesse inglobarla dentro di lui.

Clarice accarezza la sua schiena dolcemente <Je t'aime Bibou> sussurra al suo orecchio, respirando a pieni polmoni il suo profumo <Là où vous êtes, il y a la maison>. 

Perchè casa per lei non è un posto preciso, ma è ovunque sia Charles. Solo tra le sue braccia è al sicuro, solo il suo odore la tranquillizza.

E per quanto vorrebbe fermare il tempo a quel momento, lo lascia comunque andare, perché ha un podio da godersi, un trofeo da prendere, una vittoria da festeggiare.

--- 4 ore dopo ---

<Questo è tuo>

Un modello di quello che dovrebbe essere il circuito del RedBull Ring le finisce tra le mani. Non se lo aspettava così pesante, almeno non mentre guardava Charles alzarlo dal gradino più alto del podio.

<Starà benissimo vicino a quello di Silverstone di Arthur> afferma, allungano il collo verso il fratello per baciare la sua guancia <Merci Bibou>.

<Te l'avevo promesso e io le mantengo le promesse> dice, sedendosi sul divano, proprio affianco a lei.

Arthur fa una smorfia spostandosi un po' più in là per lasciare loro più spazio <Siete sempre così smielati voi due> sottolinea, fingendosi disgustato da tutta quella dolcezza.

<E tu sei geloso> lo punzecchia Lorenzo <Ultimamente guai a chi ti tocca Clarice, o sbaglio?> domanda, curioso di sapere cosa sta davvero accadendo tra quei due che litigano sempre meno, anzi sembrano essere più affiatati del solito.

Il minore alza le spalle <Faccio solo quello che farebbe papà> mormora, molto sicuro delle sue parole, anche se inaspettate per tutti. Infondo loro non sanno, non possono sapere.

Clarice sospira, appoggia la testa sulla spalla di Charles e si domanda se è per questo che Arthur ha avuto quella reazione con Max, senza nemmeno chiedere cos'è successo prima.

<Per esempio> inizia, incrociando le braccia al petto. Clarice sussulta per paura che possa tradirla e dire qualcosa su Max, ma suo fratello non lo fa <Oggi, perché piangevi in quel modo?>.

<Era solo contenta per me Tutur> l'anticipa Charles, stringendola un po' più forte.

Clarice scuote la testa <Non lo so, è stato spontaneo, penso fosse perché ho realizzato di non aver mentito a papà> confessa, chiudendo gli occhi per qualche secondo.

<Mentito a papà?> domanda Charles, accarezzandole i capelli. Ha sempre adorato guardarla addormentarsi tra le sue braccia, ma soprattutto è felice di vederla parlare così tranquillamente di argomenti che fino a qualche mese prima evitava anche di accennare.

<Charles guiderà davvero per la Ferrari e io sarò lì quando perderà e soprattutto quando vincerà, sarò lì anche per te, te lo prometto> mormora, ripetendo le stessa parole usate con suo padre <E sono qui oggi, ti ho visto tagliare quel traguardo per primo, con il cuore che quasi mi esplodeva nel petto>.

Il pilota la stringe forte a sè lasciando un bacio sui suoi capelli profumati di vaniglia. Sospira pesantemente e sorride. Clarice non può vederlo, ma lo percepisce.

<Averti qui è la vera vittoria> afferma, scatenando in Arthur la solita smorfia che richiama l'ennesimo conato di vomito.

Lorenzo, invece, ha uno sguardo così innamorato e felice, da non vedere altro che tenerezza in quella scena, persino nelle prese in giro del pilota minore.

Ed è proprio guardando sua sorella che si accorge di dove va a posarsi il suo sguardo quando Max Verstappen passa davanti a loro dirigendosi verso l'hospitality della RedBull.

Il campione del mondo alza un mano per salutare Charles, che ricambia, ma non si ferma a parlare come al solito, anzi sembra persino di corsa. Forse per via dello sguardo di Arthur, così duro e infastidito da fargli alzare la guardia.

<Come va con Emilian?> domanda, quindi, di punto in bianco facendo sussultare Clarice. I suoi occhi stanno ancora cercando Max e i suoi pensieri sono rivolti a quello che tra poco accadrà. I due si sono dati appuntamento per risolvere la questione, per mettere un punto definitivo e voltare pagina.

<Non lo sai? Si sono mollati> risponde Arthur, per lei <Clarice si merita molto di più di quel coglione, bugiardo e stronzo> aggiunge, lasciando che il tono della sua voce lo tradisca. La rabbia è palese, nei movimenti, nello sguardo, nella voglia di spaccare il mondo.

A Lorenzo non resta che osservare, in silenzio, lasciando che sia Charles a parlare per tutti. Il pilota si guarda attorno spaesato, indeciso su cosa dire, ma prima di poter formulare un pensiero sua sorella si alza aggiustandosi la maglia che indossa.

<Ho fame, questi discorsi mi mettono appetito> scherza, facendo qualche passo avanti, verso la strada. Lorenzo le stringe il polso facendola voltare nuovamente.

<Stai scappando da una situazione scomoda?>

<Sto scappando dal terzo grado e da tre fratelli maggiori iperprotettivi e forse anche un po' gelosi> confessa, con un sorriso divertito dipinto sul volto.

I tre non fanno in tempo a replicare, perché lei scompare inghiottita dalla folla, lasciandoli seduti nell' hospitality in preda a dubbi e domande a cui Arthur non vuole rispondere.

Cammina irrequieta, cercando con lo sguardo il pilota RedBull. Non lo trova, ma percepisce chiaramente la stretta sul suo braccio. Non può vederlo, ma sa che è lui a trascinarla in un buco tra un motorhome e l'altro.

<Qui non ci vedrà nessuno> mormora il pilota al suo orecchio. Il suo petto è schiacciato su quello della monegasca, lo spazio è poco, ma almeno è privato. Può sentirlo respirare in maniera affannata. I loro corpi si toccano, creando scintille che entrambe ignorano.

Clarice alza lo sguardo per guardarlo dritto negli occhi <Tanto è una cosa breve> afferma, allontanandosi leggermente dal pilota. Non c'è spazio, non c'è modo di scappare da quell'incastro.

<Sentiamo> la incalza, continuando a stringere il suo braccio.

<Cerchiamo di ridurre al minimo le occasioni in cui ci vediamo, meno sono meglio è>

Si guardano negli occhi mentre quelle parole rimangono sospese nell'aria. Suonano come bugie mascherate da promesse difficili da mantenere.

<Quindi abbiamo un accordo Leclerc?>

Petto contro petto, quello spazio ristretto sembra risucchiarli, fino a confonderli. I contorni si smarginano, diventano un tutt'uno che non ha inizio e nemmeno fine.

<Abbiamo un accordo, Verstappen>.




BUONE FESTEE
Natale si avvicina, il rouge è il suo colore, quindi eccoci qua con un nuovo capitolo che ha il sapore di un piccolo regalo 🎁
Buon Natale a tutt* e se non ci sentiamo prima, buon anno!!!
- S

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