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XII. BUTTERFLIES

22 giugno 2022, Red Bull Ring, Spielberg, Austria🇦🇹.

<Dimmi che scherzi>

La voce di Altea, un po' tecnologica, le arriva ditta nelle orecchie infastidendola e sovrastando quella delle sue amiche. Clarice allontana le cuffie sospirando appena.

<In un circuito, con Emilian, davvero?> domanda Adele, la voce leggermente stupita.

Prima che Clarice possa effettivamente rispondere in maniera affermativa, Emilie la interrompe <Una grande idea> commenta, in maniera ironica.

<Secondo me, invece, è perfetto> esclama Floriane, decisamente più felice delle altre <Soprattutto il post serata in Hotel>.

La monegasca sospira, di nuovo, maledicendosi per aver iniziato quella chiamata di gruppo. Le sue amiche continuano a discutere su quanto sia avventato, stupido o incredibile ciò che ha deciso di fare.

Lei, seduta nel taxi, ha già abbastanza domande per se stessa e non ha bisogno che qualcuno le complichi la vita.

<Ho solo bisogno che mi copriate con la mia famiglia> esclama, interrompendo quella discussione inutile <Ci conto, ora sono arrivata e devo salutarvi>.

Non lascia il tempo, a nessuna di loro, di rispondere sicura che tanto la copriranno. Una volta chiusa la chiamata si volta verso il taxista, che sta aspettando di essere pagato. Senza perdere altro tempo lo ringrazia e scende da quell'auto ritrovandosi all'entrata di quell'immenso circuito.

L'ultima volta che ha messo piede in una pista era il gran premio di Montecarlo, quando Jules l'ha obbligata ad andare. Il pilota era l'unico in grado di aiutarla a superare quell'incubo, fino al suo incidente riusciva almeno a guardare la F1 in televisione.

Poi il buio totale ed un solo pensiero fisso: potrebbe riaccadere, potrebbe toccare a Charles o ad Arthur o a Pierre.
Forse dovrebbe aggiungere anche Emilian, ma almeno lui non la guida una F1.

I suoi pensieri vengono interrotti proprio dalla voce del ragazzo che, improvvisando una piccola corsa verso di lei, alza la mano per salutarla.

<Lily, stai sbagliando direzione> ride, guardando la ragazza camminare senza una meta precisa all'interno del paddock deserto.

<In questo posto non c'è nessuno> esclama, mostrando un piccolo sorriso quando il ragazzo, finalmente, la raggiunge.

Emilian, in un gesto spontaneo, poggia le sue labbra su quelle della ragazza. È uno sfioramento che dura qualche secondo, il tempo di un bacio a stampo. Poi si allontana guardando attentamente l'outfit della ragazza. Ha un semplice pantaloncino in jeans e una canotta rossa che fa risaltare i suoi occhi. Nella borsa dev'esserci il cambio e, forse, anche un giacchino. Ovviamente non possono mancare gli occhiali da sole, incastonati tra i suoi capelli. Sorride a quella visione accarezzando dolcemente la sua mano.

<Vieni con me>

Clarice non riesce nemmeno a rispondere, perché lui ha già iniziato a camminare e come sempre lei non riesce a far altro se non seguirlo, guardando le loro mani intrecciate. Il ragazzo ha indosso una tuta blu marcata RedBull, è allacciata alla vita e lascia intravedere la sua maglia termica bianca.

La monegasca vorrebbe concentrarsi su ciò che ha attorno, ma Emilian la trasporta velocemente al box mostrandole l'unica cosa -secondo lui- degna di valore.

<Oggi guido questa meraviglia> spiega, indicando l'auto marcata anch'essa RedBull, che sembra somigliare ad una F1, ma più grande.

Clarice si avvicina per guardarla meglio, ammira il blu della carrozzeria, le linee rosse che sembrano delinearne il contorno.
<Cha auto sarebbe, scusa?> domanda, cercando di capire a quale velocità può arrivare quel mezzo.

<Granturismo, somiglia ad una Formula 1, ma più grande, vero?>

La sua risata riempie l'aria facendo rabbrividire la monegasca che, di fronte a quell'abitacolo della morte, si sente mancare il fiato.

<E cosa dobbiamo farci con questa cosa?> balbetta, voltandosi verso i suoi occhi azzurri. La sua paura è così palpabile che persino il ragazzo se ne accorge immediatamente.

<Tu niente, io devo guidarla> spiega Emilian, sul volto ha dipinto il sorriso di un bambino, la sua mano è ancora stretta a quella della ragazza e la stringe forte, come a rassicurarla. 

Clarice scuote la testa allontanando il suo corpo da quello del pilota <Se vuoi guidarla va bene, ma io ti aspetto qua> dichiara, incrociando le braccia al petto.

<Tu ti infili le cuffie e ti metti al muretto, così comunichiamo via radio> le spiega Emilian, enfatizzando il concetto indicando con il capo il muretto, appena fuori dal box <Se hai paura, guarda lo schermo dei tempi ed evita di guardare me>.

<Emilian, vorrei farti notare che se ti schianti contro un muro non c'è nessuno qua a parte noi e io non sono un medico> esclama la monegasca, in cerca di una motivazione valida per far cambiare idea al ragazzo.

<Il centro medico è pieno di dottori, poi ci sono i miei meccanici che staranno nel box> l'avvisa, sorridendo debolmente <Ho solo chiesto loro di lasciarci il nostro spazio>.

<Io non lo so, se diventa troppo e vado in panico?> domanda, con il respiro che si fa irregolare solo all'idea di avere un attacco di panico completamente sola.

Emilian sorride, accarezzando dolcemente le sue braccia provocandole qualche brivido <Ti prometto che non succederà, restiamo in contatto via radio> mormora avvicinandosi alle sue labbra <Non sei sola Lily, siamo insieme>.

Insieme. È una parola che la spaventa quasi di più di quella macchina, ma allo stesso tempo le consente di avere un coraggio mai provato prima. Lui è lì con lei, affronta la sua paura con lei.

<Va bene, ci provo> sussurra, abbassando lo sguardo verso le sue puma bianche. Emilian le sorride, alzandole il mento con due dita.

<Bacio portafortuna?> domanda, quasi ingenuamente, facendo ridere la ragazza di fronte a lui.

<Bacio portafortuna> ripete Clarice prima di annullare la distanza fra loro due.

Il modo in cui Emilian le stringe i fianchi e, attraverso un semplice bacio, cerca di infonderle coraggio le fa battere il cuore così forte da non riuscire a comprendere come ci sia finita davanti al muretto, con indosso le cuffie, gli occhi puntati verso il monitor dei tempi e il circuito a pochi centimetri da lei.

Il pilota l'ha accompagnata lì tenendole la mano, ma ora che non c'è può sentire il vuoto che ha lasciato, una mancanza che colma solo con il tono della sua voce che arriva direttamente alle orecchie della ragazza. La verità è che Clarice, nonostante Emilian sia sceso in pista, non ha mai guardato oltre il monitor, anzi il solo rumore di quell'auto la infastidisce.

La voce del ragazzo, però, le riporta alla mente anche i ricordi belli che si mischiano inevitabilmente con le sensazioni che prova. Ha paura, ora che si è affezionata a lui -dire il contrario sarebbe una bugia- non riesce a fare a meno di provare ciò che prova quando a correre sono i suoi fratelli.

Ciò che si sono detti l'altra sera, al loro posto, ora ha un senso. Ciò da cui è davvero spaventata non è la velocità, ma l'idea di perdere le persone a cui tiene di più al mondo. Certo, la sua paura nasce dai traumi che ha subito, dalle perdite che hanno segnato il suo percorso; la sua mente collega la velocità all'incidente e quindi al dolore di una scomparsa.

Un vuoto nel petto che non riesce a riempire, ma che Emilian sembra poter colmare. La sua voce calda la distrae, le parla dolcemente in contrasto con l'aggressività che mostra in pista. I suoi tempi hanno dell'incredibile, una costanza che difficilmente si può replicare. I suoi giri cambiano solo di pochissimi millesimi, quasi come se fotocopiasse ogni traiettoria.

<Sei incredibile> esclama, parlando più forte per farsi sentire dal pilota. Il suo sguardo non smette di guardare il monitor, la sua mente cerca diversivi per non concentrarsi sul rumore <I tuoi tempi sono incredibilmente sempre uguali>.

Emilian, però, la sorprende rispondendo a quell'affermazione <Ancora non mi hai visto correre> provocandola con un tono di voce deciso, seppur la radio riesca a mascherarlo.

Clarice sospira, così forte che il ragazzo la sente attraverso le sue di cuffie. I suoi occhi cercano i cordoli della prima curva, l'unica che riesce a vedere dalla sua posizione. Il pilota sta arrivando sulla linea di partenza, lo sente dal rumore sempre più vicino. I suoi occhi rimangono puntati sull'asfalto, lo aspettano consapevoli di non riuscire davvero a rimanere fissi senza quel tremore che le invade il corpo.

Quando la macchina di Emilian percorre la prima curva Clarice obbliga se stessa a non distogliere lo sguardo, a seguire la traiettoria perfetta del ragazzo che sembra sfiorare i cordoli con una precisione ed una maestria tali da poter incantare chiunque.

Tranne lei.

Questo perchè la monegasca vede davanti a sè solo scenari terribili, come se l'unica cosa che una macchina possa effettivamente fare è quella di sbattere contro il muro anche se la persona che la sta guidando lo fa in modo perfetto.

<Ci sto provando, ma non riesco a...> lascia la frase in sospeso tornando a concentrarsi sul monitor, lontano dalla pista, lontano da quell'abitacolo della morte, lontano dalla sua più grande paura, la stessa che vuole superare.

L'olandese sente il suo fiato pesante, ma non demorde, ricordandole che avere coraggio non significa non avere paura <Puoi farcela, credo in te> mormora, consapevole che quelle parole servirebbero più a lui. Per tutta la vita ha cercato questo da suo padre, ma ha trovato solo insulti e la costante consapevolezza di sentirsi una delusione di fronte ai suoi occhi.

<Non pensare al passato, vivi il presente> continua, cercando di farle coraggio, mentre un altro giro sta per giungere alla conclusione <Enjoy the butterflies>.

Clarice vorrebbe non avere paura, girare sui kart insieme ai suoi amici, presenziare alle gare dei suoi fratelli, non doversi inventare una scusa ogni weekend e, soprattutto, vorrebbe poter dimenticate quel giorno, levarlo dai suoi incubi.

<Enjoy the butterflies, come ti è venuta?> domanda, con un nodo stretto allo stomaco, mentre i suoi occhi si spostano sulla linea del traguardo.

<Non è mia> confessa il pilota, schiacciando più forte il piede sull'acceleratore <Ma concentrati sulle farfalle e guardami>.

La monegasca sospira di nuovo <La fai facile, ci riprovo comunque> afferma, sfiorando le cuffie con le dita. Lo schermo del monitor è lì, pronto a segnare l'ennesimo tempo fotocopia degli altri, ma non se ne cura.

Guarda la linea del traguardo e aspetta di vederlo, mentre sente il rumore dell'auto farsi sempre più vicino. Trema, come non ha mai tremato prima. Vorrebbe chiudere gli occhi, stringere forte le palpebre, annullare persino i rumori.

Eppure rimane ferma, anche quando lui passa sulla linea del traguardo e attraversa, con maestria, la prima curva per poi scomparire dalla sua vista. E lei rimane lì a fissare il punto dove lui scompare, mentre stringe forte le mani in un pugno.

<Lily? Ci sei?>

La voce di Emilian arriva ovattata alle sue orecchie, sente il cuore martellare nel petto mentre il respiro irregolare la costringe a cercare l'aria.

<Sto bene, credo> mormora, boccheggiando, mentre cerca di tornare al mondo reale, allontanando ogni piccolo suono che quei ricordi le procurano. Ora si che avrebbe bisogno di silenzio.

<Ho finito, ora entro ai box e ti raggiungo> l'avvisa il pilota, deviando verso la pit lane. Clarice annuisce, convinta che lui possa effettivamente vederla, anche se non è così.

Rimane in silenzio, mentre il rumore del motore si affievolisce e anche la pista sembra essere avvolta in una dimensione diversa.

Non sa come, ma riesce a muoversi sfilandosi le cuffie e saltando giù dalla sua sedia. Controlla per l'ultima volta il monitor dei tempi, notando ancora una volta quanto siano simili.

Inspira profondamente, nonostante il suo respiro sia impreciso, affaticato e irregolare. Sente la paura scorrere tra le sue vene, ma questa volta è consapevole di aver fatto un piccolo, impercettibile passo in avanti.

I suoi pensieri vengono interrotti dal cellulare che vibra nella tasca posteriore dei suoi pantaloncini in jeans. Sussulta per la sorpresa, prima di controllare chi la sta chiamando.

Sullo schermo compare una foto, quella sua e di Arthur all'età di cinque e sette anni, sorridenti e spensierati. Il nome del fratello occupa lo schermo e lei, senza nemmeno pensare, risponde portando il telefono all'orecchio in un gesto automatico.

<Ma puce, sono in finale> urla Arthur costringendola ad allontanare il cellulare per non rompersi un timpano <In finale, capisci?>

<Ho capito Tutur, ma puoi evitare di farmi diventare sorda?> domanda, cautamente, avvicinandosi al muretto per osservare meglio la pista, finalmente vuota e silenziosa.

<Sarà la sera del 27 giugno, tra cinque giorni, segnatelo su quella specie di agenda che ti ritrovi> ordina, con un tono un po' più basso, seppur eccitato.

<Non poss...>

<Hai promesso di esserci> le ricorda, interrompendola, e lei già se lo immagina con il broncio. Sorride al pensiero, mentre poggia una mano sulla rete che la divide dall'asfalto.

<Stavo solo dicendo che non ho nessuna agenda, me lo segno sul cellulare> spiega, scuotendo la testa divertita. Il suo respiro ora è tornato normale, i suoi pensieri sono lontani, su un campo da tennis.

<Segnatelo dove vuoi, basta che vieni> afferma il fratello, ma prima che lei possa effettivamente rispondere una mano si appoggia sul suo fianco.

Si gira di scatto trovando due occhi azzurri a scrutarla <Tutto bene?> domanda Emilian, il sorriso lieve dipinto sul volto, una semplice maglietta azzurra e un pantaloncino a fasciare il suo corpo.

<Puce, dove sei e con chi sei?> domanda Arthur, con tono indagatore, curioso di sapere a chi appartiene quella voce maschile anche se un'idea già se l'è fatta.

<Doudou, ora devo andare, ci vediamo domani> taglia corto, chiudendo la chiamata senza rispondere alla sua domanda e senza dargli il tempo di ribattere.

<Tutto ok?>

<Si, era solo mio fratello, ha vinto la partita di tennis ed è arrivato in finale> spiega, sorridendo al ragazzo di fronte a lei.

Emilan alza un sopracciglio confuso <Penso ti stia chiamando qualcuno> afferma, indicando il cellulare che continua a vibrare nella sua mano. Clarice nemmeno si è accorta, presa com'è ad osservare il pilota, della chiamata in arrivo.

Quando sposta lo sguardo verso il suo cellulare sospira alzando gli occhi al cielo quando vede la sua foto con Arthur, di nuovo.
La monegasca rifiuta la chiamata e decide di mettere in silenzioso il cellulare, infilandoselo nella tasca dei pantaloncini.

<Andiamo?> domanda, voltandosi verso Emilian. Il ragazzo annuisce stringendo forte la sua mano, trascinandola così verso l'uscita di quel circuito.

~~~

Clarice traccia con due dita un percorso immaginario sul petto del ragazzo, cerca di collegare ogni neo presente sulla sua pelle candida.

Emilian ha le guance rosse, il respiro irregolare e i suoi occhi sono più azzurri del solito, forse anche più grandi. Il suo collo accoglie le punte dei capelli castani di Clarice mentre la guancia della ragazza è schiacciata tra il suo braccio e il suo petto.

Il suo corpo nudo si incastra perfettamente con quello della monegasca. La sua pelle è più scura della sua, meno rossa, per questo fa contrasto. Il suo sguardo è perso lungo quelle linee rosse che lei stessa a disegnato.

Continua a guardare il corpo perfetto della ragazza, la sua pelle fredda si scontra con la sua fin troppo calda. L'ammira cercando di captarne i pensieri, ascoltandone i respiri, cullandone le paure.

<A cosa pensi?> domanda, mentre con la mano libera accarezza dolcemente i suoi capelli.

La monegasca continua a muovere le sue lunghe dita su quella pelle candida, fermandosi di tanto in tanto ad accarezzare qualche punto. Si prende il suo tempo prima di rispondere. La sua mente è lontana, a quei giorni spensierati in cui le cose davvero importanti erano poche, ma lei ancora non sapeva vederle.

<A mio padre> confessa, alzando i suoi bellissimi occhi verso di lui. Non ha ancora capito se sono verdi o azzurri, sembrano cambiare colore in base alla luce. Il ragazzo annuisce, aspettando il continuo, in silenzio. Le lascia il tempo e lo spazio necessario per raccontare ciò che si sente.

<Due giorni fa era il quinto anniversario della sua scomparsa> spiega, con la voce leggermente inclinata <Oggi ho cercato di affrontare la mia più grande paura, penso di esserci anche riuscita in parte, ma non so se lui è fiero di me>.

<Perché non dovrebbe esserlo?> domanda il ragazzo, allungando una mano verso il lenzuolo per coprire i loro corpi nudi, uniti, ansimanti.

Clarice sospira, tornando ad appoggiare il capo sul corpo caldo di Emilian <Perché per quanto io mi sforzi, non riesco a smettere di tremare> mormora, continuando distrattamente ad accarezzare il petto del ragazzo <Ho costretto me stessa a guardare oggi, ma erano solo due giri, con te che mi parlavi in radio, non ci riuscirei per una gara intera>.

<Secondo me hai bisogno solo di una spinta> afferma il pilota, accarezzando la sua guancia <Lunedì ti porto con me a fare un giro in pista e vediamo come va>.

<In pista? Sei impazzito?> domanda, alzando di scatto il capo, lasciando ai gomiti il compito di sorreggere il suo corpo <Vuoi vedermi morire d'infarto?>.

Emilian scoppia a ridere e, senza nemmeno pensarci, lascia un leggero bacio sulle sue labbra <Te l'hanno mai detto che sei melodrammatica?> chiede, spostando una ciocca dei suoi lunghi capelli dietro al suo orecchio.

<Si, i miei fratelli, quasi tutti i giorni> ribatte, alzando le spalle <E comunque, lunedì sera ho la finale del torneo di tennis di quell'idiota di mio fratello, l'ho promesso>.

<Entro sera saremo a casa, quindi non hai scuse> risponde prontamente il ragazzo <Andiamo al Paul Richard, sono due ore di auto, ti vengo a prendere e ti riporto, saremo solo io, te e la pista>.

<Io, te e la pista, non mi piace> si lamenta, scuotendo la testa <Metti che poi diventa io, te, la pista e la macchina contro il muro?>.

<Ti divertirai Lily, ti prometto che finirai per chiedermi di andare più veloce> afferma il ragazzo, rubandole un altro bacio.

Clarice, questa volta, lo approfondisce portando una mano dietro il collo del ragazzo per avvicinarlo un altro po' a lei, vogliosa di ben altro.

Il pilota si allontana con un sorriso dipinto sul volto <Vuoi farlo ancora?> domanda, riferendosi al fatto che è già la seconda volta che consumano quella sera.

La monegasca annuisce <Certo, voglio mostrarti come posso chiederti di andare più veloce anche senza salire sopra una macchina> spiega, con un sorriso malizioso dipinto sul volto.

Il pilota osserva il suo corpo, spoglio di ogni indumento, posizionarsi sopra di lui. Il suo seno è lì, alla portata delle sue mani, mentre i capelli della ragazza solleticano la sua fronte.

Non riesce a dire niente, perché lei ha già preso il controllo della situazione, senza lasciare spazio a nessun pensiero se non quello di voler fermare il tempo a quel momento.

Quando Max si unisce a lei, lasciando scorrere le dita lungo i suoi fianchi, sente finalmente di essere speciale non come pilota, ma come persona.

E nello stesso momento, quando Clarice decide di accogliere il ragazzo dentro di lei, guardando dall'alto i suoi occhi azzurri, sente colmati tutti i suoi vuoti e tutte le sue paure.

Tra quelle lenzuola perlate, dove il loro amore è già stato consumato ed è pronto a consumarsi ancora e ancora, entrambe percepiscono la magia di un sentimento così forte da farli restare senza fiato.

Forse è questo che significa davvero enjoy the butterflies.

Perchè solo in quel momento riescono a godersi le farfalle.

BUONASERA BELLISSIMA GENTE
Come va?? Siete sopravvissute al gran premio di Montecarlo?
Io devo ancora riprendermi, ma eccoci quaa, nel bellissimo circuito del RedBull Ring, dove finalmente la nostra Clarice ha trovato il coraggio di guardare una macchina girare in pista.
E ha anche intenzione di salirci, la prossima volta, con la speranza di non morirci d'infarto!

Comunque, questo capitolo non così tanto lungo, serve ad introdurre due o tre capitoli pesanti, moooolto pesanti e lunghi, quindi godiamoci questa spensieratezza.

Che dire, se vi è piaciuto non dimenticatevi la stellina ⭐️
Qua vi lascio il nome di Instagram per chi ha voglia di parlare, fare cose, vedersi le mie storie senza senso:

@unalacrimanelmare_wattpad

Vi auguro una buona serata.
Alla prossima, si spera mooolto presto, soprattutto perché nel prossimo capito parliamo di porte 🚪
Un bacio🥰
-S.

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