04. "Non ti succederà niente"
🌜 Non aver paura di sognare 🌛
“Can we pretend that airplanes in the night sky are like shootin' stars”
-B.o.B & Hayley Williams
Nonostante l'aria brumosa che mi circonda, sento il sudore freddo scendere sulla mia schiena rigida e calda, i muscoli sono contratti e ho un groppo che mi graffia la gola.
Ho posato la bici e ora ciondolo su me stessa, incapace di afferrare la maniglia e aprire la porta. Improvvisamente mi sembra tutto più piccolo e soffocante.
Mi faccio coraggio e la apro lentamente. Una goccia di sudore scivola dalla tempia verso il basso. Appena sento il click della porta che si chiude, sospiro e inizio ad arrancare verso la mia stanza.
Mi sembra assurdo che io abbia paura di entrare in casa mia. Mi sembra assurdo che io sia finita in una situazione del genere e che ogni giorno peggiori tutto quanto.
Un colpo di tosse dietro di me mi fa impietrire. Rimango con la mano sospesa davanti alla porta della mia stanza, con il cuore che galoppa nel petto e le mani che iniziano a tremare e sudare.
«Dove sei stata?», domanda in tono fermo.
«Sono stata in giro tutto il tempo», rispondo, girandomi verso di lui. È davanti alla sua camera, le braccia incrociate al petto e gli occhi sbarrati; eppure non appare così nervoso, ma sembra piuttosto disinvolto.
«Fuori dove?», continua ad indagare. Questa volta sento l'irritazione nella sua voce.
«Lo sai che a volte passo le notti ad andare in bici o fare altro. Soffro d'insonnia, ricordi?», ribatto, cercando di mostrarmi sicura di me.
Lui si acciglia e lascia cadere le braccia lungo i fianchi, poi inarca un sopracciglio. Odio il suo imperturbabile aplomb in questo momento e anche la maggior parte delle volte. Vuole sempre apparire perfetto, come se fosse il ragazzo migliore del mondo. Offre un'immagine di sé che al mondo piace e apprezza, e io sono costretta a vedere giorno dopo giorno il suo lato peggiore.
Sa che se dovesse mostrarsi per quello che è, tutti finirebbero per voltargli le spalle.
Solo un folle rimarrebbe accanto ad una persona tanto spregevole. E io non sono folle, sono spaventata e intrappolata in un incubo.
«Di chi è quella giacca che hai addosso?», la sfiora solo con le nocche, senza smettere di fissarmi con fare sospetto.
Deglutisce così forte che ho paura che lui percepisca la mia paura in questo momento.
«Ho fatto pena ad un signore e me l'ha regalata, perché avevo freddo mentre giravo per la città», faccio spallucce.
«Ci credo, fai pena a tutti. Esci e ti vesti come una barbona quasi sempre», mi duole il cuore sapere che la maggior parte delle volte viene visto come un essere irreprensibile quando in realtà, per quanto gli costi ammetterlo, è soltanto irriguardoso, narcisista, ossessivo, presuntuoso, provocatorio, molesto. Potrei continuare all'infinito, perché tanto avrei soltanto una sfilza di aggettivi dispregiativi serbati soltanto per lui.
«Se lo dici tu», mi stringo nelle spalle, assottigliando le labbra.
Lui mi fissa a lungo, come se stesse cercando di capire qualcosa, poi chiude per un secondo gli occhi e sembra stia annusando l'aria. Riapre le palpebre e d'un tratto le sue grandi mani sono sulle mie spalle e la mia schiena sbatte contro la porta, strappandomi subito un piagnucolio.
Arriccio il naso e chiudo gli occhi, impedendomi di esternare ancora il dolore che provo, non soltanto a livello fisico, ma la mia voce, spesso straziata, mi tradisce.
Il suo palmo si solleva e colpisce la porta, all'altezza della mia testa. Ho un sussulto.
«Ma chi pensi di prendere in giro, eh? Secondo te sono nato ieri? Dimmi la verità, chi ti ha dato questa giacca?», mi afferra bruscamente il mento tra le dita e mi guarda negli occhi; il suo sguardo è aggressivo e pericoloso.
«Nessuno», la mia voce traballa. Sento i palmi delle mani sudare e li sfrego sui jeans per pulirmi. Cerco di mantenere la calma, ma quando la sua mano si insinua tra i miei capelli e me li stringe in un pugno con forza, gli occhi si riempiono di lacrime.
«Inizi a fare la puttanella, Ariel?», chiede, riservandomi ancora quell'occhiata ostile e pungente di sempre.
Scuoto lentamente la testa, ma mi arriva uno schiaffo così forte che per poco non mi fa cadere a terra.
Mi sorregge afferrandomi per la braccia, il ghigno sardonico che ha sul viso non smetterò mai di trovarlo ripugnante.
«Dimmi cosa hai fatto!», mi grida in faccia, la sua saliva mi schizza addosso. Alzo lentamente il braccio e mi pulisco il viso con un lembo della manica.
«Non ho fatto niente», la mia voce dilaniata mi fa quasi pena. Le lacrime scorrono sulle guance e lui fa un passo indietro, osservandomi con una faccia schifata.
«Ascoltami bene, Ariel», inizia in tono minaccioso. «Finché sarò vivo tu sarai sempre mia e di nessun'altro. Hai capito?», urla, colpendo nuovamente la porta. Le ciocche di capelli scivolano davanti al mio viso e nascondono la mia espressione sofferente. Non potrei dire la stessa cosa della sua, che appare più trista che mai.
A malapena riesco a mandare giù la saliva. Con il gomito abbasso la maniglia della porta e lentamente entro dentro, fino a sparire dalla sua vista, poi mi chiudo a chiave e cado in ginocchio sulla moquette, abbracciandomi da sola e trattenendo le lacrime.
Mi tolgo la giacca e la lascio sul bordo del letto, poi mi alzo e vado in bagno e mi osservo allo specchio. Sfioro con le dita la mia guancia rossa, poi prendo l'asciugamano e lo bagno con l'acqua fredda e tampono il mio viso, asciugando via le lacrime.
I miei capelli sono arruffati, come se avessi appena fatto sesso. Scoppio a ridere e guardo il mio riflesso, poi allungo la mano e traccio i lineamenti del mio viso.
«Mi dispiace, Ariel», dico a me stessa, con occhi vacui.
Passo la mano tra i miei capelli castani, ma le dita rimangono impigliate tra di essi. Ogni volta che osservo il colore dei miei capelli, che è un castano chiaro tendente al biondo, penso a mia madre.
Sfrego le mani sugli occhi e poi faccio un bel respiro e torno nella mia stanza, stendendomi a letto. Penso di essere davvero fortunata, perché abbiamo solo due bagni in questa casa, e il primo è nella mia stanza, l'altro è nel corridoio, ma è usato soprattutto da Jamie.
Dei colpi alla porta mi fanno sobbalzare.
«Apri la porta, Ariel. Non ti faccio niente», esclama con voce blanda. Strizzo gli occhi e vedo la mia porta tremare ad ogni colpo.
«Voglio stare da sola», gracchio, stringendomi le ginocchia al petto.
«Oggi ho la partita di football, ti voglio sugli spalti», non è nemmeno una domanda, ma un ordine.
«E spero per te che tu non dica di no, Ariel. Ora esci, che ho fame e non so che cazzo mangiare, sei tu la donna di casa.»
E io in questo momento desidero soltanto sprofondare nel letto e non pensare più a niente; vorrei azzerare la mia mente soltanto per un paio di secondi.
Non serve a nulla piangermi addosso, perché non cambierà mai niente, ma ci spero. L'ultima volta mi sono beccata quasi un occhio nero. Che bello l'amore, no?
Rido per non piangere, ma ho smesso di credere nel principe azzurro da un bel po'. Chi si aspetta di essere salvata, o salvato, da un principe su un cavallo bianco, si sbaglia di grosso. Queste cose non esistono, ma sono i film che ci riempiono la testa di cazzate.
Nella vita reale è difficile trovare una persona che ti vada davvero bene.
I ragazzi sono spesso traditori, prendono ciò che vogliono e spariscono. Mandano le vostre foto ai loro amici, vi deridono. Davanti agli altri vi mostrano come se foste dei trofei, poi in privato quasi si dimenticano della vostra esistenza o improvvisamente perdete rilevanza. Siete importanti all'inizio, poi si stancano. Non vogliono le ragazze testarde, quelle che sono in grado di tenere testa, quelle che non si lasciano calpestare. O almeno, i ragazzi che io vedo intorno a me hanno sempre l'ego smisurato.
Una volta dissi ad un mio ex ragazzo: "Il tuo ego è più grande del tuo cazzo", la sua risposta è stata "Almeno ho comunque qualcosa di grande".
Non so come mi sono sentita dopo questa sua affermazione, ma ricordo di esserci rimasta piuttosto perplessa.
Un altro colpo alla porta e mi alzo controvoglia, arrancando verso la porta e aprendola con timore.
Jamie mi guarda dalla testa ai piedi e mi accarezza i capelli, facendo troppa pressione e facendomi provare dolore alla cute.
«Fai la brava, Ariel, non peggiorare le cose», mi dà un buffetto sulla guancia colpita precedentemente e mi tiro indietro, fulminandolo con lo sguardo.
«Non posso saltare le lezioni per una stupida partita di football», gli dico, stringendo i denti.
Lui mette il broncio, deridendomi. «Per un giorno non succede nulla». Lo dice sempre, per lui non c'è mai problema. L'importante è che non sia da solo, perché deve fare vedere la sua ragazza; deve mettere il suo marchio su di me. Deve farmi sentire umiliata.
«Lo sai che non me la cavo in cucina», replico, sperando che mi lasci stare.
«Non puoi campare sempre e solo di panini o del cibo che porti dal ristorante», mi si stringe lo stomaco. Non ho voglia di cucinare da quando lui è entrato nella mia vita.
«Jamie», mi si spezza la voce.
«Ok, va bene, ma verrai alla partita. Tra poco vengono qui dei miei amici, ubbidisci e servici, tanto in quello sei brava», mi tocca la punta del naso e poi si allontana, ridendo tra sé e sé.
Sono seduta alla finestra, con il dito traccio linee e lettere sul vetro appannato. Da piccola amavo fare questa cosa quando ero in macchina, fuori pioveva, e dovevamo fare un lungo viaggio. Mio fratello si divertiva a creare strane immagini e io dovevo indovinarle.
È passata un'ora da quando Jamie non mi ha più dato il tormento, ma ora che sento uno schiamazzo fuori dalla porta, so che l'incubo sta per ricominciare.
La porta d'ingresso si apre di colpo, Jamie e un altro ragazzo parlano ad alta voce, qualcosa riguardo la partita che ci sarà oggi.
Vengono nel salotto, uno dei ragazzi mi nota sul divano e alza la mano per salutarmi.
«Ciao», ricambio, con voce flebile. Penso si chiami Tyler.
Prende il telecomando e si siede accanto a me, poi accende la TV e va su Netflix.
«Ariel, portaci una birra», dice Jamie.
Tyler sente il mio sospiro e mi precede: «Vado io, amico. Dove le tieni?»
Jamie dilata le narici e mi guarda con un'espressione furiosa. Recepisco il messaggio e mi alzo in fretta, andando in cucina.
Non voglio che faccia qualche sua scenata proprio adesso. È ancora più umiliante quando siamo circondati da persone.
Porto le birre e mi vado a sedere nuovamente sul divano, mentre loro parlano di cose che personalmente non trovo nemmeno lontanamente interessanti.
«Hai mai visto Sierra Burgess è una sfigata?», chiede Tyler.
«Sì, ma non mi è piaciuto. È davvero orribile e la protagonista, per quanto io abbia provato a mettermi nei suoi panni e capire le sue ragioni e i suoi sentimenti, mi ha fatto innervosire troppo. L'unica cosa che probabilmente ho apprezzato è stata la svolta dell'antagonista», gli dico leggermente infervorata.
Tyler ride e annuisce. «Sì, l'ho odiato anche io, questo film. Comunque, i ragazzi hanno portato dei cheeseburger, ne vuoi uno?», non aspetta nemmeno una mia risposta, perché va ad aprire la busta e ne prende due, uno per me.
Mi sento estremamente a disagio, soprattutto per la lunga occhiata che mi riserva Jamie. Parla con i suoi amici, ma i suoi occhi sono puntati su di noi.
«Sei magrolina, dovresti mangiare un po' di più», mi dice con un sorriso gentile.
Nota il mio cambio d'umore e si affretta ad aggiungere: «Non voglio offenderti, sappilo. Stai bene anche così. Non so se è il tuo metabolismo ad essere veloce o se mangi poco, ma nel caso fosse la seconda opzione, ricordati che il cibo rende felici e non avresti nemmeno questo broncio ora», muove il cheeseburger davanti al mio viso, strappandomi una risata. «Vedi? Il cibo rende felici.»
«Che state facendo?», chiede Jamie, in tono accusatorio.
Tyler alza le spalle e dà un morso al cheeseburger, indicandolo, come se fosse abbastanza come risposta.
«Oh no, Tyler vuole di nuovo rimorchiare», lo deride uno dei loro compagni e Tyler per poco non si strozza.
«Sto soltanto socializzando. Se voi parlate di football, lei con chi dovrebbe parlare? Le tengo compagnia», è davvero gentile da parte sua.
«Portaci un'altra birra e poi vai a sistemare il mio letto, tesoro. Ho lasciato un casino nella stanza, prometto che sarò più ordinato.», asserisce Jamie, con un sorriso soddisfatto sul viso.
Tyler alza un sopracciglio e mi guarda furtivamente. Non dico niente, perché la morsa che ho allo stomaco mi basta. Ancora una volta non ha perso tempo a umiliarmi.
«Non è la tua serva, Jam», interviene Tyler.
«Come, scusa?», chiede Jamie, alzandosi in piedi.
«Vado», mi intrometto, balzando giù dal divano.
Questo incubo un giorno avrà fine. Ho fiducia.
Pomeriggio mi sono fatta carina – è così che mi ha definita Jamie –, e adesso sono qui, a vedere la sua stupida partita. Mi aveva quasi costretta a indossare la felpa con il suo numero sulla schiena, ma gli ho fatto capire che dovrebbe bastargli la mia presenza, qui.
Non è il mio mondo questo. Non mi piace il football, ma sono un'amante del baseball. Forse è stato Jamie a farmi odiare così tanto questo sport. Con mio fratello guardavo le partite e commentavamo sempre insieme, ma con Jamie è tutto molto... difficile.
Si può essere così stronzi a ventidue anni? Io e Jamie ci passiamo soltanto pochi mesi, e non avrei mai pensato che il college sarebbe stato un inferno per me.
Jamie ha un sacco di ragazze che cadono ai suoi piedi, perché, insomma, è nella squadra di football, non è un fattore importante per apparire qualcuno agli occhi degli altri?
È una cosa stupida, lui potrebbe avere tutte le ragazze che vuole, eppure mi tiene incatenata a sé, come se fossi realmente di sua proprietà.
E quindi sono come una marionetta tra le sue mani, sono qui, dove lui desiderava che fossi.
Passo il tempo a guardare le persone intorno a me, l'ho sempre fatto, per non sentirmi meno a disagio.
Guardo chiunque, ma ho la mente altrove.
Passo la mia vita a fantasticare, a inglobare nella mia mente pensieri che non trovano il loro posto.
Ogni singola persona che noto ha qualcosa di speciale, di diverso. Ogni singola persona con cui parlo e instauro un rapporto, che potrebbe essere duraturo o breve, mi lascia il qualcosa: che sia un'impressione buona o cattiva, che sia un sorriso o un ricordo.
Ho provato spesso a fotografare persone, posti e situazioni con gli occhi, convinta di poter ricordare tutto per sempre, ma la mente non mi ha avvisato che per alcuni la memoria nel mio cervello era già piena.
A volte, più provi a mantenere vivo un ricordo, più sbiadisce, si dissolve fino a sparire.
Mentre altre volte, più vorresti dimenticare, più le cose rimangono ben impresse nella mente.
«Sono fantastici! Vinceranno di sicuro», esclama una ragazza accanto a me. Ruoto automaticamente gli occhi al cielo.
Tra i giocatori scorgo con la coda dell'occhio nientemeno che Seth.
Sì, è proprio il tizio dell'altra volta. I colori della nostra squadra sono bordeaux e bianco, mentre la divisa di Seth è di colore blu scuro e bianco. Quindi sono avversari?
Seth batte il cinque ad un ragazzo girato di spalle e poi si dicono qualcosa all'orecchio. Rimango immobile a guardarlo mentre va verso il campo, e l'altro ragazzo si gira e inizia a salire gli scalini. Strabuzzo gli occhi quando mi rendo conto che è il suo amico, Aaron. Il ragazzo con cui ho dormito. Be', detto così potrebbe suonare strano, ma sì, abbiamo soltanto dormito. Indossa una felpa oversize nera e si mette il cappuccio, ma non può sfuggire al mio sguardo.
Infatti, pochi secondi dopo i nostri occhi si incrociano e io, anziché distogliere lo sguardo, lo fisso ancora più intensamente.
Lui sorride, come se fosse contento di vedermi.
Non venire qui. Non venire assolutamente qui.
Aaron sta venendo qui.
Okay, va tutto bene.
«Ehi, Ariel!», grida e vorrei scavarmi la fossa da sola. Se dovesse vederlo Jamie, probabilmente ci penserebbe lui stesso a sotterrarmi.
«C-ciao», dico timidamente, lui viene a sedersi proprio accanto a me.
«Non pensavo ti piacesse il football», dice ridendo.
«Ci siamo visti una sola volta, non mi conosci per niente», hai azzeccato in pieno, odio questo sport. Tutta colpa di Jamie.
«Va bene, un punto a te», sorride, ma non intende abbassare il cappuccio.
«Non sapevo Seth giocasse», dico, cercando di non fare scena muta.
«L'hai incontrato una sola volta, non lo conosci», rigira la frase, facendomi ridere. «Sì, lui gioca. Sono io che, purtroppo, non vado matto per questo sport. Ma mi costringe a venire alle sue partite, quindi... Eccomi qui!», apre le braccia. Ha un sorriso bellissimo. Si vede che è realmente contento di essere qui, anche se questa cosa non lo fa impazzire. «E tu, invece? Per chi sei venuta?»
Se non fossi costretta a stare qui seduta, sicuramente cercherei un modo vagamente dignitoso per darmela a gambe levate soltanto per sfuggire a questa conversazione.
«Amico», dico di getto.
«Cioè sei venuta qui per un amico?», appare confuso. Diamine, lo sono anche io.
«Forse», rispondo.
«Forse?», chiede lui, corrugando la fronte.
«Sì?»
«Sì, cosa?», chiede, battendo velocemente le palpebre.
«Non lo so, mi fai confondere», mi prendo il viso tra le mani, cercando di calmarmi. Perché diavolo sono così agitata?
Lui scoppia a ridere e getta la testa all'indietro. «Non ti conosco, ma sei uno spasso.»
Alzo le sopracciglia e lo guardo sorpresa. «Davvero?», chiedo.
Lui annuisce. «Sì, ora non ricordo se la sirenetta fosse come te, sicuramente fisicamente no, ma tu sei una versione molto più interessante», mi fa l'occhiolino e io gli sorrido.
«Grazie.»
La partita è già iniziata e Aaron la segue attentamente. Tira fuori dalla tasca il cellulare e poi inizia a fare il video, zoomando e filmando il suo amico.
«Ci tieni, vero?», gli chiedo con un sorriso mesto.
Lui non si gira verso di me, ma con ancora lo sguardo puntato sul campo, risponde: «Sì, ovvio. Quando tieni ad una persona e sai che quella cosa potrebbe renderlo felice, non la odi più così tanto. Dovrebbe venire spontaneo, no? Essere felice per la persona a cui vuoi bene, intendo.»
«Sì», abbasso la voce.
In realtà non so più cosa si prova... Perché Jamie ha preso i miei sogni, li ha bruciati e poi mi ha soffiato la cenere in faccia, soddisfatto.
Dopo venti minuti, inizio ad annoiarmi a morte. Ho sonno e vorrei chiudere gli occhi e svegliarmi quando finisce tutto. Aaron mi dà una piccola gomitata, facendomi attenta.
«La squadra del tuo amico ha segnato. Felice?», mi fa sapere, ma io lo guardo stordita.
«Sì, certo.»
«Lo vedo», ride e scuote la testa. «Puoi appoggiarti a me, se vuoi. Ti sveglierò una volta finita», sembra mi abbia letto nella mente.
E come glielo spiego che ho sonno, ma non voglio chiudere davvero gli occhi?
«Ecco, io non posso, perché-», faccio per dire, ma lui mi interrompe posando la mano sulla mia testa e spingendola verso la sua spalla.
«Ti stai annoiando a morte, sirenetta.»
«Non posso dormire», ribatto, contrariata.
«Dirò al tuo amico che hai seguito la partita, prima che finisca ti faccio il riassunto, promesso», appoggia la mano sul cuore. Non aspetta una mia risposta, che il suo braccio si posa sulle mie spalle e mi costringe a rilassarmi. Il suo profumo è buono. Mi ricorda vagamente quello di mio fratello.
Perché mai uno sconosciuto dovrebbe essere così gentile con me?
«Avanti, stai tranquilla, non ti succederà niente. Tu chiudi gli occhi, ci penserò io al resto», mi fa di nuovo l'occhiolino e io chiudo gli occhi, ma non dormo. "Non ti succederà niente", no, non è vero, ma lui non lo sa. Sento il suo braccio muscoloso tenermi stretta mentre la paura si arrampica sulla mia gamba fino ad arrivare alla mia testa e si insinua dentro, piano piano, mettendomi in difficoltà, per la millesima volta.
Non dormirò.
«Okay, nel caso la squadra di Seth dovesse perdere, uno dei due avrà già vinto qualcosa», lo sento ridere. «Non è roba di tutti i giorni passare del tempo con una sirenetta», e ora rido io. Ma io non pensavo fosse così semplice sorridere.
Hello, ecco il nuovo capitolo! Spero vi sia piaciuto:) nel caso, fatemi sapere! Ci tengo alle vostre opinioni, dette ovviamente con educazione.
Io non sono nessuno, ma spero che siate amati come sognate voi. Non lasciate mai che gli altri vi facciano stare così male, giocando con i vostri sentimenti e alimentando in voi la paura. Chiedete sempre aiuto, tutti meritano di essere sereni e vivere la vita con piacere e gioia. Non lasciatevi soffocare dagli altri, le persone tossiche dovete tenerle fuori dalla vostra vita, altrimenti sarete sempre infelici. ❤️
Secondo voi cosa succederà nel prossimo capitolo? 👀
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