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XVII. LIBELLULA

31 luglio 2022, Principato di Monaco 🇲🇨

Max si era ritrovato in quella situazione senza volerlo. Colpa del destino, lo stesso che ha messo sulla sua strada Lily - o meglio Clarice - e che continua a creare situazioni imbarazzanti per farli incrociare. Non può controllarlo, non questa volta almeno, e anche volendo non riuscirebbe.

È stato invitato, ormai mesi fa, a consegnare il primo premio alla vincitrice di una delle più importanti corse di atletica che il Principato organizza.

Per Clarice si tratta di una gara piuttosto importante essendo la prima dopo l'infortunio, inoltre corre in casa davanti alla sua famiglia. A nulla serve la consapevolezza di aver vinto quella competizione più di una volta, viste le condizioni del suo ginocchio nemmeno lei sa cosa può ottenere.

Considerando l'importanza dell'evento Max, nonostante avesse inizialmente declinato l'offerta, è stato costretto a partecipare in quanto campione del mondo in carica della F1; titolo che difficilmente vuole farsi scappare dalle mani.

Le polemiche attorno alla sua vittoria lo scorso anno ad Abu Dhabi non si sono ancora placate, e anche lui deve confessare che avrebbe voluto vincerla diversamente quella gara, avere un duello finale alla pari con Lewis per batterlo davvero, sotto ogni aspetto. La decisione non l'ha certamente presa lui, ma in cuor suo sa che, a parte inverse, avrebbe reagito in maniera più cruenta dell'inglese.

Il mondo è ingiusto, l'ha imparato da piccolo, quando Jos non faceva altro che ripetere "gioca sporco o rimarrai un perdente". Eppure lui ci si sente lo stesso, perdente. Sa di meritare quel titolo tanto quanto Lewis, e non per la loro ultima gara, ma per la stagione che hanno costruito insieme però non basta. Nemici in pista, nemici un po' anche nella vita reale, eppure necessari l'uno all'altro per coesistere, almeno lo scorso anno.

Questo è diverso, la vittoria di Charles in Austria non ha cambiato le carte in tavola. Sa di poter vincere e di essere l'unico artefice del suo destino, almeno quello in F1.

Nella vita reale, invece, a breve si ritroverà seduto al fianco della principessa di Monaco, pronto ad assistere ad una gara di Clarice, la stessa a cui aveva promesso pace e tranquillità.

Non è colpa mia, ci sono finito in questa situazione, si ripete, parcheggiando l'auto nel primo posto libero disponibile. Non ha saputo nemmeno dirlo a Clarice, infatti ha procrastinato fino a ritrovarsi di fronte all'impossibilità di nasconderlo ulteriormente.

Con un tonfo chiude la portiera infilando le chiavi in tasca, si guarda attorno cercando l'entrata di quell'enorme edificio verde. Ad attirare la sua attenzione, però, è la persona che scende dall'auto parcheggiata poco lontana da lui.

Il più piccolo dei Leclerc è appena arrivato, accompagnato da una ragazza che sembra essere la sua fidanzata. All'inizio non lo nota, ma quando i loro sguardi si incrociano Max può vedere la sua mascella indurirsi. Hanno un conto in sospeso, dopotutto.

Arthur si volta verso Carla ammorbidendo la sua espressione <Mon amour, tu inizia ad andare, io devo fare una chiamata, poi ti raggiungo> le intima, a voce alta, lasciandole un bacio sulla guancia.

<Va bene, raggiungo Charles, ma vedi di non fare tardi che Clarice ci tiene> si limita a rispondere la ragazza, avviandosi lentamente verso l'entrata, quella che Max nota solo ora.

Il silenzio e la tranquillità inusuale di quel posto vengono interrotti dai passi decisi di Arthur che fanno scricchiolare i sassi sotto le sue scarpe. Si avvicina a Max, fermandosi a qualche passo da lui.

<Non so cosa ci fai qui, ma te ne devi andare, ora> ordina, con tono deciso. Tutto il suo corpo si muove nervosamente, è pronto a cacciarlo con la forza se necessario. I suoi occhi, così simili a quelli di Clarice, non trattengono le emozioni.

Max lo vede, ma cerca di mantenere la calma. Stringe le dita attorno alle chiavi dell'auto, ancora nella sua tasca, scaricando la tensione.

<Mi hanno invitato, non ho potuto rifiutare> spiega, facendo un passo verso di lui <Non sapevo di tua sorella e non sono qui per lei>.

Sarà abbastanza come ragione? Alla fine non è tenuto a spiegare a lui i motivi della sua presenza lì, no?

<Non importa, ora lo sai> esclama il più piccolo, puntando il dito verso il terreno sassoso, come a mettere un punto a quella conversazione <Quindi, ora te ne vai>.

Non ci sono alternative, non per Arthur. Sua sorella ha già sofferto abbastanza, non può e non deve soffrire ancora. Lui è lì per assicurarsi che questo non avvenga, soprattutto non per colpa dell'olandese.

<Non devo spiegazioni a te, non sei nessuno Arthur> controbatte, lasciandosi dominare dall'istinto. Supera il monegasco con una spallata <Non puoi darmi ordini> chiarisce, infine, proseguendo per la sua strada, senza voltarsi.

A quel punto il più piccolo afferra il suo braccio, deciso a porre fine a quella discussione a modo suo <Non riesci proprio a non farla soffrire eh? Sai quanta importanza ha questa gara per lei?> domanda, a raffica, senza trattenersi più <Se tu l'amassi davvero lo sapresti> conclude, stringendo la presa.

Max si ferma, ma non si volta a guardarlo fino a quando il più piccolo non ha finito di pronunciare quelle parole. Conosce benissimo l'importanza di quella competizione, la difficoltà e le paure che si sono impossessate di lei e no, non vorrebbe mai farla soffrire, ma non possono evitarsi per sempre. Per quanto distruttivo sia diventato il loro rapporto, devono imparare a coesistere senza far scoppiare una bomba ogni volta.

<Non è a te che devo spiegare i miei sentimenti ragazzino> mormora, a denti stretti, spingendolo verso l'auto parcheggiata dietro di loro. Arthur barcolla, ma non molla la presa, anzi lo stringe più forte.

<Non mi frega un cazzo dei tuoi sentimenti, a me interessano solo quelli di Clarice> afferma, avvicinando il suo volto a quello di Max <E tu devi starle lontano Verstappen, capito?>.

Le serate passate a consolare Clarice e quello che è successo in Austria, lo fanno agire involontariamente. Strattona Max, spingendo entrambi lontano da quell'auto. Le sue unghie si conficcano nella carne pallida dell'olandese imprimendo un segno abbastanza visibile.

Un secondo prima di poterlo spingere effettivamente a terra e, magari, colpirlo - o forse no, non ha ancora deciso - Max reagisce per allontanare il suo braccio da quella morsa. In un movimento quasi rabbioso costringe Arthur ad indietreggiare, spingendolo di nuovo verso la macchina. Il monegasco, però, perde l'equilibrio finendo a terra; le sue mani fermano la caduta, ma la ghiaia le graffia permettendo ai sassolini di infilarsi nella sua pelle.

Max lo osserva, dall'altro, allungando persino una mano verso di lui. Non voleva farlo cadere soprattutto per evitare altre discussioni con Clarice. È stata lei a chiedergli di trattenersi, di non fare casini. Inoltre, il pilota è ben consapevole di poter attirare attorno a loro molti gossip, magari finendo sulla prima pagina di qualche giornale, distogliendo così l'attenzione dalla corsa e dovendo fornire spiegazioni valide.

Arthur osserva con riluttanza la mano dell'olandese allungata verso di lui. Si rimette in piedi da solo deciso a colpirlo dritto in faccia, così forte da stordirlo e risolvere il problema alla base.

L'arrivo di Lorenzo, giusto pochi secondi dopo che si è rimesso in piedi, interrompe il suo piano e lo costringe a rimanere lì, con il pugno chiuso, seppur dolorante, e lo sguardo infuriato. Il maggiore, che già ha notato tensioni durante il gran premio scorso, ammonisce Arthur con lo sguardo <Stiamo per iniziare, non vorrai perderti la sua prima gara> lo riprende, avvertendo così anche l'olandese della sua presenza.

Max si volta e lo saluta con un cenno del capo <Stavo giusto dicendo a tuo fratello che sarà super emozionalmente> mente, cercando di smorzare la situazione nella speranza di essere spalleggiato.

<Giusto, ma si sta facendo tardi, meglio entrare> mormora Arthur, a denti stretti, osservando prima l'olandese e poi suo fratello. I tre si incamminano verso l'entrata, senza più proferire parola. Max si allontana quasi subito, trascinato dallo staff. I due fratelli, invece, si dirigono all'area riservata agli atleti.

<Tu non dovresti andare sugli spalti?> domanda Lorenzo, notando che il minore non ha smesso di seguirlo e ha ancora le mani strette in due pugni. Lo conosce abbastanza bene da sapere quando è arrabbiato per qualcosa e, la presenza di Verstappen, ultimamente lo rende nervoso. Non ne conosce il motivo, ma è certo sia così.

<Devo parlare con Clarice> si limita a rispondere, fermandosi davanti alla sicurezza che lo divide dalla sorella. Deve avvertirla, deve prepararla alla presenza di Max.

Lorenzo scuote la testa indicando il pass che porta al collo <Serve uno di questi, Clarice l'ha preso solo a me, a voi ha riservato i posti in tribuna> spiega, davanti allo sguardo confuso del minore che scuote la testa energicamente.

<Allora dammelo, perché devo parlare con lei> ordina, deciso a litigare anche con Lorenzo se necessario. La rabbia che ha in corpo, non ancora sbollita, non gli permette di ragionare razionalmente e l'unico motivo per cui ancora non ha esagerato è il rispetto che porta verso suo fratello.

Lorenzo scuote la testa, ma si sfila lo stesso il pass dal collo <Sono disposto a dartelo, per cinque minuti, se mi dici cosa sta succedendo tra te e Max> lo ricatta, cercando un'alternativa valida per estorcere informazioni.

<Niente, non succede niente, mi sta sulle palle perché sta ostacolando Charles, problemi con questo?> ribatte, stizzito, allungando una mano verso quel stramaledetto pass.

Lo sa che Lorenzo non ci crede, lo vede da come si allontana <Che cosa devi dire a Clarice?> indaga, provando a cambiare argomento. C'è qualcosa che non torna, qualcosa che continua a sfuggirgli.

<Non sono cazzi tuoi Lolo> risponde, senza pensare alle conseguenze delle sue parole e al tono che sta usando. Non controlla nemmeno le sue azioni strappando così di mano il pass, che consegna quasi subito alla sicurezza, scappando via di lì il prima possibile.

La voce di Lorenzo che urla <Arthur, se le rovini la gara...> lo raggiunge lo stesso, anche se solo per qualche secondo. Riesce a completare lo stesso la minaccia, ma non si cura della cosa. Il suo unico obiettivo è trovare lo spogliatoio e parlare, finalmente, con sua sorella.

Ci impiega più del previsto, girando a vuoto e senza una traiettoria precisa, lui che sa sempre dove andare. Sono anni che non ha l'occasione di stare dietro alle quinte di una gara d'atletica e, nonostante la sua partecipazione a quella competizione ormai ogni anno, non ha mai varcato la soglia della tribuna a lui riservata.

Riesce a trovare Clarice solo grazie all'aiuto di Adele, Emilie e Floriane che incrocia per sbaglio in corridoio. Le ragazze lo avvisano che si trova nello spogliatoio, così quando si avvicina alla porta la intravede dallo spiraglio; è seduta su una panchina e sta guardando qualcosa sul tablet. Quando si avvicina, silenziosamente, sbircia più attentamente riconoscendo il video riprodotto.

Il volo di una libellula è così particolare quanto sconosciuto. I loro colori vengono ammirati da tutti, ma la loro capacità di volare in qualsiasi direzione -anche lateralmente e all'indietro- oltre a librarsi in un singolo punto per un minuto o più, non è fonte di attenzione.

Suo padre, però, le ha spiegato come funziona nei minimi dettagli. Quel giorno è impresso nella sua memoria soprattutto perché "dragonfly" è diventato il suo soprannome, quello che i giornali inglesi continuano ad affibbiarle.

Era un pomeriggio soleggiato, le nuvole sembravano non poter raggiungere la pista di kart dove Charles avrebbe corso da lì a poco. Per la prima volta i suoi genitori avevano acconsentito alla sua richiesta di vedere una gara. La sua felicità era palpabile e mischiata a quella di Arthur che stava iniziando ad approcciarsi a quel mondo.

Clarice aveva appena due anni e mezzo -quasi tre- e già correva nel prato verde di fronte alla roulette che condividevano con la famiglia Bianchi. Correva cercando di afferrare quell'insetto strano che, poco dopo, avrebbe scoperto chiamarsi libellula.

Si muoveva in modo buffo, con le manine tese in avanti, sicura di ogni passo. Quando le sue ginocchia impattarono contro il terriccio erboso, però, iniziò a strillare attirando l'attenzione di suo padre. Herve si avvicinò con calma prendendola in braccio il più lentamente possibile per non spaventarla ulteriormente.

<Cice, mon amour, non è successo nulla> la rassicurò, o almeno ci provò. Le lacrime non smettevano di bagnarle il volto, ma almeno le grida erano finite. Tra le sue braccia sapeva di essere al sicuro, sempre.

Il rapporto che aveva con suo padre era speciale. Lui l'adorava, forse perché era la più piccola o forse perché era l'unica femmina. E lei adorava lui, si rifugiava sempre tra le sue braccia appoggiando dolcemente la testolina sul suo petto, ascoltava il battito del suo cuore ed era felice, felice come poi non lo sarebbe mai stata.

<Non sono riuscita a prenderla> mormora, con il volto schiacciato sulla maglietta rossa di Herve. L'uomo sorride accarezzando dolcemente i suoi capelli <Le libellule sono molto veloci Cice, ma soprattutto possono volare in qualsiasi direzione e librarsi in un punto fisso per più di un minuto> spiega, indicando la libellula ora ferma in aria.

Clarice alza il volto per osservarla mentre la sua manina stringe forte il braccio del padre <Quindi non riuscirò mai a prenderla, è inutile che mi sforzo a provarci> esclama, mentre qualche altra lacrima esce dai suoi occhi.

Suo padre scuote la testa <Mon amour, vale sempre la pena provarci, sai?> domanda, asciugando le lacrime sul suo volto <Punta sempre alla luna Cice, mal che vada finirai su qualche stella>.

Il video prosegue con suo zio che sposta la telecamera verso Pascale, intenta ad avvisarli della gara che da lì a poco avrebbe preso il via. Clarice la ricorda bene, Charles ha vinto e ha trascinato sul podio sia lei sia Arthur. Da quel gradino sembrava tutto più bello e le parole di suo padre avevano finalmente un senso.

Arthur, da dietro la porta, la osserva spegnere il tablet appoggiandolo sulla panchina <Cice> la richiama facendola sussultare. È il soprannome che le ha dato Herve, nessuno si è mai permesso di usarlo dopo la sua scomparsa, tranne Arthur. E usa anche lo stesso tono di voce facendola tornare indietro nel tempo, un tuffo in quel passato da cui cerca costantemente di scappare.

<Thur, che ci fai qui?> domanda, voltandosi verso di lui. Nel mentre si alza aggiustandosi meglio i pantaloncini che indossa e controllando che i lacci delle sue scarpe siano perfettamente allacciati.

Il fratello chiude la porta appoggiandosi poi sopra di essa <Max è qui> mormora, senza troppi giri di parole <Ho provato a mandarlo via, ma...>

<Che hai fatto Arthur?> lo incalza, avvicinandosi di qualche passo a lui. Dopo quello che è quasi accaduto lo scorso weekend ha paura di ciò che i due ragazzi possono fare.

Il maggiore sospira <Nulla, io nulla, lui mi ha spinto a terra> si difende, alzando le mani. Nonostante il gesto sia fatto per scrollarsi di dosso la colpa, mostra i suoi palmi graffiati dai sassi presenti sull'asfalto su cui Max l'ha spinto.

Clarice lo nota e afferra la sua mano sinistra <Te l'ha fatto lui?> domanda, spostando lo sguardo dalle mani del ragazzo al suo volto. Arthur scuote la testa <Non è nulla, tranquilla> mente, per non farla preoccupare ulteriormente.

La monegasca sospira lasciando andare la sua mano <Cosa ci fa qui Max?> dice, dando voce ai suoi pensieri. Quel ragazzo è ovunque, non riesce ad evitarlo. Sa che andando alle gare di Charles deve aspettarsi la sua presenza in circuito e, a volte, anche la sua vittoria. Ma questa è una competizione che non lo riguarda e, nonostante la presenza di svariati piloti - tra cui persino Lewis - la sua non è ben accetta.

<L'hanno invitato a premiare le vincitrici> spiega Arthur, ancora nervoso per l'incontro avuto con il ragazzo <Ma a te non deve interessare, oggi corri per te stessa, per tornare ad essere la migliore> aggiunge, sperando che le sue parole l'aiutino ad affrontare questa sfida.

Clarice si sistema la coda e annuisce, sicura di quello che vuole fare oggi. È la prima gara dopo l'operazione, vincere è praticamente impossibile e lei questo lo sa. Però si sente bene, nonostante il suo ginocchio abbia bisogno di altro tempo, la strada è quella giusta e lei vuole provarci e vuole mostrare a Max ciò di cui è davvero capace.

<Miro alla luna Doudou...> sussurra, guardandolo dritto negli occhi.

Il fratello si lascia scappare un piccolo impercettibile sorriso <Al massimo finisci su qualche stella> conclude, per lei.

Clarice annuisce dirigendosi verso la porta, stringe forte la maniglia e, prima di aprirla, avvisa il fratello dell'ultimo cambio di programma <Avviso Lolo, resti tu con me oggi, ci vediamo tra dieci minuti a bordo pista, porta il borsone> poi scompare, lasciandolo lì in piedi senza sapere bene cosa dovrà fare.

Dieci minuti dopo si ritrova seduto sulla panchina a bordo pista, la borraccia della sorella tra le mani e lo sguardo diretto verso la sua famiglia. Lorenzo vorrebbe ucciderlo, lo sa, ma deve rispettare la scelta di Clarice.

La minore l'ha convinto marciando sul fatto che proprio Lorenzo le aveva chiesto di dare più attenzioni ad Arthur. Il maggiore non ha potuto ribattere e ha così preso posto di fianco a Charles.

Lo sguardo della monegasca, comunque, è fisso sui suoi piedi. Vuole evitare di vedere Max, comodamente seduto al fianco della principessa. Lui si fa molti meno problemi e, senza nemmeno sforzarsi di contenersi, la osserva aggiustarsi le scarpe e prepararsi per quella che sarà una gara piuttosto interessante.

<Clarice Leclerc è la migliore, ma non credo che riuscirà a raggiungere il podio oggi> il commento della principessa fa storcere il naso a Max. Il pilota cerca di nascondere quel gesto volontario rimanendo concentrato sulla pista. I numeri scritti in grande indicano la casella di partenza, il terriccio rosso fa contrasto con il resto dell'ambiente.

Si morde l'interno della guancia, stando attento a tenere le parole che vorrebbe dire dentro di lui. Non risponde subito alla principessa, ma si costringe a forzare un lieve sorriso prima di dire <Stiamo a vedere> convinto che per Clarice quella gara sarà comunque un successo.

<Ci sarà anche lei alla cena questa sera, sicuramente avrete modo di conoscervi meglio> lo avvisa, cordiale come sempre. Max annuisce, deglutendo forte per non strozzarsi con la sua stessa saliva. L'invito a partecipare alla cena organizzata direttamente dai principi l'aveva lusingato, ma non aveva messo in contro la sua presenza, cosa che ora lo rende nervoso. Il suo ginocchio si muove in automatico, non riesce a frenarlo nemmeno concentrandosi su altro.

Clarice, nel mentre, attende il suo turno in piedi al fianco di suo fratello. Questo è, per lei, il momento più delicato. Prima della sua gara, i 100 metri, gareggiano Adele e Floriane per i 200, già posizionate in griglia. Lei ed Emilie faranno la gara insieme e sa già che la biondina avrà la meglio, spera solo di battere il resto della griglia.

<Cosa ti dice Lorenzo in questi casi?> domanda Arthur, totalmente inesperto. Di solito è il maggiore a restare al suo fianco, a volte è capitato che rimenesse Pascale oppure Charles, ma avviene molto raramente. Per Arthur è la prima volta, da solo almeno.

Clarice sorride conoscendo perfettamente le parole che Lorenzo le avrebbe sussurrato all'orecchio, ma non sono quelle che vuole sentirsi dire. Scrolla le spalle e si volta verso il fratello <Le solite cose> mormora, in risposta, poggiando una mano sulla sua spalla <Puoi non dire nulla Tutur, non sei obbligato>.

Il ragazzo sembra pensarci, lascia vagare i suoi occhi sul viso della sorella ricercando qualcosa che non conosce. Nel mentre, Adele taglia il traguardo per prima, Floriane subito dopo di lei. I due vengono distratti dai festeggiamenti a cui Clarice si unisce quasi subito, lasciando Arthur in piedi, da solo.

Quando la calma e il silenzio tornano a calare intorno a loro, Clarice si ritrova nuovamente in piedi di fianco a lui. Arthur fa scontrare le loro spalle spingendola un po' più in là, un gesto a metà tra il darle fastidio e il tenero.

Clarice si volta sorridendo leggermente, stringe più forte la sua coda posizionando meglio i suoi capelli, poi sospira <È il mio turno> afferma, guardandolo dritto negli occhi.

<Andrà bene Cice> mormora, sicuro di sè <Io, comunque, ti aspetto qua> aggiunge notando come i suoi occhi, al cospetto di quell'ultima frase, si inumidiscono.

<Papà mi diceva sempre qualcosa di simile> confessa, inspirando forte. Vorrebbe aggiungere altro e, forse, non è l'unica. Anche Arthur sembra voler rispondere, ma è troppo tardi.

Clarice si volta, il peso di quell'infortunio sulle spalle, i mesi di riabilitazione che le scorrono davanti mentre due iridi azzurre entrano nella sua visuale facendole da sfondo a ogni singolo sforzo che ha dovuto compiere per arrivare lì dov'è ora.

Pensava che la presenza di Max l'avrebbe sconvolta, quasi destabilizzata, ma è confortante. L'olandese non la sta sfidando, anzi sembra più nervoso di lei, tifa per lei. I suoi occhi non smettono di seguirla, Clarice lo sa, può sentire il suo sguardo bruciarli addosso. Eppure questo la rende più forte, più decisa e determinata di prima.

La piccola libellula si posiziona sulla casella numero sei, al suo fianco Emilie le sorride prendendo posizione. Clarice punta lo sguardo verso la sua caviglia, quel piccolo sedici inciso sulla pelle la fa sorride, come sempre.

Alza il suo sguardo verso gli spalti un'ultima volta, nota Charles concentrato e speranzoso, Lorenzo agitato e preoccupato come Pascale. Ci sono anche Carla e Charlotte lì con loro. Si volta leggermente verso il lato della pista, Arthur è ancora lì, in piedi ad aspettarla.

Quello, in realtà, è l'ultimo sguardo che riserva al mondo esterno. Di solito trova Lorenzo, prima di lui Iris o suo padre. Poi chiude gli occhi per qualche secondo, riaprendoli solo per guardare l'obiettivo: il traguardo.

Per la prima volta la sua routine si spezza, non abbassa il capo verso i suoi piedi, non chiude gli occhi, non fissa la linea infondo alla pista. Alza lo sguardo e lo incrocia con quello di Max.

Il ragazzo la sta già osservando, ma non può fare a meno di sorriderle quando nota i suoi occhi smeraldo cercarlo nella folla. Si guardano per qualche secondo, una scarica elettrica attraversa il corpo di entrambe. Poi Clarice abbassa il capo, chiude le palpebre per qualche secondo e torna a guardare il traguardo aspettando il via per poterlo raggiungere il prima possibile.

La maglia bianco rossa che indossa si appiccica al suo petto quando, finalmente, il suono netto della campana le indica che è il momento di partire. Ascolta il suo respiro, si concentra ad ogni passo dimenticando il resto, dimenticando persino Max.

Quando corre lascia andare ogni peso, è l'unico momento in cui non sente niente. E anche il dolore al ginocchio sembra lontano, tanto che non si cura del fastidio che le procura. Lei corre, consapevole di essere più lenta del solito, ma determinata.

Max la osserva attentamente non spostando mai lo sguardo dal numero sedici, lo stesso di Charles. Dura solo pochi secondi, sono talmente veloci che l'arrivo al traguardo è quasi immediato. Nonostante questo può vedere lo slancio finale della monegasca che recupera almeno due posizioni, concludendo la gara quarta.

Certo, non è ciò che voleva, ma raggiunta la linea del traguardo tutte quelle paure insensate si allontanano. Il quarto posto non è il primo, occupato da Emily, ma è un risultato più alto di qualsiasi aspettativa soprattutto considerando quanto il suo ginocchio pulsa e il dolore, ora che il suo attimo di pace è concluso, si faccia sentire prepotentemente.

Sorride, abbracciando la sua amica. La bionda la stringe forte e Clarice si lascia andare in un sorriso luminoso <Brava Mil, sei stata bravissima> mormora, allontanandosi il giusto per poterla guardare negli occhi.

Azzurri, come quelli di Max, ma lucidi e fieri di essere lì, di aver finalmente portato a termine questo peso che da anni è sulle sue spalle.

<Sono felice che tu sia tornata> confessa Emily, abbracciandola nuovamente. A loro si uniscono anche Adele e Floriane, sotto lo sguardo dolce di Arthur e quello fiero di Max.

––– 5h dopo –––

<COSA?> esclama, con un tono di voce così alto che probabilmente l'hanno sentita anche i vicini <Io con quello non ci vado, SCORDATELO> aggiunge, scuotendo la testa ripetutamente. Quasi distrugge la borsetta che tiene tra le mani mentre pensa a quanto sia assurda l'intera situazione.

<Clarice, mon bijou, mi dispiace io non posso accompagnarti alla cena> ripete, stringendo le mani attorno alle sue spalle per cercare di tranquillizzarla <La Scuderia mi ha incastrato con questo impegno dell'ultimo minuto e domani mattina ho il volo all'alba e l'unico modo è...>

<Ho capito Charles> lo interrompe accompagnando le sue parole con un gesto della mano <Ma ti sembra il caso di chiedere a Max Verstappen di venire alla cena insieme a me?> domanda stizzita.
Sa che le intenzioni di suo fratello sono buone, ma a quella festa ci sono molte altre persone e indicare come suo "più uno" il pilota RedBull è una pessima decisione, a prescindere dal fatto che nessuno sa davvero cos'è successo tra loro.

Charles sospira chiudendo per qualche secondo gli occhi <Max andrà comunque alla cena, quando l'ho visto alla tua gara ho pensato che...>

<E hai pensato male, secondo te posso salire in auto con quello?> domanda, con una punta di fastidio incontrollabile che esce fuori dai movimenti del suo volto. Ora non può certo dire che preferirebbe prendere un taxi, soprattutto se la pone in questo modo, ma il vero senso della sua frase non è riferito alla paura che ha quando sale in auto con sconosciuti. Non può farsi accompagnare da Max perchè rischierebbe di mandare a puttane tutto il lavoro svolto fin qui, cascando nella sua rete ancora.

<Quello è il campione del mondo in carica> le fa notare Charles.

<Sai quanto cazzo mi importa a me di cos'ha vinto? Io non ci voglio avere niente a che fare> ribatte, con forza, liberandosi delle mani del fratello che nel frattempo cerca di afferrarle l ameno. Non smette di guardarlo, di trasmettere tutto quel dolore che si porta dentro e che Charles non può decifrare. Non comprende, è confuso, non capisce cosa deve fare.

Lorenzo, seduto sul divano dietro di loro, alza il capo e si inserisce in quell'assurda conversazione cercando di scoprire qualcosa in più per limitare i suoi dubbi <Tu ed Arthur dovete spiegarmi che cos'avete contro Max> mormora, facendola sobbalzare.

Arthur non c'è, è fuori con alcuni suoi amici e non può difenderla questa volta. Non hanno ancora parlato di ciò che è successo alla gara, sa solo che per ottenere il pass ha avuto una mezza discussione con Lorenzo che adesso sembra avere sospetti.

Non sapendo cosa fare ignora le sue parole concentrandosi su Charles <Non puoi chiamare Max e dire che prendo un taxi?> domanda, più gentilmente questa volta.

<No, ormai è qui sotto e ti sta aspettando>.

Il cuore di Clarice perde un battito, una reazione inaspettata scatenata dalla sola idea di rivederlo, di condividere con lui l'abitacolo di un'auto respirando la stessa aria, ammirando lo stesso panorama. Ha paura di non sapere come reagire, di rimanere incastrata in un punto e non riuscire più ad andare avanti o indietro. Max la destabilizza, la fa sentire fragile e allo stesso tempo immensa.

Lo ama come forse non ha mai amato nessuno e più lo ama più si odia per questo, più sente il peso delle sue bugie. Ha creduto in lui, ha dato fiducia, ha costruito un castello di carte che è crollato alla prima folata di vento e ora ha paura di costruirne un altro, altrettanto debole, e di vederlo crollare nuovamente.

Serra le labbra, sconfitta davanti alle parole del fratello, e annuisce preparandosi alla battaglia, la sua contro se stessa. Non dice niente, stringe più forte la sua borsetta e lascia parlare i suoi tacchi che fanno rumore mentre si scontrano con il pavimento.

<Se hai bisogno chiamami> esclama Charles poco prima di vederla scomparire dietro al muro.

Clarice non risponde, apre la porta e poi la richiude alle sue spalle. Scende le scale lentamente sentendo il peso di ogni passo, il cuore battere veloce e il panico salirle in gola. Vorrebbe scappare, ma non servirebbe a nulla. Deve affrontare quel dolore che continua a farsi strada sempre più forte, lasciare che l'attraversi, farlo suo e andare avanti.

Quanto difficile sia lasciare andare qualcuno questo lei lo sa più di chiunque altro, ma quando apre il portone del suo palazzo e si trova davanti una Ferrari rossa e il campione del mondo in carica in smoking, perde il senno e pensa che, forse, dovrà andare cercarlo sulla luna come ha fatto l'Orlando di Ariosto.

Nessuno dei due parla, non c'è bisogno di parole, riescono a capirsi con un solo sguardo. Max apre la portiera e la guarda sfilare sotto i suoi occhi, il vestitino bianco le fascia il corpo alla perfezione, lo scialle argento si abbina alle scarpe, i movimenti sono leggiadri come sempre.

Poco dopo la raggiunge sedendosi al suo fianco. Parte immediatamente facendole sentire ogni singolo cavallo di quella macchina italiana che continua ad essere la meta più ambita di ogni pilota.

Il silenzio avvolge lo stretto abitacolo, i loro respiri affannati sembrano essere sincronizzati, i loro occhi non si cercano. Clarice sente di essere nel posto sbagliato, ma che va bene così perchè è davvero l'unico in cui vorrebbe trovarsi.

A volte, quando passa davanti al centro del Polo o va a correre raggiungendo il loro posto, immagina Max affianco a lei, le sembra quasi di poterlo vedere. I ricordi si intrecciano, diventano corone di fiori che sbocciano e colorano tutto il suo mondo. Le manca, ma allo stesso tempo lo odia.

<Sei stata brava oggi> mormora il pilota, interrompendo ogni suo pensiero.

La sua voce è ancora calda, accogliente. Il complimento sembra sincero, ma forse è solo una sua impressione. Il suo è un quarto posto, ad un passo dal podio, e di buono c'è solo l'aver concluso la gara senza troppo dolore e con la stessa determinazione di sempre.

<Mi spiace che Charles ti abbia chiesto di accompagnarmi, potevo prendere un taxi> cambia discorso, ignora le sue parole, delinea un percorso lontano da Max e da tutto ciò che rappresenta. Lei si trova lì, ma lui deve credere che avrebbe preferito trovarsi in un altro luogo.

L'olandese scrolla le spalle, stringe più forte il volante e sospira pesantemente <Quindi al ritorno prendi un taxi?> domanda, stando al gioco.

<Certo, e alla festa evitiamo di stare troppo vicini per favore> risponde, fredda e distaccata. Un gelo inaspettato cala tra i due, i loro occhi guardano in tutte le direzioni senza mai incontrarsi, i loro corpi non si sfiorano consapevoli che una scintilla potrebbe essere letale per entrambe.

Restano così, in silenzio, mentre aspettano di arrivare a destinazione per sedersi il più lontano possibile ed ignorarsi tutta la sera. E questo accade, separati da una fila immensa di persone interessate ad intrattenere con loro le più varie conversazioni, distanti anni luce, ma consapevoli della presenza l'uno dell'altra.

Forse è la consapevolezza di condividere lo stesso spazio che porta Clarice a spostare il suo sguardo su Max quando lo sente alzarsi dal tavolo. Le passa affianco, proprio dietro di lei, e anche se non può vederlo respira il suo profumo.

Un brivido attraversa la sua spina dorsale, i suoi occhi tremano, la forchetta tra le sue mani scivola sul piatto, le parole delle persone attorno a lei diventano distanti. Resta ferma fino a quando Max non scompare dietro la porta della terrazza, poi non controlla più nulla. Il suo cervello va in blackout, l'unica scelta possibile è quella che compie.

Si porta il tovagliolo alle labbra, poi lo poggia sul tavolo <Scusate, ho bisogno di un po' d'aria> spiega, alzandosi in piedi. Cerca di controllare le gambe per non correre, ma raggiunge velocemente la sua destinazione.

Sta attenta che attorno a lei non ci sia nessuno prima di lasciarsi alle spalle l'intera sala da pranzo. I suoi tacchi riecheggiano sul marmo bianco e nero, ma Max non sembra esserne sorpreso. È ancora in piedi, voltato si spalle, lo sguardo puntato sul mare.

La stava aspettando.

Clarice osserva la sua schiena coperta da quella giacca nera fin troppo elegante. Fa qualche passo in avanti e lo raggiunge, poggiando le mani sul davanzale.

Davanti a lei il mare, di fianco due occhi dello stesso colore. Si voltano in sincronia, facendo scontrare il loro sguardo per pochi secondi. Si sorridono prima di tornare a godersi il panorama.

Le dita delle mani si sfiorano senza toccarsi, ma entrambe percepiscono la presenza dell'altro. Le parole non sono più necessarie, il silenzio rende perfettamente ogni loro mancanza e il desiderio di restare vicini pur restando lontani.

Max si accorge subito che, dopo qualche minuto, l'aria fresca proveniente dal mare fa tremare leggermente Clarice. La ragazza rimane ferma, ma il pilota sceglie di fare qualcosa.

Si sfila la giacca, l'appoggia lentamente sulle sue spalle, e le cinge il bacino spingendola verso di lui con delicatezza. La ragazza sussulta, si volta leggermente verso l'olandese guardandolo per qualche secondo.

<Grazie> sussurra appoggiando il capo sul petto di Max. Il cuore del ragazzo batte forte, quasi quanto il suo. Sorride al pensiero, poi torna a guardare il mare, e per la prima volta dopo tanto tempo è sicura di essere al posto giusto.



HERE WE ARE
Quanto tempo è passato? Forse troppo!
Ho letto e riletto questo capitolo per mesi, spesso ho cambiato qualcosa e altre invece le ho "rimandate, ma oggi non ho proprio il coraggio di farlo quiiiindi potrebbero esserci errori, fatto sta che la mia mente ha partorito ciò e spero sia all'altezza.
Buona vacanze gente, anche da Clarice e Maxie

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